Una lettera della Signora FrauJulia a Madame Janine Souillon
Gentilissima Madame Janine,
vorrei proporre a Signore e serve un argomento di discussione a mio parere molto interessante:
la stitichezza in una serva rappresenta una colpa?
E questo indipendentemente dai provvedimenti igienici che verranno adottati, abbastanza simili nei due casi. C'è però una ben precisa differenza tra purghetta o clisterino e le loro controparti punitive!
A favore della tesi direi bisogni considerare le cause: il più delle volte le serve, lasciate libere di nutrirsi con ciò che vogliono, fanno delle scelte sbagliatissime: niente verdura e, come se non bastasse, poca acqua e, ahinoi, magari addirittura bevoo bibite gassate, se non addirittura alcoolici.
Proporrei di aprire la discussione anche alle serve, anzi gradirei che potesse scrivere sull'argomento anche la miserabile serva sudiciona, anche se il regime punitivo a cui è sottoposta previene tali imbarazzanti problemi.
Sarebbero gradite anche eventuali ricette su come prevenire e/o curare tale problema nelle serve.
Grazie
FrauJulia
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Il blog LA DOMESTICA RISPONDE è da considerarsi completamente opera di fantasia. I personaggi e le situazioni descritte sono fittizi, e l'eventuale somiglianza con persone o fatti esistenti è da ritenersi totalmente accidentale.
RIPRODUZIONE VIETATA - TUTTI I DIRITTI RISERVATI
© JANINE SOUILLON, LUGANO, CH
30 gennaio 2013
IGIENE DELLE SERVE
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Janine Souillon
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16 gennaio 2013
INDIRIZZI
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Al suo posto è attivo il piú appropriato:
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In alternativa è valido anche:
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La schiava del blog è obbligata a rispondere rispettosamente solo in terza persona. Ogni missiva diretta alla sguattera dovrà essere inviata per conoscenza a me tramite l'account
janinesouillon@gmail.com
JS
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12 gennaio 2013
PENSION BALNEARIA 59
Nobili Signore, serva sudiciona,
vi prego, non giudicatemi
affrettatamente per quello che mi appresto a narrare, sappiate che si
stanno sviluppando grandi novità.
Fatto questo preambolo vi chiedo, come
giudichereste una serva che deliberatamente agisce in modo da essere
duramente punita?
Ebbene, alcuni giorni fa la routine del
bar de tapas è stata rotta da un fatto sconcertante: la
sottoscritta, alla ennesima scossa alle parti intime, ricevuta dai
giocattolini di perra & company, è stata colta da una crisi
isterica. Il vassoio che stavo portando è stato gettato fino al
soffitto ed i costosi vini che stavo servendo, sono finiti sui
vestiti di vari clienti, oltre che addosso alla perra. Dopo un attimo
di sconcerto, la perra è intervenuta cercando di ricondurmi alla
ragione. C’è voluto parecchio, prima che mi sciogliessi in
lacrime. Ma la perra, ovviamente, non si è accontentata di questo.
Per risarcire i clienti offesi e spruzzati ha ideato un altro modo
per annientarmi umiliandomi: ha fatto portare ad ognuno dei tavoli
dei “bulbos para enema”, insomma, un vero campionario di perette
di gomma. E così, sono dovuta andare di tavolo in tavolo, subire
l’umiliazione di dover alzare la divisa ed abbassare le mutande e
poi, ogni cliente mi ha praticato una peretta. Per fortuna si
trattava di perette piuttosto piccole, avranno tenuto si e no un
bicchiere di liquido, ma pensate, almeno una ventina di perette, con
la conseguente e poco delicata introduzione. E poi il liquido: se i
normali clienti si sono limitati ad acqua tiepida fatta portare
appositamente da Pilar, la perra mi ha iniettato numerose perette di
aria a più riprese. Ora, iniettare aria alternata ad acqua alla
vittima di un grosso clistere è una delle cose più crudeli, ve lo
posso assicurare. Come ho sentito il brontolio dell’aria che
gorgogliava nel mio intestino sono iniziati alcuni tra i crampi più
dolorosi mai provati. Mi sono trovata coperta di sudore freddo e
piegata in due dal mal di pancia. Ma me lo ero andata a cercare. Non
so come ho fatto ad arrivare alla fine della punizione senza ….
creare ulteriore scompiglio ai clienti! E poi la perra mi ha seguito
in bagno per bearsi delle mie smorfie, lacrime e …. rumori molesti.
In breve, alla fine di tutto mi reggevo appena in piedi, mi sono
dovuta ancora inginocchiare a baciare le mani a tutti quelli che
poche decine di minuti prima avevano contribuito a tormentarmi.
Ma la perra non si accontenta di così
poco, ha decretato che io torni per due settimane alla Pension
Balnearia, dove avrà modo di togliermi la voglia di ribellarmi,
legandomi alla noria e tenendomi alla dieta punitiva estrema. Si vede
proprio che è contenta di potersela prendere con me, i suoi occhi da
lupa scintillano, al pensiero di quanto mi farà patire.
Le sfugge, però un mio sguardo
soddisfatto …….
Alle prossime puntate
Sguattera Nadia
(59- continua)
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4 gennaio 2013
LA PUNIZIONE DI SGUATTERA SUDICIONA 4/4
sguattera sudiciona, 2010 |
LA
MIA PUNIZIONE - 4
di
sguattera sudiciona
12
ottobre 2012
Così,
ecco che inizia la mia via crucis nel supermercato: scrupolosamente
scortata dall'infermiera, che controlla ogni mio movimento, procedo
spingendo il carrello e spostandomi di reparto in reparto.
A
ogni fermata, aumenta il carico nel carrello e aumentano la nausea e
la tensione dentro il mio ventre di sguattera gravida.
Le
due signore ben vestite sembrano scomparse: per me, sudata, sporca,
gonfia e in preda allo sconvolgimento prodotto dai clisteri e
dall'olio di ricino, saperle definitvamente lontane è un relativo
sollievo.
La
vergogna che provo è infatti senza fine, e ad ogni passo sono
consapevole del caratteristico rumore prodotto dallo sfregamento
delle mutande contenitive sulla divisa e fra le cosce: slosh, slosh,
slosh, slosh...
Il
carico del carrello pesa, ma mi aspetta ben altro ancora: quando sarò
giunta alla fine della lista, infatti, il carrello sarà strapieno.
Eccoci
arrivate al reparto dell'acqua: sul foglio, nell'artistica
calligrafia della mia padrona, c'è scritto: 12 bottiglie di acqua
Evian. Mi gira la testa.
Riuscirò
a portare tutta quella roba fino a casa, nelle condizioni in cui mi
trovo?
Le mie gambe tremano, mi sale in gola un conato di vomito mentre tendo
le braccia verso lo scaffale.
Afferro
la prima confezione di bottiglie, faticosamente la sistemo nel
carrello, ed ecco che, all'improvviso, una forte colica mi squassa la
pancia, seguita da un terribilie brontolìo che proviene dai miei
intestini.
La
fronte si imperla di sudore mentre, presa dal tremore, faccio posto
nel carrello alla seconda confezione di Evian. Al secondo brontolìo,
ecco che come dal nulla si materializzano le due quarentenni ben
vestite.
Sono
allarmata e sgomenta, ma soprattutto piena di vergogna. Mentre
sistemo la seconda confezione di bottiglie, con la coda dell'occhio
vedo che le due donne stanno parlando a bassa voce con l'infermiera
altoatesina Rose M.
Il
sudore adesso mi cola lungo la schiena e sotto le ascelle, e sotto il
seno si sono formate delle macchie umide.
La pancia è davvero
gonfia, e il grembiulone di gomma verde sembra diventato più ampio,
spesso e pesante di prima. Le due donne belle ed eleganti continuano
a parlare fitto fitto in francese con la mia guardiana.
Finita
la sistemazione del carrello, rimango immobile aspettando ordini,
mentre dal mio ventre proviene un nuovo, osceno, sinistro gorgolìo.
Un crampo mi fa storcere la bocca, mentre sulla lingua riaffiora in
continuazione l'insopprimibile sapere dell'olio di ricino.
L'infermiera mi chiama: - Vieni subito qui, sudiciona!
L'ordine
è perentorio, anche se pronunciato con voce appositamente contenuta,
per non farsi udire da altri che non siano le due belle donne.
Chino
meccanicamente la testa, tengo gli occhi bassi e avanzo verso le tre
signore, che attendono in silenzio in un angolo del grande reparto
dedicato all'acqua.
Senza
rendermene conto, trascino i piedi, ciabattando, all'uso delle
schiave.
- Queste due buone signore qui, sono interessate al tuo
caso, sguattera sudiciona. Vorrebbero, per prima cosa, toccarti la
pancia. Ringraziale!
- Grazie, signore... grazie. - rispondo
meccanicamente a voce bassissima, senza guardarle negli occhi.
Una
mano ingioiellata, sulla quale spicca un anello con incastonato
quello che mi sembra essere un grosso smeraldo, si avvicina guizzando
come una serpe e si appoggia al mio pancione.
La mano destra della
signora è ora appoggiata al mio ventre di sguattera, ma subito la
sinistra guizza veloce, si insinua sotto la mia divisa, spinge, apre
le cosce, assesta uno schiaffetto secco e deciso fra le mie gambe,
uno schiaffo dolorosissimo, che produce un rumore sordo, attutito dai
due strati di mutande punitive e contenitive.
Prima
che possa riavermi dal colpo, il pollice e l'indice afferrano le mie
grandi labbra, e pinzano.
Nonostante
il doppio strato protettivo, le unghie della signora bionda
raggiungono il loro scopo e le mie carni: divento di colpo debole e
per il dolore mi gira di nuovo la testa.
L'infermiera
e l'altra donna mi tengono ferma mentre la mia aguzzina è passata
ora a “saggiare” il mio sedere.
- Quanti anni ha? - chiede con
voce fredda e atona la signora senza smettere di fissarmi. -
Cinquantuno, signora - risponde l'infermiera. Madame Janine la
possiede da più di quindi anni ormai. - Cinquantuno, eh? Ne dimostra
decisamente di più! Ma si sa, queste mule da fatica si consumano in
fretta! Janine mi ha scritto che potevo vederla e valutarla questa
sera stessa, se volevo! Ah, bien sur, Mi ha anche detto come
si chiamava prima, prima che...
- Louise, parli troppo mia cara! - la
interrompe melliflua ma decisa la seconda donna, dai corti capelli bruni.
Louise
si gira di scatto, sta per rispondere qualcosa alla sua amica, ma poi
sembra ripensarci e sorride melliflua. - Hai ragione, Anne, non si
devono fare troppe confidenze al personale di servizio.
E così
dicendo, si rivolge all'infermiera altoatesina Rose M., fissandola.
L'infermiera
arrossisce di vergogna e, di fronte alla signora dai lunghi capelli biondi, distoglie a
sua volta lo sguardo.
Io, evidentemente, non sono considerata
“personale di servizio”: sono una schiava domestica, una serva
gravida, una sguattera sudiciona.
Non
ho più nemmeno un nome.
-
Fra quanto farà effetto l'olio di ricino? - domanda brusca la
bionda. Indossa un lunghissimo cappotto color cammello dal quale
sbucano due stivali di cuoio nero dai lunghi tacchi affilati.
L'infermiera controlla l'orologio da polso marca Tissot del 1972 e
dice, scandendo ben bene le parole: - Dovrebbe fare effetto a minuti,
signora.
- Molto bene, nurse! - interviene Louise socchiudendo gli
occhi azzurri - Forza, sguattera, cammina davanti a noi, e muoviti
con questo carrello!
Inizio
meccanicamente a spingere, il carrello è stracolmo e pesante, nella
pancia sono incominciate altre coliche insieme alle contrazioni
causate dall'olio di ricino: la sguattera sudiciona sta per partorire
in pubblico!
In
un angolo del mio cervello coltivo ancora la remota speranza di
resistere, di farcela fino a casa, ma razionalmente so che è
impossibile: lo stimolo è irresistibile, non ce la faccio più, la
pancia è tutto un dolore e un gonfiore.
Poi, per lo sforzo continuo
causato dalla spinta del pesante carrello, ecco che all'improvviso,
rumorosamente, “mollo”. Il rumore mi sembra terribile e ho il
terrore che possa essere udito da tutti, ma solo le tre donne alle
mie spalle possono averlo sentito: il supermeracato in quel punto è
praticamente deserto. Nelle mutande contenitive, assorbito dal
pannolone, qualcosa di caldo, puzzolente e corposo invade repentino ogni spazio
possibile e si insinua ovunque.
La sensazione è terribilmente
imbarazzante, mi vergogno infinitamente, ma per fortuna fuori dalle
mutande non trapela nulla, tutto rimane sigillato all'interno del
doppio strato protettivo, ben trattenuto dal pannolone.
- Cammina,
schwein! - questa è la voce di Rose M., l'infermiera altoatesina.
Mentre spingo il carrello, sporgendo il sedere, di nuovo una mano si
insinua sotto la divisa, comprime le mutande di contenzione, ne
schiaccia il contenuto, mi spinge in avanti.
Il mal di pancia
continua, sento che sta per arrivare un'altra terribile scarica.
- È
davvero una sudiciona, questa non sa proprio tratternersi! - sibila
divertita la voce della signora Anne.
Nel momento in cui arrivo alla
cassa, ecco giungere una nuova scarica, ancora più violenta.
Alla
cassa c'è solo una cliente, che peraltro si sta allontanando.
La
cassiera si volta nella mia direzione, ha sentito l'inequivocabile
rumore prodotto dal mio sfintere e un'espressione di disgusto si è
repentinamente disegnata sul suo volto di casalinga.
L'infermiera
altoatesina Rose M. e le due signore sono già oltre la cassa, mi
aspettano con un sorriso tagliente stampato sui loro bei visi
sapientemente truccati. Io sistemo faticosamente gli acquisti sul
nastro trasportatore, la cassiera vede chiaramente che sono
stravolta, sudata e pallida, ma il disgusto, su lei ha il sopravvento
e cancella qualsiasi tipo di compassione.
Mi
guarda schifata, e mi accorgo che studia attentamente, affascinata, la divisa da
fatica, il grembiulone, i capelli madidi di sudore che mi ricadono in
spente ciocche di schiava sulla fronte.
Poi mi fissa il ventre, lo
sguardo scende poco più sotto, ma appena mi muovo e sente il
pesante, denso risciacquio dentro le mutande, distoglie lo sguardo.
Mi
sembra che si senta anche l'odore ora, vorrei sprofondare,
scomparire, dissolvermi. Invece sono qui, sotto le luci al neon, con
queste pesanti mutandone fra le gambe, il grembiule che preme sul
ventre teso e dolorante, l'odore di sudore e di paura che si mescola
con quello delle mie immonde deiezioni.
Non
so come, riesco a trasbordare tutta la roba dall'altra parte, oltre
la cassa. Una carta di credito ha già provveduto al pagamento, ma
devo ancora sistemare la spesa nel carrello.
L'infermiera
altoatesina Rose M. ha generosamente deciso, date le mie condizioni, che potrò
usarlo per portare a casa gli acquisti.
Fuori
dal supermercato, l'aria fredda filtra sotto la divisa da fatica e
gela il mefitico prodotto della miserabile schiava.
La
Signora Anne chiude il cellulare, dal quale ha appena finito di
leggere un'email.
La sua espressione è alquanto soddifatta, e mi
fissa negli occhi sibilando:
- Et bien, molto presto verrai
nella nostra tenuta per mule, schiava. Janine ha acconsentito or ora
di cederti a me e a Louise per un mesetto! Sappiamo bene come
raddrizzare le sudicione come te, salope!
Così
dicendo, infila una mano sotto il grembiule di gomma verde, cerca il
mio capezzolo sinistro, lo trova sotto la stoffa della divisa da
fatica, lo ghermisce e inizia a torcerlo e stringerlo fra le unghie
aguzze.
Per
il dolore, lo stress e la fatica, improvvisamente anche la mia
vescica cede di botto: caldo, bruciante piscio di schiava invade l'immondezza
che mi porto fra le gambe, tendendo ulteriormente le mie mutande
punitive. Sciaff!
Un manrovescio dell'infermiera stampa la sua bella e curata
mano sulla mia guancia sinistra.
Rose
M., l'infermiera altoatesina, si inchina rispettosamente di fronte
alla coppia di signore, afferra il mio braccio destro e mi spinge in
là rudemente, ordinandomi qualcosa in tedesco.
Mi chino sul pesante
carrello, sporgo in fuori il sedere e inizio a spingere. Il freddo vento ottobrino che spazza Lugano da tre giorni, striscia lungo la mia schiena di mula.
Slosh,
slosh, slosh... si torna a casa: Janine Souillon, impaziente,
aspetta.
(4-
fine)
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