DISCLAIMER

ATTENZIONE: IL CONTENUTO DI QUESTO BLOG È RISERVATO ESCLUSIVAMENTE AD UN PUBBLICO MAGGIORE DI 18 O 21 ANNI, SECONDO LE LEGISLAZIONI VIGENTI NEL PROPRIO PAESE. CHIUNQUE PROSEGUA NELLA LETTURA LO FA CONSAPEVOLMENTE Il blog LA DOMESTICA RISPONDE è da considerarsi completamente opera di fantasia. I personaggi e le situazioni descritte sono fittizi, e l'eventuale somiglianza con persone o fatti esistenti è da ritenersi totalmente accidentale. RIPRODUZIONE VIETATA - TUTTI I DIRITTI RISERVATI © JANINE SOUILLON, LUGANO, CH

20 ottobre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 6


Diario di una educazione – 6
Eravamo rimasti con la nostra sguattera nuovamente sofferente di stitichezza, indotta dalla timidezza di scaricarsi davanti alla Oberschwester. La sguattera, cerca di procrastinare promettendo che forse oggi avverrà il miracolo, una sottile eccitazione, al pensiero del contenuto del famoso scatolone. Ma Elize ha raggiunto scopo di intimidire e causare un nuovo blocco alla sguattera. Telefona a Madame e di seguito chiama anche la Farmacista. La cerca di giustificarsi con la frase: “non lo faccio apposta, mi vergogno ad usare il vasetto!”. Inutile dire che si becca una nuova sculacciata. Madame è stata chiara, le cure del caso dovranno assolutamente venire praticate in serata, al di fuori dell’orario di servizio. Ed infatti la serva, rientrando, come sempre sorvegliata dalla Oberschwester, troverà ad attenderle la Signora e la Farmacista. Alla sguattera, ancora in divisa da lavoro, viene ordinato di indossare un grembiule di gomma che viene fortemente stretto sul ventre, come se non bastasse le fanno indossare anche i lunghi guanti verdi da lavoro. Deve poi inginocchiarsi di fronte al vaso da notte. Alla vista dell’oggetto avvampa involontariamente, provocando le risatine delle presenti. La Farmacista non ha perso tempo, dal famoso pacco estrae varie scatole di medicinali. Una gigantesca brocca graduata viene riempita d’acqua. Si vede che la donna fa un certo sforzo per sostenerla, la sguattera allibisce niente apparecchi da clistere in vista, che vogliono fare con tutta quell’acqua? Nel frattempo nell’acqua finiscono numerose grandi buste di polvere. La Farmacista rimesta il tutto con un cucchiaio, la polverina si scioglie frizzando leggermente e spargendo un vago odore di agrumi. La sguattera attende, sempre più preoccupata. Intanto la Farmacista sta illustrando la propria soluzione alle altre due: questo nuovo purgante è efficacissimo, ne devono essere somministrati almeno quattro litri. Devono essere bevuti, in quattro ore, il che vuol dire un bicchierone da ¼ di litro, possibilmente tutto d’un fiato, ogni quindici minuti. Se però c’è fretta, ed è questo il nostro caso, non vogliamo perdere troppo tempo per una purga, si può accelerare la somministrazione arrivando anche alle due ore, un bicchierone ogni 7 minuti.
La serva, decisamente riottosa, non pare voler ubbidire, fa no con la testa. Le Signore, per blandirla assaggiano, o almeno fanno finta di assaggiare il liquido.
La Farmacista è la prima ad immergere un dito nella brocca, per provare il sapore della soluzione, Madame pure lei, con fare schifato, e non trattiene una smorfia, è dolce ed ha l’aroma di agrumi ma è …. un po’ strano e salato. La Oberschwester assaggia senza problemi, precisa però che a suo parere è solo uno spreco di tempo e denaro, vuoi mettere il tradizionale “Rizinöl”?
Madame risponde che ci saranno tempo ed occasioni a bizzeffe in futuro, anche per quello.
La brocca viene messa sul pavimento di fronte alla sguattera, le viene messo in mano un gigantesco mug di plastica, su cui la Farmacista ha segnato col pennarello il livello di riempimento. Le tre donne si siedono, comode, sul divano di fronte alla sguattera, Madame si è messa a portata di mano lo scudiscio, un sempre ottimo “mezzo di persuasione”. La farmacista la avverte: “sguattera non pensare neanche di vomitare, ogni volta che vomiti aggiungerò un litro di acqua, c’è una seconda scatola di purgante proprio per questo scopo”. E’ la Oberchwester che si incarica di controllare gli orari di somministrazione, col suo orologio militare, ex-DDR, fornito pure di cronometro. La sguattera deve alzare, con grande sforzo la brocca e riempire fino al segno il bicchiere. La Oberschwester fa un conteggio alla rovescia e ordina “bevi!” la sguattera resta bloccata, non riesce a forzarsi all’obbedienza, anzi, per enfatizzare il suo rifiuto si tappa la bocca con le due mani. La Farmacista salta su inviperita, questa stupida non ha capito che qui si fa sul serio! Dalla borsetta viene estratto prontamente un involto, di quelli sterili. La Farmacista lo mostra alla sguattera: la vedi questa? E’una sonda per la lavanda gastrica, vedi l’imbuto? La si caccia giù per la bocca e arriva fino allo stomaco. Poi si versa la purga nell’imbuto. Hai mai fatto una gastroscopia? La Farmacista tocca uno dei terrori della sguattera, anni prima le è stata fatta una gastroscopia, ricorda ancora le due iniezioni di barbiturici e nonostante quelle, due robuste infermiere hanno dovuto legarla al lettino con robuste cinghie, per tenerla ferma, le sono restati i lividi per una settimana. La sguattera aveva rimosso la sensazione di soffocamento, la tosse disperata e una nausea tale da parerle che i conati le rivoltassero lo stomaco da dentro a fuori, mentre il medico spingeva su e giù per la gola e lo stomaco, quello che, nel delirio dei barbiturici, le pareva un lunghissimo, infinito, pene. Anche se le manca la voce per rispondere la faccia che fa parla chiaro, la sguattera ha recepito il messaggio. “Vedrete che adesso fa la brava” dice la Farmacista alle altre due. Infatti la serva inizia subito ad ingurgitare il beverone. La capacità del mug è tale che per la serva è impossibile bere tutto in una volta, si interrompe per prendere fiato e il gusto dolce, salato, mandarino uniti ad un forte inconfondibile retrogusto di medicinale, invadono le sue papille gustative. La serva sbianca, inizia a lacrimare e le viene un conato, afferra il vaso da notte e restituisce il liquido appena bevuto. Nessuna mano le regge la fronte, anzi la Farmacista, come promesso, aggiunge un litro di beverone. Ora la sguattera ha capito che si fa sul serio. Ed infatti la sguattera inghiotte, inghiotte, inghiotte, anche quando non sta bevendo, è l’unico modo per tenere giù il beverone. Le pare che stiano facendole un clistere … per bocca, lo stomaco a tratti si contrae cercando di espellere il liquido, contrastato dai disperati sforzi della serva. I minuti passano con lentezza, scanditi dai conteggi alla rovescia della Oberschwester e dai rumori di sforzi deglutitori della sguattera. Lo stomaco e la pancia iniziano a gonfiarsi, contrastati dallo stretto grembiule, aumentando il senso di oppressione della poveretta. La divisa di fatica si inzuppa pian piano di sudore, si può sentirne chiaramente la puzza. Alla serva iniziano forti dolori di pancia, la Farmacista se li aspettava, infatti il “bugiardino” del purgante li elenca tra gli effetti collaterali delle somministrazioni veloci soprattutto per le stiticone. E’colpa della sguattera che non rilassa il pancione, accusa la Farmacista. Madame concede una pausa di dieci minuti, mentre si gusta una delle sue ricercate sigarette, osservando la serva affranta che viene obbligata a camminare per la stanza nel tentativo di farle rilassare il pancione, ma senza risultati, la pancia, sempre più gonfia, duole sempre. La Farmacista insiste, bisogna che la sguattera si rilassi, volente o nolente. La Oberschwester si avvicina alla Signora e le parla brevemente in tedesco, Madame alza le spalle e risponde, “provveda, dopotutto siamo tra donne!”. La Oberschwester slaccia il grembiule ed abbassa le mutande zuppe di sudore della sguattera, massaggia brevemente il pancione dolorante ed infilando una mano tra le cosce, sibila all’orecchio della sguattera “ fai che non ti trovi mai con le dita qui sotto o te le spezzo!”, iniziando poi a massaggiare la patata della sguattera. Niente di voluttuoso, movimenti precisi e a tempo, parrebbe quasi di sentire il tempo “ein – zwei – drei - vier”. Ben presto la serva raggiunge un rapido orgasmo. Grazie al rilassamento che segue l’orgasmo forzato, il pancione emette dei forti gorgoglii ed i dolori si calmano. La serva può così continuare a bere l’interminabile purga. Giunta al terzo litro la sguattera inizia ad avere un forte bisogno di usare il bagno, la Signora le indica il vaso da notte: “mia cara devi superare i tuoi futili pudori, devi usare questo!”.
La sguattera ha talmente bisogno che stavolta non bada agli scrosci, ai peti ed ai tonfi, né alle tre spettatrici, comodamente sistemate sul divano, neanche stessero guardando la televisione! La serva riprende a bere ma vomita nuovamente, lancia uno sguardo supplicante, ma la Farmacista è inflessibile, aggiunge un altro litro, “la purga è da finire fino all’ultima goccia!”. E presto per la serva un ulteriore umiliazione, deve andare a svuotare il vaso da notte, ornai colmo in un grande secchio, da svuotare in seguito nella fogna del garage, con la raccomandazione di non spargere neanche una goccia di quello schifo! Tornata si troverà a lungo nella condizione di ingurgitare liquido da sopra e di restituirne da sotto, praticamente un corto-circuito!
La nauseante procedura dura ancora molto a lungo, la serva è esausta fatica a tenersi eretta. Finalmente il supplizio finisce e i dolori di pancia pian piano terminano. La serva rabbrividisce, Madame, magnanima, le ordina di vuotare e lavare il vaso da notte, poi concede una provvida doccia ben calda. Al ritorno la serva sente le Signore che chiacchierano rilassate: “tutto sommato queste, sia pur efficaci,moderne purghe sono una grossa perdita di tempo, tre ore di lavoro perse, alla prossima crisi di stitichezza utilizzeremo i collaudati ed efficaci metodi tradizionali. La sguattera rabbrividisce, per il momento ne ha avuto più che a sufficienza!
L’indomani racconterà, quasi come fosse una martire, l’orrore per la purga ricevuta, esagerando pure sulle sofferenze patite, “mie care, sapeste che vuol dire bere sei litri di purga, non ho mai provato un dolore così forte, mi pareva di morire con quel pancione gonfio come un otre, e poi quei dolori di pancia che parevano non finire mai…..”.
(6- continua)

PENSION BALNEARIA 89 / PRIVAZIONE E SOVRABBONDANZA


Nobili Signore, serva sudiciona,
nel prosieguo del nostro corso di Sorveglianti ci vengono presentati due efficacissimi metodi di afflizione delle detenute: la privazione e la sovrabbondanza.
La perra, ormai segnata come cavia preferita, deve, suo malgrado subire ancora. Tenete conto che è il giorno successivo al parto. Finalmente lo sconvolgimento intestinale dato dal contemporaneo impiego di purgante e clistere, si è calmato. La perra ha ora semplicemente fame, una fame da lupi. Ma il destino ha voluto che oggi le tocchi la privazione. Le viene imposto un bavaglio, costituito da una pallina elastica, che mantiene aperta la bocca, impedendo qualsiasi tentativo di alimentarsi e facendola sbavare. La perra farà oggi un turno in cucina. Il suo compito è quello di pelare le poche patate ed i pochi vegetali concessi alle detenute. Il tutto finemente sminuzzato, verrà messo in un paio di secchi di acqua in cui verranno sciolti anche alcuni pani secchi. La preparazione viene fatta bollire per interminabili ore ed alla fine dà la famosa “sopa magra”, il piatto principale dei locali istituti di correzione.
La perra, sbavando per il bavaglio e per la vista del cibo, non può neanche bere un sorso d’acqua. Ed il turno in cucina dura per un intero giorno!
Come vi ho già accennato, il saio penitenziale, mortifica alquanto la pelle della perra. Ad un certo punto, credendo di non essere vista, infila una mano sotto al saio, cercando di calmare in qualche modo il prurito.
Ma la sordida operazione della detenuta non è sfuggita alla Capo-Cuoca: non sia mai che una sguattera manipoli le proprie vergogne mentre è di servizio in cucina! E così la perra viene portata in un ripostiglio, le viene rialzato il saio e “CIAK, CIAK, CIAK”, pensavate che i molteplici strati di juta, uniti alle mutande impermeabili rendessero difficile sculacciarla? Niente è difficile per una Capo_Cuoca munita del suo fedele cucchiaio di legno. La perra riceve così due dozzine di colpi di cucchiaio sulle natiche e, per buona misura, anche quattro terribili colpi per mano.
Ma la privazione non termina qui, la sopa magra, dopotutto non è così appetitosa. La perra però, si vede passare sotto gli occhi le vivande destinate alla Badessa , alle Sorveglianti ed a noi allieve.
Il tormento dura una buona ora. Ma adesso la perra deve trasformarsi in sguattera lavapiatti. Senza il bavaglio avrebbe almeno la possibilità teorica, se la Capo_Cuoca si distrae, di prelevare qualcosa dai capaci piatti di portata, con parecchi avanzi o di almeno limitarsi a leccare qualche delizia dai piatti sporchi. Ma la privazione è così, niente le viene concesso. E ben presto, dato il continuo sbavare, indotto dal bavaglio, per la perra inizia il tormento della sete. Sapete che si di sete si muore in tre-quattro giorni, mentre alla fame si può resistere per settimane? Bene la perra ha sete, una sete incredibile, e deve tenere le mani nell’acqua per lavare pile impressionanti di piatti. Questo aumenta ancora di più la sua terribile arsura.
Ma arriviamo all’ultima delle privazioni: la Capo-Cuoca è stata chiarissima, dopo avere controllato lo stato delle mutande della perra prima che questa iniziasse il servizio: “nella mia Cucina a nessuna sguattera è permesso di pisciarsi addosso. Pertanto la tieni, finché non ti darò io il permesso.” Fortunatamente per la perra, non potendo bere la vescica si riempie ad un ritmo più lento. Verso sera però, vediamo la nostra perra, lavare i piatti utilizzati per la cena. Doveri immergere per un ora le mani nell’acqua le stimola la vescica. La perra è costretta a lavorare tenendo le cosce ermeticamente serrate e facendo strani movimenti per resistere ai fiotto di orina che preme sul suo sfintere. E finalmente anche per la perra termina il servizio. Buon per lei che riesce a uscire dalla cucina, prima che si aprano le …. cateratte ed un rivolo caldo e maleodorante, sfuggito alle doppie mutande, riveli a tutte che la perra si è pisciata addosso. Ovviamente viene sorpresa i n quello stato e la punizione per questo è che la perra deve asciugare il laghetto fatto sul pavimento del corridoio utilizzando le proprie mutande di juta e il proprio saio penitenziale. Gli indumenti zuppi le verranno fatti tenere tutta la notte, in modo che si asciughino lentamente con il calore del corpo, aumentando il puzzo che ormai la accompagna e moltiplicando ancora di più il terribile prurito che le impedisce anche di dormire.
Ed il giorno successivo è il giorno della sovrabbondanza. La perra è ancora di servizio in cucina. La Capo_Cuoca, istruita dalla Badessa, permette finalmente alla perra di mangiare. Una, due, tre scodelle di sopa magra molto molto molto diluita. Ben presto lo stomanco della perra è pieno, ma bisogna lavare i piatti ed alla fine la Capo_Cuoca , indicando la sciacquatura in cui nuotano molti rifiuti, le ingiunge di mangiare pure quella. E così la perra, armata della sua scodella e del suo cucchiaio di stagno, deve consumare lo stomachevole pasto. Ben presto lo stomaco si ribella e la perra vomita. Ma il lavello è ancora pieno fino a metà e la perra deve ricominciare a mangiare controvoglia una scodella di sciacquatura dietro l’altra, inframmezzate da nausee, vomitini e sculacciate date di santa ragione con il cucchiaio di legno..
La morale di tutto questo, ci dice l’istruttrice, è che l’alternanza intelligente di privazioni, percosse e sovrabbondanza, può aver ragione anche delle criminali più incallite
Vostra umile sorvegliante Nadia. 
(89- continua)

14 ottobre 2014

PENSION BALNEARIA 88 / IL PARTO DELLA PERRA


Nobili Signore, serva sudiciona,
ho dormito male, la notte, mi chiedevo della perra, riuscirà a mettersi nei guai? All’inizio della lezione del giorno dopo ho la conferma, la perra è proprio nei guai: è riuscita a rovesciare e rompere una intera infornata di piatti. Ora, se tenete conto che per un piatto rotto una detenuta riceve una mezza dozzina di nerbate, di quelle buone, immaginiamoci quale potrebbe essere l’effetto di molte centinaia di nerbate. La Badessa, questo è il titolo della Direttrice di questo istituto, commuta la pena della perra in un molto più compassionevole “parto completo”.
Abbiamo così modo di vedere di persona l’applicazione di questo castigo. La perra, soprannominata ora “embarazada” viene fatta entrare nell’aula.
L’antico portamento insolente è ormai quasi completamente cancellato.
Vi descrivo la sua figura. Indossa un “saio di penitenza” di un tessuto di spessa juta marrone. Se le togliessimo, per un istante il saio vedremmo, al di sotto, una robusta mutanda, sempre di un doppio o triplo strato di juta. Ancora al di sotto una robusta e spessa mutanda di gomma completa il corredo.
Viene utilizzato di questo tessuto poiché non costa nulla, viene donato da un grossista di caffè che, altrimenti, non saprebbe dove smaltire i sacchi vuoti. Alcune detenute, abili sarte, preparano il saio e le mutande per le novizie. Poiché il tessuto è per sua natura abbastanza ruvido, in particolare se bagnato, nei momenti liberi, si vedono le detenute cercare di tenere i luridi tessuti sollevati dalla pelle, nella vana speranza di riuscire a farli asciugare e diminuire così il terribile prurito che, diffuso su tutto il corpo, le porta quasi alla follia.
Ma veniamo alla punizione: due sorveglianti portano l’inginocchiatoio di fronte alla classe. La perra viene obbligata ad inginocchiarsi. La Badessa in persona presenzia al castigo. Una sorvegliante porta una bottiglia di liquido giallastro. Ne viene versato un bicchiere in una ciotola per cani e la perra deve lapparlo da lì. Dalle smorfie capisco che si tratta di olio di ricino.
Le viene ingiunto di non vomitare per alcun motivo, ci mette buoni 15 minuti prima che la ciotola sia perfettamente ripulita. A seguire viene obbligata a bere alcuni bicchieroni di acqua calda, la Badessa la invita a berne il più possibile, le verranno defalcati dai clisteri successivi.
Mentre la perra ingurgita il suo buon litro di acqua calda, Alejandra ci mostra “el muñeco”, non si tratta di una bambola, bensì di un ingegnoso plug, costituito da uno spesso “preservativo” di gomma, gonfiabile, al cui interno sono poste numerose lamine sagomate di acciaio mosse da una ingegnoso sistema di leve, comandate da una manopola. “El muñeco”, tramite un condotto collegato ad un tubo, è una impressionante cannula per clistere. La manopola permette di muovere le lamelle, permettendo al muñeco di passare dalla forma di una piccola pera, alla forma di un fungo, di diametro all’incirca di un grosso pugno. La gomma esterna segue la forma imposta dalle lamelle, inoltre un ulteriore tubicino collegato ad una pompetta permette di gonfiare il preservativo esterno, in modo da arrotondare un po’ la forma.
“El muñeco”, fu inventato da un ingegnoso chirurgo. Vediamone il funzionamento: con la manopola di comando in posizione 0 la forma è di una piccola pera, l’aggeggio viene leggermente lubrificato ed inserito nell’ano della “embarazada”. L’”embarazada” sa che fino a che dura la sua collaborazione riuscirà a ritardare la fase successiva. Nella fase successiva la manopola viene lentamente girata, facendo assumere al muñeco la forma di un fungo, in cui il gambo è la cannula che esce dall’ano. Il bordo della “cappella” del fungo, della dimensione di un pugno, preme all’interno, sigillando perfettamente. Data la forma è impossibile l’espulsione, non importa che contrazioni e che sforzi si facciano. L’”embarazada” deve quindi soffrire tutte le fasi del “travaglio”, senza poter perdere neanche una goccia. Quando l’aguzzina deciderà che è il momento buono, alcune pompate di aria, gonfiano il “fungo”, trasformandolo in una grossa sfera. La forma, associata ad opportuna lubrificazione, permette un doloroso “parto”.
Ma lasciamo da parte la teoria, veniamo alla nostra perra che ha bevuto anche il suo litro di acqua calda. E’ giunto il momento del muñeco. Alejandra lo lubrifica e, con decisione lo inserisce nell’ano della perra. Un lamento rivela l’inaspettato dolore dell’introduizione. Ora la perra dovrà attendere, inginocchiata, il decorso del suo “embarazo”. Per renderle meno noiosa l’attesa, la superficie su cui è inginocchiata è tutta a bitorzoli, come se fosse inginocchiata sui ceci. Il tempo passa, l’acqua calda, bevuta in quantità, le riempie rapidamente la vescica. Giunge il momento in cui non resiste più ed è costretta a chiedere ad Alejandra il permesso di orinare. Permesso che, inaspettatamente, le viene accordato ma a prezzo dell’azionamento della manopola che dilata dolorosamente “el muñeco” fino alla massima dimensione. Una volta fatta la pipì iniziano gli effetti purgativi del ricino. Sordi gorgoglii rivelano che l’effetto non si farà attendere a lungo. Alejandra scambia uno sguardo con la Badessa e fa portare una piantana con un grosso clistere. Si tratta di acqua limpida. Il tubo viene collegato al muñeco che, vi ricordo, è già dilatato al massimo. La pancia della perra viene ben presto dolorosamente riempita. Nel frattempo anche la vescica si è nuovamente riempita, per cui il pancione è già notevole, riempito da un buon 3 litri di liquido. Alejandra accarezza e preme di tanto in tanto il pancione. Quando giudica che sia il momento fa legare la perra al lettino in posizione ginecologica. Il buchetto della perra è ancora ben stretto attorno allo stelo del muñeco. Ma sta per iniziare il travaglio, dato dapprima dall’effetto del ricino. La perra inizia a sospirare ed uggiolare. Lo stimolo deve essere prepotente, ma “el muñeco” fa una tenuta perfetta. Le contrazioni, sempre più lunghe e dolorose, tentano di dilatare il buchetto, ma la forma a fungo rende assolutamente impossibile qualsiasi espulsione. Alejandra scambia una nuova occhiata con la Badessa, si arma di un siringone e lo riempie dalla famigerata bottiglietta rossa. Per la perra si annunciano momenti duri! Infatti Alejandra, di tanto in tanto, inietta nel tubo del muñeco un bel getto del liquido rosso puro. Di lì a pochi secondi una impressionante serie di contrazioni squassa la perra. Di conseguenza una nuova serie di ululati e lamenti, ma da una classe di future sorveglianti non deve aspettarsi nessuna pietà. Pian piano il buchetto sui dilata, il processo richiede un tempo infinito, scandito di tanto in tanto, da una nuova iniezione di liquido rosso da parte di Alejandra.
Dopo alcune ore di urla e pianti, la Badessa ne ha abbastanza, dice ad Alejandra di affrettare “el periodo expulsivo”. Alejandra riempie nuovamente il siringone, ormai vuoto, di liquido rosso. Da un'altra bottiglietta prende con un'altra siringa, del liquido azzurro. Ci viene detto che quest’ultimo è un potente lubrificante naturale, unito a prodotti lenitivi come l’aloe. Alejandra stantuffa con decisione tutte e due le siringhe all’interno dell’intestino della perra. Questa, se non fosse lì legata ed esposta alla nostra vista, si contorcerebbe come una biscia. Ha ormai finito la voce per urlare.
Alejandra prende ora la funzione di “partera”, cioè di levatrice, tiene la mano alla perra e la invita a spingere, respirare a fondo e spingere ancora di più. Ma, come già detto è impossibile che la perra posssa dilatarsi a sufficienza. Una buona ora di agonia e, ad un occhiata della Badessa, Alejandra, finalmente gonfia “el muñeco”. La forma sferoidale, unita al lubrificante ed alle mostruose contrazioni provocate dal liquido rosso, rende ora possibile l’espulsione. Ci vogliono ancora quindici minuti di pianti e sforzi, prima che l’ano della perra sia dilatato a sufficienza per permetterle il “parto”. E quando “el muñeco” viene finalmente espulso è come se venisse “sparato via” il tappo di una magnum di champagne, un getto di liquido riesce addirittura ad uscire dalla vasca che circonda il lettino ginecologico. Da qui il commento della “Badessa”: “proprio un parto da scrofa”.
E veniamo alla perra, sicuramente l’esperienza la ha molto provata ed umiliata. Due detenute la devono sostenere fino all’infermeria, dove la Badessa verificherà gli eventuali danni provocati dal parto. La Badessa inizia una dolorosa ispezione manuale, seguita dall’introduzione di un grosso tampone di ovatta, una specie di tampax gigante, imbevuto in allume di rocca. La soluzione astringente fa urlare la perra a pieni polmoni, visto che brucia come il fuoco, risolve però alcune emorragie capillari, provocate dall’enorme dilatazione. Inutile vi racconti il pianto della perra. La Badessa ammonisce la perra, per stavolta ti è andata bene, ma attenta potresti trovarti “el muñeco” regolato alla massima ampiezza ed allora sarebbero guai grossi, intendo guai permanenti …….
Per fortuna della partoriente, di lì a qualche ora la dilatazione del buchetto, man mano si riduce. In capo ad una settimana i danni fisici sono rimediati. Spero invece il terrore di ripetere il parto duri ben più a lungo.
Ma non preoccupatevi, ne vedremo ancora delle belle…..
Vostra umile sorvegliante Nadia. 
(88- continua)

3 ottobre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 5

Diario di una educazione – 5

L’educazione della sguattera prosegue con giorni tutti uguali di piccole umiliazioni sul lavoro, quasi sempre eseguito sotto il controllo di una Oberschwester maniaca della “prezisione” e di una Signora severa ma anche materna. Alla sguattera è infatti concessa l’ “ora d’aria”, ora in cui può fare una pausa e recarsi ai giardinetti per rilassarsi con la moltitudine di serve e badanti. Una babele di lingue e di colori. Su ogni panchina si riunisce un gruppo di amiche. Lì, chiacchierando come oche, vengono raccontate le fatiche, i sudori, le umiliazioni ed i maltrattamenti subiti, quasi fosse una terapia di gruppo. Ed è lì che la vostra indegna cronista riceve le confidenze della sguattera “in educazione”.
Non crediate che la sguattera sia una mosca bianca, un ascoltatore attento che passi di lì, nella babele di lingue riuscirà certamente a sentire le lamentele su padrone troppo severe o troppo materne, padroncine e padroncini sporcaccioni, senza poi menzionare i racconti di indisposizioni e malesseri, con relative spiacevoli cure ricevute.
L’indomani la sguattera è lì che lavora, in fondo al cervello ha un tarlo, si ricorda l’ordine speciale effettuato dalla Oberschwester in farmacia. Il pacco è lì, in un armadietto. La curiosità è femmina, sia pur consapevole dei guai a cui potrebbe andare incontro, la serva approfitta della momentanea assenza della Oberschwester. Porta il pacco sul tavolo di cucina, solleva con insospettata abilità il nastro adesivo che lo chiudeva. Finalmente può rovistare tra quegli oggetti che la terrorizzano ma nel tempo stesso la eccitano.
Il più grosso viene estratto dal sacchetto che lo protegge, una specie di tanichetta, con un grosso occhiello per appenderla, il fondo inclinato ad imbuto, termina con un raccordo delle dimensioni del tubo, ordinatamente posto accanto, nel suo sacchetto. Ma quello che la sguattera nota sono le tacche sulla parete della tanichetta, 1,2,3 la serva legge le tacche principali, sgranando gli occhi. Tra le tacche principali ve ne sono di secondarie, inoltre oltre il 3 c’è ancora posto, può darsi che il massimo sia un 4. La tanichetta è chiusa con un tappo a vite, precauzione utile contro i rovesciamenti, evidentemente un oggetto professionale per ospedali e cliniche. La serva stringe le cosce, un clistere con quell’aggeggio deve essere atroce, si vede già ad urlare “basta non ce la faccio più!”. Ma quello che cercava, quello che attrae la sua curiosità al punto da rischiare chissà che punizione è lì in un lungo contenitore cilindrico di cartone. La serva, dopo aver nuovamente verificato di essere sola, si azzarda a prendere la scatola cilindrica, con mani tremanti le toglie il tappo e la inclina verso il tavolo, scivola fuori un oggetto di gomma rossa: la sonda Bardex! La serva la guarda, al tempo stesso affascinata e terrorizzata. Guarda il tubo, lungo, leggermente conico, con delle scritte indecifrabili, sicuramente la misura, non c’è neanche bisogno di leggerla, ricorda benissimo la Oberschwester al momento dell’ordine: “la più krande!”.
L’oggetto di per sé ha una sua bellezza: il tubo della sonda inizia con una parte leggermente conica, evidentemente destinata ad un raccordo, poco più avanti nel tubo entra un sottile tubicino, sempre di gomma, questo piuttosto sottile, a metà una specie di sacchettino o valvola, la serva vede il raccordo, più o meno delle dimensioni del cono di una siringa, il raccordo, poi, può essere sigillato con un tappo, sempre di gomma, collegato indissolubilmente. Vi è poi un lungo tratto liscio. Verso i ¾ del tubo principale, vi sono due ingrossamenti sempre di gomma rossa, a forma di palloncino delle dimensioni approssimative di un uovo di medie dimensioni. La sguattera li saggia con un dito, mmm morbidissimi, tra i due palloncini un breve tratto del tubo della sonda. Il tubo prosegue qualche centimetro oltre i palloncini e poi ha una punta arrotondata di gomma spessa nella quale sono ricavati due buchi a diverse altezze. L’oggetto è costruito con grande maestria, non vi sono spigoli od altri intoppi, destinato come è a scivolare all’interno.
Ma la insana curiosità della porcella non è ancora soddisfatta, rovista brevemente e la mano ricompare con una altro sacchetto, una pompetta di gomma, con un cono che pare fatto apposta per il tubicino della sonda. La serva controlla ancora di essere sola. Le mani tremanti e sudaticce collegano i due oggetti, la serva dà una piccola pompata di assaggio, i due palloncini iniziano a gonfiarsi, alcune pompate dopo i palloncini hanno raggiunto le dimensioni di una grossa cipolla, le pareti sono diventate dure ed indeformabili. La sguattera stringe ancora le cosce, chissà cosa si prova. Nonostante la sua ignoranza, ha istintivamente capito che un palloncino viene infilato dentro e l’altro, premendo dall’esterno fa tenuta. Rabbrividisce istintivamente, nonostante stia sudando a profusione per la tensione. Si immagina mentre la Oberschwester le infila la sonda lubrificata, poi la gonfiatura del palloncino, chissà che male farà e poi si vede che piange, il pancione dilatato e l’impossibilità di espellere la più piccola goccia, grazie al tappo costituito da quella diabolica sonda. Stringe ritmicamente le cosce, le mutande di servizio rivelano una larga chiazza umida…..
Ma è ora di metter via tutto e nascondere le proprie tracce. Gli oggetti tornano nelle condizioni iniziali, la serva nel riporli nota altre cose: un grosso tubo di pomata, legge l’etichetta: lubrificante per sonde. Inoltre rubinetti, raccordi ed altro. Altri involti vengono ispezionati in fretta: olio di ricino, sale inglese, soluzione per lavaggio intestinale, savon de Marseille, la serva conosce questi prodotti di fama, ma che razza di regime vogliono farle seguire le sue aguzzine? Gli oggetti riposti ben bene, la serva richiude l’involto e, con l’esperienza ancestrale di serve e portinaie che aprivano la corrispondenza col vapore, rimette il nastro…. Perfetto, nessuno si accorgerà mai che è stato aperto. La scatola viene rimessa al suo posto e la sguattera riprende il lavoro. Il sudore della tensione e della paura di essere sorpresa chiazza la divisa in vari punti. La sguattera si dà da fare, viste le premesse non è il caso di sgarrare.
(5- continua)


- Posted by sguattera sudiciona