LA PUNIZIONE DEL “BALSAMO DI TIGRE”
sguattera sudiciona
Premessa
Per curare definitivamente le mie
abitudini di “tripoteuse”, Madame Janine ha escogitato un
drastico rimedio che ha messo in atto con la collaborazione di Rose
M., l'infermiera altoatesina. La punizione ha avuto luogo tre giorni
fa, la causa che l'ha generata è stata, ancora una volta, la mia
rivoltante propensione ad essere una sguattera sudiciona.
Ore 24,00
Come forse ho già precedentemente
scritto, ogni notte, per evitare disgustose manipolazioni, dopo il
clistere punitivo sono giustamente assicurata al mio lettino di contenzione a
pancia sotto, con indosso ancora la divisa da fatica, il grembiule di
gomma, le mezze calze di cotone, il pannolone rivestito dalle doppie
mutande di contenzione: un paio di caucciù e l'altro di cuoio, ben
chiuse con cerniera doppia e lucchetto. Chi chiude il lucchetto e mi
copre la schiena e il sedere con una vecchia coperta è sempre lei, Rose M., l'infermiera
di fiducia di Madame Janine.
Come ogni notte, dopo il clistere
punitivo sono stata riempita ancora con circa mezzo litro di acqua
tiepida, mi è stato inserito nell'ano un plug di gomma, sono stata
rivestita di nuovo del mio ormai inseparabile doppio paio di mutande,
infine essa pancia sotto, le caviglie e i polsi assicurati ai
montanti del lettino da quattro bracciali di cuoio collegati ad
altrettante catene di acciaio e coperta con un vecchio plaid.
L'infermiera mi ha “sprimacciato” la pancia, facendola ben bene
gorgogliare per assicurarsi che fossi piena, ha controllato le
mutande, mi ha dato una sonora sculacciata sul sedere e se ne e
andata spegnendo la luce. La vecchia sveglia segna mezzanotte in punto.
Ore 6,00
Alle sei del mattino seguente, come
ogni giorno della mia vita, domeniche comprese, la prassi è la medesima: sono svegliata
da una cameriera di madame Janine davanti alla quale mi devo scaricare, prima di consumare la mia zuppa di tapioca in piedi e di
mettermi al lavoro. Purtroppo, non potendomi più toccare da molto
tempo, ed avendo una fantasia sessuale decisamente al di sopra della
norma, quello che le mie mani e la mia vulva imprigionata non possono
ormai concedermi più, lo ha fatto, la notte di quattro giorni fa, la
mia mente. Durante il sonno ha creato per me un sogno erotico molto
forte e violento, che inevitabilmente mi ha fatto bagnare.
Ma vengo subito ai fatti. Alle sei in
punto arriva Elenoire, la cameriera. Ha il compito di strapparmi la
coperta dalla schiena, “sprimacciarmi” il ventre, slegarmi, farmi
scendere dal lettino, togliermi le mutande di contenzione, estrarre
il “plug” e farmi scaricare davanti a lei. Ma prima di farmi
svuotare l'intestino, naturalmente ha il dovere di controllare la mia
vulva: guai se la trova bagnata al suo interno! Quel mattino,
complice il lurido sogno, ero molto bagnata, nonostante la mia non
più giovane età. La donna infila una mano guantata di gomma fra le
mie gambe, la ritira e l'esamina alla luce della fioca lampadina che
penzola dal soffitto. Le dita della mano sono lucide.
Elenoire mi
fissa con disgusto, gli angoli della bocca si piegano all'ingiù in
una smorfia di riprovazione.
Immediatamente viene premuto il tasto
dell'interfono che collega la stanzetta delle scope (e della
miserabile sguattera sudiciona) al miniappartamento dell'infermiera,
fra le due donne vengono dette delle rapide parole in francese, ed ecco che un minuto
dopo l'infermiera sopraggiunge a passo di carica, facendo un ritmico
rumore di tacchi. Rose M. mi fa allargare bene le gambe, e a sua
volta controlla lo stato della vagina dell'immonda sguattera
sudiciona. Il risultato è identico a quello conseguito dalla giovane
Elenoire: le lunghe affusolate dita guantate della mia carceriera
sono bagnate.
Se non fossi tappata, me la farei
vergognosamente addosso dalla paura, ma il “plug” non è stato
disinserito, e la dose d'acqua “notturna” rimarrà nel mio
sudicio intestino fino alle 15 del pomeriggio, in parte riassorbita e
in parte espulsa in un secchio di zinco in giardino.
La punizione “esemplare” è fissata
per le 16, e della coversazione che l'infermiera altoatesina Rose M.
intrattiene con Madame Janine colgo solo due parole: “tripoteuse”
e “Baume de Tigre”.
Col mio ventre gorgogliante e il plug
saldamente inserito nell'ano, vengo bruscamente avviata dalla
cameriera Elenoire al lavoro, senza la scodella di tapioca del
mattino e senza potermi lavare la faccia col sapone di Marsiglia.
Ore 16
La punizione, per insindacabile
decisione di madame Janine, si terrà in cucina, di fronte alle tre
cameriere di Madame: Elenoire, 27 anni; Vera, 31 anni, Odette, 34
anni. Le tre domestiche, nelle loro divise nere e grembiule e
crestina bianca, stanno in piedi di lato, le mani conserte appoggiate sul ventre, i volti inespressivi.
Dietro il pesante tavolo di
marmo, siede Madame Janine. Al suo fianco, in piedi, troneggia
l'infermiera Rose M. Sul tavolo, vedo un vasetto di vetro chiuso
ermeticamente e un salvaslip di grossa taglia, aperto. Poi c'è anche
una “cangue” di legno, divisa in due blocchi, dotata di
doppia cerniera e di tre fori, uno largo per la testa e due più
piccoli per i polsi. Una gogna, insomma: uno di quegli strumenti di
punizione di origine medioevale tanto cari a Madame Janine, in uso in
Cina fino ai primi del Novecento e descritto minuziosamente da
Gustave Mirbeau nel suo inimitabile “Giardino dei supplizi”.
- Sguattera sudiciona, mani sulla
testa! - ordina Rose M. Eseguo. L'infermiera compie il giro del
tavolo, estrae la chiave del lucchetto che serra la cerniera delle
mie spesse mutande di contenzione, apre il luccetto e mi ordina di toglierle, metterle sul tavolo e di rimettere le mani sulla testa.
Eseguo. Rose M. si infila un paio di guanti di lattice giallastro,
apre il vasetto di vetro. Subito un odore pungente si sparge
nell'aria, pervadendo tutta la cucina. Lo riconosco, è “Balsamo di
Tigre”.
Improvvisamente capisco, mi gira la testa, per il terrore
la schiena si imperla di sudore che impregna immediatamente il cotone
della divisa da fatica.
Nota dell'infermiera
Rose M.
Balsamo di tigre è il nome
commerciale di un unguento fabbricato e distribuito dalla Haw Par
Corporation Limited di Singapore, che ha registrato il marchio; oggi
in commercio se ne trovano vari cloni. Venne originariamente
sviluppato a Rangoon (Birmania) nel 1870 dall'erborista Aw Chu Kin
che, in punto di morte, chiese ai figli Aw Boon Haw ed Aw Boon Par di
perfezionare il prodotto. Il balsamo di tigre è disponibile in due
varianti:- Balsamo di tigre rosso, più
forte, procura un veloce sollievo dal dolore muscolare.
Balsamo di tigre bianco, più leggero, indicato per mal di testa e congestione nasale.
Ingredienti
Mentolo 10,0%
Canfora 25,0%
Olio di cajuput 7,0%
Olio di cassia (olio di cinnamomo; olio di cannella) 5,0%
Olio di chiodi di garofano 5,0%
Olio di menta dementolato 6,0%
Il resto è a base di paraffina e petrolato (42,0%)
La prima sensazione che provo è di freddo intenso sulle mie parti intime. L'odore penetrante della canfora mi stordisce, ma già mi vengno riapplicate le doppie mutande di contenzione, chiuse col lucchetto, ben tirate verso l'alto, in modo che stiano a stretto contatto col salvaslip. L'infermiera, compiaciuta, mi da' dei colpetti sul cavallo delle mutande.
Le tre cameriere di Madame fissano la scena affascinate, gli occhi luccicanti e le gote che cominciano lievemente a imporporarsi. Sono eccitate. Non passa molto tempo, che dalla sensazione di freddo passo ad una molto più fastidiosa di calore, sempre più intenso. Di minuto in minuto, l'unguento maledetto brucia sempre di più. Senza che me ne renda conto, grosse lacrime scendono dai miei occhi, e inizio a dondolarmi itmicamente sulle gambe.
- Ferma, sudiciona! Niente movimenti scomposti! - sibila Madame Janine.
Cerco di restare immobile, ma il bruciore sta diventando davvero insopportabile, sembra che tutto il mondo, tutto l'universo sia in fiamme, e quell'universo sia concentrato nel breve tratto compreso fra il mio miserabile ano e la mia ignobile vulva. Nel frattempo, le tre serve hanno cominciato a mostrare segni di eccitazione sempre più evidenti; in particolare Elenoire, che con le mani sempre apparentemente immobili, ha incominciato a sfregarsi lievemente un punto sul grembiule che coincide col Monte di Venere. Madame Janine e l'infermiera evidentemente non se ne accorgono, o fingono di non vedere le tre donne che guardano avidamente la sguattera sudiciona bruciare dentro le sue vergognose mutande.
L'umidità e il calore sono ora insopportabili: fra le lacrime, comincio a contorcermi senza ritegno, cercando di sfregare le cosce l'una contro l'altra, nel vano tentativo di alleviare il dolore e il bruciore. - Guardate, guardate bene! Guardate a cosa conduce l'indulgere a immonde manipolazioni invece di dedicarsi al servizio. Questa sguattera sudiciona sta imparando a sue spese che una brava serva deve dedicare non solo il suo tempo e il suo corpo alla padrona, ma anche i suoi pensieri, i suoi sogni e il suo sonno!
Il Balsamo di Tigre nel frattempo si è insinuato in ogni piega del mio sfintere, ha infiammato la vulva e implacabilmente si fa strada nel mio corpo. Sono sopraffatta dal bruciore, dal desiderio di grattarmi a sangue, ma non posso farlo, la cangue me lo impedisce, e mentre cado a terra contorcendomi scompostamente come una biscia, un fiotto caldo di orina inonda le mutande di contenzione: per un attimo mi pare che la sua stessa piscia possa alleviare il tormento senza confini della miserabile schiava tripoteuse.
Strillo, un po' per il dolore, un po' per la vergogna mentre il getto di orina lentamente si esaurisce.
- Bene, sudiciona, è ora di mettersi per un po' a pancia sotto a meditare sulla tua ignobile condotta – sogghigna l'infermiera. Mentre l'infermiera altoatesina Rose M. mi solleva per Il laccio del grembiule e mi trascina nella stanzetta delle scope per incatenarmi, cangue e tutto il resto, prona nel mio lettino di contenzione, i miei sensi tesi allo spasimo avvertono lontano ma distinto un suono e un odore inequivocabile: Elenoire è venuta, lievemente, dolcemente, morbidamente, sotto il grembiule.
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