la perra è stata messa al lavoro e,
presto vi racconterò i suoi guai. Ma veniamo a me, sto seguendo il
corso da sorvegliante. Una cosa assai interessante per una che fino a
pochi mesi fa era dall’atra parte della barricata. Oltre a varie
lezioni teoriche sui (mal)trattamenti delle detenute, ci viene
annunciato che presto inizieranno le lezioni pratiche. Poiché molte
di queste lezioni tratteranno di castighi vari, diventa necessario
reperire delle serve “guinea pigs”, insomma delle più o meno
volontarie. La Direzione ha stabilito che alla fine di ogni giorno si
raccolgano i nomi delle detenute che hanno meritato dei castighi,
vuoi per non aver lavorato a sufficienza, vuoi per aver combinato dei
guai. Queste faranno da cavie per le lezioni dei giorni successivi.
Maestra Alejandra accompagna la classe delle sorveglianti al primo
ambiente, la sala dell’ “hydrtoterapia”.
In questa sala viene conservata tutta
la strumentazione per riempire e svuotare, con varie modalità, il
corpo delle detenute. Quattro oggetti sono evidentemente destinati
allo scopo di bloccare la punita e renderne accessibili gli orifici:
due lettini, dotati di cinghie per bloccare braccia e gambe. Sui
lettini possono essere montati dei supporti per le caviglie, che
permettono di bloccare la punita in posizione “ginecologica”. Un
grosso “volante” posto al di sotto della mezzeria del lettino,
permette di inclinare il lettino un po’ in tutte le posizioni, per
cui si può mettere la punita con la testa ben più alta o ben più
bassa dei piedi, arrivando quasi in posizione verticale. Una sedia,
simile alla “silla della verguenza” che già ben conoscete,
permette di bloccare la punita in posizione seduta, lasciando sempre
ben accessibili gli orifizi. Un terzo oggetto appare, quasi
inspiegabile in questo contesto: un inginocchiatoio. Guardando meglio
vedo che anche questo è dotato di robuste cinghie per trattenere le
punite. L’ultimo oggetto è quello che definirei l’asticella, per
analogia con le asticelle del salto in alto, una struttura costituita
da due robusti sostegni, su cui può essere bloccata, a varie
altezze, una robusta barra trasversale, dotata di cinghie di
contenzione per i polsi. Insomma è un modo per bloccare in alto le
braccia delle detenute, in questo modo la totalità del loro corpo è
accessibile da tutti i lati.
Tutti questi oggetti, lettini, sedia,
inginocchiatoio ed asticella hanno alla base una specie di vasca che
impedisce a “perdite” di liquidi di inondare i pavimenti.
Un grande armadio a vetri mette in
mostra una serie di oggetti.
Innanzitutto alcuni apparecchi per il
clistere, in plastica medica bianca. Solo che le proporzioni sono
enormi terranno almeno 4 litri ed infine alcuni giganteschi ricavati
da capaci taniche di plastica.
Seguono tubi di collegamento e
rubinetti, ordinatamente disposti in sacchetti di plastica. Vengono
poi capaci siringoni di plastica. Ed infine, disposte in scatolette
e vassoi di plastica, sonde di tutti i tipi. Partiamo da sonde in
plastica rigida di varia foggia, contenute in scatolette-espositori
che presentano per ogni tipologia almeno quattro diverse misure
via-via crescenti. E’poi la volta dei cateteri, usati sempre a
scopo punitivo. A seguire sonde lisce di gomma, di diametri e
lunghezze diversi. Ulteriori vassoi raccolgono sonde Bardex con una
coppia di palloncini gonfiabili. E per finire, una collezione di plug
rettali di varie fogge e misure, tutti dotati di un forellino
centrale ed un raccordo per collegare il tubo del clistere. Al posto
d’onore una scatola, purtroppo chiusa, di lucido legno scuro.
Chiedo lumi e mi viene risposto che è “el muñeco”.
Un ultima anta dell’armadio contiene,
ben ordinate scatolette e bottigliette di vari colori. Ci spiegano
che si tratta degli additivi per preparare i liquidi per i vari
trattamenti, oltre a potenti purganti.
Alejandra ci annuncia che, in vista del
corso, sono state posticipate tutte le punizioni della settimana, per
cui ci sarebbero state “cavie” per mostrarci l’utilizzo della
strumentazione di punizione. E, ci dice, oltre ai soliti clisteri che
ben conosciamo, qui avremo modo di ampliare le nostre conoscenze, per
esempio vedremo il temuto “enema gota a gota”, il “lavado
gastrico”, il “lavado vescical” , il “lavado del colon”.
Avremo certamente occasione, grazie a qualche detenuta
particolarmente ribelle, di assistere al “trabajo forzoso”, detto
anche “parto anal”, per cui si usa, appunto “el muñeco”.
Ma veniamo alla perra, dovete sapere
che le Signore, per finanziare questa istituzione, hanno creato una
fabbrica artigianale di piatti di ceramica. Una fortunata coincidenza
ha fatto sì che nel terreno cintato dall’alto muro a prova di
evasione, vi fosse un giacimento di caolino. L’ideale per fare del
prezioso vasellame. L’ideale anche per far lavorare le detenute.
Molte si consumano a scavare, a colpi di zappa, la preziosa materia
prima. La raffinazione e formatura degli oggetti sono invece affidate
ad abili artigiane, ex detenute, delle vere artiste. Le detenute
normali, tornano in auge per far funzionare i forni di cottura,
infagottate nelle loro divise, sudano rivoli di sudore, a spalare
combustibile e far girare i ventilatori del forno. Vengo a sapere che
la perra si è data da fare per farsi assegnare un facile lavoretto:
trascinare il carrello con il prodotto finito dai forni al magazzino
di stoccaggio. Dico ad Alejandra che la perra non merita tale
trattamento di favore, ma Maestra Alejandra mi risponde “tranquila,
no es tan simple come parece”. Vedremo quindi cosa attende la
perra.
Vostra umile sorvegliante nadia
(86- continua)