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27 luglio 2015

CENTRO DE DETENCION MADAME ROCIO 4 / LA FUGA DELLA PERRA


Nobili Signore serva sudiciona,
la prigionia prosegue

La fuga della perra

Rinchiuse come siamo in un istituto posto nel deserto a 100 km dalla più vicina cittadina, le guardie non si preoccupano eccessivamente per eventuali fughe. E la perra, come sempre trova modo di convincere un'altra detenuta ad accompagnarla in quella che a loro sembra una facile fuga. La hanno pensata bene, scapperanno di sera. Delle complici risponderanno per loro all’appello. Rubano dalla dispensa delle guardie cibo ed acqua. Una torcia elettrica permetterà loro di camminare al buio. Di giorno, poi, si nasconderanno in una buca. Di lì a tre o quattro giorni sono sicure di arrivare in città e qui sparire per sempre……
Illuse, delle assolute dilettanti. Infatti, di notte, senza una bussola e senza sapersi orientare con le stelle ed in mezzo ad un monotono paesaggio di dune, arbusti e cactus si perdono inevitabilmente già un paio di ore dopo la fuga. Ed è al mattino che viene rilevata la loro assenza. Avrei pensato che la terribile Madame Rocio si sarebbe agitata terribilmente, guidando di persona la ricerca delle fuggitive, invece …. Niente. Madame si fa una bella risata e, preso il telefonino parla brevemente in una lingua sconosciuta. Girandosi poi verso la capo delle sorveglianti, quella, invece molto preoccupata per la piega che potrebbero prendere gli eventi, Madame dà ordine di preparare per l’indomani due “canili” le terribili celle di punizione di cui vi parlerò in seguito. La giornata prosegue abbastanza male per tutte le detenute, messe in punizione per colpa delle fuggitive. Passa anche la notte, ormai la perra e l’altra mancano da 36 ore. Madame Rocio è però molto rilassata, infatti alle prime luci dell’alba, di fronte al cancello del campo vediamo due sacchi di iuta, che si muovono. Dai sacchi si sentono anche pietosi lamenti. Ad un ordine delle sorveglianti otto detenute portano all’interno i sacchi ed il loro contenuto e li gettano, senza complimenti a terra, scatenando altri lamenti. Aperti i sacchi vediamo la perra e l’altra in pietose condizioni. Sono state catturate dalle donne della tribù di nomade di nativi che pascolano le loro magre capre dei radi cespugli spinosi. Le native odiano particolarmente noi detenute e si prestano ben volentieri, grazie anche ai regali concessi da Madame, a sorvegliare la zona catturando le fuggitive. Anticamente mettevano le fuggitive catturate a cavalcioni di un cactus e le lasciavano lì, infilate dalle lunghe spine, per giorni e giorni, come castigo. Madame ha però pattuito che le fuggitive vengano consegnate subito, in modo da essere lei a punirle. In memoria delle vecchie usanze, comunque, il grosso frutto spinoso di un cactus è stato incastrato tra le natiche delle prigioniere. Sembra quasi una pallina da golf, arrivata in un punto difficile del tee. Vi lascio immaginare quanto sono penetrate le spine nella delicata pelle della zona. Sempre col frutto incastrato le due poverette sono costrette a sfilare tra due ali ostili di detenute.
Vi descrivo la perra: la divisa di fatica con cui si era coperta per sfuggire ai raggi del sole, nonostante sia di pesantissimo cotone è stracciata in più punti. Testimonianza dell’accanimento e della violenza a cui le hanno sottoposte le native e i loro feroci cani, a cui nessuna detenuta riesce a sfuggire. Le gambe nude della perra mostrano chiari segni dei morsi delle belve che la hanno inseguita. A causa del frutto spinoso incastrato tra le natiche, la perra cammina con grande fatica e dolore, piccole gocce di sangue danno una idea della profondità a cui sono arrivate le indistruttibili spine. La faccia della perra, poi, riflette la notte di terrore e dolore che ha appena passato. Posso affermare che la perra ha probabilmente accolto con sollievo il dolore provocatole dalle mani di una sorvegliante, protette da spessi guanti di cuoio, che hanno estratto il dolorosissimo frutto da dove era stato alloggiato.
Ma ora le fuggitive devono subire il “tratamiento especial” di Madame. Ho avuto modo di assistere alla punizione della perra e ve ne relaziono fedelmente. La punizione ha luogo nel “teatrino”. La punita viene denudata degli ormai inutili stracci. Da un angolo della stanza due sorveglianti prendono una massiccia asse di legno, divisa in due parti ed imperniata. Tre fori, uno per il collo e due per i polsi: si tratta di una gogna che va a bloccare le braccia della perra. Ora la condannata deve avanzare ed allargare le cosce. Sul pavimento un cuneo triangolare di legno. Un pratico sistema di leve solleva il cuneo fino a che la perra ne è a cavalcioni, con i piedi sollevati da terra. Un moderno cavalletto. Guardo il lato su cui appoggia la patata della perra, è stato sapientemente arrotondato, in modo da essere doloroso ma non provocare ferite. Ma non è ancora finita. Le cavi
Glie della perra vengono portate all’indietro, costringendola a piegare le ginocchia, Ora le caviglie vengono ulteriormente sollevate costringendo i piedi sempre più in alto. Ora i piedi sono bloccati da una seconda piccola gogna che blocca le caviglie. Inutile dire che la posizione è completamente sbilanciata e la perra cadrebbe immediatamente in avanti, se due provvidenziali funi non tirassero all’indietro la gogna del collo. Chi fa le spese di tutta questa manovra è la patata della perra che ora sostiene tutto il peso della condannata. Condannata che creca di alleviare almeno un pochino il peso stringendo spasmodicamente le cosce sulle pareti del cavalletto
Ho già detto che a Madame Rocio piace sentire i lamenti delle suppliziate, infatti nessun bavaglio tiene zitta la perra che si lamenta a lungo. Ma i lamenti diventano ben presto urla disperate quando Madame avvicinatasi ad un apposito portaombrelli pieno di salamoia, una delle tante verghe di nocciolo che contiene. Con questa verga Madame prende a colpire le piante dei piedi della fuggitiva. E quello di Madame non è uno sfogo di rabbia, in cui un colpo segue l’altro senza il minimo intervallo, i colpi sono intervallati da un minuto di pausa, in modo che le sensazioni dolorose immediate e tardive abbiano modo di essere apprezzate dalla condannata per ognuno dei colpi. La perra gronda sudore e lacrime, non so dove vada a prendere il liquido. Le sue urla si sentono chiaramente in tutto il campo. E non le è concesso di svenire, troppo facile, ad ogni accenno di svenimento Madame strizza e torce con cattiveria i “pezones” della perra, rinfrancandola di colpo. Penserete che ben presto i piedi della perra sanguineranno, niente di tutto questo, nonostante la feroce punizione duri per una intera ora le piante dei piedi e le dita sono arrossate ma la pelle è intatta. Madame fa liberare i piedi della perra e fa scendere il cavalletto. Per la perra si annuncia un altro tormento, dovrà camminare a lungo con i piedi martoriati e con la patata dolorante. Ma, disidratata come è la attende un misto di cura e punizione ……..


Il clistere di punizione della perra

Vi avevo già accennato ai clisteri di punizione. In realtà fino ad ora ne avevo solo sentito sussurrare dalle altre detenute che parlavano dell’ultima volta in cui una compagna era stata “ben riempita”.
Ma veniamo alla perra: Madame Rocio annuncia la punizione a cui verrà sottoposta la disgraziata: “la reclusa recebirà un gran enema, per llenarse bien”. Insomma, la perra verrà “ben riempita”. E così, con noi riunite per la cena nel refettorio, viene alzata la tenda che mostra l’ambulatorio di Madame: è il famoso “teatrino”. La perra completamente nuda mostra chiari segni di disidratazione., ora dice Madame, la cui voce ci perviene, assieme ai pianti della perra, da un perfetto sistema di amplificazione “Hai tanta sete? Ora avrai modo di ricevere acqua a volontà”. E, ad un cenno di Madame, viene portata una piantana da cui penzola, vuota una sacca di silicone semitrasparente. Una sacca da clistere, di quelle professionali da clinica, non troppo grande terrà 2 litri. Ma guardo bene e vedo che sono TRE sacche. Comincio a capire perché la Signora ha promesso alla perra che sarebbe stata “ben riempita” .
La perra, zoppicante per il dolore ai piedi, deve salire sul lettino ginecologico, dove viene fissata con robuste cinghie. Vediamo chiaramente le grandi labbra livide per la pressione continua esercitata dal cavalletto. Deve farle un bel male!
E Madame Rocio, in persona riempie con attenzione le tre sacche di acqua fredda, Dato il gran calore non darà poi tanto fastidio alla perra, penso tra me e me.
Sono, devo confessarvelo, morbosamente eccitata, chissà quale cannula verrà usata per riempire la perra.
Ebbene, le mie attese non rimangono deluse: Madame preleva, con le mani guantate un apprezzabile attrezzo di gomma nera: una crossa cannula gonfiabile, una versione “oversize” della odiata cannula “bardex”. Le esperte dita di Madame lubrificano internamente la perra, una passata di lubrificante anche alla grossa cannula. Ora Madame spinge e ruota la sonda, Il grosso palloncino, però fatica molto ad entrare, strappando lamenti alla perra. Lamenti a cui Madame risponde invitandola a risparmiare il fiato per dopo. Ed alla fine dopo lacrime e lamenti, la cannula è “in situ”. Ma non è finita, ora Madame, con un sorriso cattivo, gonfia con un apposita pompetta il palloncino (beh non proprio –ino) di ritegno. La perra lancia un grido e caccia tanto d’occhi, non le è piaciuta la sensazione. Ora Madame apre il rubinetto della prima sacca. Le sacche sono poste piuttosto in alto ed i tubi sono di buon calibro, evidentemente in clinica preferiscono non perdere troppo tempo. Ed anche Madame Rocio non ne perde affatto. Nonostante si sia a più o meno un litro, vediamo la perra fare una smorfia ed iniziare a respirare come i cagnolini. Evidentemente il pancino già le duole. Come vi avevo già accennato la soglia di sopportazione della perra in genere ed in particolare dei clisteri è bassissima. E, quasi sul finire della prima sacca si sente un “bastaaaa” da piagnona.
Ora, Nobili Signore, devo confessare che sono eccitata, uno sguardo alle altre e vedo che tutte tirano in lunga il pasto per non perdersi un attimo del clisterone della perra ….


Il pancione

Ma ormai la prima sacca di acqua è stata somministrata. La perra, sempre bloccata in posizione ginecologica, dà chiari segni di mal sopportare il liquido. Madame Rocio, premurosa, inizia ad esplorare il ventre della perra, premendo a fondo in vari punti. Il verdetto è che “està todaora vacia”, ancora vuota. Madame, in persona, apre il rubinetto della seconda sacca. Non so se è per le lamentele della perra o per fare durare di più la punizione, il rubinetto stavolta viene aperto solo per ¼. Il liqido scende sempre inesorabile. La perra continua a lamentarsi e a respirare come un cagnolino. La pancia, sebbene in questa posizione la si noti poco, inizia a sporgere. Siamo giunti ai 3 litri. Per quanto ricordo è la massima quantità mai contenuta dall’intestino della perra. Ma Madame Rocio sa il fatto suo. Ora la perra, oltre ai lamenti continui, grida “basta, non ce la faccio più”, “Madame, la prego, scoppio!”. Ma questa è musica per le orecchie di Madame. Il liquido continua a scendere. Madame preme ora un po’ più delicatamente, scatenando comunque crampi e dolori. In realtà questa specie di massaggio serve a favorire la dolorosa risalita del liquido nell’intestino della suppliziata. E di lì a poco la seconda sacca termina. La perra contiene già quattro litri. Il pancione ora è ben visibile gonfio e con la pelle tesa. Guardo la perra, ormai il suo intestino ha iniziato ad assorbire acqua e a reidratarla. Nonostante l’acqua del clistere sia relativamente fredda (qui nel deserto l’acqua fredda è un sogno, riservato solo alle bevande di Madame e delle guardiane), la perra gronda sudore. E, con grande terrore della perra, Madame apre il rubinetto della terza sacca. Il rubinetto viene aperto pochissimo ma, per permettere all’acqua di scorrere Madame deve alzare al massimo la piantana. Ciò testimonia la pressione che deve sentire la perra nelle sue budella. Oramai la pancia della perra, solitamente abbastanza piatta, data la scarsità della dieta, è ben gonfia. La perra viene presa da conati di vomito, causati dal liquido che risale nella parte alta dell’intestino ma emette solo della saliva.
Ora Madame Rocio palpa con attenzione, pare soddisfatta del riempimento, dà con la mano piatta uno schiaffetto sul pancione della perra ormai rantolante e finalmente chiude il rubinetto. La perra contiene ormai un poco meno di cinque litri, una quantità di liquido incredibile, per una come lei refrattaria ai clisteri. Madame in persona scioglie le cinghie che bloccano la perra, poi con fare severo le comunica che non deve perdere neanche una goccia, poi, sadicamente dà altre due pompate al pallone che sigilla ermeticamente dall’interno l’ano della punita. La perra emette un uggiolio. Sono sicura che pensa di potersi finalmente scaricare. Madame la aiuta a mettersi diritta, il pancione gonfio ormai appare nella sua interezza, sporge a tal punto che la suppliziata si aiuta con le mani a sostenerlo. Pare che in questo modo i dolori siano più accettabili. Ma, ora Madame le ordina di camminare, è una lunga passeggiata che le attende, infatti la perra, sempre camminando a chiappe strette e sostenendosi il pancione, deve percorrere tutto il refettorio, scusandosi con ognuna di noi per averci costrette allo spettacolo del suo clistere. Quando giunge vicino a me posso guardarla con più comodo, la testa rapata ustionata dal sole, sopracciglia assenti, occhi lacrimosi e gonfi, un rivolo di moccio che le cola. Poiché è ancora nuda come mamma l’ha fatta vedo i seni, una volta svettanti ma che ora pendono miseramente. La pelle del ventre tesissima, mostra il bluastro delle vene. La perra si sostiene la pancia a due mani, è proprio simile a quella di una gravida ad otto mesi. Cammina con le spalle un po’ all’indietro, evidentemente le riesce meglio mantenere l’equilibrio. Fa dei corti passetti, la faccia distorta da una smorfia di dolore. Madame le ha messo un guinzaglio da molosso, uno di quei guinzagli detti “strangola cane” e la tira impietosamente, costringendola ad avanzare un passettino dopo l’altro. Penso che, nelle condizioni della perra, non le sia importato niente di doversi scaricare “coram populo”. Anzi, per meglio dire si è trattato di una “seduta evacuatoria” dolorosissima, con lunghe scariche intervallate da lancinanti crampi che hanno prostrato ulteriormente la perra per una buona mezz’ora.



Il canile

Ma per la perra non è affatto finita: come principale colpevole della fuga, la sua condanna comprende una intera settimana di “canile”. Seguiamo la nostra “amica” perra: all’alba, completamente nuda viene fatta entrare in una piccola cabina di 1 metro per 1 metro, alta un paio di metri. La cabina è realizzata in lamiera ondulata pitturata di nero. La perra, che rabbrividiva nell’aria ancora fredda della notte, si trova in questa specie di cabina da spiaggia. Sente che vengono chiusi i tre lucchetti che sigillano la porta.
Vede che il terreno, al centro del manufatto è liscio, segno che molte altre detenute vi sono state rinchiuse. Per un po’ si mette comoda, con la schiena appoggiata alla parete ma, come il sole prende forza, la parete inizia ad arroventarsi, essendo pitturata di scuro. La temperatura della lamiera arriva ben presto ai 70 gradi. Nessuna resisterebbe con la nuda pelle appoggiata, la perra scopre così che l’unico modo per non scottarsi è restare ben diritta, Si sistema così, un po’ inginocchiata ed un po’ seduta. Nessuno viene a portarle un sorso di acqua, anzi, ai suoi lamenti risponde il ringhio di una delle guardie che, per buona misura, tira un paio di randellate alle pareti, assordandola. Passano lentissime le ore, la perra si sta avvizzendo a vista d’occhio, Le gocce di sudore che nelle prime ore di prigionia nel canile scendevano lungo il suo corpo hanno lasciato il posto a cristalli di sale. Poi, dopo dodici ore di forno, il sole, lentissimo cala,finalmente la temperatura della parete, gradualmente scende e la perra può appoggiarsi. Non ne può più, ha già provato a chiedere pietà, scatenando altre volte l’ira delle guardiane, ma niente cibo e niente acqua. Cade in uno stato soporoso. Ma viene risvegliata dal rumore dei lucchetti che si riaprono. Viene fatta uscire, tutta anchilosata. Una sorvegliante sta portando una brocca di acqua. La perra non crede ai suoi occhi, finalmente potrà bere, la sua lingua si è ormai quasi incollata al palato….. La brocca viene vuotata in una ciotola, appunto di quelle dei canili. La perra viene ammanettata, così si sforza di immergere la faccia nella ciotola ed iniziare al lappare il liquido. Ma, inutile dirlo, il liquido non è altro che LA PIPI’DELLE DETENUTE ORMAI RANCIDA. La perra ha talmente sete che lappa comunque il liquido. Ogni tanto è preda di forti conati, ma, conscia che senza quel liquido non riuscirà a sopravvivere un altro giorno nel canile, si sforza di finire l’immondo beverone. Ma la vita nel canile è scandita da un altro fastidioso adempimento, infatti a mezzodì alla condannata, che sta cuoicendo a fuoco lento, viene praticato un clistere di acqua fredda. Sono dai due ai tre litri di liquido, fatti trattenere con il “tapon”. In questo modo si somministra in maniera “alternativa” il liquido necessario a far sopravvivere un'altra mezza giornata di tormento la condannata.

Vostra misera detenuta nadia.
 (4- continua)

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