Nobili Signore serva sudiciona,
la prigionia prosegue
La fuga della perra
Rinchiuse come siamo in un istituto
posto nel deserto a 100 km dalla più vicina cittadina, le guardie
non si preoccupano eccessivamente per eventuali fughe. E la perra,
come sempre trova modo di convincere un'altra detenuta ad
accompagnarla in quella che a loro sembra una facile fuga. La hanno
pensata bene, scapperanno di sera. Delle complici risponderanno per
loro all’appello. Rubano dalla dispensa delle guardie cibo ed
acqua. Una torcia elettrica permetterà loro di camminare al buio. Di
giorno, poi, si nasconderanno in una buca. Di lì a tre o quattro
giorni sono sicure di arrivare in città e qui sparire per sempre……
Illuse, delle assolute dilettanti.
Infatti, di notte, senza una bussola e senza sapersi orientare con le
stelle ed in mezzo ad un monotono paesaggio di dune, arbusti e cactus
si perdono inevitabilmente già un paio di ore dopo la fuga. Ed è al
mattino che viene rilevata la loro assenza. Avrei pensato che la
terribile Madame Rocio si sarebbe agitata terribilmente, guidando di
persona la ricerca delle fuggitive, invece …. Niente. Madame si fa
una bella risata e, preso il telefonino parla brevemente in una
lingua sconosciuta. Girandosi poi verso la capo delle sorveglianti,
quella, invece molto preoccupata per la piega che potrebbero prendere
gli eventi, Madame dà ordine di preparare per l’indomani due
“canili” le terribili celle di punizione di cui vi parlerò in
seguito. La giornata prosegue abbastanza male per tutte le detenute,
messe in punizione per colpa delle fuggitive. Passa anche la notte,
ormai la perra e l’altra mancano da 36 ore. Madame Rocio è però
molto rilassata, infatti alle prime luci dell’alba, di fronte al
cancello del campo vediamo due sacchi di iuta, che si muovono. Dai
sacchi si sentono anche pietosi lamenti. Ad un ordine delle
sorveglianti otto detenute portano all’interno i sacchi ed il loro
contenuto e li gettano, senza complimenti a terra, scatenando altri
lamenti. Aperti i sacchi vediamo la perra e l’altra in pietose
condizioni. Sono state catturate dalle donne della tribù di nomade
di nativi che pascolano le loro magre capre dei radi cespugli
spinosi. Le native odiano particolarmente noi detenute e si prestano
ben volentieri, grazie anche ai regali concessi da Madame, a
sorvegliare la zona catturando le fuggitive. Anticamente mettevano le
fuggitive catturate a cavalcioni di un cactus e le lasciavano lì,
infilate dalle lunghe spine, per giorni e giorni, come castigo.
Madame ha però pattuito che le fuggitive vengano consegnate subito,
in modo da essere lei a punirle. In memoria delle vecchie usanze,
comunque, il grosso frutto spinoso di un cactus è stato incastrato
tra le natiche delle prigioniere. Sembra quasi una pallina da golf,
arrivata in un punto difficile del tee. Vi lascio immaginare quanto
sono penetrate le spine nella delicata pelle della zona. Sempre col
frutto incastrato le due poverette sono costrette a sfilare tra due
ali ostili di detenute.
Vi descrivo la perra: la divisa di
fatica con cui si era coperta per sfuggire ai raggi del sole,
nonostante sia di pesantissimo cotone è stracciata in più punti.
Testimonianza dell’accanimento e della violenza a cui le hanno
sottoposte le native e i loro feroci cani, a cui nessuna detenuta
riesce a sfuggire. Le gambe nude della perra mostrano chiari segni
dei morsi delle belve che la hanno inseguita. A causa del frutto
spinoso incastrato tra le natiche, la perra cammina con grande fatica
e dolore, piccole gocce di sangue danno una idea della profondità a
cui sono arrivate le indistruttibili spine. La faccia della perra,
poi, riflette la notte di terrore e dolore che ha appena passato.
Posso affermare che la perra ha probabilmente accolto con sollievo il
dolore provocatole dalle mani di una sorvegliante, protette da spessi
guanti di cuoio, che hanno estratto il dolorosissimo frutto da dove
era stato alloggiato.
Ma ora le fuggitive devono subire il
“tratamiento especial” di Madame. Ho avuto modo di assistere alla
punizione della perra e ve ne relaziono fedelmente. La punizione ha
luogo nel “teatrino”. La punita viene denudata degli ormai
inutili stracci. Da un angolo della stanza due sorveglianti prendono
una massiccia asse di legno, divisa in due parti ed imperniata. Tre
fori, uno per il collo e due per i polsi: si tratta di una gogna che
va a bloccare le braccia della perra. Ora la condannata deve avanzare
ed allargare le cosce. Sul pavimento un cuneo triangolare di legno.
Un pratico sistema di leve solleva il cuneo fino a che la perra ne è
a cavalcioni, con i piedi sollevati da terra. Un moderno cavalletto.
Guardo il lato su cui appoggia la patata della perra, è stato
sapientemente arrotondato, in modo da essere doloroso ma non
provocare ferite. Ma non è ancora finita. Le cavi
Glie della perra vengono portate
all’indietro, costringendola a piegare le ginocchia, Ora le
caviglie vengono ulteriormente sollevate costringendo i piedi sempre
più in alto. Ora i piedi sono bloccati da una seconda piccola gogna
che blocca le caviglie. Inutile dire che la posizione è
completamente sbilanciata e la perra cadrebbe immediatamente in
avanti, se due provvidenziali funi non tirassero all’indietro la
gogna del collo. Chi fa le spese di tutta questa manovra è la patata
della perra che ora sostiene tutto il peso della condannata.
Condannata che creca di alleviare almeno un pochino il peso
stringendo spasmodicamente le cosce sulle pareti del cavalletto
Ho già detto che a Madame Rocio piace
sentire i lamenti delle suppliziate, infatti nessun bavaglio tiene
zitta la perra che si lamenta a lungo. Ma i lamenti diventano ben
presto urla disperate quando Madame avvicinatasi ad un apposito
portaombrelli pieno di salamoia, una delle tante verghe di nocciolo
che contiene. Con questa verga Madame prende a colpire le piante dei
piedi della fuggitiva. E quello di Madame non è uno sfogo di rabbia,
in cui un colpo segue l’altro senza il minimo intervallo, i colpi
sono intervallati da un minuto di pausa, in modo che le sensazioni
dolorose immediate e tardive abbiano modo di essere apprezzate dalla
condannata per ognuno dei colpi. La perra gronda sudore e lacrime,
non so dove vada a prendere il liquido. Le sue urla si sentono
chiaramente in tutto il campo. E non le è concesso di svenire,
troppo facile, ad ogni accenno di svenimento Madame strizza e torce
con cattiveria i “pezones” della perra, rinfrancandola di colpo.
Penserete che ben presto i piedi della perra sanguineranno, niente di
tutto questo, nonostante la feroce punizione duri per una intera ora
le piante dei piedi e le dita sono arrossate ma la pelle è intatta.
Madame fa liberare i piedi della perra e fa scendere il cavalletto.
Per la perra si annuncia un altro tormento, dovrà camminare a lungo
con i piedi martoriati e con la patata dolorante. Ma, disidratata
come è la attende un misto di cura e punizione ……..
Il clistere di punizione della perra
Vi avevo già accennato ai clisteri di
punizione. In realtà fino ad ora ne avevo solo sentito sussurrare
dalle altre detenute che parlavano dell’ultima volta in cui una
compagna era stata “ben riempita”.
Ma veniamo alla perra: Madame Rocio
annuncia la punizione a cui verrà sottoposta la disgraziata: “la
reclusa recebirà un gran enema, per llenarse bien”. Insomma, la
perra verrà “ben riempita”. E così, con noi riunite per la cena
nel refettorio, viene alzata la tenda che mostra l’ambulatorio di
Madame: è il famoso “teatrino”. La perra completamente nuda
mostra chiari segni di disidratazione., ora dice Madame, la cui voce
ci perviene, assieme ai pianti della perra, da un perfetto sistema di
amplificazione “Hai tanta sete? Ora avrai modo di ricevere acqua a
volontà”. E, ad un cenno di Madame, viene portata una piantana da
cui penzola, vuota una sacca di silicone semitrasparente. Una sacca
da clistere, di quelle professionali da clinica, non troppo grande
terrà 2 litri. Ma guardo bene e vedo che sono TRE sacche. Comincio
a capire perché la Signora ha promesso alla perra che sarebbe stata
“ben riempita” .
La perra, zoppicante per il dolore ai
piedi, deve salire sul lettino ginecologico, dove viene fissata con
robuste cinghie. Vediamo chiaramente le grandi labbra livide per la
pressione continua esercitata dal cavalletto. Deve farle un bel male!
E Madame Rocio, in persona riempie con
attenzione le tre sacche di acqua fredda, Dato il gran calore non
darà poi tanto fastidio alla perra, penso tra me e me.
Sono, devo confessarvelo, morbosamente
eccitata, chissà quale cannula verrà usata per riempire la perra.
Ebbene, le mie attese non rimangono
deluse: Madame preleva, con le mani guantate un apprezzabile attrezzo
di gomma nera: una crossa cannula gonfiabile, una versione “oversize”
della odiata cannula “bardex”. Le esperte dita di Madame
lubrificano internamente la perra, una passata di lubrificante anche
alla grossa cannula. Ora Madame spinge e ruota la sonda, Il grosso
palloncino, però fatica molto ad entrare, strappando lamenti alla
perra. Lamenti a cui Madame risponde invitandola a risparmiare il
fiato per dopo. Ed alla fine dopo lacrime e lamenti, la cannula è
“in situ”. Ma non è finita, ora Madame, con un sorriso cattivo,
gonfia con un apposita pompetta il palloncino (beh non proprio –ino)
di ritegno. La perra lancia un grido e caccia tanto d’occhi, non le
è piaciuta la sensazione. Ora Madame apre il rubinetto della prima
sacca. Le sacche sono poste piuttosto in alto ed i tubi sono di buon
calibro, evidentemente in clinica preferiscono non perdere troppo
tempo. Ed anche Madame Rocio non ne perde affatto. Nonostante si sia
a più o meno un litro, vediamo la perra fare una smorfia ed iniziare
a respirare come i cagnolini. Evidentemente il pancino già le duole.
Come vi avevo già accennato la soglia di sopportazione della perra
in genere ed in particolare dei clisteri è bassissima. E, quasi sul
finire della prima sacca si sente un “bastaaaa” da piagnona.
Ora, Nobili Signore, devo confessare
che sono eccitata, uno sguardo alle altre e vedo che tutte tirano in
lunga il pasto per non perdersi un attimo del clisterone della perra
….
Il pancione
Ma ormai la prima sacca di acqua è
stata somministrata. La perra, sempre bloccata in posizione
ginecologica, dà chiari segni di mal sopportare il liquido. Madame
Rocio, premurosa, inizia ad esplorare il ventre della perra, premendo
a fondo in vari punti. Il verdetto è che “està todaora vacia”,
ancora vuota. Madame, in persona, apre il rubinetto della seconda
sacca. Non so se è per le lamentele della perra o per fare durare di
più la punizione, il rubinetto stavolta viene aperto solo per ¼. Il
liqido scende sempre inesorabile. La perra continua a lamentarsi e a
respirare come un cagnolino. La pancia, sebbene in questa posizione
la si noti poco, inizia a sporgere. Siamo giunti ai 3 litri. Per
quanto ricordo è la massima quantità mai contenuta dall’intestino
della perra. Ma Madame Rocio sa il fatto suo. Ora la perra, oltre ai
lamenti continui, grida “basta, non ce la faccio più”, “Madame,
la prego, scoppio!”. Ma questa è musica per le orecchie di Madame.
Il liquido continua a scendere. Madame preme ora un po’ più
delicatamente, scatenando comunque crampi e dolori. In realtà questa
specie di massaggio serve a favorire la dolorosa risalita del liquido
nell’intestino della suppliziata. E di lì a poco la seconda sacca
termina. La perra contiene già quattro litri. Il pancione ora è ben
visibile gonfio e con la pelle tesa. Guardo la perra, ormai il suo
intestino ha iniziato ad assorbire acqua e a reidratarla. Nonostante
l’acqua del clistere sia relativamente fredda (qui nel deserto
l’acqua fredda è un sogno, riservato solo alle bevande di Madame e
delle guardiane), la perra gronda sudore. E, con grande terrore della
perra, Madame apre il rubinetto della terza sacca. Il rubinetto viene
aperto pochissimo ma, per permettere all’acqua di scorrere Madame
deve alzare al massimo la piantana. Ciò testimonia la pressione che
deve sentire la perra nelle sue budella. Oramai la pancia della
perra, solitamente abbastanza piatta, data la scarsità della dieta,
è ben gonfia. La perra viene presa da conati di vomito, causati dal
liquido che risale nella parte alta dell’intestino ma emette solo
della saliva.
Ora Madame Rocio palpa con attenzione,
pare soddisfatta del riempimento, dà con la mano piatta uno
schiaffetto sul pancione della perra ormai rantolante e finalmente
chiude il rubinetto. La perra contiene ormai un poco meno di cinque
litri, una quantità di liquido incredibile, per una come lei
refrattaria ai clisteri. Madame in persona scioglie le cinghie che
bloccano la perra, poi con fare severo le comunica che non deve
perdere neanche una goccia, poi, sadicamente dà altre due pompate al
pallone che sigilla ermeticamente dall’interno l’ano della
punita. La perra emette un uggiolio. Sono sicura che pensa di potersi
finalmente scaricare. Madame la aiuta a mettersi diritta, il pancione
gonfio ormai appare nella sua interezza, sporge a tal punto che la
suppliziata si aiuta con le mani a sostenerlo. Pare che in questo
modo i dolori siano più accettabili. Ma, ora Madame le ordina di
camminare, è una lunga passeggiata che le attende, infatti la perra,
sempre camminando a chiappe strette e sostenendosi il pancione, deve
percorrere tutto il refettorio, scusandosi con ognuna di noi per
averci costrette allo spettacolo del suo clistere. Quando giunge
vicino a me posso guardarla con più comodo, la testa rapata
ustionata dal sole, sopracciglia assenti, occhi lacrimosi e gonfi, un
rivolo di moccio che le cola. Poiché è ancora nuda come mamma l’ha
fatta vedo i seni, una volta svettanti ma che ora pendono
miseramente. La pelle del ventre tesissima, mostra il bluastro delle
vene. La perra si sostiene la pancia a due mani, è proprio simile a
quella di una gravida ad otto mesi. Cammina con le spalle un po’
all’indietro, evidentemente le riesce meglio mantenere
l’equilibrio. Fa dei corti passetti, la faccia distorta da una
smorfia di dolore. Madame le ha messo un guinzaglio da molosso, uno
di quei guinzagli detti “strangola cane” e la tira
impietosamente, costringendola ad avanzare un passettino dopo
l’altro. Penso che, nelle condizioni della perra, non le sia
importato niente di doversi scaricare “coram populo”. Anzi, per
meglio dire si è trattato di una “seduta evacuatoria”
dolorosissima, con lunghe scariche intervallate da lancinanti crampi
che hanno prostrato ulteriormente la perra per una buona mezz’ora.
Il canile
Ma per la perra non è affatto finita:
come principale colpevole della fuga, la sua condanna comprende una
intera settimana di “canile”. Seguiamo la nostra “amica”
perra: all’alba, completamente nuda viene fatta entrare in una
piccola cabina di 1 metro per 1 metro, alta un paio di metri. La
cabina è realizzata in lamiera ondulata pitturata di nero. La perra,
che rabbrividiva nell’aria ancora fredda della notte, si trova in
questa specie di cabina da spiaggia. Sente che vengono chiusi i tre
lucchetti che sigillano la porta.
Vede che il terreno, al centro del
manufatto è liscio, segno che molte altre detenute vi sono state
rinchiuse. Per un po’ si mette comoda, con la schiena appoggiata
alla parete ma, come il sole prende forza, la parete inizia ad
arroventarsi, essendo pitturata di scuro. La temperatura della
lamiera arriva ben presto ai 70 gradi. Nessuna resisterebbe con la
nuda pelle appoggiata, la perra scopre così che l’unico modo per
non scottarsi è restare ben diritta, Si sistema così, un po’
inginocchiata ed un po’ seduta. Nessuno viene a portarle un sorso
di acqua, anzi, ai suoi lamenti risponde il ringhio di una delle
guardie che, per buona misura, tira un paio di randellate alle
pareti, assordandola. Passano lentissime le ore, la perra si sta
avvizzendo a vista d’occhio, Le gocce di sudore che nelle prime ore
di prigionia nel canile scendevano lungo il suo corpo hanno lasciato
il posto a cristalli di sale. Poi, dopo dodici ore di forno, il
sole, lentissimo cala,finalmente la temperatura della parete,
gradualmente scende e la perra può appoggiarsi. Non ne può più, ha
già provato a chiedere pietà, scatenando altre volte l’ira delle
guardiane, ma niente cibo e niente acqua. Cade in uno stato soporoso.
Ma viene risvegliata dal rumore dei lucchetti che si riaprono. Viene
fatta uscire, tutta anchilosata. Una sorvegliante sta portando una
brocca di acqua. La perra non crede ai suoi occhi, finalmente potrà
bere, la sua lingua si è ormai quasi incollata al palato….. La
brocca viene vuotata in una ciotola, appunto di quelle dei canili. La
perra viene ammanettata, così si sforza di immergere la faccia nella
ciotola ed iniziare al lappare il liquido. Ma, inutile dirlo, il
liquido non è altro che LA PIPI’DELLE DETENUTE ORMAI RANCIDA. La
perra ha talmente sete che lappa comunque il liquido. Ogni tanto è
preda di forti conati, ma, conscia che senza quel liquido non
riuscirà a sopravvivere un altro giorno nel canile, si sforza di
finire l’immondo beverone. Ma la vita nel canile è scandita da un
altro fastidioso adempimento, infatti a mezzodì alla condannata, che
sta cuoicendo a fuoco lento, viene praticato un clistere di acqua
fredda. Sono dai due ai tre litri di liquido, fatti trattenere con il
“tapon”. In questo modo si somministra in maniera “alternativa”
il liquido necessario a far sopravvivere un'altra mezza giornata di
tormento la condannata.
Vostra misera detenuta nadia.
(4- continua)