DISCLAIMER

ATTENZIONE: IL CONTENUTO DI QUESTO BLOG È RISERVATO ESCLUSIVAMENTE AD UN PUBBLICO MAGGIORE DI 18 O 21 ANNI, SECONDO LE LEGISLAZIONI VIGENTI NEL PROPRIO PAESE. CHIUNQUE PROSEGUA NELLA LETTURA LO FA CONSAPEVOLMENTE Il blog LA DOMESTICA RISPONDE è da considerarsi completamente opera di fantasia. I personaggi e le situazioni descritte sono fittizi, e l'eventuale somiglianza con persone o fatti esistenti è da ritenersi totalmente accidentale. RIPRODUZIONE VIETATA - TUTTI I DIRITTI RISERVATI © JANINE SOUILLON, LUGANO, CH

28 giugno 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 3


Diario di un'educazione – 3
I giorni di servizio si allungano monotoni: pulizia dei pavimenti, con la Oberschwester che spesso fa rifare pretestuosamente il lavoro con la serva ginocchioni. Poi lavare, stirare e …. Ripartire dall’inizio. La serva riga dritto, ha capito che non conviene sgarrare, lavora duramente ed in silenzio, come le sta insegnando la Oberschwester.
Ma c’è un altro problema: sarà il grande impegno messo nel lavoro, saranno le pause per il bagno concesse ad orari rigorosamente fissi, insomma, il già lento intestino della serva si blocca completamente. La povera stupida, anziché chiedere consiglio ed aiuto, rimanda di giorno in giorno, sperando…. Ma le scodelle di zuppa di cavoli che la Oberschwester tanto gradisce, alla povera serva stitica creano dei problemi: la serva si ritrova con un pancione dolorante e gonfio d’aria. E’ inevitabile che, piegandosi per passare lo straccio sotto al letto….. la serva ammorbi l’aria. La Oberschwester sottopone la serva ad uno stringente interrogatorio: da quanti giorni … non va? La serva cerca di tergiversare, ma la minaccia di una sculacciata la convince a confessare: “cinque”. “Cinque cosa?” inquisisce la Oberschwester “non mi scarico da cinque giorni” è la risposta della serva. La cosa è grave, una lunga telefonata alla Signora ed una alla Farmacista, fanno sì che in serata le due donne arrivino.
La serva sente le donne discutere, la Oberschwester, stavolta pare in disaccordo con le altre due. La serva, “origliando distrattamente” sente la Signora dire: “Mia cara, siamo d’accordo che la glicerina possa dare ottimi risultati ma, qui da noi si è soliti andarci un po’ più leggere, vedrà che comunque i risultati non mancheranno, glielo assicuro”.
La serva viene spedita in fretta per un acquisto urgente: “Prendi del sapone neutro da bucato e dell’olio di oliva. Prendi il più economico”. La serva si meraviglia un po’: la Signora chiede sempre il meglio, che strano.
Al ritorno la serva trova le tre donne ad attenderla. La Signora le ordina di spogliarsi e restare solo con le mutande disciplinari. La bottiglia di olio viene scaldata a bagnomaria. Poi la Farmacista prende dalla propria borsa una “pera” pera di gomma rossastra. La pera viene lentamente riempita di olio tiepido. Alla serva vengono abbassate le mutande disciplinari e deve mettersi prona, sulle ginocchia della Oberschwester, riparate da un lungo grembiule. La Signora dirige attentamente le operazioni. Il dito guantato della Oberschwester lubrifica accuratamente, poi il beccuccio di gomma della pera si fa strada nel buchetto della serva. Una leggera pressione rivela che il beccuccio si è intasato. Questo richiede l’estrazione e la pulizia del beccuccio ed una nuova inserzione. L’iniezione di olio caldo non è affatto dolorosa, anzi, alla serva piace molto venire accudita dalle tre donne. La serva viene ammonita di non perdere neanche una goccia, comunque la Farmacista mette nelle mutande disciplinari un pannolone, l’olio tiepido ha la particolarità si trovare sempre una strada per uscire, meglio evitare macchie. Alla serva pare di sognare, lasciata tranquilla a pisolare sul divano, nel tepore di una coperta. Che bello fare la “malatina”. Ma di lì ad un ora la Farmacista giudica che l’olio abbia fatto il suo effetto, ora di smuovere un po’ le cose. Viene preparato un catino con acqua calda in cui grattugiano un buon pezzo di sapone. L’acqua si fa densa e scivolosa, la consistenza è più di panna che latte. Nuova introduzione, la serva sente il caldo liquido entrare, dà po’ di fastidio ma niente più. La pera svuotata viene nuovamente riempita e reinserita più volte. Ora il pancione dà ondate di dolore che la stimolano ad andare in bagno. Ma le tre donne la trattengono sulle ginocchia della Obershwester: bisogna fare le brave bambine e resistere. Ma man mano che passa il tempo resistere diventa un impresa, la serva suda e smania. Ancora un po’ e non ce la farà a reggere fino al bagno. Ma la Farmacista ha pensato a tutto: va in macchina un attimo e torna…. Con un capace secchio a cui è adattata l’asse del water. Ecco, mia cara, dice la Signora, non preoccuparti, al momento opportuno ti accomoderai qui. Ormai la serva soffre talmente che non le interesserà scaricarsi così pubblicamente. Ma non è ancora giunto il momento, i massaggi al pancione continuano e anche le ondate di dolore. Di lì a poco la serva capisce che la prossima ondata non riuscirà a reggere. La Signora ora la incoraggia, stringi ancora un attimo, ecco, ora puoi sederti. Ed ora fai pure. Ma nonostante lo stimolo così forte, la serva fatica, è dopo un buon cinque minuti di “spinte” che un urlo di dolore ed un tonfo nel secchio annunciano alle Signore che è saltato il “tappo”. La serva, persa nelle coliche e nelle scariche che la devastano, quasi non nota la gioia delle Signore: non ci sarà bisogno di portare la serva al pronto soccorso, anzi, dopo un bidet ghiacciato e l’applicazione di una bella cremina lenitiva uniti ad una nottata di riposo, il buchetto della serva sarà nuovamente disponibile per l’intensivo programma di rieducazione e condizionamento intestinali che le Signore hanno ideato.
(3- continua)

PENSION BALNEARIA 84


Nobili Signore, serva sudiciona,
un lungo viaggio, rinchiuse nel furgoncino mi fa perdere l’orientamento. Quando scendiamo siamo in una vallata tra basse colline. Un antico edificio nobiliare, circondato da un ampio terreno ci attende. Varchiamo un portone, in un alto muro, reso invalicabile piantando sulla sommità innumerevoli, taglienti, cocci di vetro.
La sorvegliante di grado più alto “maestra Alejandra” ci attende. E’ una donna matura, plasmata da una vita di sacrifici, giunta ai vertici massimi raggiungibili per una ex serva divenuta sorvegliante e poi maestra delle sorveglianti.
Ci accompagna subito per un “giro di orientamento”, ben presto la perra scopre cosa la attende.
Per prima cosa le celle, ogni detenuta ha il “lusso” di una cella singola, si tratta di piccoli cubicoli da 1.50 metri di larghezza e 2 di lunghezza per 2 metri di altezza. All’interno solo un tavolaccio di legno, ben avvitato al muro. Come servizi igienici, l’immancabile secchio che ammorba l’aria. Le detenute sono fortunate, le celle sono dotate di un finestrino, da cui entra un po’ di aria e si vede il cielo. Ovviamente, spiega Alejandra, esistono anche celle sotterranee di punizione, prive di finestra, in cui la pena si sconta al buio e nel silenzio più assoluto.
Già nel giardino, possiamo vedere il primo manufatto di punizione. La “torre”, una rozza palizzata di legno, sormontata da un palco. Il tutto evidentemente costruito da detenute e non da esperti falegnami.
Una gogna, questa sì ben rifinita, blocca il collo e i polsi di una punita, obbligandola a stare eretta. Accanto alla gogna è posta una monumentale clessidra. Alejandra guarda la clessidra e dice alla punita, “preparati, palpazione vescicale”. Pone il palmo sul ventre della punita ed inizia ad affondare le dita. La punita emette un gemito e stringe spasmodicamente le cosce. Alejandra non pare soddisfatta, un gesto e prontamente arriva una sorvegliante con una capace brocca ed un imbuto. Infila l’imbuto in bocca alla punita e, lentamente versa il contenuto della brocca. La punita fa grossi sforzi per inghiottire, sentiamo distintamente i rumori della deglutizione forzata. Alejandra palpa ora lo stomaco, pare soddisfatta. Rigira la clessidra ed annuncia alla punita: “devi tenerla fino alla fine della sabbia, poi darai da bere alla tua compagna di sotto”. Devo fare una faccia molto incuriosita.
Alejandra, da un varco nella palizzata, mi mostra che sotto al palco esiste una seconda gogna. Quest’ultima blocca polsi e caviglie di una seconda punita, costringendola a stare distesa per terra. La testa è immersa in una piccola vasca, ripiena di liquido, da cui affiora solo la faccia della punita.
Alejandra mi accompagna ora ad espletare alcune formalità amministrative, che ci impiegano per una buona ora. Alla fine ripassiamo dal palco. Le due condannate sono nella medesima posizione, Alejandra effettua nuovamente la palpazione vescicale sulla detenuta di sopra, con maggior delicatezza. Ora annuncia alla punita che può orinare. Ma qualcosa non funziona, la punita non emette neanche una goccia, pare che a causa della interminabile ritenzione sia bloccata. Alejandra fa una espressione annoiata, batte le mani, giunge una sorvegliante a cui ordina “pediluvio per 15 minuti”.
Prontamente la donna porta una vaschetta contenete acqua e cubetti di ghiaccio. L’acqua deve essere freddissima. La punita deve mettere i piedi nella vaschetta. Non vi dico l’effetto, il freddo stimola ancora di più il bisogno di orinare. La punita squittisce e stringe disperatamente le cosce. Buon per lei che riesce a resistere tutti i 15 minuti. Ora Alejandra ripete l’invito ad orinare. Cosa che la punita fa con gran soddisfazione.
Ma ora passiamo al piano di sotto: il getto cade in faccia alla seconda punita e riempie sempre di più la vaschetta, iniziando a sommergere la bocca e rischiando di arrivare anche al naso. Si sentono dapprima rumori di aspirazione, come quando una serva maleducata sorbisce del brodo, ma poi il getto è così intenso che, se non vuole annegare la punita deve bere il più veloce possibile. Sul finire, addirittura le va di traverso il liquido, provocandole un terribile accesso di tosse.
Alejandra ora ordina di rimuovere le due punite, due sorveglianti liberano la punita superiore e vedo che la gogna era talmente alta da costringerla a stare sulle punte, tanto che ora fatica a camminare. Viene ora liberata la punita del piano di sotto. A parte la puzza, il colorito della punita è verdastro. Si regge appena in piedi e continua ad inghiottire a vuoto, preda di una nausea terribile. Alejandra le annuncia la palpazione vescicale, ma resta delusa, la vescica è poco piena, lo stomaco e la pancia, però sono ampiamente distesi. “Questa stupida non riesce a digerire l’orina”, sentenzia Alejandra, “Portala pure a vomitare” dice ad una guardia e, rivolta a me: “Vedrai, in capo ad una settimana in cui per punizione berrà l’orina di tutte le sue colleghe, imparerà a digerirla benissimo!”. 
(84- continua)

18 giugno 2014

PENSION BALNEARIA 83

Nobili Signore, serva sudiciona,
dopo le lunghe descrizioni delle punizioni inflitte alla perra che, come fattomi notare da Madame Janine, è ormai ridotta al rango di schiava, una novità si affaccia all’orizzonte.
Il Tribunale delle Signore convoca la perra vicino alla capitale. La Signora mi chiama e, in qualità di sorvegliante, mi incarica di trasportare la perra fin là. Un viaggio non da poco, un incarico veramente “rognoso”.
Vi spiego: anticamente una sorvegliante non aveva che da incatenare la condannata, farle portare in spalla sacco contenente le provviste per il viaggio e legare le catene alla sella del proprio mulo.
Ad ogni villaggio la condannata diventava lo spettacolo del giorno e veniva sbeffeggiata dalla popolazione. La notte venivano ospitate dai vari istituti di correzione che allora costellavano il paese.
Attualmente le condizioni sono cambiate e riuscire a trasportare una detenuta è diventato difficile. Si rischia sempre di incappare in qualche controllo e questo fornisce alla condannata una possibilità di facile fuga. Ci penso un po’ su: è chiaro che, qualsiasi sia il mezzo di trasporto scelto, una detenuta incatenata e magari imbavagliata, dia subito all’occhio. Del resto lasciare la detenuta libera è impensabile….. e mi ricordo da ragazzina, quando mi ruppi una gamba, che fatica camminare con il “gesso”. Detto fatto, recupero una quantità di bende, un sacco di gesso, avanzato ai muratori e mi industrio a imbevere le bende nel gesso. Poi richiamo alla mente un breve corso di pronto soccorso, e così la perra si trova con le due gambe ingessate fino a ben sopra il ginocchio. E’ ancora in grado di fare dei passettini, ma da qui a tentare di fuggire.. ne passa parecchio. Ma non mi sento completamente sicura e così, una bella ingessata anche alle braccia, due cinghiette, inserite nel gesso permettono di unire le braccia tra di loro, impedendo così eventuali aggressioni alla guardiana. Resta il problema del bavaglio. Qui mi viene in soccorso la Signora, mi fornisce un flacone di spray, un potente anestetico che ha la particolarità di paralizzare completamente ugola e corde vocali, un paio di spruzzi e la perra non potrà che mugolare per una buona mezz’ora. Il difficile sarà convincerla ad aprire bocca per spruzzarci lo spray.
Il mezzo di trasporto, già prenotato dal Tribunale, sarà un treno notturno.
“Attenta, da qui esce una detenuta, in ogni caso ne rientrerà una, se te la lasci scappare la sostituirai nella condanna”, queste le preoccupanti parole della Signora. No, non ho alcuna intenzione di abbassare la guardia, se la perra tenta qualcosa, piuttosto la ammazzo di botte.
E sul fare della sera, faccio mettere alla perra le “bragas de goma”, non voglio doverla portare al cesso, le butto addosso una specie di lungo saio, dotato di cappuccio. Una macchina della Pension ci accompagna alla stazione. La perra, impedita ed appesantita dai gessi, fatica a camminare. Mi devo ricordare di fissarle le mani, una volta sul treno, quei gessi possono diventare un arma ….
E finalmente siamo nello scompartimento, ho addirittura dovuto aiutare quell’inetta della perra a salire nello scompartimento. Lo scompartimento notturno è tutto per noi, nessuno ci disturberà. Allaccio tra loro le cinghiette delle braccia della perra, meglio stare sul sicuro. Finalmente partiamo e mi posso rilassare. Il treno è parzialmente vuoto, meglio così meno disturbatori e meno persone che possano sentire eventuali grida della perra. La perra sembra addormentata, mi rilasso anche io e a tratti sonnecchio. “TOC TOC Billete, por favor”.
Cazzo, ci mancava anche il controllore! La perra si sta già riscuotendo, ho solo pochi secondi, se si mette a gridare sono nei guai. E qui mi viene in aiuto la giovinezza passata nei bassifondi e le innumerevoli risse a cui ho partecipato, una bella gomitata alla bocca dello stomaco la lascia senza fiato, ora boccheggia, cercando di aspirare aria. Ho già in mano lo spray paralizzante, tre belle spruzzate mettono fuori uso la voce della perra. Le sistemo il cappuccio del saio, in modo da nasconderle un po’ la faccia. “TOC TOC” “LLEGO……. LLEGO!”
Apro la porta, sono in due, il controllore ed una guardia di sicurezza. Guardano la perra, tutta ingessata che mugola e si lamenta. La mia divisa da sorvegliante mi fa scambiare per una infermiera, mi indico la tempia con l’indice ed alzo gli occhi al cielo “pobre loca”. Porgo i biglietti, il controllore e la guardia se ne vanno in fretta. Ed all’esterno li sento commentare “Que olor!”, si la puzza della perra mi ha aiutato, non si sono insospettiti e non hanno fatto domande, sicuramente non ripasseranno a disturbarci. Ed al mattino arriviamo, su un binario secondario, non è un treno di lusso, solo un anonimo treno per gente che non ha né fretta né soldi. La perra non attira grande attenzione tra i viaggiatori mattinieri. Un furgoncino del Tribunal ci attende……..
E finalmente posso consegnare la perra alle amorevoli cure del Tribunale, continuerò però a seguirne le vicende, poiché proprio qui dovrò seguire un corso di specializzazione come sorvegliante.
Sorvegliante nadia.
(83- continua)

2 giugno 2014

LANCY 16 - UN SANO ESERCIZIO FISICO


LANCY 16 – UN SANO ESERCIZIO FISICO
di sguattera sudiciona
A Lancy tutto è studiato per non lasciare in ozio le detenute. E se negli altri reparti di Lancy si ricorre a sofisticati sistemi per sfiancare le mule, nella fattoria le vacche vengono adibite al lavoro dei campi. Infatti un compito di particolare importanza è l’aratura delle immense serre in cui viene coltivata la manioca. La manioca è un tubero dal quale viene ricavata la tapioca, unico alimento somministrato alle detenute di Lancy.
E naturalmente la sudiciona deve sperimentare anche questo. Tirare un aratro per aratura pesante non è un compito facile, richiede un grande sforzo. Per questo a Lancy vengono impiegati “tiri” di quattro vacche. Il lavoro all’aratro, molto usurante, rappresenta lo spauracchio per le detenute della stalla, basti dire che è più temuto di una seduta punitiva nell’ambulatorio della Dottoressa.
La Infermiera Mungitrice fa uscire dalla stalla la sudiciona con altre quattro compagne di sventura.
Le vacche indossano già i mutandoni contenitivi di Lancy. Anche se, al contrario delle mule, non sono ingravidate, dati gli sforzi erculei che dovranno fare, viene fatta indossare la fastidiosa pancera. Al di sopra le mucche indossano un lungo saio marrone, imbottito sulle spalle, dotato di cappuccio. Un morso viene saldamente introdotto tra i denti e strettamente allacciato da una cinghia. Il cappuccio, dotato di due fori per gli occhi ed uno per la bocca ha anche lo scopo di paraocchi, in modo che le mucche non vengano distratte dal proprio impegno. Per preservare in qualche modo i piedi, alle aratrici vengono fatti indossare bassi stivaletti di gomma.
Un grosso aratro le attende. L’aratro è di ferro, pesantissimo, con un enorme vomero. A quattro mucche viene fatto indossare un pesante “giogo”, costituito da un semianello di legno, posto sulle spalle, in corrispondenza della scarsa imbottitura offerta dal saio. Il giogo è collegato ad un sistema di cinghie che ripartisce lo sforzo tra le aratrici. La quinta serva, a rotazione, guida l’aratro, dando il ritmo alle compagne. La Signora Anne H. ha ideato di persona il lavoro all’aratro, una sola sorvegliante riesce, in una lunga giornata di lavoro a sfiancare ben cinque vacche. Ovviamente la sorvegliante è dotata di una terribile frusta di cuoio intrecciato. Basta uno schiocco della frusta perché le aratrici partano.
E veniamo alla nostra sudiciona preferita. Viene brutalmente svegliata dalla sorvegliante del turno di notte alle 6 in punto, nel buio della notte. Altre quattro infelici stanno uscendo dalle celle. La sorvegliante concede loro una pausa bagno, in modo che si svuotino ben bene dal clistere notturno. Fa quindi indossare gli abiti prescritti. Abiti che sono ancora umidi dal giorno precedente. La sudiciona rabbrividisce, nel freddo notturno. Il tiro di mucche viene fatto uscire nelle prime luci del giorno. L’aratro le attende. Arrivano le sorveglianti del turno di giorno. La sudiciona si accorge che a controllare l’aratura sarà la sorvegliante Lotte, una delle più inflessibili. La mucca che dovrà guidare l’aratro al primo turno è incaricata di infilare il giogo e stringere opportunamente cinghie, cinghiette, morsi e cappucci. Inutile dire che si merita un paio di manrovesci dalla sorvegliante Lotte che ritiene le cinghie troppo lasche. Dai muggiti che sfuggono alle aratrici, invece, sembrerebbe che le cinghie mordano già a sufficienza le carni, ma tant’è. Le mucche vengono ora dirette all’appezzamento da arare. Si tratta di un campo di un ettaro, posto appena fuori Lancy. Pensateci, un campo di 100x100 metri! Ma quello che sfiancherà le nostre vacche è il tipo di terreno: molto compatto ed argilloso, non lavorato da anni ed anni. Al comando della sorvegliante, le mucche da traino partono a tirare, ognuna concentrata nel tirare uniformemente, nessuna vuole assaggiare la frusta. Ed ad un secondo ordine, la mucca al comando libera una leva, il vomere si pianta nel terreno ed inizia ad opporre resistenza. Accade che per un po’ le vacche da traino continuino a muoversi ma l’aratro resta quasi fermo, i gioghi e le cinghie si piantano nelle carni e premono impietosi sulle ossa , sentiamo chiaramente i muggiti di dolore. Poi, lentamente l’aratro riprende ad avanzare. Vediamo chiaramente che il passo delle vacche aratrici è lo stesso degli alpinisti, lento ma costante e di grande potenza. La cosa più difficile per le nostre mucche è tirare all’unisono, infatti ben presto vanno fuori sincronismo e l’aratro rallenta. Qui rientra in gioco la sorvegliante che, tramite lo sciocco della frusta, rimette in sincronismo le aratrici. Inutile dire che, se va bene, lo schiocco è solo di avvertimento, ma la pazienza di Frau Lotte è limitata, ben presto la frusta cade sulle schiene impietosa, causando grande dolore. Gli impietosi paraocchi impediscono di vedere altro che non sia il campo ancora da arare, le vacche, infatti non possono, a causa del giogo, girare liberamente la testa. Le nostre vacche sono in un bagno di sudore, la faccia paonazza i denti piantati nel morso, quasi non hanno il fiato neanche per muggire. Ma un esercizio tanto massacrante non può durare all’infinito, ogni mezz’ora viene fatta la rotazione delle vacche. Vacche che, come l’aratro si ferma, cadono a terra sfinite. Occorrono grida e frustate, distribuite generosamente da Lotte, per far riprendere il lavoro a cambio effettuato. Inutile dire che con delle vacche così fannullone Frau Lotte dovrà fare dello straordinario, visto che il lavoro al campo di manioca terminerà nel buio della notte.
Al rientro le vacche, stravolte e coperte di cristalli di sale del loro sudore e della terra sollevata dai loro passi, saranno costrette all’ultimo sforzo di ripulire, oliare e riporre l’attrezzatura. Infine la tanto agognata scodella di tapioca permetterà loro di sopravvivere un altro giorno. E se durante il giorno le vacche da aratura sono esentate dal clistere, la notte possono recuperare, infatti le attende una bella caraffa di “Eau de Lancy”, somministrata, come buonanotte dalla sorvegliante. Il clistere le terrà gonfie nella notte. Ma la vacca numero 14 è tanto stanca che neanche si accorgerà del pancione e dei relativi dolorosi crampi.
(16- continua)