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29 marzo 2023

ENFERMERA CARMEN 1

LE PAZIENTI DELLA ENFERMERA CARMENpuntata 1

 

Dedicato alla Gentilissima Madame Janine, musa ispiratrice di questa sguattera sudiciona.

 

Madame Janine, Frau Hilde,

è il settembre 2022 e la sudiciona decide che ne ha assolutamente abbastanza delle restrizioni, decide di concedersi una vacanza. Come potete immaginare non navigo affatto nell’oro, ma costi quello che costi voglio passare qualche giorno spensierato, al diavolo povertà e prudenza! Così decido per Barcellona, città facilmente raggiungibile con una compagnia low-cost. L’alloggio, trovato online è il più economico possibile, fa nulla, anzi meglio che sia in un quartiere degradato. Sempre online ho scoperto l’indirizzo di un paio di Signore e di una Infermiera, chissà!  Grazie ai consigli di una amica ho prenotato i biglietti per qualche visita turistica: Cattedrale, un paio delle case di Gaudi, il parco Gurll e così via. Mmmh, quanto sarebbe bello avere denaro a palate e poter vedere veramente tutto! Come solito, quando sono in viaggio, mi si blocca l’intestino.  Ora di fare visita ad unaInfermiera! Il posto è in un quartiere vicino all’università, il quartiere più aperto, dove la bandiera LGBT sventola praticamente su tutti i locali e i negozi. Ma veniamo all’Infermiera, gli Estudios Carmen, come vengono chiamati, sono i locali dove Carmen e le sue assistenti ricevono le sguattere bisognose di  cure medico-disciplinari. Purtroppo il tempo vola e, dopo avere confidato alla Infermiera Carmen il mio problema, mi fa mettere su di un lettino. Sono eccitata come una porcella, sono mesi e mesi  che non vengo castigata a dovere!  Dimenticavo di descrivere Carmen:  altissima, sarà 1.80, capelli corvini,i lisci, che tiene raccolti in una elegante acconciatura. Indossa un elegante camice di cotone, ma per effettuare i clisteri, lo protegge con un lungo grembiule di gomma bianca,  inoltre indossa guanti di gomma bianca, lunghi. Ama usare un profumo buonissimo, di quelli costosissimi da Signora. Ma veniamo a noi. Una volta che mi sono spogliata e messa sul lettino Carmen mi visita la pancia, premendo fastidiosamente su fegato, intestino, reni eccetera. Non è una “visita” finta, Carmen ha veramente il titolo di Infermiera. Dopo avere palpato a lungo sentenzia che basterà un “enema de jabon”. Vedo che prepara un grande bricco di acqua e sapone,  conterrà almeno 3 litri, l’enteroclisma, invece è di quelli in plastica, da clinica e contiene 2 litri. La cannula è piuttosto grande, di plastica verde, sempre di quelle usate nelle cliniche. Mi fa mettere sul lettino supina ed appoggiare le caviglie sui supporti ginecologici. Mi sento completamente rilassata, il liquido caldissimo che entra, le prime contrazioni peristaltiche, la mano di Carmen che mi massaggia il pancione. Il liquido mi riempie in fretta e già Carmen versa quello che rimaneva nel bricco. La pancia inizia a fare veramente male e sudo, mugolando. Mi ordina di “tenere stretto”, poi sfila la cannula e mi mostra il “tapon”, il tappo che mi viene prontamente infilato. Non è facile accogliere un dildo mentre si cerca disperatamente di non spruzzare le proprie sconcezze addosso all’Infermiera! Una volta tappata posso rilassarmi, mente le sapienti mani di Carmen massaggiano delicatamente ma a fondo, mi spiega che quel massaggio serve ad ammorbidire il “fecaloma” che mi ha completamente bloccata. Ma l’estasi termina bruscamente, il tempo è tiranno, è ora di rialzarsi e scappare in bagno, dove mi attende un quarto d’ora di dolorose scariche. Una volta rassettata saluto Carmen, confessandole che se fossi ricca tornerei tutti i giorni da lei. Mi dice che, in effetti, nei suoi Estudios ha delle stanzette di degenza, dove una sguattera può essere ospitata , curata e castigata per settimane e settimane. Sarebbe proprio il mio sogno, maledette banche, certe cose posso solo sognarle!

Intanto  la vita da turista continua, il cibo è buonissimo ed il vino scorre a fiumi. Mi rimangono due soli giorni, così decido di visitare la parte est della città: la spiaggia di Barcelloneta, poi mi rimane il Barrio Gotico, il bellissimo quartiere antico. Ed è visitando un'altra delle cattedrali, dopo aver pagato una altro costoso biglietto, che accade il fattaccio: sto camminando tranquilla su di una scalinata, in coda con altre turiste, quando mi manca il terreno sotto i piedi: alcuni gradini di legno si sono rotti e cado rovinosamente in un anfratto. Vengo soccorsa: pompieri ed ambulanza si danno da fare. Mi ritrovo al pronto soccorso, pesta e dolorante.  Come succede da noi, passo lunghe ore su di una barella. Sono comunque fortunata, mi dice un medico, due ferite profonde al cuoio capelluto ed una forte contusione al bacino con una piccolissima incrinatura. Mi terranno in osservazione per un giorno, ma dovrò rimanere a letto per almeno due settimane e poi altre due di riabilitazione. Non so che pesci pigliare, la mattina dopo mi si presenta un distinto signore, è l’avvocato di una assicurazione e mi propone di liquidare rapidamente i danni che ho avuto. Mi propone una cifra che mi pare congrua ma ho l’ispirazione: con questi denari potrei forse farmi ricoverare negli Estudios di Carmen? Una breve telefonata e Carmen prende in mano la situazione: “sudiciona non firmare nulla e dì all’avvocato che tra mezz’ora sono lì”. L’avvocato si rabbuia, ma deve attendere, Carmen arriva,, quasi non la riconosco, la ho vista in camice, ma è una donna bellissima e si è messa per l’occasione in grande spolvero. L’avvocato balbetta, mentre Carmen, le tette ben sporgenti, lo accusa di aver cercato di approfittarsi di una straniera. E poi, Carmen mi indica mia vecchia amica, già piena di artrosi, ha ricevuto un forte trauma ed inoltre dovrà tagliarsi i capelli, che i medici hanno dovuto rasare in parte. Come se non bastasse, dice Carmen, se non ci accordiamo sulla cifra, la mia amica chiede di ritornare a casa in ambulanza, Avvocato si immagina quanto costerà un trasporto medico completo di autista ed Infermiera, per 2000 km tra andata e ritorno? Vedo l’avvocato parlottare con Carmen e poi stringerle la mano. Carmen mi dice di firmare tranquillamente la transazione. Quando l’avvocato esce Carmen scoppia a ridere:  la cifra con cui voleva liquidare i tuoi danni te la potrai tenere, gli ho estorto “un monton” di denaro sufficiente per  tenerti ricoverata da me per almeno quattro settimane! Ma mi ricorda imperiosa Carmen, ricorda che vieni ricoverata per ragioni medico-disciplinari, per cui dovrai subire tutte le cure senza discutere. Sappi che oltre a me ti accudiranno quattro mie studentesse che devono fare pratica. Insomma diventerai  il loro “cobayo”, cioè la loro cavia, per sperimentare i vari trattamenti medici.Insomma, per le mie condizioni, vista che sono tutta un livido, non mi picchieranno, ma hanno “ben altri” metodi! Nonostante io sia bloccata a letto, vorrei abbracciare e baciare Carmen. Praticamente passerò il mese che sognavo, da paziente-schiava e riceverò pure parte dei soldi dell’assicurazione! La mattina dopo vengo trasportata in ambulanza negli “Estudios Carmen”. 

Mi mettono su un lettino e se ne vanno. Finalmente  sono nelle mani di Carmen e delle sue aiutanti!  Il lettino viene spinto nello studio di Carmen, che passa una buona mezz’ora ad interrogarmi, ma l’interrogatorio non riguarda né l’incidente né i miei dolori, vuole sapere tutto delle mie esperienze da sguattera,  delle mie esperienze in mano alle Infermiere e delle mie disavventure medicali. E, Signore mie, ne ho da raccontare! Finito l’interrogatorio Carmen si mette un lungo grembiule bianco di gomma e guanti di gomma.  Mi portano in un largo locale seminterrato, Carmen apre una cancellata di ferro, da cui si accede a quattro stanzette. Vi descrivo quella dove passerò il prossimo mese: una stanzetta tutta piastrellata, come fosse un bagno, un lettino durissimo ricoperto in gomma con un largo foro circolare all’altezza delle natiche. Al di sotto del lettino, una vasca di raccolta porta ad uno scarico. Al  soffitto un grande specchio mi permette di vedermi, addirittura ingrandita. Ora Carmen apre il pannolone che mi avevano  messo in ospedale: una zaffata di ammoniaca, mi sono pisciata addosso un paio di volte, guarda i miei peli pubici con disapprovazione: vanno bene per una sguattera, ma tenerti pulita a dovere, nelle tue condizioni, sarebbe difficile. Così dà un breve ordine “Tricotomia! Una delle assistenti porta un carrellino: Carmen impugna una macchinetta elettrica di quelle per tagliare i capelli, rapidamente i miei rigogliosi peli mi abbandonano, ma non è finita, ora mi spalmano il pube, la patata ed il buchetto con crema da barba e rifiniscono il lavoro con la lametta da barba. Mi illudo abbiano terminato, ma Carmen passa ad esaminare la mia testa, dove il medico che mi ha ricucito i tagli alla testa, ha tagliato parte dei capelli. La macchinetta torna in funzione e posso ammirare in diretta, tra le lacrime, la mia testa bianchissima, pelata e deturpata dal mercurocromo e dai punti lasciati dal chirurgo. Carmen mi dice che per il prossimo mese dovrò fare pipì e scaricarmi lì dove mi trovo, tutto cadrà attraverso il foro del letto e si raccoglierà nella vaschetta sottostante, in attesa di ispezione, Sì, perché da ora in poi tutti i miei bisogni verranno attentamente supervisionati. Infatti, mi dice, tutti gli antidolorifici che prendi, provocano solitamente una forte stitichezza. Sentendo le sue parole mi rendo conto che è dal giorno prima della caduta, che non faccio la cacca. Lo confesso subito a Carmen, che palpa il mio pancione: si sudiciona sei proprio completamente bloccata!  Così viene subito portata una piantana a cui  è appeso un gigantesco  enteroclisma di plastica translucida, riporta graduazioni fino a 6 litri! Carmen in persona prepara la soluzione, istruendo e spiegando alle assistenti i pregi della soluzione che si prepara ad utilizzare. In pratica una soluzione molto simile alla Eau de Lancy, ma con l’aggiunta di una forte dose di glicerina! Da un armadietto Carmen estrae la cannula che utilizzerà: una crossa cannula di plastica azzurra, con un ingrossamento, come un piccolo uovo in punta. Mi mostra per bene l’oggetto: questa è la misura piccola, quella da un pollice. Però sudiciona, se non collabori, sappi che abbiamo cannule di ben altre misure e tipologie! Signore mie belle, inutile dirvi che questa sudiciona si sente in paradiso, si l’Infermiera Carmen può stare sicura che da parte della  sudiciona non ci sarà la minima collaborazione! Presto sento introdurre la cannula e il liquido caldissimo inizia ad entrare. Come le Signore sanno, sono una vecchia sguattera, con uno sfintere ormai provato. Subito si sente un rivolo di liquido cadere nella vaschetta sottostante al mio letto: è più il liquido che perdo, che quello che entra nelle budella, poi do una leggera spinta e … la cannula si sfila! Carmen si incazza e mi mostra la cannula con l’uovo da 2 pollici: Signora  mia, un uovo di diametro 5 centimetri comincia ad essere una cosa seria! La cannula è in un materiale bianco, sarà Nylon. E Carmen mi informa: ho tra le mie conoscenze un esperto tornitore, che è più che contento di produrre per me questi oggettini artigianali, non sai quanto lo eccita sapere a che uso sono destinati! E, sudiciona ti consiglio di comportarti bene, o sarai la prima a sperimentare  la nuova cannula da 3 pollici, quasi 8 centimetri di diametro! La mano guantata di Carmen, dopo avermi ben lubrificata internamente ed esternamente, infila la grossa cannula. Cerco di aiutare l’operazione “spingendo”. Finalmente, con dolore, la cannula è in posizione, ho la chiara percezione del grosso stelo, sovradimensionato,  piantato nel sedere. Ora viene aperto il liquido, guardo in alto, il capace contenitore contiene 4 litri di soluzione bianchissima e schiumante. Subito sento le budella gonfiarsi e, gradualmente iniziano i movimenti peristaltici. Carmen tiene una mano sul pancione massaggiando a fondo, mi incoraggia: il fecaloma che mi blocca sta lentamente sciogliendosi, “dai sudiciona stringi i denti, ti stai comportando bene, siamo già a metà”. Da parte mia inizio a mugolare,  e poi ad urlare “BASTA, NON CE LA FACCIO PIU’”, ma assistenti ed Infermiera ridono: sudiciona, urla pure fin che vuoi, tanto, oltre alle pazienti delle altre stanzette, non ti sente nessuno!Signora mia, questa vecchia sudiciona, di solito non riesce a superare i tre litri, ma tra dolori e lacrime, il contenitore è finalmente vuoto! Ora Carmen si avvicina alla mia faccia sudata e lacrimante. Respiro il suo profumo, “Sudiciona, adesso devi tenere il clistere almeno mezz’ora, pensi di riuscirci da sola?”. Figuriamoci, non ci riuscirò mai, faccio energicamente no con la testa, “MI SCAPPAAAA”. Così Carmen mi mostra un plug di silicone, è già grosso di suo, ma può pure venire gonfiato enormemente. “Stringi schifosa sudiciona, se ti lasci scappare il clistere, te lo rifaccio di cinque litri e con la cannula da 3 pollici! Sono terrorizzata, ho già dolori da partoriente adesso, figuriamoci rifare il clistere con 5 litri, così ubbidisco. Rapidamente la grossa cannula viene sostituita dal plug, che scivola imposizione. Ora Carmen mi mostra la pompetta di gonfi aggio,  “vedi sudiciona, adesso ti gonfio il tapon, uno, due, tre”. Conta le pompette di  aria che mi allargano il culetto! Ora sono sigillata e Carmen mi invita a rilassarmi e ad apprezzare l’acqua che sta lavandomi le budella. In effetti, nonostante il mal di pancia, sto bagnandomi come una scrofa, chiudo gli occhi concentrandomi sulle sensazioni interne. Finalmente la mezz’ora stabilita termina. Carme in persona, mostra alle assistenti la tecnica per togliere il “taponsenza rischiare di venire investite dall’inevitabile torrente di acqua mista a cacca che mi esce e cade attraverso il foro del letto. Vengo lasciata sola, sento lamenti e pianti dalle altre celle, dove stanno operando Carmen ed assistenti, poi sento il cancello sbattere e rimango sola. Si., perché il destino di una paziente in ricovero medico-disciplinare è, per la maggior parte, di rimanere sola. Ed inevitabilmente le fantasie prendono il sopravvento e con esse la mia mano. Ma è ora del pasto, una delle assistenti viene da me, mi aspetto, essendo bloccata a letto, di venire imboccata, od almeno mangiare da sola, qui in Catalunya si mangia e si beve così bene… Ma niente di tutto questo, la solita piantana con l’enteroclisma, in cui viene riversato da una tanica un liquido rosaceo. Preoccupata penso al mio povero buchetto, che ancora brucia, per l’incontro con la cannula da 2 pollici ed il “tapon”. Niente di tutto questo: mi viene messo in bocca una specie di “ciuccio” trattenuto da un elastico che passa dietro la testa.  Il ciuccio ha una speciale valvola identica a quella delle sacche da idratazione usate da ciclisti e corridori estremi: basta morderlo e succhiare la poltiglia nutritiva. Al momento non so la composizione, in seguito mi diranno che in effetti si tratta ogni volta di uno dei piatti tipici, ma frullato e “reso speciale”. Ebbene, sarà anche un piatto tipico, ma succhiato in questo modo il sapore è assolutamente schifoso: SA DI VOMITO! Così dopo il primo assaggio, mi guardo bene dal succhiare ancora. Rimango per un ora con quel fastidioso ciuccio in bocca. L’Infermiera torna e si arrabbia: “sudiciona schifosa, non andiamo bene, devi succhiare tutto fino all’ultima goccia, adesso tieni il ciuccio fino all’ora0 di cena!”.  Ormai è tardi, saranno le 10 di sera, ma qui in Spagna è ora di cena, sento i tacchi di Carmen e delle assistenti avvicinarsi, guardo in alto: il contenitore è ancora pieno della immangiabile poltiglia. Carmen si arrabbia, sudiciona schifosa, che fai, lo sciopero della fame?  Mi toglie il ciuccio ed io cerco di spiegare che il pasto era immangiabile. Carmen ridacchia, fa svuotare il contenitore e lo riempie con una doppia dose: “questa è una bella cena abbondante, sudiciona, hai tempo fino a domani mattina per finirla. Guai a te se non lo fai, ti faccio mettere in detenzione medica!”. Inutile dirvi che la minaccia da un lato mi preoccupa, ma che tra me e me gongolo, chissà cosa mi faranno, sicuramente non resterò a letto a guardarmi in quell’inutile specchio! Ho fame, così tento di assaggiare la cena, un piccolo sorso della poltiglia, se la precedente sapeva di vomito, questa sa di vomito, di cacca ed olio di ricino!  Sputo la poltiglia, ma essendo bloccata a letto dai dolori e con il ciuccio fissato con l’elastico riesco solo a sporcarmi la faccia. E l’Infermiere che viene a darmi la pastiglia serale di antidolorifico rincara le minacce, sudiciona meglio che tu mangi tutto fino all’ultima goccia o finisci in detenzione medica come quelle delle altre stanze, non le senti piangere e lamentarsi? In effetti è tutto il giorno che mi pare di sentire lamenti e pianti, ma mi ero illusa fosse  solo la mia immaginazione!  Nobili Signore, lo sapete, noi sguattere siamo delle inguaribili cocciute, pronte a puntare le zampe come ciucci, quando sarebbe più facile obbedire, così non succhio assolutamente la vomitevole poltiglia, nonostante la fame e la sete che mi tormentano. Ed è alle prime luci dell’alba che il rumore dei tacchi di una delle Infermiere che fa il giro mattutino, mi risvegliano. Il cancello e la porta della stanza vengono aperti. La prima cosa che l’Infermiera nota è che anche stavolta ho rifiutato il cibo, inoltre non ho pisciato a sufficienza! Ora rimuove il ciuccio e mi informa: alle 10, quando Carmen arriva in studio, vedrai che ti succede!Mi sento eccitata e terrorizzata, ormai ho varcato la soglia, chissà cosa ha in serbo Carmen per le vecchie sguattere ribelli, nel mio cervello continuo a pensare alle parole “detenzione medica”,  le infermiere le hanno pronunciate come fosse una cosa temibile …. Finalmente sento aprirsi il cancello di sicurezza ed aprirsi la porta, il rumore dei tacchi di Carmen temo ripercuota il suo umore. “Ebbene vacca schifosa hai rifiutato per due volte del buon cibo catalano, ebbene, poiché non ammetto questo tipo di offese alla mia città ed alla mia regione ti metto in detenzione medica. Questo anche per  la tua salute, non è pensabile che una paziente rifiuti cibo ed acqua. Sono ammutolita, il cuore batte forte …  fa caldissimo ma, vi ricordo sono nuda e mi viene la pelle d’oca. Le due assistenti di Carmen arrivano con cinghie ed altre diavolerie: cinghie di nylon rinforzato da fibra di vetro. Mi bloccano i polsi al letto di contenzione, poi  una cinghia viene stretta attorno alla parte alta della pancia, appena sotto le costole. Ora le due aiutanti posizionano e fissano due supporti su cui mi bloccano le caviglie, il letto di contenzione è stato upgradatoa letto di contenzione ginecologico!  Carmen ordina di portarle il kit urologico, vedo che sceglie una lunga busta di plastica. Signore mie, il più grosso catetere che io abbia mai visto! Ora Carmen si è cambiata i guanti con un paio di guanti sterili. Mi passa un disinfettante sulla patata, poi  con una siringa mi lubrifica ben bene. La bruciante sensazione del catetere che mi penetra fino in vescica. Una sacca di plastica viene collegata e Carmen commenta molto negativamente: la mia piscia è quasi marrone, sono fortemente disidratata! “Ed adesso occupiamoci del culo e del pancione di questa scrofa!”. Inizio ad eccitarmi ahh, chissà che clisteri mi faranno adesso per castigarmi! Vedo Carmen prendere da un armadietto un grosso affare di nylon, me lo mostra per bene:  il tornitore ha fatto un gran lavoro: due grosse uova di nylon da 7 centimetri di diametro, unite da un cannello di diametro colossale.  Carmen me lo mostra, ha un foro di almeno 3 centimetri di diametro! Ebbene sudiciona, questo è uno speculo per praticare l’idrocolon, il lavaggio intestinale. Da questo cannello ti gonfieremo il pancione e poi  faremo uscire la tua cacca schifosa. Il cannello te lo terrai in culo per tutta la tua detenzione medica. Purtroppo per voi scrofe il mio speciale cannello cannello dà un po’ fastidio, ma ti abituerai! Detto fatto, l’attrezzo viene accuratamente lubrificato, così come il mio culo, Carmen mi inserisce prima un dito, poi due ed arriva a quattro dita, si sono ben lubrificata e dilatata. Stringo i denti ma urlo, mentre il colossale uovo interno prende posto, gonfiandomi il culo. L’altro uovo rimane all’esterno. In pratica è una copia della tecnologia Bardex, rivista da un tornitore sporcaccione. Ed invece dei palloncini gonfiabili è lo sfintere della povera sudiciona a doversi dilatare! Non vi dico il fastidio, ho subito la fastidiosa sensazione di avere un palo nel culo,  il cannello centrale ha si un foro da 3 centimetri ma il diametro esterno è di 4 centimetri, il buchetto non può affatto rilassarsi. Carmen commenta i miei urli, di che ti lamenti scrofa, è entrato proprio come nel burro! Una delle assistenti spinge un pesante carrello, con due grosse taniche di plastica da 25 o 30 litri. Quella in alto è piena di liquido biancastro, quella in basso vuota. Ora un sistema di tubi e rubinetti viene collegato al cannello che sporge dal mio culo, viene aperto un rubinetto e sento l’acqua scorrere lentamente dentro di me. Carmen massaggia la mia pancia, a fondo, poi gira un altro rubinetto: sento improvvisamente la pressione calare e Carmen ed assistenti osservano attentamente un grosso tubo trasparente, posto prima della tanica di scarico. Guardo anche io: cazzo, si vede uscire l’acqua del clistere, con tutta la mia cacca! Non so perché siano così affascinate, per me è disgusto e vergogna. Carmen dà disposizioni, passeremo gradatamente dai tre litri che la sudiciona contiene senza sforzi fino ai sei litri. Poiché deve rimanere legata sul letto di contenzione, senza fare movimenti od esercizi, penso che riusciremo a gonfiarla con i mitici sei litri, poche sguattere ci sono arrivate finora! Il riempimento ricomincia, si perché ho il culo costantemente dilatato, ma ormai per le infermiere il gonfiarmi e sgonfiarmi è solo questione di girare un rubinetto. Per me, invece vuol dire dolore di pancia e basta, niente degli eccitanti preliminari che precedono il clistere, niente introduzione della cannula, solo il liquido che entra ed esce secondo le bizzarre volontà della Infermiera. Finalmente il liquido di ritorno è sufficientemente limpido perché la tortura dell’idrocolon venga sospesa, ma verrà ripresa una o due volte al giorno, a seconda di quanto io sia ubbidiente. Mi illudo che la detenzione medica sia tutta lì. Ma quanto mi sbagliavo! Ora Carmen mi palpa la parte alta della pancia, le dita di infilano abilmente sotto l’arcata delle costole, palpando il fegato e lo stomaco. Schifosa scrofa Sudiciona ti sei rifiutata di mangiare il nostro cibo, hai così offeso la nostra anima catalana, adesso ne pagherai le conseguenze! FINE PRIMA PARTE

 

ENFERMERA CARMEN 2

LE PAZIENTI DELLA ENFERMERA CARMENpuntata 2

 

Dedicato alla Gentilissima Madame Janine, musa ispiratrice di questa sguattera sudiciona.

 

Mie Signore, 

ci eravamo lasciate che ero nelle mani di Carmen e delle altre assistenti Infermiere.  Clisterizzata e ingravidata più e più volte,  le Infermiere mi minacciano di chissà che altri trattamenti della loro “detenzione medica”. Comincio ad avere veramente paura, cosa mi faranno? Mi rendo conto che durante il primo interrogatorio, “l’ anamnesi” come lo ha definito Carmen, le ho raccontato di tutto, sicuramente troppo. Ora sa quali siano i miei traumi e le mie paure ed improvvisamente ho la chiara visione di Carmen che mi dice “ti faremo affrontare proprio tutto ciò che temi e ti disgusta”. Che stupida sguattera!  Un improvviso attacco di nervi, mi dimeno, ma le cinghie rinforzate, da manicomio, non cedono affatto, l’unica cosa che ottengo è che per lo sforzo mi viene il fiato corto! Così, come accade a tutte le pazienti, mi calmo e torno in quella calma sonnecchiante piena di pensieri preoccupati su cosa mi attende. 

E il suono dei tacchi delle tre Infermiere si avvicina. Tutte e tre hanno indossato sopra al camice dei lunghi grembiuli protettivi  di gomma  verde.  Carmen mi ausculta il cuore: sudiciona sei un po’ agitata e non sai ancora cosa ti aspetta! Di certo, un commento come quello mi fa schizzare in alto la pressione!

Le tre donne mi attorniano, un aggeggio di legno, con una cinghia di cuoio blocca la mia testa, non posso ruotarla. Ora una delle giovani prende un attrezzo di acciaio, l’altra mi pinza il naso ed appena  apro la bocca per respirare mi introduce tra i denti un cuneo di gomma. Ora una attrezzo di acciaio viene posizionato tra i denti e, girando una levetta mi obbligano ad aprire e tenere aperta la bocca. Poi Carmen vi sistema una specie di boccaglio di plastica verde, bloccato da una cinghia che passa dietro alla testa.  Il boccaglio ha un grande foro al centro, saranno 4 o 5 centimetri, è ricoperto da una plastica morbida al silicone, in modo da proteggere i denti, se tentassi di mordere il tubo. Insomma, mi hanno applicato la versione XXL dei boccagli utilizzati dalle endoscopiste. Così bloccata inizio a salivare e, non potendo inghiottire la bava mi cola dalla bocca in una bacinella che mi hanno appoggiata sotto al mentoCarmen si è armata di una sonda, di quelle vecchio stile, di gomma. E’una sonda grossissima, da 14 mm e lunga, Signora mia, una sonda lunga 80 cm. Una delle assistenti si dà da fare a lubrificare accuratamente la sonda. Mio dio, ho già vissuto un orrore simile quando mi hanno fatto la gastroscopia! E Carmen lo sa bene, perché da vera boccalona lo ho raccontato, quanto io abbia paura di questo. Ora l’Infermiera impugna bene la sonda, una lampada mi viene puntata in faccia, la sonda viene spinta lentamente in avanti. La sento toccarmi la lingua, poi la sento infilarsi. Subito inizio a tossire. Ma Carmen spiega alle due studentesse: ecco, vedete? Dobbiamo stare sempre molto attente ad infilare correttamente la sonda giù per l’esofago, guai infilarla in trachea e nei bronchi si rischia di provocare una grave polmonite! Continuo a tossire, ma legata come sono non posso fare altro. Poi improvvisamente la tosse termina ma, improvviso e sconvolgente, ho un primo conato, Carme spiega, ecco vedete da qui in poi la sonda sollecita le pareti dell’esofago e provoca profondi conati. Non bisogna assolutamente badare ai conati ed ai mugolii della paziente, l’importante è averla ben legata al letto o in una camicia di forza!. Ebbene Signore, l’esofago è lungo ed i conati mi squassano. Finalmente la sonda è in posizione e Carmen spiega alle allieve come fare la “lavanda gastrica”. Finalmente la sonda viene ritirata, con altri conati da parte mia. Ormai la bava ed i succhi gastrici che mi sono venuti su hanno riempito la bacinella e colano sulle tette e sulla pancia senza controllo, mescolandosi alle lacrime. Mi tolgono l’apribocca ed una delle ragazze, con una spugna mi ripulisce faccia, tette ed addome, da bava e succhi gastrici. Spero sia finita ma mi sbaglio siamo solo all’inizio di questo calvario!Infatti Carmen spiega alle sue discepole che la manovra a cui hanno assistito è una manovra che presenta, appunto, pericoli. Così, spiega, ho ideato un metodo alternativo, assolutamente sicuro ed ancora più doloroso per la paziente. Ebbene, con la collaborazione della nostra sudiciona, ve lo mostro subito e potrete provare e sperimentare tutte le volte che volete!  E Carmen fa portare una grossa sacca di plastica, piena di liquido. La sacca, mi dice, contiene la nostra preziosa pipì, di cui non sprechiamo mai una goccia, la conserviamo in queste taniche sigillate, in frigorifero, non sai quanto le nostre pazienti ne siano golose! Fa nuovamente la sua comparsa il “ciuccio” che mi mettono in bocca. Signore mie, se dipendesse da me, mi guarderei bene dal bere, ma Carmen mi ricorda che se rifiuto mi infilerà subito la sonda nello stomaco e mi effettuerà la nutrizione forzata tre volte al giorno, per tutta la settimana di “detenzione medica” a cui mi ha condannato! Così pian piano, inizio a ciucciare il piscio freddo dalla sacca. Carmen mi guarda: “Pooovera sudiciona,  non sei ancora abituata al sapore delle Padrone, vero?  Provvederemo anche a quello, con il respiratore! E comunque, se fai la brava, ci sforzeremo per darti una bella sacca delle nostre pipì calde, appena fatte! Deglutisco più e più volte il loro vomitevole piscio gelato. Carmen sta tenendo d’occhio la scala graduata della sacca, “”bene sudiciona hai bevuto abbastanza, per adesso. Ci divertiamo un pochino, poi ne berrai un’altra porzione e così via”. Sono così debole e sbattuta che ormai ubbidisco automaticamente. Ed ubbidisco anche all’ordine di aprire la bocca e, indovinate? Mi rimettono il boccaglio verde, nuovamente non posso più mordere le sonde. Ma stavolta, anziché la sonda di gomma che tanto temo, Carmen porge alla prima delle assistenti un lungo oggetto, che saprò poi essere di un particolare tipo di silicone. Pensate all’antenna di una lumaca ma in scala estremamente più grande. Si, una grossa sfera  sostenuta da un lunghissimo stelo, parlo di uno stelo di 40-50 centimetri, morbido, ma elastico, con una sfera ovoidale da 1,5 cm. Una comoda impugnatura completa l’oggetto. Carmen spiega alla propria discepola:  contrariamente alla nutrizione forzata e alla lavanda gastrica, questa procedura è sicurissima e può essere adottata anche da Signore senza alcuna esperienza. La nostra sudiciona è stata così gentile da riempirsi “spontaneamente” lo stomaco di piscia ed ora non ci resta che stimolarle il riflesso esofageo.  Inizio a realizzare cosa mi sta per succedere, infatti la Assistente infila la sfera nel mio boccaglio ed, incoraggiata da Carmen, la spinge su e giù per l’esofago. Immaginatevi che conati mi causa e, poiché ho lo stomaco gonfio di piscio, non posso che vomitare un fiotto dopo l’altro di liquido. Sono getti potenti, ma le Infermiere si sono protette i camici con i lunghi grembiuli di gomma ed hanno lunghi guanti e soprascarpe protettivi. Mi sembra un tempo infinito ma in 10-15 minuti mi hanno svuotato. Sto anche peggio di prima, lacrime e moccio, senza parlare del piscio e succhi gastrici che vomito. Carmen, a cui è arrivato del vomito sui guanti commenta: sudiciona, sei l’equivalente di una teiera: hai bevuto del piscio freddo di frigorifero e lo hai riscaldato a dovere! Prego il cielo che il castigo sia finito, ma la sacca di piscio è solo a metà ed anche l’altra allieva Infermiera  vuole provare questa nuova tecnica di svuotamento. Nobili Signore, che vi posso dire, ho sempre avuto questa repulsione per i conati e per essere costretta a vomitare, per non parlare della paura della gastroscopia e di manovre simili ed in una mattina ne ho subito tre memorabili applicazioni. E Carmen mi avverte, sudiciona siamo solo al primo giorno della tua settimana di detenzione medicale, fatti forza perché ogni giorno sarà così, se non peggio. Poi mi guarda, “non ti è piaciuto il nostro piscio vero?”. Signore mie è una domanda che, qualsiasi risposta io dia mi causerà guai, così faccio segno di si, il loro piscio è proprio nauseante! E Carmen dà un ordine: maschera respiratoria! Mi aspetto chissà cosa, ma Signora, è un castigo che ho già descritto:  sempre legata come sono, mi ripuliscono sommariamente la faccia e mi infilano una maschera antigas, il lungo tubo respiratorio finisce in una bottiglia di  piscio. Ed ogni volta che respiro l’aria è costretta a gorgogliare furiosamente nella piscia delle Signore. E così l’aroma di piscio mi arriva nei polmoni ed in bocca, non posso sottrarmi, se non voglio soffocare. Mi lasciano così per almeno un ora e gradatamente mi abituo alla puzza ed al sapore di piscio. E mentre faccio queste “inalazioni” ascolto i lamenti di pazienti più fortunate che torneranno a casa tra una o due ore. Invece la giornata di noi ricoverate passa tra inalazioni forzate, lavaggi intestinali e lavande gastriche. La mia personalità inizia a cedere, ci si abitua un po’ a tutto! Ma improvvisamente arrivano Carmen e le allieve: sudiciona, è ora della pulizia, prima di cena!  Una mano impietosa toglie, senza troppa delicatezza il catetere a cui stavo gradatamente abituandomi. Un bruciore che non vi dico! E sempre senza alcun riguardo, la stessa mano villana estrae la sonda, anzi lo speculo anale. E, visto che è di materiale solido, niente sgonfiaggio del palloncino come per le sonde Bardex, il mio povero sfintere deve subire l’estrazione del grosso uovo. E Carmen spiega alle allieve: meglio togliere cateteri e sonde, in modo che gli sfinteri possano riacquistare elasticità. La paziente tanto potrà pisciare ed evacuare liberamente attraverso il buco del letto di contenzione. Poi Carmen mi guarda spietata: “Sudiciona tra poco è ora di cena, non vorrei tu faccia nuovamente i capricci. Siccome sei bloccata a letto, faccio portare qui la tua vicina di stanza, così vedi cosa succede alle sguattere capricciose che si rifiutano due volte di mangiare. Detto fatto, sento un rumore di ruote e viene spinta vicino a me una sedia a rotelle su cui è legata dalle immancabili cinghie una paziente.  Si tratta di una giovane sguattera di circa 25 anni. Sopra la sedia a rotelle pende, sospesa ad un apposita asta, una grande sacca uguale a quella che volevano farmi magiare, solo che è colma di un liquido giallo-marroncino. La giovane ha in bocca il ciuccio, saldamente fissato con un elastico dietro la nuca. Sulla faccia ha una smorfia di assoluto disgusto, una delle Assistenti la incita, “dai schifosa dai una bella poppata” e, poiché la ragazza non ubbidisce prontamente le strizza e torce una mammella. La ragazza, disperata, si sforza di ubbidire e dà un paio di poppate, sulla faccia una smorfia di disgusto totale. Vedo che si sforza di reprimere dei conati di vomito, chissà cosa le farebbero!  E Carmen  mi spiega: “vedi la nostra Jacinta ha rifiutato tre pasti di fila ed allora, visto che la mia cucina non le piace, ho  deciso che faccia un pasto preparato da lei: le abbiamo fatto un buon clistere di pipì, abbiamo frullato i liquami ed adesso si deve poppare tutto! Sudiciona, vuoi fare come Jacinta??  Nobili Signore mi sale la nausea solo a ripensarci, faccio disperatamente cenno di no con la testa. Così Carmen mi si avvicina: “sudiciona, credo tu abbia apprezzato il castigo del lavaggio dello stomaco, sappi che la cara Jacinta dopo che avrà terminato il suo pasto speciale, subirà non uno ma duo o anche tre lavaggi dello stomaco! Suidiciona per invogliarti a mangiare ho pensato di prepararti uno dei piatti più tipici di Barcelona, un piatto povero ma nutriente, adatto a voi sguattere: Butifarra con mongetes”. Caspita, dopo il salto del pranzo e gli svuotamenti che ho subito, ho una fame da lupi, un bel piatto di luganega con fagioli cannellini, il nome del piatto tradotto in italiano, è proprio quello che ci vuole. Ma è grande il mio disappunto quando, anziché il piatto o la ciotola, viene portata ancora la grande sacca piena di un frullato rosa. “Si sudiciona, ti abbiamo frullato la butifarra e alubias e vi abbiamo aggiunto un buon litro d’acqua ed un bel cucchiaio di una spezia africana!”. Ormai domata, apro spontaneamente la bocca perché ci infilino il ciuccio, che viene fissato con un elastico dietro la nuca. Do la prima poppata, CAZZO sa ancora di vomito e di olio di ricino! Carmen intuisce il mio scombussolamento: “sudiciona dovrai abituarti a questa spezia africana, è un antibiotico naturale che fa benissimo. Di solito se ne mette poca altrimenti altera il sapore del cibo, ma per voi pazienti non bado a spese, ne metto a cucchiaiate! Comunque te lo ripeto, se non poppi tutto in fretta ti capita lo stesso di Jacinta! Gentili Signore, mi impegno a poppare ed inghiottire proprio come una brava bambina, la minaccia di Carmen mi terrorizza!FINE SECONDA PARTE

17 marzo 2023

CENTRO DE DETENTION MADAME ROCIO 17


 Le vicende qui di seguito narrate accadono in un porto delle isole Barbados.

Una Signora scende dalla classe business di un aereo, un taxi l’attende all’uscita dell’aeroporto. L’autista ammira questa bella ed elegante Signora, sa di dover portare Madame al piccolo portodi xxxxSa che Madame sta per imbarcarsi per una crociera su di una fantastica nave attraccata in porto. Non è una nave enorme, come ormai se ne vedono tante, ma si nota subito, coi suoi quattro avveniristici alberi che sostengono delle magnifiche vele bianche. 

Giunti al porto Madame è arrivata. La accoglie Maria, una giovane donna in abiti da Ufficiale. Madame, dopo i soliti convenevoli, chiede notizie di sulla nave ed in particolare su di una persona dell’equipaggio. Maria risponde, abbastanza sorpresa della richiesta, sì quella persona è a bordo. Frattanto sono giunte due donne dall’aspetto sfatto, paiono due vecchie. Vestite da una tunica grigia, chiaramente ricavata da vecchie vele.  Aun imperioso cenno di Maria si caricano i bagagli e li portano a bordo lungo la ripida passerella.  Frattanto Maria snocciola le interessanti caratteristiche della nave. Si tratta di un quattro alberi, di recentissima costruzione. E’una nave da crociera in cui è stato volutamente bandito l’uso di qualsiasi motore. La nave è spinta dal vento e, in mancanza di questo oppure durante le manovre in porto, è spinta da eliche, la cui forza motrice è fornita da rematrici. Le rematrici, tutte condannate alla “cadena perpetua”, vivono, remano e dormono nel ponte più basso della nave. Qui vi sono delle larghe panche, fissate al pavimento, i banchi di voga. Il banco è contemporaneamente il posto di lavoro ed il giaciglio delle detenute, che vi sono incatenate per la caviglia. Ad ogni banco di voga, occupato da una o più rematrici, corrisponde un grosso palo di legno, l’impugnatura del remo. Ma, a differenza delle antiche galere, i remi, anziché sporgere all’esterno, finiscono in una scatola di ingranaggi, che fa ruotare l’albero motore della nave. Mente parlavano le Signore sono giunte sul ponte. Madame ammira la maestria con cui è realizzata la nave, una interessante commistione di leghe ultraleggere e legni pregiati. E, come per ogni nave che si rispetti, mentre è in porto, innumerevoli altre donne male in arnese, sono inginocchiate a fregare e lucidare i legni e gli ottoni della nave, sorvegliate da donne in abito marinaio.

Madame viene accompagnata sul Ponte di Comando, qui conosce la Capitana Yolanda e la Contromaestre Mercedes. Poi Madame raggiunge la propria cabina, una veloce doccia e torna sul ponte di comando. Chiede notizie sulle rematrici, su di esse la Contromaestre, cioè la nostroma,  ha diritto di vita e di morte.Madame è interessata alla vita delle rematrici, ma è proprio vero che sia così dura? Mercedes sarà felice di mostrare a Madame tutti gli aspetti della vita di una rematrice. E così le due donne scendono gli scaloni che portano dal ponte di coperta ai ponti delle cabine, poi, aperto un cancello di ferro Mercedes precede Madame per una stretta scala che scende fino all’ultimo ponte: quello in cui scontano la pena a vita le rematrici. Si tratta di un open space, in cui vivono, sudano e lavorano 60 rematrici, “il nostro motore ausiliario”, commenta Mercedes. Sul pavimento sono saldamente avvitate lunghe file di panche di legno, i “banchi di voga”. Incatenate al proprio banco le rematrici lavorano per un interminabile turno di 16 ore ed incatenate al banco vi si stendono per dormire, quando è il loro turno di riposo, vengono liberate solo per le corvè di pulizia dei ponti. Nella scarsa luce, Madame guarda con attenzione una delle rematrici, la riconosce immediatamente, ne è certa, si tratta proprio della perra. La perra, che dovrebbe avere attorno ai 35 anni, pare una sessantenne. Ciocche di capelli bianchi e cortissimi, rapati periodicamente a zero spuntano dal cappuccio di gomma. Le guance raggrinzite e cascanti, evidentemente la perra ha perso numerosi denti. Indossaun grembiule grigiastro di gomma, oltre al cappuccio stretto che scende a coprire gli occhi con due spesse lenti, di quelle da ultramiopenessun altro indumento. Mercedes spiega: “se una rematrice batte la fiacca, la sorvegliante di turno se ne accorge immediatamente, grazie ad un ingegnoso sistema di misurazione, la schiena nuda permette di far tornare la voglia di lavorare. La tradizione marinara prevedeva il “o gato a nueve colas”, come strumento di punizione. In considerazione della vocazione integralmente femminile di questa nave, abbiamo adottato la “ratóna de nueve colas”, una frusta che, permette di punireduramente le schiena delle rematrici, senza fare però gli irreparabili danni del tradizionale gatto a nove code. Alla caviglia sinistra della perra una cavigliera metallica, stretta da un moderno lucchetto e collegata ad un apposito occhiello da un paio di metri di catena. Di certo la perra non consuma le proprie energie camminando. Ad un ordine del fischietto della nostroma le rematrici si raddrizzano ed impugnano saldamente il proprio remo. In fondo al ponte rematrici è posto un tamburo, una incaricata inizia a picchiarvi colpi ritmati, si sente lo scricchiolio del legno dei remi, quando le donne fanno all’unisono forza su di essi