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12 luglio 2014

PENSION BALNEARIA 86


Nobili Signore, serva sudiciona,
la perra è stata messa al lavoro e, presto vi racconterò i suoi guai. Ma veniamo a me, sto seguendo il corso da sorvegliante. Una cosa assai interessante per una che fino a pochi mesi fa era dall’atra parte della barricata. Oltre a varie lezioni teoriche sui (mal)trattamenti delle detenute, ci viene annunciato che presto inizieranno le lezioni pratiche. Poiché molte di queste lezioni tratteranno di castighi vari, diventa necessario reperire delle serve “guinea pigs”, insomma delle più o meno volontarie. La Direzione ha stabilito che alla fine di ogni giorno si raccolgano i nomi delle detenute che hanno meritato dei castighi, vuoi per non aver lavorato a sufficienza, vuoi per aver combinato dei guai. Queste faranno da cavie per le lezioni dei giorni successivi. Maestra Alejandra accompagna la classe delle sorveglianti al primo ambiente, la sala dell’ “hydrtoterapia”.
In questa sala viene conservata tutta la strumentazione per riempire e svuotare, con varie modalità, il corpo delle detenute. Quattro oggetti sono evidentemente destinati allo scopo di bloccare la punita e renderne accessibili gli orifici: due lettini, dotati di cinghie per bloccare braccia e gambe. Sui lettini possono essere montati dei supporti per le caviglie, che permettono di bloccare la punita in posizione “ginecologica”. Un grosso “volante” posto al di sotto della mezzeria del lettino, permette di inclinare il lettino un po’ in tutte le posizioni, per cui si può mettere la punita con la testa ben più alta o ben più bassa dei piedi, arrivando quasi in posizione verticale. Una sedia, simile alla “silla della verguenza” che già ben conoscete, permette di bloccare la punita in posizione seduta, lasciando sempre ben accessibili gli orifizi. Un terzo oggetto appare, quasi inspiegabile in questo contesto: un inginocchiatoio. Guardando meglio vedo che anche questo è dotato di robuste cinghie per trattenere le punite. L’ultimo oggetto è quello che definirei l’asticella, per analogia con le asticelle del salto in alto, una struttura costituita da due robusti sostegni, su cui può essere bloccata, a varie altezze, una robusta barra trasversale, dotata di cinghie di contenzione per i polsi. Insomma è un modo per bloccare in alto le braccia delle detenute, in questo modo la totalità del loro corpo è accessibile da tutti i lati.
Tutti questi oggetti, lettini, sedia, inginocchiatoio ed asticella hanno alla base una specie di vasca che impedisce a “perdite” di liquidi di inondare i pavimenti.
Un grande armadio a vetri mette in mostra una serie di oggetti.
Innanzitutto alcuni apparecchi per il clistere, in plastica medica bianca. Solo che le proporzioni sono enormi terranno almeno 4 litri ed infine alcuni giganteschi ricavati da capaci taniche di plastica.
Seguono tubi di collegamento e rubinetti, ordinatamente disposti in sacchetti di plastica. Vengono poi capaci siringoni di plastica. Ed infine, disposte in scatolette e vassoi di plastica, sonde di tutti i tipi. Partiamo da sonde in plastica rigida di varia foggia, contenute in scatolette-espositori che presentano per ogni tipologia almeno quattro diverse misure via-via crescenti. E’poi la volta dei cateteri, usati sempre a scopo punitivo. A seguire sonde lisce di gomma, di diametri e lunghezze diversi. Ulteriori vassoi raccolgono sonde Bardex con una coppia di palloncini gonfiabili. E per finire, una collezione di plug rettali di varie fogge e misure, tutti dotati di un forellino centrale ed un raccordo per collegare il tubo del clistere. Al posto d’onore una scatola, purtroppo chiusa, di lucido legno scuro. Chiedo lumi e mi viene risposto che è “el muñeco”.
Un ultima anta dell’armadio contiene, ben ordinate scatolette e bottigliette di vari colori. Ci spiegano che si tratta degli additivi per preparare i liquidi per i vari trattamenti, oltre a potenti purganti.
Alejandra ci annuncia che, in vista del corso, sono state posticipate tutte le punizioni della settimana, per cui ci sarebbero state “cavie” per mostrarci l’utilizzo della strumentazione di punizione. E, ci dice, oltre ai soliti clisteri che ben conosciamo, qui avremo modo di ampliare le nostre conoscenze, per esempio vedremo il temuto “enema gota a gota”, il “lavado gastrico”, il “lavado vescical” , il “lavado del colon”. Avremo certamente occasione, grazie a qualche detenuta particolarmente ribelle, di assistere al “trabajo forzoso”, detto anche “parto anal”, per cui si usa, appunto “el muñeco”.
Ma veniamo alla perra, dovete sapere che le Signore, per finanziare questa istituzione, hanno creato una fabbrica artigianale di piatti di ceramica. Una fortunata coincidenza ha fatto sì che nel terreno cintato dall’alto muro a prova di evasione, vi fosse un giacimento di caolino. L’ideale per fare del prezioso vasellame. L’ideale anche per far lavorare le detenute. Molte si consumano a scavare, a colpi di zappa, la preziosa materia prima. La raffinazione e formatura degli oggetti sono invece affidate ad abili artigiane, ex detenute, delle vere artiste. Le detenute normali, tornano in auge per far funzionare i forni di cottura, infagottate nelle loro divise, sudano rivoli di sudore, a spalare combustibile e far girare i ventilatori del forno. Vengo a sapere che la perra si è data da fare per farsi assegnare un facile lavoretto: trascinare il carrello con il prodotto finito dai forni al magazzino di stoccaggio. Dico ad Alejandra che la perra non merita tale trattamento di favore, ma Maestra Alejandra mi risponde “tranquila, no es tan simple come parece”. Vedremo quindi cosa attende la perra.
Vostra umile sorvegliante nadia
(86- continua)

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