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30 maggio 2023

THE MILL / PROLOGO

La Signora cammina nella notte, vestita di scuro, un berretto da commando ne nasconde i capelli.

Con fare furtivo apre una porta ed entra in una casetta isolata. Nella tasca del giubbinoun pacchettino ed una pennetta USB. Si trattiene pochi minuti. Quando esce il pacchettino non c’è più. Consulta un orologio antiriflesso, da incursore… anche stavolta, come le precedenti, quindici minuti sono bastati per eseguire il suo piano, un piano ideato e completato assolutamente da sola: “nessun aiutante, nessun delatore”. Ora, soddisfatta sale sul potente SUV e se ne torna a casa. Riflette: gli anni di collaborazione col controspionaggio sono tornati utili, in particolare le lezioni sulla creazi one di false prove. Il materialele è costato 5000 dollari e cinque diverse incursioni nella casetta nonché l’installazione di un programma “easter egg” nel computer della casa.  Ora non le resta che aspettare qualche ora per il completamento della vendetta sull’ odiata figliastra che le contende l’eredità. L’indomani la giovane accende il PC e, senza dare alcun segno della propria esistenza, il misterioso “easter egg” invia alcune mail, una volta eseguito il proprio compito il programma si 

auto cancella eliminando anche la più piccola traccia del proprio passaggio. E’ già sera quando la ragazza che abita la casetta isolata, viene svegliata mentre sonnecchia davanti al televisore: ripetuti e imperiosi squilli del campanello che la obbligano ad alzarsi. Ancora assonnata va ad aprire: quattro donne la attendono. La più anziana ha un foglio tra le mani e glielo consegna: “Polizia, abbiamo un mandato di perquisizione, stamattina da questo appartamento sono stati inviati dei messaggi offensivi per il nostro Presidente.”

La giovane, si meraviglia, non ha mai fatto nulla del genere, ma  poi si rassicura, nonostante il paese sia governato con pugno di ferro da un Presidente che ha instaurato una vera e propria dittatura, il reato di cui la sospettano è un reato minore, punito con una forte ammenda o tutt’al più con un mese di prigione.

Le poliziotte rovistano la casa, poi smontano il computer per sequestrarne l’hard disk. E nell’aprire il contenitore, vengono alla luce cinque pacchetti, sigillati in plastica. L’atteggiamento rilassato delle poliziotte, che si aspettavano di comminare la solita ammenda cambia di colpo: se i pacchetti così accuratamente nascosti contengono sicuramente droga, la quantità è notevole.Infatti ognuno dei pacchetti è appena al di sotto del peso per cui scatta la gravissima accusa di traffico di droga, in tutto i cinque pacchetti significano l’accusa è di traffico internazionale di droga.La legge, voluta dal Presidente per sfatare la fama di patria dei narcos è severissima con i trafficanti almeno due anni di lavori forzati. E così la ragazza viene portata via in manette.

Inutili le lacrime e le proteste di innocenza, viene subito portata in carcere e sottoposta a perquisizione. La costringono a spogliarsi completamente nuda, infine la poliziotta si mette dei guanti di lattice ed effettua una umiliante verifica vaginale ed anale. Già l’indomani inizia un rapido processo, il difensore d’ufficio della ragazza non trova di meglio che appellarsi alla clemenza della giudice. Quest’ultima consulta alcuni documenti appena ricevuti: il Presidente in persona, venuto a conoscenza dei fatti auspica una condanna esemplare. Un altro messaggio è la richiesta da parte del penitenziario dell’”Isla de la diabla” di inviare rapidamente, col cargo che parte di lì a due settimane, il maggior numero di condannate ai lavori forzati possibile: c’è un grande bisogno di manodopera!

E così di lì a due settimane Jenny, questo è il nome della figliastra, si trova imbarcata sul cargo che collega, una volta ogni due mesi,il Paese, con un lontano gruppo di isole, poste oltre il circolo polare antartico. Le isole sono completamente disabitate, se si escludono due grandi penitenziari. 

Ed il lungo viaggio, ben 10 giorni di navigazione oceanica, senza incontrare alcuna terra, avviene sempre carico: all’andata le guardie che si avvicendano nei disagiati, interminabili turni di due mesi, inoltre nella stiva, oltre ai rifornimenti, possono essere rinchiuse fino ad un centinaio di detenute. Al ritorno, invece, oltre alle guardie, la stiva è stracolma del pregiatissimo pesce secco, il ricercato prodotto dell’Isla de la Diabla. 

La navigazione è difficile, il tratto di mare da attraversare è sempre agitato e se per le guardie, alloggiate in comode cabine vi è qualche disagio, nelle cellette della stiva il mal di mare, la mancanza di aria fresca e la mancanza di servizi igienici, sostituiti da un capace secchio che nessuno si preoccupa di svuotare, rende il viaggio un vero inferno, degno prologo per le condannate dell’Isla de la Diabla!

 

 

CENTRO DE DETENTION MADAME ROCIO 18


 LA TRISTE FINE DELLA PERRA
Il suono del tamburo procede inesorabile, un colpo ogni 30 secondi. Madame ha una curiosità, siamo ancora in porto, che remano a fare? Mercedes è prodiga di spiegazioni tecniche, i remi fanno ruotare un generatore di corrente che serve a caricare le batterie. L’energia accumulata serve poi a muovere le elic

he nei momenti in cui la spinta delle vele è insufficiente, ma serve anche per gli innumerevoli motori e pompe della nave e a tutti gli elettrodomestici delle cabine. Madame è molto interessata, : va tutto bene, ma un colpo di remo ogni 30 secondi pare poco….. ma Mercedes la rassicura, nei momenti di necessità si fa ben altro, e per dimostrare la cosa grida alla donna al tamburo “presa diretta”. A questo ordine le rematrici si riscuotono, da sotto i banchi di voga estraggono ognuna un pezzo di legno a forma di osso e lo mettono tra i denti, è una specie di bite. Il ritmo del tamburo passa gradualmente ad un colpo ogni 20, 15 , 10 ed infine ad un colpo di remo ogni 5 secondi. Le schiene delle rematrici si piegano all’unisono, sul viso una smorfia di fatica, i denti piantati nel legno. Rivoli di sudore gocciolano lungo schiene e grembiuli. Un afrore di sudore e fatica pervade l’ambiente. Le sorveglianti “incoraggiano” qua e là qualcuna, usando appunto la “ratona” e, visti i segni rossastri lasciati, Madame è soddisfatta, la frusta è adeguata al proprio compito. Nel momento di massimo sforzo di sentono sempre più gemiti di dolore, e il rumore delle scudisciate. Frattanto sono passati 15 minuti, è la stessa Madame che si complimenta con Mercedes e chiede di interrompere l’esercizio. All’ordine di 10 minuti di pausa le rematrici respirando affannosamente, tolgono l’osso dalla bocca e lo ripongono con attenzione nel proprio nascondiglio. Alcune rematrici passano per ogni bancop di voga con un contenitore di acqua, si muovono incerte, Madame chiede a Mercedes il perché: le lenti del cappuccio sono fortemente deformanti e le rematrici faticano a camminare diritte. Non vedendo coi bene si concentrano di più sul remare e non possono guardare il panorama quando salgono sul ponte, infatti per loro le cose più distanti di una decina di metri sono solo macchie di colore indistinte.  Le detenute intantobevono avidamente utilizzando dei mestoli di alluminio, attaccati con una catenella al contenitore. Mercedes spiega, alle rematrici non facciamo mancare il cibo ma soprattutto l’acqua. Per il nostro motore non deve mai mancare il combustibile. Madame immerge un dito nel contenitore ed annusa: l’acqua sa di stantio, Mercedes spiega, nonostante il grande dissalatore della nave fornisca acqua in sovrabbondanza, l’acqua delle rematrici viene conservata per almeno due settimane in  un grande barile prima del consumo, nelle navi a remi l’acqua dolce era conservata così e noi rispettiamo la tradizione. Visto l’interesse di Madame, Mercedes propone di seguire altri momenti della vita delle rematrici, si avvicina l’ora del pasto, poi tra un paio d’ore sarà l’ora dello … svuotamento, se Madame vuole assistere anche a questa spiacevole incombenza. Madame non aspetta altro, vuole ben fotografare la vita della perra.  

E’l’ora del pasto, le rematrici estraggono da sotto il banco di voga delle ciotole di lamiera stagnata. Viene distribuita una ciotola d’acqua, poi le dispensiere consegnano ad ognuna sei “gallette”, delle specie di biscotti di un pane particolare a lunghissima conservazione, il cibo tradizionale delle galere. Le gallette sono talmente dure che vanno ammollate in acqua per almeno 10 minutie sono sempre dure come pietra, Madame capisce ora perché a molte manchino dei denti…. Le dispensiere mettono nelle ciotole anche un pezzo di pesce secco. Mercedes spiega, acqua, carboidrati, proteine e sale, quasi tutto quello che serve loro. Le ciotole vengono rapidamente vuotate dalle fameliche rematrici. Ripassano le dispensiere ed in ogni ciotola versano un mestolo di un liquido marrone. Succo d’arancia, per le vitamine serve per prevenire lo scorbuto, spiega Mercedes. Madame pensa che il succo d’arancia sia un lusso eccessivo ed assaggia, ma resta spiacevolmente sorpresa: un liquido amarissimo, assolutamente imbevibile. Mercedes spiega, Madame, perdoni ma non ho capito volesse assaggiare, si tratta delle arance selvatiche piantate come ornamento in molte città costiere, non sono affatto adatte al consumo, tanto che ce le regalano, risparmiandosi così i costi di smaltimento. Il pasto è terminato, le rematrici ora vengono liberate e incatenate in gruppetti, devono lucidare, durante la pausa della digestione, ponti ed ottoni, incatenate tra loro. Date le lenti del cappuccio  salgono la scala che porta sul ponte a tentoni e una sorvegliante trascina i vari gruppi dove dovranno lavorare, Madame approva l’idea delle lenti deformanti, aggiungono incertezza a tutti i movimenti e nessuna può perdere tempo a guardare il panorama o, magari pensare ad una via di fugaUn ora di lavoro extra costituisce la pausa dopopranzo delle rematrici.Oltre a tenerle permanentemente incatenate, per prevenire le fughe ad ogni detenuta è stato impiantato un microchip, con un doloroso intervento ginecologico, basta che si avvicinino alle murate o allo scivolo di uscita per fare suonare una sirena di allarme, guadagnandosi così dozzine di frustate. Al ritorno dal lavoro di lucidatura è già l’ora dello svuotamento, la Dottoressa della nave, coadiuvata da infermiere ed domestiche, dirige l’operazione. Sopra ogni banco di voga vengono appese delle taniche, da queste scende un tubo che finisce in una grossa cannula dalla punta grossa come un uovo. La Dottoressa spiega a Madame: come ha visto nella dieta delle rematrici non sono contemplate le fibre, un inutile fardello da portare in giro per il mare. Ovviamo con un clistere quotidiano. Anche qui utilizziamo ciò che abbonda: acqua di mare, molto “estimulante” per i loro pancioni. Praticare 60 clisteri al giorno sarebbe un lavoro interminabile, ho così adottato le attrezzature utilizzate nelle cliniche per “el enema de bario”, solo che anziché il denso liquido, di difficile scorrimento lì utilizzato, noi usiamo acqua di mare, in due minuti irrighiamo a fondo l’intestino delle rematrici. La cannula dalla punta ingrossata permette loro di resistere alla forte pressione. Ovviamente punisco personalmente tutte quelle che non sopportano per bene il loro clistere. Le assicuro che dopo un bell’ “enema de castigo” lo sfintere diventa ermetico….    

Madame segue, interessata gli eventi, le aiutanti della Doctora obbligano le detenute a mettersi carponi, Madame vede che molte detenute prendono da sotto il banco di voga un barattolo di unguento e si lubrificano posteriormente, Mercedes commenta, le rematrici sono pronte a prostituirsi in tutti i modi per avere un po’ di vaselina. L’ingrossamento ovoidale della cannula viene puntato sullo sfintere, l’esecutrice inizia a spingere, si vede chiaramente che la detenuta collabora “spingendo” per favorire l’introduzione, che ad onta del lubrificante deve dolere parecchio, visti i lamenti e gli arrossamenti ben visibili. Poi viene aperto il rubinetto. Mercedes spiega, l’apparecchio viene messo ad un metro di altezza, se la detenuta collabora e si rilassa l’acqua entra tutta in due minuti, passati questi il livello viene portato a due metri e non c’è contrazione o colica che tenga. Madame nota che le detenute sono ancora incatenate, ma alla fine…. come faranno a liberarsi?La scena di 60 donne che vengono rapidamente riempite è abbastanza rumorosa, lamenti, pianti. A somministrazione terminata la cannula viene rapidamente estratta senza complimenti, strappando altre urla, la cannula è pronta per una altra rematrice. Il clistere viene fatto trattenere per un buon quarto d’ora, l’acqua di mare è molto stimolante, visto come le pazienti stringono le cosce e massaggiano le pancione sotto al grembiule. Passati i quindici minuti le rematrici si liberano rumorosamente lì dove sono incatenate, il grembiule di gomma, infatti, non è affatto di ostacolo. Il pavimento del ponte rematrici è appositamente fatto con un robusto graticcio di legno, impermeabilizzato con resine.Qui sotto c’è uno scivolo che convoglia tutto nella sentina, spiega Mercedes. La nostra nave è ad impatto zero anche in questo, le acque di scarico vengono purificate prima di scaricarle in mare.

Mercedes ha notato che una delle rematrici non solo non ha sopportato il liquido per il canonico quarto d’ora, ma aveva già iniziato a scaricarsi a metà della somministrazione, ad onta della cannula ovoidale. La grave mancanza viene segnalata alla Doctora, è il caso di praticare un bell’”enema de castigo”!  Madame non vuole assolutamente lasciarsi sfuggire lo spettacolo. La rematrice viene sciolta, portata in bella vista, qui messa supina ed incatenata mani e piedi aperte ad x al pavimento. La Doctora ha già inserito una grossa cannula “bardex” a due palloncini. Questi vengono ben gonfiati, strappando lamenti alla punita. Una capace tanica da 5 litri di acqua di mare viene appesa ad appena 30 centimetri sopra la punita. La doctora apre il rubinetto, il liquido inizia a scorrere, ma, data la scarsa altezza del contenitore, ben presto si raggiunge una situazione di equilibrio, ora la Doctora alza di volta in volta di 5 centimetri la tanica, scatenando nella pancia della punita una colica dopo l’altra. Si vede chiaramente dalle smorfie e dai lamenti pietosi, quanto soffre. La punizione continua fino a che l’acqua non viene tutta assorbita. Il pancione della punita la fa assomigliare ad una balena  spiaggiata, pare proprio all’ottavo mese, la Doctora chiude il rubinetto e gonfia ancora di più i palloncini della sonda. Il tubo viene staccato dalla tanica, la punita viene liberata ed aiutata ad alzarsi. Il pancione è talmente gonfio che deve reggerselo con le mai per camminare. Nessuna possibilità che possa remare così ingravidata, può solo sfilare in modo che tutte le rematrici vedano e ricordino cosa succede a chi non sopporta correttamente “el enema”. Tornata al proprio posto viene incatenata al banco di voga, finalmente la cannula viene sgonfiata e tolta, per la rematrice inizia una dolorosa evacuazione pubblica che la terrà accucciata senza fiato e dolorante per una buona mezz’ora. 

 

Madame segue ancora per qualche ora la vita della perra e delle altre rematrici, ma poichè vedere femmine che remano alla lunga l’annoia, decide di tornare in cabina e godersi la crocieradivertendosi e trovandosi una compagna tra bellissime crocieriste. A Madame pare che la condanna della perra non sia sufficientemente dura, decide che ci penserà un po’ su, poi parlerà con la capitana ed armatrice. Sono passate due settimane, in cui la nave ha sempre viaggiato a vela. Madame ha ormai visto a sufficienza, la vita delle rematrici non è sufficientemente dura, almeno per la perra. Madame si reca sul Ponte di Comando per conferire con la Capitana e la Nostroma. 

Care Signore, vorrei fare un reclamo, avete a bordo come rematrice, condannata alla “cadena perpetua” una sordida delinquente. Questa disgraziata non contenta di avermi sottratto la direzione della pension Balnearia, approfittando di una mia lunga malattia, ha anche pensato di sedurre mio marito e sottrarmelo. Ho dovuto faticare a lungo per rientrare nella proprietà della Pension. Quanto al marito, beh, ho già provveduto a farlo pentire amaramente, gli ho chiuso tutti i finanziamenti ed è diventato un barbone. Ma veniamo a questa schifosa della perra, il lavoro di rematrice non la sta affatto usurando. Sono qui per proporre un lavoro appositamente studiato perché questa stronza paghi le sue colpe. Le due Ufficiali sono d’accordo, che Madame faccia le sue richieste, faranno l’impossibile per accontentarla. Ho chiesto all’”Ingeniera” di bordo quanto consumi la pompa di sentina. Ora la pompa che svuota la sentina, separando la parte liquida dalla parte solida delle fogne, consuma tantissima corrente. Mi si dice che consuma più questa che la intera strumentazione di navigazione. Ho così chiesto di visitare questa famosa sentina, in effetti niente di tanto bello, si tratta di una grande vasca posta al di sotto del ponte rematrici. In questa vasca scaricano le toilette della nave ed inoltre cadono dall’alto le deiezioni delle rematrici. Come potete immaginare non è l’ambiente più profumato della nave.  L’Ingeniera mi ha anche mostrato gli scarichi attraverso cui vengono espulsi i liquidi, una volta filtrati. Gli scarichi sono solo poco più alti del bordo della vasca. Ho passato un intero giorno con l’Ingeniera a progettare un modo per sostituire la pompa di scarico della sentina. Mettiamo la perra nella vasca, con un secchio dovrà sollevare il liquido e versarlo su di una fitta griglia che separi la parte solida e che scarichi all’esterno. Ovviamente la perra, di tanto in tanto, raccoglierà con la mano la parte solida, mettendola in un bidone per il successivo smaltimento. L’idea piace moltissimo alla Capitana ed alla Nostroma. Madame ha anche delle richieste per quanto riguarda il vestiario della perra, innanzitutto le verranno fornite delle spesse e strettissime mutande ermetiche, per prevenire infezioni. “Non voglio che quella stronza si ammali, sottraendosi così per qualche giorno dal lavoro”. Anche togliere e mettre le mutande non è facile, così la perra verra sottoposta al clistere un ora prima di tutte le altre, mentre queste ancora dormono. Inoltre la perra non potrà orinare che durante le pause, in cui le verrà permesso di sfilare per qualche minuto il fastidioso indumento, il cappuccio della perra viene sostituito da uno nuovo, integrale che copre testa e faccia, simile alle maschere antigas della grande guerra. Lenti deformanti che colorano tutto di grigio ed un filtro rotondo collegato alla maschera da un tubo corrugato. La perra scoprirà però che respirare attraverso il tubo è faticoso e la puzza penetra comunque nell’interno della maschera. Ora la perra viene liberata dalla catena e  fatta scendere alla vasca della sentina. Ma rifiuta di entrarvi, una mezza dozzina di staffilate la convince. Ma è destino che la perra crei dei guai, finge che la spinta di archimede del liquido le impedisca di stare in piedi e lavorare all’interno della vasca. Ma Madame trova rapidamente una soluzione: dei pesantissimi stivali da palombaro di piombo!. E così la perra si trova ben stabile sui piedi zavorrati. E Madame melliflua: mia cara ti conviene darti da fare con quel secchio, è bene che la vasca sia vuota prima del clistere di domani mattina delle rematrici, altrimenti rischi di annegare nella cacca. Ed è una perra terrorizzata quella che si dà da fare come una pazza per tenere il più vuota possibile la vasca in cui vive per 12 lunghe ore. Le ore restanti la perra le passa a lavarsi, rigorosamente con acqua di mare, poi può finalmente orinare, mangiare e soprattutto asciugarsi, visto che altrimenti, sempre immersa nella fogna rischia di sciogliersi pure lei. 

Madame, nonostante l’aria irrespirabile vuole presenziare a cosa succede alla perra durante la prima occasione dell’”enema” delle rematrici

Non deve attendere a lungo è giunta l’ora, di al piano di sopra grugniti e lamenti, manca solo un quarto d’ora…. E di lì a poco  getti d’acqua lurida cadono attorno alla perra, E’fortunata per un minuto non viene colpita, mentre continua affannosamente ad “aggottare” col suo secchio, poi i crescenti getti la colpiscono, nessuna possibilità che possa schivare, il suo mondo è ormai di macchie chiare e scure ed anche i rumori sono attenuati dallo spesso e stretto cappuccio, si sente il suo “NOOOOOO” disperato, attutito dalla maschera e dal filtro. Nonostante venga usata acqua di mare fredda per “el enema” i liquami sono scaldati a 37 gradidalla permanenza nelle pance delle rematrici. La perra si mette a tremare, sta per avere una crisi isterica, intanto gli scrosci la stanno lordando sempre più. Ora la perra tenta di opporsi al castigo, getta nell’acqua il secchio ed incrocia le braccia. Ma la Nostroma è una saetta, pinza il tubo corrugato con due dita, bloccando così l’aria. Tre minuti in apnea convincono la perra, si muove debolmente, è all’estremo. La Nostroma libera il tubo e, mentre la perra respira affannosamente, le tiene una bella lezioncina sul fatto che, indossando gli stivali di piombo, se non lavora annegherà nella cacca. La lezione giunge a segno, la perra è finalmente domata fa segno di sì, anzi deve rispondere SI’ urlando fino a che che Madame sia soddisfatta. Poi la perra lavora ogni giorno per lunghe ore affannosamente, in premio qualche ora di pausa per rimuovere le mutande, lavarsi sommariamente con un secchio di acqua di mare, finalmente pulita e non proveniente dalle pance di  rematrici ed ospitimangiare il cibo delle rematrici: gallette e pesce secco ammollate. E per lei il lavoro alternativo “asciutto” è lucidare con spazzolino da denti la lurida latrina della sala comando.

Madame è soddisfatta, la sua nemica è definitivamente scesa al più basso livello possibile, e farà da oggi in poi letteralmente una vita di cacca. E per buona misura Madame tutte le sere fa un lungo rilassante bagno in vasca, sicura che la perra apprezzerà gli innumerevoli litri di acqua in più da depurare e scaricare. Nessuna possibilità di redenzione per la perra sulla Galera, le scale per le rematrici possono essere solo in discesa, non c’è buona condotta che tenga, la perra aggotterà e spalerà cacca a vita. E quando la crociera finisce Madame, scesa sul molo, resta a lungo a guardare un ombrinale da cui si riversano fiotti di acqua, finalmente può ammirare il lavoro della perra senza sentire la puzza mefitica della sentina. Nel frattempo la sua nemica sta faticando come una matta, il liquame le arriva alle mammelle, anche grazie alla vasca da bagno piene a cui Madame ha tolto il tappo proprio prima dello sbarco. La perra suda moltissimo per il lavoro, l’interno della maschera è ormai un forno,  il sudore condensa in gocce, mescolandosi alle lacrime di disperazione, un rivolo d’acqua scende da una valvola di drenaggio. Madame dà un ultima occhiata all’ombrinale, si la perra è ormai ben sistemata per il resto dei suoi giorni.  Poi Madame lascia la perra al destino di milioni di secchi di acqua maleodorante da sollevare, filtrare e depurare…… proprio un destino di C…

FINE

7 aprile 2023

ENFERMERA CARMEN 3

Dedicato alla Gentilissima Madame Janine, musa ispiratrice di questa sguattera sudiciona.

Mie Signore, 

la mia detenzione medica prosegue, tra orripilanti “cure” e disciplina estrema. Mi hanno trasformata in una larva, che giace sonnecchiando su letto di contenzione, immersa nella immaginabile puzza, visto che la vaschetta igienica sottostante viene scaricata solo una volta al giorno. Per evitare altre terribili punizioni mi adeguo e gradatamente mi abituo al cibo e a sopportare i quotidiani clisteri. Passata la settimana di regime di punizione, rimango comunque a letto per un'altra settimana. Poi, secondo le indicazioni mediche, posso iniziare ad alzarmi e verrò sottoposta da Carmen alla riabilitazione. Questa Signora è multiforme, oltre che fare l’infermiera fa anche da fisioterapista e mi sottopone per alcuni giorni a massacranti sedute di stretching passivo, in cui è lei a forzarmi gambe e schiena in angolazioni impossibili per una vecchia sguattera. E i miei lamenti e le mie suppliche fanno ridere le aiutanti. Ma Carmen, dopo essersi spalmata un altro po’ di olio sulle palme delle mani, inizia nuovamente ad impastare, battere e storcere cosce, polpacci e muscoli. Finalmente abbandono il letto e la poltrona a rotelle, mi illudo che sia finita, ma Carmen è pronta a ricordarmi che abbiamo pattuito quattro settimane. “Sudiciona, adesso che ti abbiamo guarita e rimessa in piedi non vorrai fare qualcosa per noi?”. Sento il cuore accelerare, ormai conosco Carmen, passerò sicuramente dei guai, ma la fascinazione di questa Signora è tale che farei di tutto, mi butterei anche nel fuoco, se solo lo chiedesse. Niente di tutto questo, mi spiega l’Infermiera, sai sudiciona, vorrei fare un po’ di pubblicità ai miei estudios, ma desidero qualcosa di originale. Mi occorrono due sguattere con una cara de bronce ovvero una faccia di bronzo. Non mi posso esimere, assicuroCarmen che alla mia età non so più cosa sia il pudore. Così mi spiega la sua idea: due donne, una giovane e prestante che impersonerà la dominante e la seconda, una vecchia bardata ci cuoio che impersona la sottomessa, che girano per le ramblas e poi, fattasi sera , si portano nella zona accogliente di locali, ristoranti ed hotel che espongono orgogliosi la bandiera LGBT. Confesso a Carmen che non credo di essere nelle condizioni migliori, vi ricordo che mi ha fatto rapare e che, anche a causa dei lockdown, di sole non ne ho preso affatto. “vale, sudiciona, vamos a la peluqueria “d’accordo sudiciona andiamo dalla parrucchiera”. Ebbene, parrucchiera ed estetista, una bella parrucca e qualche rapido e chissà quanto costoso trattamento, fanno miracoli, da vecchia sguattera paio una milf!  Poi torniamo agli estudios dove Carmen mi fa indossare uno stretto corsetto di  cuoio, un capo costoso che, anziché comprimerlo, valorizza ed arrotonda il mio pancione.  Per le zinne c’è poco da fare e, al contrario della mia giovane compagna che le mostra orgogliosa, le mie saranno imprigionate in un robusto reggiseno di cuoio molto imbottito. Tutto qui? No,  essendo la sottomessa mi toccano un collare da cagna, due paraocchi ed un morso tra i denti, a cui sono collegate le briglie con cui mi guideranno. Dato il mio recente incidente, Carmen mi esime dall’indossare tacchi alti e mi fa indossare dei sandali da schiava romana. Inutile dire che corsetto e paraocchi riportano la scritta fluorescente Estudios Carmen. Quanto alla mia “driver”, anche lei indossa corsetto di cuoio da dominatrice, sempre con la scritta “Estudios Carmen”.  Oltre a tenere tra le mani le briglie, la mia driver ha anche un frustino. Veniamo istruite su quali Ramblas percorrere (si, sono più di una), e di recarci anche all’affollatissimo mercato nella zona universitaria, ed anche nel  tipico malfamato quartiere del Raval. Inoltre Carmen ci istruisce su quali sono i bar ed i locali davanti a cui dobbiamo sfilare, mescolandoci ai variopinti personaggi che popolano le serate. Infatti non siamo le sole a fare pubblicità, in queste vie potete vedere famose artiste ma anche drag queens che prima dello spettacolo, stazionano di fronte al locale, per invogliare i clienti ad entrare. Che dirvi di questi giorni? Al principio mi sento un po’ umiliata e ringrazio il cielo di essere a 1000 km da casa, nessuno potrà riconoscermi. Ma passata qualche ora, a parte il mal di piedi, inizio a divertirmi. Invece dei soliti sguardi schifati che una vecchia sguattera nota sempre, vedo sguardi piacevolmente sorpresi. Nessuno che si scandalizzi, come succederebbe da noi, anzi capita di scambiare qualche battuta coi passanti tutti sinceramente interessati a divertirsi! Passa qualche giorno, è lunedi, serata un po’ morta se paragonata ai fine settimana e alla tanto celebrata Movida. Io, con Oxa, la sguattera che impersona la mia dominatrice, siamo come al solito in giro pubblicitario davanti ai locali variopinti, per sole donne ma anche davanti a quelli per soli maschietti. Come dicevo, stiamo camminando che ad Oxa suona il telefonino: è Carmen che ci ordina di raggiungere un piccolo locale accogliente che lei frequenta.  Ubbidiamo prontamente. Sul fondo del locale c’è un salone “particolar”, aperto solo ad una selezionatissima clientela femminile. “Sudiciona, ho un nuovo compito per te, poiché stasera non c’è nessun artista ad esibirsi e la serata langue,  ho deciso di fartilanciare una sfida”. Ebbene, Carmen ha deciso che sfiderò le presenti a sopportare un clistere meglio di me. Arrossisco, va bene che noi sguattere ci prestiamo a tutto, ma ricevere un clistere come forma di spettacolo poi? Ma da vera sudiciona, questa sconcezza in fondo mi solletica, così, detto fatto, la presentatrice lancia la sfida: “mia care Signore, la sguattera sudiciona sfida chiunque di voi a sopportare un clistere meglio di lei. Per incoraggiare la sudiciona e la sfidante vi invito a fare delle offerte che costituiranno la “borsa” della gara. Le presenti restano un attimo interdette, vedo coppie di ragazze che si guardano tra loro, poi l’ambiente si scalda,  un cestino, che viene fatto girare, si riempie rapidamente di banconote, varie centinaia di euro raccolti, saranno il premio per la vincitrice, anzi, come negli incontri di boxe, spiega l’annunciatrice ¾ andranno alla vincente ed ¼ alla perdente. Mi illudo che nessuna delle Signore presenti vorrà subire questa umiliazione pubblica, ma dimenticavo che ci sono coppie di Domina e Schiava! Così una Signora dà di gomito alla propria compagna, che si alza, ecco la sfidante per la sudiciona. E non è finita, l’annunciatrice ci incita a decidere quanto liquido riceveremo. Partiamo da un litro ed ognuna di noi rilancia, proprio come in una partita di poker, sperando che l’avversaria si arrenda senza dover ricevere il lavaggio. Ebbene, arriviamo alla proposta di quattro litri. L’annunciatrice dice che va bene così ed illustra a tutte le presenti le modalità della sfida: riceveremo contemporaneamente un clistere di quattro litri ben caldo, di acqua e sapone. Poi potremo scegliere un plug di ritenzione, sta a noi decidere la misura e se infilarcelo o meno. Dopo di che, a suon di musica, ci sfideremo ad eseguire balli, esercizi ginnici eccetera. Non potremo ovviamente, in nessun caso allontanarci dal palco: la prima che espellerà il clistere dovrà poi subire una penitenza. Mormoriidi eccitazione dal pubblico di Signore, altro che serata morta, scommetto che la voce correrà e nei prossimi giorni…, ma mi rendo anche improvvisamente conto che io e la mia sfidante saremo le protagoniste di un degradante spettacolo! La mia avversaria si chiama Felipa, ed ovviamente è una sottomessa. Una bella donna trenta o trentacinque anni, capelli lunghi corvini. Ci dobbiamo spogliare lì sul palco improvvisando uno spogliarello. Prima si spoglia Felipa, con classe, seguendo la musica. Un corpo statuario, due tette sode con due capezzoli da mordicchiare, una bella pancia piatta. Poi mi spoglio io, figuratevi: tolte le bardature di cuoio appare una vecchia colle tette cascanti ed il pancione, sento delle risatine di scherno dalla platea. Due cameriere del locale, bardate con lunghi grembiuli e guanti lunghi di gomma, portano due grandi sacche di silicone, da quattro litri, pesanti e gonfie di acqua lattiginosa, sovrastata da un dito di schiuma. Dalle sacche scendono due lunghi tubi, chiusi da una clip e dotati di una lunga cannula con una grossa punta ovoidale. L’annunciatrice ci invita a testare la temperatura dell’acqua, poi ci consegna un tubetto di crema in modo che ci possiamo lubrificare. Decido di lubrificarmi per bene anche dentro ed incurante delle spettatrici mi infilo un dito e le risatine continuano. Ora ci dobbiamo mettere a quattro zampe, le due cameriere ci infilano le cannule ed appendono ogni sacca ad una piantana già regolata molto alta. Al via dell’annunciatrice la clip che bloccava il tubo viene aperta completamente. Sento un fastidioso torrente d’acqua saponata caldissima. All’inizio è quasi piacevole, ma il liquido è troppo veloce e la pancia comincia a dolere. Muovo il sedere con un movimento circolare, cercando di distribuire meglio il liquido, dal pancione provengono gorgoglii. Ma non sono la sola a soffrire, sento il respiro affannato di Felipa che a tratti mugola “dueleeee”. Le cameriere ci incoraggiano, siamo già a metà, dopo un tempo infinito siamo a tre litri. Poi quando ormai sono in un  bagno di sudore e mugolo per il mal di pancia, mi dicono manca solo mezzo litro. Continuo a dimenare il sedere e finalmente sento togliere la cannula. So che ho un solo modo di resistere e scelgo il plug più grosso dei tre che mi vengono presentati e, ben ammaestrata dal ricovero presso Carmen, infilo subito il plug. Nel frattempo anche Felipa ha assorbito tutto il liquido. La guardo, bene, finalmente la sua pancia non è più piatta, è abbastanza gonfia, ma ancora niente in confronto alla mia, sembro incinta!  La vedo titubante, sceglie il plug più piccolo ma, dopo un tentativo di infilarselo, lo tiene in mano. Ora l’annunciatrice ci fa rialzare, la musica cresce di volume, dobbiamo ballare e, a nostra scelta, possiamo fare degli esercizi, che l’avversaria sarà costretta ad eseguire a sua volta. Immaginatevi due donne, col pancione dolorante che fanno qualche movimento di danza e poi si massaggiano la pancia. Ammaestrata dalle vicende di una schiava di mia conoscenza, inizio a fare degli esercizi: una serie di squat, tenendo prudentemente il plug saldamente in posizione con una mano. Felipasi sforza di eseguirli a sua volta, poi capisce che per farlo deve assolutamente infilarsi il plug. Lo fa dando un urlo di dolore, poi esegue lentamente gli squat. Capisco di avere l’iniziativa, così inizio a fare una lunga serie di saltelli sul posto,  dal pubblico parte un applauso, immagino che vedere una vecchia con pancione e tette ballonzolanti li diverta. Felipa esegue i saltelli dando un lamento ad ogni rimbalzo. La osservo bene, è coperta di sudore e vedo bene le contrazioni del suo pancino. Mi stavo dimenticando il passo della papera! Così ma accoscio e faccio questo sconcio e passo per decine di volte, sempre tenendomi ben tappata. Felipa, che non sa quanto sia devastante l’esercizio, si accoscia a sua volta e fa un paio di passi, si sente un rumore come se qualcuno avesse stappato una magnum di Dom Perignon ed il plug di Felipaviene proiettato giù dal palco! Una fiumana di liquame inonda la scena. Felipa abbassa la testa: ha perso! Da parte mia sto tenendomi una mano sul plug, anche io sono allo stremo! Le due cameriere fanno strisciare Felipa in bella vista, la obbligano a mettersi supina. Poi sulla sua faccia viene messo uno sgabello, la cui “seduta” è costituita da un asse di water. Ora le cameriere mi sorreggono, una per braccio, e mi fanno sedere sullo sgabello. Cerco di resistere, ho pietà di Felipa, ma una mano guantata mi massaggia pesantemente la pancia ed all’improvviso mi tolgono il plug!  Nobili Signore, potete immaginare cosa succede, ormai non ho alcuna possibilità di resistere e ho le budella che si torcono.Cerco di non pensare a Felipa e mi svuoto a fondo. Finalmente la pancia è vuota e gradatamente anche lo stimolo se ne va. Felipa, direte voi? Nonostante sembri un gattino bagnato, non ha accettato l’umiliazione e, quando la sua Domina si avvicina, inizia a gridare e si fa prendere da un attacco isterico, lì in pubblico! Tutte ammutoliscono, si tratta di una infrazione terribile, ribellarsi pubblicamente alla Domina. Così attacco isterico o non attacco isterico Felipa subirà una punizione pubblica. Il pubblico, costituito, come dicevo da Signore e da qualche sguattera, inizia a battere le mani a tempo,  dicendo “potro… potro… potro. Allibisco, si tratta di una delle torture dell’inquisizione,  sono passati 400 anni, non può essere. Invece due cameriere arrivano, spingendo un cavalletto di legno, su rotelle. Guardo l’attrezzo:  delle assi di legno formano una struttura triangolare. Il vertice superiore del triangolo è accuratamente arrotondato e rifinito fino a farlo diventare lucido. La cameriera vi mette sopra una salvietta di cotone. Evidentemente l’arrotondamento del vertice, unito ad un paio di strati di cotone servono ad evitare che lo strumento di tortura possa fare danni permanenti. Felipa, terrorizzata, viene obbligata a mettersi a cavalcioni, riesce a farlo a malapena, reggendosi sulle punte dei piedi. Tenta anche di sorreggersi con le mani. Ma le Signore del pubblico iniziano a ululare, così non vale! Ora le due cameriere legano le mani di Felipa dietro la schiena, poi la obbligano a piegare le ginocchia e le legano le caviglie a due appositi anelli del potro! Ora il peso di Felipa si regge solo sulla sua regione perianale e vulvare!  Sono vicinissima  e sento salire dentro di me una malsana eccitazione, per un paio di minuti pare che Felipa regga bene, poi inizia a lamentarsi “mi coño me duele!” Sento chiaramente l’odore dei liquami quasi asciutti che la ricoprono si mescola con la puzza di sudore e di adrenalina. Felipa sofferente, viene colta da un attacco isterico ed inizia ad insultare la sua Domina e un po’ tutti. Così la presentatrice si fa dare uno scudiscio ed inizia a colpirla. E ad ogni colpo Felipa sussulta, peggiorando la situazione. Il mio sguardo affascinato osserva là, dove il cavalletto scava e segna le delicate carni. Ma poi noto che la salvietta di cotone posta sullo spigolo su cui appoggia Felipa sta inumidendosi ed impregnandosi delle secrezioni, quella vacca di Felipa sta godendo durante la punizione!  Naturalmente non siamo più ai tempi dell’inquisizione ed anche le corride sono passate di moda, così dopo un tempo ragionevole la punizione termina. Le caviglie e le mani di Felipa liberate, finalmente può rimettersi sulle punte e sollevarsi dal  Potro. Una delle cameriere mostra a tutte la salvietta inzuppata dei succhi di Felipa. La presentatrice mi dichiara vincitrice e consegna a Carmen la mia parte della borsa. Quanto a Felipa, la sua Domina sale sul palco e la bacia appassionatamente, non curandosi minimamente di puzza e lordure. Torniamo agli Estudios, dove ho un altro momento di gloria, tutte vengono a complimentarsi: la “sudiciona” ha contribuito validamente alla fama ed agli affari degli estudios. Quanto ad Oxa, dice Carmen sarà bene che si alleni a dovere poiché dovrà emulare la sudiciona che se ne torna, purtroppo, a casa!

Vostra sguattera sudiciona N.