DISCLAIMER

ATTENZIONE: IL CONTENUTO DI QUESTO BLOG È RISERVATO ESCLUSIVAMENTE AD UN PUBBLICO MAGGIORE DI 18 O 21 ANNI, SECONDO LE LEGISLAZIONI VIGENTI NEL PROPRIO PAESE. CHIUNQUE PROSEGUA NELLA LETTURA LO FA CONSAPEVOLMENTE Il blog LA DOMESTICA RISPONDE è da considerarsi completamente opera di fantasia. I personaggi e le situazioni descritte sono fittizi, e l'eventuale somiglianza con persone o fatti esistenti è da ritenersi totalmente accidentale. RIPRODUZIONE VIETATA - TUTTI I DIRITTI RISERVATI © JANINE SOUILLON, LUGANO, CH

26 novembre 2014

UNA LETTERA DI FRAUJULIA

Gentilissima Madame Janine,
vengo ad esporle un esperimento effettuato su come umiliare la serva.
Conosciamo bene la praticità dell'uso di mutande impermeabili sia associate alla divisa di fatica che di punizione. La serva fa di tutto per conservare le mutande ed il relativo pannolone perfettamente puliti. Ma passato qualche tempo notiamo un rilassamento della serva che non si impegna più come una volta diventando incontinente, evidentemente pensando "tanto ci sono le mutande impermeabili".
Ho così deciso di farmi accompagnare dalla serva in un grande magazzino, dopo averle fatto ingurgitare numerose tazze di tè e caffè (notoriamente diuretici) ed un buon mezzo litro di minerale. Solo che le mutande, anzichè di gomma, erano le solite di cotone della divisa di fatica. L'abbigliamento restante della serva era costituito da una corta tunica con delle belle bragotte aderenti, un abbigliamento più o meno da commessa. Mi sono solo assicurata che la minima macchia di umido risaltasse perfettamente ben scura sullo sfondo blu del tessuto, facendo notare il fatto alla serva.
Ed il risultato è stato entusiasmante: la serva che mi ha seguita per due interminabili ore, spingendo un pesante carrello, ad ogni piccola sosta stringeva disperatamente le cosce cercando di trattenersi.
Devo dire, in suo onore che è riuscita a non bagnarsi fino a casa. Questo fatto non mi è del tutto dispiaciuto, lascia campo libero a successive sperimentazioni.
La ringrazio per la sua attenzione. Sarei lieta se volesse ordinara alla serva sudiciona M. di pubblicare la lettera sul blog. Ovviamente Suoi eventuali suggerimenti sono sempre i benvenuti, come quelli delle altre lettrici.
sua FrauJulia

PENSION BALNEARIA 91 / I LAVORI FORZATI DELLA PERRA


drawing by slave elisabeth mandile © Annika Kapyzska
Nobili Signore, serva sudiciona,
Ci eravamo lasciate con le raggelanti parole della Badessa: “TU sei la responsabile dell’accaduto, quanto alla detenuta le farò rimpiangere di essere nata, ora prendo un bagno, poi presentati con la detenuta nel mio studio per ascoltare le vostre sentenze!”.
Quella maledetta della perra mi ha nuovamente fregato, chissà in che guai mi ha cacciata. Arrabbiatissima la porto a calci, schiaffi e spintoni nella sua cella. Di lì ad una mezz’ora una sorvegliante mi avverte che la Badessa è tornata nel suo studio. Riprendo la perra per un orecchio e, non troppo entusiasta per cosa mi attende, la trascino fino allo studio.
“Ci ho pensato un po’” dice la Badessa, un po’ più rilassata, dopo il bagno, “per te basteranno due dozzine di frustate”, “Quanto a questa vipera, provvederemo domani mattina, vediamo se non la piego. Ho chiamato anche la Signora della Pension Balnearia, mi sembra giusto che anche lei sia messa al corrente dell’inqualificabile comportamento.”. Con queste partole veniamo congedate. Quattro robuste sorveglianti prendono in consegna la perra, quanto a me devo seguire, controvoglia Alejandra per ricevere il mio castigo. Ventiquattro frustate, di quelle buone. Vi assicuro che i miei denti sono penetrati a fondo nella cinghia di cuoio, ripiegata più volte che mi è stata data da mordere. Infatti una futura sorvegliante deve accettare qualsiasi castigo senza discutere e sopportarlo in silenzio. Alla fine ho letteralmente il sedere a quadri, infatti l’esecutrice, anziché insistere sempre sullo stesso punto, e farmi così sanguinare, ha preferito distribuire i colpi uniformemente e giunta a metà li ha incrociati coi precedenti, una vera anima d’artista.
Quanto alla perra, viene riportata in cella, e viene tenuta a digiuno.
La mattina giunge dopo una notte quasi insonne per me, causa i dolori al sedere e per la perra per i morsi della fame.
La sentenza della perra è che dovrà scavare da sola un nuovo pozzo di estrazione della creta. Un lavoro immane, visto che il pozzo dovrà essere rotondo di diametro approssimativo di un paio di metri. Se teniamo conto che la terra è dura e pesante e che occorrerà scendere di 5 o 6 metri, la perra dovrà scavare ininterrottamente per un buon mese. Ben contente le altre scavatrici, che si limiteranno a sollevare la terra scavata con un secchio, legato ad un arganello. All’arrivo della Signora, viene tracciato, sul terreno un bel cerchio. Alla perra vengono consegnati una nuova vanga ed un secchio. Per i primi giorni potrà lavorare da sola, poi quando lo scavo lo richiederà, verrà aiutata da un'altra. Alle caviglie della perra vengono messe due cavigliere, collegate da una catena. Tanto non dovrà poi fare dei grandi viaggi. E, per toglierle la voglia di combinare guai, viene messa a mezza razione di cibo ed acqua. La Badessa fa installare un bianco gazebo, in modo che la sorvegliante stia comoda.
E così la perra, sorvegliata continuamente da una guardiana e “visitata” spesso dalla Badessa e dalla Signora inizia a fare la conoscenza con il Lavoro. E non ne è affatto entusiasta. Vesciche alle mani, dolori muscolari, fame e sete. Già la prima sera, al suono della campanella che segnala la fine delle interminabili ore di lavoro, sviene. Dobbiamo portarla in mensa a braccia e farla rinvenire, altrimenti a furia di saltare i pasti non dura neanche una settimana. Vediamo la perra durante il lavoro, due giorni dopo l’inizio. Lo scavo, in realtà un po’ più largo di 2 metri, è ora profondo 1 metro. Sono stati rimossi più di 3 metri cubi di terreno compatto e duro. La perra deve scavare faticosamente con la vanga ed un piccone la terra, poi riempie il grosso secchio e, dopo esserselo caricato sulle spalle, deve ingegnarsi a salire due rozzi scalini lasciati nella terra. Il materiale di risulta dello scavo viene utilizzato per colmare i dislivelli del terreno all’intero della recinzione dell’Istituto.
La divisa della perra è ormai consumata ma è tale la quantità di terra che la imbeve, che manterrebbe la forma della perra, se mai le fosse permesso di toglierla. Poiché ormai vive solo per lo scavo, non ha bisogno di lavarsi, ormai anche la perra è del colore della terra ed emana un odore terribile. Visto che ha iniziato a lavorare duramente, la Signora ha concesso alla perra razione intera di cibo ed acqua. Le mani della perra cominciano a sviluppare calli duri come il ferro.Se le facciamo togliere per un momento la divisa, vediamo che la pelle è molto arrossata per il continuo sfregare contro la juta sudicia ed umida, anche questo si aggiunge alle fatiche. Ma lo scavo avanza inesorabile e le Signore si accorgono che la perra là in fondo, immersa fino alla caviglia nel fango e nella terra smossa, è un po’ fuori portata, infatti non hanno nessuna voglia di scendere per correggerla. Ed ora alla perra viene ordinato di restare con solo le mutandone punitive, niente divisa di fatica, un bel sollievo per lei, laggiù in fondo allo scavo, in un ambiente umido e caldo. Inoltre le viene imposto un pesante cappuccio di cuoio con lenti di plastica per riparare gli occhi. Perché tutto ciò?
La Signora della Pension Balnearia ne ha ideata un'altra: da un abile artigiano armaiolo ha fatto modificare una di quelle armi giocattolo utilizzate per il soft-air. Dopo le modifiche, quello che sembrava un fucile, ora sembra un bastone. Ma un bastone in grado si sparare pallini ben più duri e pesanti di quelli utilizzati per gioco. E posso assicurarvi che fanno male, ad un mio sorrisetto, vedendo l’oggetto, la Signora mi ha sparato una raffica di pallini sul polpaccio: come se fossero punture di vespa, ma il peggio viene poi, restano dei segni rossi dolorosissimi, che pian piano diventano scuri e ci mettono giorni per scomparire. Ed ora la perra, in fondo al suo pozzo, non ha possibilità di fuga. Ben presto capisce che ha due opzioni: la sottomissione ed obbedienza assoluta, rompendosi … la schiena con i secchi di terra, oppure non le resta che mettersi in posizione fetale, aspettando la dolorosa ed inevitabile raffica di pallini. La perra si mette in questa posizione perchè ha scoperto che i pallini sulle tette fanno molto molto più male che altrove. Un ultima cosa: alla perra non sono concesse risalite per la pausa bagno: i mutandoni punitivi sono stati riempiti con un adeguato pannolone che le è permesso di lavare solo la sera. Lo stesso avviene per il cibo, il pranzo le viene servito gettandole dei pezzi di pane e calando una grossa gamella di sopa molto liquiida, che funge anche da bevanda.
Tale regime sta modificando il fisico della perra: se prima era una donna antipatica ma aggraziata, ora la vediamo sotto al cappuccio: cortissimi capelli brizzolati, appena spuntati, viso dimagrito in cui spiccano i suoi soliti occhi strafottenti e spiritati. Labbra screpolate. Il torace ed il torso nudi rivelano gli stenti e le numerose piccole ecchimosi rivelano dove è stata “picata” dai pallini punitivi. Le tette cascanti. Le spesse mutande punitive, rigonfie di un puzzolente e bagnato pannolone. Le gambe dimagrite, coperte di terra, che almeno qui riesce a mascherare le ecchimosi.
Insomma, la perra sta scendendo la spirale dell’annullamento, ma non è ancora affatto domata. Temo che per lei ci voglia ben altro!
Vostra sorvegliante nadia
(91- continua)

PENSION BALNEARIA 90 / LA PERRA E LA TORRE


Nobili Signore, serva sudiciona,
la vita prosegue e, tra una lezione e l’altra decido di andare a controllare la perra: non sia mai che, affidata ad un'altra sorvegliante, prenda cattive abitudini. Arrivo a metà giornata. Attendo un attimo e vedo arrivare un grande carrello a ruote, carico di piatti. Il caldo, sotto al portico che ripara i forni di cottura, è allucinante. Ma per le serve non esistono versioni “leggere” della divisa di fatica.
Il “saio” marrone, descritto in precedenza, è scolorito e tutto a macchie: si vedono i punti in cui, a contatto della pelle è inzuppato di sudore, altre parti, invece sono state rapidamente asciugate dall’intenso calore dei forni e sono cosparse da impalpabili cristalli bianchi di sale. Ai piedi la perra porta rudimentali e rumorosi zoccoli di legno, gli stessi usati anticamente dai braccianti agricoli. Per ripararsi dal calore irradiato dal forno, la perra deve indossare due paia di grembiuli: uno di spessa gomma ed uno luccicante ch sembra di domo pack, all’esterno. Le lunghe maniche del saio riparano gli avambracci e uno spesso paio di lunghi guanti da lavoro di cuoio impedisce che le mani si brucino. I capelli della perra sono ricoperti e riparati da un fazzolettone dello stesso materiale del saio, che le copre testa e collo e che, quando si avvicina al forno, viene tirato anche a coprire la faccia, un po’ come il copricapo delle tribù del sahara. La perra, ancora dolorante per il parto, muove il carrello con grande circospezione, memore del disastro combinato. Una volta portato al suo posto il carrello, mi avvicino e scambio qualche parola con la sorvegliante e chiedo come passi la giornata la perra. Sveglia, come per tutte le altre detenute alle 6. Le detenute debbono lasciare i propri giacigli in perfetto ordine (non per niente questa Istituzione ha un lontano passato di convento di punizione di un ordine monastico militare). Alle 6.30 tutte le detenute devono essere pronte, una piccola squadra sull’attenti di fronte alla Sorvegliante capo. Contemporaneamente due sorveglianti verificano che i giacigli siano stati lasciati in ordine e perquisiscono rapidamente le spoglie celle. Al termine di questa ispezione il primo pasto della giornata: del tè, talmente lungo da poter essere definito acqua calda sporca, ovviamente niente zucchero. Un pezzo di pane secco da inzuppare nel liquido. Alle 6.45 le detenute devono raggiungere i propri posti di lavoro dove, nel frattempo, dopo una abbondante colazione, arrivano le sorveglianti. Ma veniamo alla perra, come primo lavoro della giornata le tocca quello di aiutante fuochista. Infatti assieme ad un'altra detenuta, la fuochista, accende l’enorme forno a carbone, che dovrà bruciare per un ora prima di essere caldo a sufficienza per poter cuocere i piatti. Ma l’ora non passa inoperosa, due grossi mantici, azionati con un sistema di leve, devono ininterrottamente soffiare aria, per scaldare la fornace. Il lavoro dei mantici, in aggiunta allo spalare il carbone, occuperà poi per tutta la giornata la detenuta fuochista. Un lavoro abbastanza pesante. Come pesante è il lavoro delle due schiave addette allo scavo della compatta e pesantissima argilla. Molto meno pesante è la “formatura” degli oggetti, lavoro che però richiede doti artigianali non comuni e che, comunque, è svolto da vecchie schiave che in anni di espiazione hanno meritato questo privilegio. Ma veniamo a quello che la perra, nella sua dabbenaggine ha creduto un “lavoretto”. Riceve gli oggetti di terracotta, ancora relativamente teneri, appoggiati su lunghe assi. Deve sollevare le assi ed infilarle su appositi alloggiamenti nella parte bassa del forno. Poi, a metà cottura, deve riaprire il forno e spostare gli oggetti nella parte alta. Appunto, la perra non aveva tenuto conto di questo fatto, il calore del forno, unito al riverbero dei piatti, rende necessario l’abbigliamento protettivo che ha però la particolarità di far sudare moltissimo e poichè la juta bagnata di sudore prude in maniera infernale più che di un abbigliamento protettivo potremmo parlare di un abbigliamento penitenziale. Una volta ogni ora alla perra viene concessa una brocca da mezzo litro di acqua. Deve berla tutta d’un fiato, di fronte alla sorvegliante. Dato il gran sudare non ha gran bisogno di orinare, buon per lei perché sono previste solo tre pause bagno, mattina, mezzodì e sera. Altri permessi non vengono concessi e le detenute sono costrette a pisciarsi addosso mentre lavorano. Da qui il pessimo odore che le circonda. Ma questo è anche un istituto modello, tutte le sere le detenute devono evacuare, con l’aiuto di un buon clistere saponato da 3 litri, ritenuto per una buona mezz’ora. Ogni due giorni, alla sera, le detenute subiscono il “lavaggio”. Una sorvegliante impugna un tubo di acqua, dotato di un potente getto. Le detenute avanzano fino ad una piattaforma di cemento e si devono mettere nella posizione dell’Uomo di Vitruvio. Il getto, sapientemente diretto lava loro e le divise dalla testa ai piedi. Particolare attenzione viene posta all’igiene intima, la detenuta deve rialzare il saio punitivo, in modo da mettere i mostra le mutande. La sorvegliante fa una prima passata “esterna” con il getto, poi tira un po’ la cintura ed infila la punta da cui parte il getto. L’operazione viene ripetuta più volte davanti e dietro. Una volta lavate le detenute restano per un quarto d’ora a rabbrividire e sgocciolare, visto che il lavaggio viene eseguito in tutte le stagioni. Avevamo visto la prima colazione delle detenute, vediamo il resto. A mezza giornata, anzi, alle ore 14, le detenute hanno una pausa totale di 30 minuti, in cui possono utilizzare il bagno, di cui parleremo diffusamente in seguito, e possono consumare un pasto, questa volta di zuppa un po’ più nutriente, visto che nell’acqua sono state cotte per lunghe ore le ossa scartate da una vicina macelleria. Nel pentolone di zuppa vengono anche rotte alcune uova, ed aggiunto sale, peperoncino, aglio, olio e molto pane secco. Il tutto cotto per ore e rimescolato a lungo, da la “sopa bopa”, una nutriente zuppa che ha nutrito generazioni di braccianti. Dopo una giornata di lavoro che si protrae fino alle 20 in inverno ed alle 21 in estate, le detenute possono consumare il pasto serale. Alla sera, però è bene tenere leggere le detenute, se non hanno ricevuto punizioni, il che automaticamente comporta il digiuno serale, le detenute ricevono una scodella di “sopa magra”, su cui mi sono già dilungata. Nei giorni di “lavaggio” è tradizione di dare la sopa magra ben calda ed in doppia razione, per compensare il freddo patito dalle detenute nei loro abiti zuppi.
Ma parliamo del WC per le detenute, in una istituzione spartana come questa i WC sono collettivi, una casetta di cemento con 4 “inodoro turco”, nessuna separazione tra i vari “posti”. E dopo l’uso le detenute devono lavare a secchiate di acqua la toilette. Come carta igienica sono a disposizione fogli di giornale attaccati ad un chiodo.
Mentre parlo con la Sorvegliante guardo la perra lavorare, e mi accorgo che sul carrello trasportato mancano qua e là dei piatti. Indago un po’ e scopro che la furbona, per evitare le nerbate dovutele per ogni piatto rotto, ha fatto la pensata di buttare i piatti rotti nel forno.
Intimamente contenta di aver nuovamente individuata la furbetta, segnalo prontamente, come mio preciso dovere, la cosa alla Sorvegliante di turno ed alla Badessa. Quest’ultima, mi incarica di ideare ed eseguire la punizione per la perra. Chiedo di poter riflettere un attimo, la perra, invecchiata e dimagrita , ha ricevuto innumerevoli nerbate ma se la si guarda dritta negli occhi si intuisce ancora un non so che di sfida, le nerbate servono solo a trasformarle la pelle del culo in cuoio…….
Poi penso alla prima punizione a cui ho qui assistito qui all’Istituto: la torre. Illustro la mia idea alla Badessa, incontro la sua approvazione ma, mi dice, sei tu la responsabile della preparazione e della esecuzione della punizione. Sarà come una specie di “trabajo de clase”.
Spiego cosa ho pensato di organizzare: la punizione della torre mi è sembrata interessante, legare la perra con la testa nella vaschetta sarebbe un mio desiderio. Però ricordo bene che, data l’idratazione forzata, quello che la serva alla gogna “passava” alla serva sottostante, più che pipì pareva acqua. E così ho proposto di mettere neòl piano superiore uno sgabello la cui seduta è sostituita da una bella tradizionale asse da WC. Così le detenute, alla mattina quando la pipì è più concentrata, potranno per una volta pisciare comodamente. Detto fatto, recupero da un bagno in disuso l’asse e con qualche chiodo ben messo realizzo il manufatto. Al mattino successivo, ben prima della sveglia, faccio alzare la perra e la trascino, ben ammanettata, fino al di sotto della “torre”. Rinchiudo caviglie e polsi nelle relative assi della gogna e lascio la perra a meditare su cosa la aspetta, con la testa appoggiata all’interno della maleodorante vaschetta ancora vuota. Ben presto arrivano le prime detenute per fare pipì, sorveglio attenta l’operazione, spostando mano a mano, con pazienza, la posizione dell’asse, in modo che i caldi e maleodoranti getti, non solo riempiano la vaschetta ma colpiscano la perra in faccia. Infatti è costretta a stare con occhi e bocca ben chiusi. Il livello del liquido sale inesorabile, la perra si sforza di tenere sollevata il più possibile la testa, cercando di sottrarsi al suo castigo. Allora tolgo la cinta di cuoio della mia divisa e la allaccio, in modo da limitarle i movimenti della testa. Il liquido avanza inesorabile e ben presto arriva alle labbra. Ma la perra è un osso duro, ha le vene del collo e della fronte gonfie per lo sforzo e riesce ancora per alcuni minuti a respirare liberamente. Ma alla fine deve cedere. La testa sprofonda nel liquido e dalla bocca escono bolle d’aria, mentre il collo mostra rapide deglutizioni. Poiché intendo far durare il più possibile la punizione, regolo attentamente il numero di detenute in coda al perra-WC, voglio che la perra abbia modo di assaporare a fondo ….. l’elisir, con pause in cuoi riprende fiato, non voglio che sia semi-svenuta, perdendosi così l’aroma.
Come promesso la Badessa viene a verificare il mio …. compito in classe. Apprezza sia la comodità dell’asse che la cinghia che rende difficile il sottrarsi in qualche modo alla punizione. Passa una buona mezz’ora. Ormai lo stomaco della perra comincia ad apparire gonfio, dopo che sette detenute hanno vuotato la vescica. Una larga chiazza di umido macchia il saio della perra all’altezza dell’inguine, questa incontinente si è pisciata nuovamente addosso. Altre tre detenute pisciano ed è ora di terminare la punizione. Seguita dalla Badessa mi reco sotto alla Torre per rimettere in piedi la perra. Pare veramente provata, con capelli maleodoranti e schiumosi incollati alla testa, pare un gatto cvaduto in uno stagno. E qui accade un guaio, un grosso guaio. La maledetta, ne ha architettata un'altra. Presa dalla rimozione della cinghia e della gogne, non mi accorgo che la perra tiene chiusa la bocca ed ha le gote gonfie. La rimetto in piedi e, la osservo. E la perra dà seguito al suo criminoso piano: ha tenuto in bocca una bella quantità di orina, riuscendo a respirare col naso. Come sono di fronte al lei me la sputa, anzi, per meglio dire, me la spruzza in faccia. Ma la cretina non ha fatto i conti con la mia gioventù di “ragazza di strada”, intuisco qualcosa e mi abbasso prontamente, solo una piccola parte del getto mi colpisce, la maggior parte colpisce la Badessa!
Sono raggelata, prontamente prendo un fazzoletto, non troppo di bucato, aihmè, e faccio il gesto di asciugare la Badessa. Questa è inviperita, mi punta contro l’indice e mi dice: TU sei la responsabile dell’accaduto, quanto alla detenuta le farò rimpiangere di essere nata, ora prendo un bagno, poi presentati con la detenuta nel mio studio per ascoltare le vostre sentenze!
Vostra indegna sorvegliante Nadia 
(90- continua)

6 novembre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 7

Diario di una educazione – 7
E’ tornata un po’ di pace e regolarità nella vita della sguattera. I giorni si succedono indistinguibili, scanditi dal lavoro, pasti ed ora d’aria. Chi si annoia di più è la Oberschwester. Ora di provocare una nuova stitichezza indotta alla serva. Ad Elize piace variare i suoi metodi, stavolta vuol vedere cosa succede se la serva riduce, colpevolmente la propria idratazione. Ed in che modo ottenere il risultato? Basta costringere la serva a trattenere la pipì per tempi lunghissimi. La sguattera, ubbidiente beve le sue quattro bottigliette di acqua al giorno, va da sé che dopo un buon mezzo litro d’acqua, di lì a un tempo che va da mezz’ora ad un ora, la serva abbia bisogno della pausa bagno. Ma la Oberschwester si diverte a dilazionarla: “devi prima pulire il salone”, “l’hai fatta da poco, ora aspetti”, “no adesso finisci il bucato, non mi interessa se chinandoti e tenendo le mani a bagno ti scappa ancora di più”. Ed ogni volta, per buona misura aggiunge: “e non provarti a fartela addosso, se non vuoi che ti metta un bel catetere XXL”.
La serva così tartassata, beve sempre meno. Le va bene per qualche giorno, tutto continua regolarmente, ma ben presto, sulle lavagnette della Oberschwester tornano ad apparire gli zeri!
La serva è combattuta tra la paura e la curiosità, chissà cosa le faranno, che brividi, che sonda useranno?
Ma la sguattera si sbaglia, viene convocata nello studio di Madame. Viene fatta inginocchiare, Madame la sovrasta, con una faccia burrascosa. “hai qualcosa da confessarmi?” esordisce. La sguattera avvampa, poi, con una certa faccia tosta nega. Madame, allora si siede e prende il proprio tablet. La serva deve, ginocchioni raggiungerla. Madame le dice “vorrei mostrarti che bel filmato ho trovato nelle registrazioni delle telecamere di sorveglianza”, la sguattera avvampa, possibile che abbiano messo telecamere dappertutto? E la cosa è vera, i filmati mostrano in HD i movimenti della serva, le occhiate furtive per controllare di essere sola, l’apertura del pacco, la curiosità ed infine le curiose manipolazioni della sonda e le strizzate di cosce, che alla fine culminano in un chiaro orgasmo. La serva pare una statua di sale, la paura le blocca il cervello, una sola angosciosa domanda: “e adesso?”.
Madame gioca come il gatto con il topo, si accende una sigaretta e fuma lentissimamente, soffiando il fumo in faccia ala sguattera, sempre in ginocchio. Finita la sigaretta Madame ha preso una decisione: “e così ti eccita il clistere? Avrai modo di divertirti, tra un pò con qualche bel clistere punitivo. Ma per oggi voglio punirti per aver goduto senza permesso e allo stesso tempo rimetterti in moto l’intestino, no, niente clistere, fammi pensare……. cosa aveva proposto la Oberschwester il rizi …. rizi …. rizi”. Prontamente la Oberschwester completa il nome “Madame, il Rizinol, qui lo chiamano olio di ricino…… oppure potrei anche rispettosamente suggerire l’Epsomsalz.”
A Madame il nome piace, la Oberschwester traduce il nome in italiano, a beneficio della sguattera: il Sale Inglese detto anche Sale Amaro.
Madame telefona alla Farmacista, ma sfortunatamente questa non può venire, comunque approva incondizionatamente l’uso del sale Amaro, vedrà che effetto, dice a Madame.
E così la serva, deve andare a prendere il vaso da notte, poi viene mandata a scaldare un buon mezzo litro d’acqua. Nel bicchierone finisce l’acqua calda, seguita dai cristalli di una intera busta di purgante. I cristalli si dissolvono prontamente. Madame immerge il ditino e assaggia, “Ma è amarissimo, che schifo! E’ il suo incoraggiamento.”
E la serva deve rimettersi in ginocchio. “Stavolta devi bere un piccolo sorso alla volta, tienilo in bocca a lungo” ordina Madame.
Al primo sorso la serva scopre che il purgante è incredibilmente amaro. Essere poi costrette a tenerlo a lungo in bocca, facendolo ben girare in bocca, pone ancora di più il liquido in contatto con i recettori dell’amaro”. La sguattera fa una faccia orripilata, ma Madame incalza: “mia cara ma non sei mai contenta, la purga dolce della volta scorsa non ti piaceva, adesso non ti lamenterai pure di quella amara?”.
La Oberschwester rincalza la dose minacciando la sguattera che se si azzarda a vomitare la costringerà a bere un bicchiere di orina al giorno per una settimana. E così, di sorsetto in sorsetto, la sguattera beve, tra brividi e suppliche, tutto il bicchierone di purga. Viene poi messa a ripulire minuziosamente il pavimento dello studio, Madame infatti vuole sorvegliare gli effetti della purga. La serva deve bere un ulteriore litro di acqua pura nella mezz’ora successiva. Dover bere così in fretta è di per sé una punizione. Ma ben presto gli effetti della potente purga si fanno sentire, la pancia della sguattera inizia a brontolare. La punita, sia pur continuando a lavorare, si ferma a tratti, con le mani sul ventre preda di atroci crampi, Il lavoro continua, fino a che la serva ad un certo punto salta su come spiritata, “Madame, devo ….. devo……. la prego …… SUBITO”. Madame non ha cuore di trattenerla, inoltre non vuole assistere allo scempio del proprio pavimento. La serva pare impazzita, si alza, si abbassa le mutande e si fionda sul vaso da notte. I rumori sono degni di un temporale estivo: diciamo tuoni e scrosci in abbondanza. I crampi durano a lungo, la sofferenza appare chiaramente sul viso sbattuto della serva. Madame, per comprensibili ragioni, si fuma nel frattempo un ulteriore sigaretta. Ed al termine, la serva viene spedita a pulire il vaso e farsi un bidè. Tornando pensa che sia finita, ma Madame le ricorda: “mia cara, sappi che la prossima che combini ti attende un bel clistere punitivo, uno di quelli memorabili, di quelli che Schwester Elize amava praticare alle pazienti della clinica. Vedrai che ai tempi nella DDR non si scherzava affatto!
E la sguattera viene congedata. Vi assicuro che l’eccitazione e la curiosità per gli oggetti del famoso pacco è, per il momento, sparita completamente. Ma diamo tempo un paio di giorni alla porcella e credo provocherà la nuova punizione.
(7- continua)