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21 luglio 2013

LANCY 11 - LA COLLINA

disegno della schiava Elisabeth Mandile

LANCY 11 – LA COLLINA
di sguattera sudiciona

La collina
Alta circa sette metri, lunga una decina, la Collina poggia su una struttura di calcestruzzo e mattoni edificata nel 1863. Tronchi di legno appoggiati trasversalmente su un fondo di pietrisco e ghiaia fungono da rozzi scalini e aiutano le donne punite nel faticoso compito di inerpicarsi prima per la ripida salita, successivamente di scendere l'altrettanto ripida discesa sempre gravate dal giogo che contiene il loro carico di “mule”, appesantite dai litri di “Eau de Lancy” che ingrossa il loro ventre di schiave.
Di fatto una variante del cosiddetto “treadmill”, in uso nelle prigioni femminili vittoriane, la Collina era, nelle intenzioni della sua buona Fondatrice, lo strumento d'urto che serve a far prendere alle schiave immediato contatto con le loro nuove condizioni di vita.

Tre litri nel pancione
Frau Schwanger è stata svuotata per la prima volta dalla sua guardiana e subito dopo nuovamente riempita, questa volta con la dose standard dal Campo delle Mule. In vista del suo primo turno sulla Collina. grazie al busto contenitivo allacciato sotto ai due grembiuli, Frau Schwanger è in grado di ospitare dentro le sue budella circa tre litri di mistura calda. La guardiana, ad ogni “turno” compiuto dalla sguattera, controllerà lo stato del pancione e le condizioni generali della punita. Ma vediamo in dettaglio che cosa prevede il regime punitivo delle serve sottoposte alla “Collina”.

I “turni” sulla Collina
Ciascun “turno” sulla Collina prevede, per ciascuna schiava, indipendentemente dall'età, un'andata-ritorno, ovvero una salita, una discesa, seguita da una seconda risalita e un'ultima discesa al punto di partenza, con il giogo sulle spalle. A questo primo “turno” segue un breve riposo in piedi, indi ha luogo un secondo “turno, ovvero un altro doppio sali-scendi. In tutto, una schiava compie ogni giorno dai quattro agli otto “turni” completi, scaglionati nel corso della giornata. Se la guardiana ritiene che la salita sia troppo lenta, può “aiutare” la schiava a colpi di frusta o di verga, e può anche decidere di aumentare il carico del “giogo”. 

Frau Schwanger è ora di fronte alla ripida salita. La pancia è tesa e piena di liquido, il ventre gorgoglia, il desiderio anzi l'ossessione di scaricarsi, che nella tenuta di Lancy occupa la mente di ogni serva, è qui portata all'estremo, fin quasi alla follia. Ma presto, una volta incominciata la sua vita nel Recinto delle Mule, un'altrettanto sovrana ossessione si contenderà la mente ottenebrata della schiava: quella di potersi fermare e riposare.

Madame X sale la Collina
Davanti a lei, giunta quasi a metà della salita, Frau Schwanger vede lentamente inerpicarsi Madame X: la divisa della donna è completamente intrisa di sudore che scorre da sotto il cappuccio, scivola sulla schiena e cade sulla sabbia e il pietrisco oppure finisce direttamente negli stivali di gomma. Madame X arranca lentamente, grugnendo. A un certo punto, pur sforzandosi di procedere, rimane piantata sul terreno in forte pendenza: con un disperato mugolio cerca di avanzare, sporgendosi in avanti mentre il peso dei due secchi colmi di pietrisco attaccati al giogo le incurvano la schiena madida. La guardiana si accorge subito dell'impasse della sua assistita e accorre con la verga. Qualche colpo ben assestato sul sedere e sulla schiena fanno miracoli: con un grugnito, la serva riesce a muovere un passo, poi un altro, ed ecco che lentamente, come una zombie incappucciata, ricomincia a procedere. Per sua fortuna, le manca poco al termine dei “turni” sulla Collina. Domani l'attende una giornata sulla Giostra.

Frau Schwanger, schiava di fatica
Ma intanto, ecco che è il turno di Frau Schwanger: per la prima volta nella sua vita affronta la Collina. Poggia lo stivale sul primo tronco, reso liscio dalle tante schiave che per decenni l'hanno calpestato e usurato. Flette la gamba, i grembiuli di gomma sfregano l'uno contro l'altro, muove un passo, la pancia gonfia si tende, ballonzola, ma le budella rimangono sostanzialmente a posto grazie al busto. Secondo passo, ecco che entrambe i piedi infilati negli stivaloni di gomma poggiano sul tronco. Facendo forza su tutti i muscoli, è iniziata la traspirazione che non smetterà di inondarle il corpo di sudore fino a sera.
Passo dopo passo, Frau Schwanger si inerpica sulla Collina: il respiro, sotto il cappuccio, si fa sempre più pesante, il rumore del suo fiato, dentro la calotta, la rintrona. Il cuore batte forte, mentre ogni tanto l'intestino si contorce, la pressione dell'acqua spinge in fuori il Bardex harness di gomma e tende le spesse mutande contenitive.
Come e più che a Lancy, una sensazione di nausea la permea da capo a piedi: Frau Schwanger il suo volto non lo potrà vedere mai più (nel Campo delle Mule gli specchi sono banditi), ma se potesse vedersi, si accorgerebbe che sotto il cappuccio il suo colorito giallastro, tipico di tutte le schiave di Lancy, si è già terribilmente accentuato.

Arrivata in cima, il puzzo del suo stesso sudore è ormai conclamato: d'ora in poi non ci farà più caso: dal momento che le divise vengono sostituite molto raramente e mai lavate, la convivenza coi suoi forti odori sarà una realtà ineluttabile.

La discesa
disegno della schiava Elisabeth Mandile
Inizia la discesa, che sembra pericolosamente ripida: la schiava si puntella coi talloni, il peso del giogo la trascina in basso, deve farsi forza per non scivolare, le ascelle grondano sudore, la schiena è fradicia. Caracollando, smottando, sdrucciolando, arriva in fondo alla discesa, mentre il giogo di legno le scava le spalle. Una frustata sui polpacci le indica che è il momento di ricominciare a salire: il suo primo “turno” deve essere completato. Completato il “turno”, alla fine della discesa Frau Schwanger trova ad attenderla su figlia. La ragazza le controlla il pancione, poi senza preavviso, ordina alla schiava di eseguire uno squat, con il giogo ancora addosso. Tremante, la serva si accoscia, a gambe larghe, la lingua fuori, il pesante basto improvvisamente diventato leggero, dal momento che i secchi colmi di pietrisco appoggiano al suolo. 

La sculacciata
La padrona-figlia passa una mano fra le cosce della madre, sfrega rudemente le mutande contenitive, a lungo. Poi, quando l'effetto dei rozzi sfregamenti sembra stia cominciando a farsi sentire, Brunilde senza preavviso assesta alla madre una forte sculacciata fra le gambe. Lo schiocco sulle mutande di gomma e di cuoio è fortissimo, la schiava muggisce prolungatamente, il suo disperato richiamo fa persino girare Madame X, che sta terminando il suo ultimo “turno” in uno stato di semincoscienza, spossata dall'immane fatica. Madame X si gira, attonita senza smettere di salire, gli occhi sbarrati sotto il cappuccio, la lingua mezza fuori, sgocciolante, puzzolente, gravida nei suoi grembiuli.
(11- continua)

SU ELISABETH MANDILE

Cara FrauJulia, in risposta al suo commento in calce alla nona puntata di Lancy non posso che essere d'accordo con lei: la schiava Mandile dovrà essere pungolata a dovere, anche se l'essere la personale "enema slave" di Annika a volte non la rende in grado di disegnare a un livello soddisfacente. Andrebbe incentivata.
JS


20 luglio 2013

AUTOCONTROLLO DELLA SERVA

Pubblichiamo un prezioso contributo della Signora FrauJulia


Care Signore,

con l’arrivo dell’estate ho deciso di sottoporre la serva ad una periodica accurata igiene intestinale. Del contempo le ho assegnato l’obbiettivo di migliorare il proprio autocontrollo. Per ottenere entrambi gli scopi, niente di meglio dell'applicazione periodica di qualche buon clistere.

Riflettevo però sulle modalità di applicazione dei clisteri disciplinari. Troppo facile per le serve sopportarli loro malgrado, grazie a plug e mutande di gomma, per migliorare l’autocontrollo occorre la “collaborazione” attiva della serva. E così ha preso avvio il “lavement sans culottes”. Niente di nuovo sotto al sole, come vedrete. Con frequenza almeno bisettimanale alla serva viene applicato un clistere di media grandezza, diciamo un litro o un litro e mezzo di Eau de Lancy o, più prosaicamente, acqua e sale, a temperatura ambiente, diciamo intorno ai 24 gradi. A seguire inietto anche una peretta da 250 cc di aria, in modo da stimolare i crampi e rendere la pancia “gorgogliante”. La serva viene avvertita che dovrà resistere per un certo tempo diciamo dai 15 minuti le prime volte, aumentando poi gradualmente fino a 45 minuti. Nessun ausilio per aiutarla a trattenersi, anzi, dovrà restare in piedi e lavorare. Magari, per ridurre la possibilità di “incidenti”, in particolare le prime volte, il tempo di ritenzione verrà passato in piedi nella doccia o nella vasca da bagno, con le mani legate in alto, in modo che non possa massaggiarsi il pancione o aiutarsi in qualche modo a “tappare”.

Nonostante la quantità di liquido sia molto ragionevole, i movimenti peristaltici scatenati dall’acqua fredda e dall’aria, sommati alla forza di gravità, metteranno a dura prova la capacità di sopportazione della serva. Infatti ciclicamente la serva avrà delle contrazioni e delle ondate di dolore in coincidenza dei movimenti peristaltici, contrazioni chiaramente avvertibili dal sordo gorgoglio proveniente dal ventre della serva.  Solo stringendo disperatamente gli sfinteri, riuscirà a resistere, ma non potrà fermarsi, il lavoro deve continuare. Vedrete che, nonostante il clistere fosse di acqua relativamente fredda, ben presto il sudore macchierà la divisa della sguattera, impegnata a fondo dallo sforzo di controllarsi.  Alla fine del tempo, la serva potrà infine dolorosamente e rumorosamente svuotarsi nel “cesso della servitù” o, se non ce la facesse a reggere fino a raggiungerlo, in apposito secchio.

Ovviamente se non raggiungesse l’obbiettivo, la punizione consisterà, al secondo “tentativo” di due litri con 250 cc di aria, da ritenere, sempre senza ausilio, per il tempo di 20 – 30 minuti.

Se la serva fallisse anche il secondo tentativo deciderò io se procedere ad un terzo “tentativo” con 3 litri o più di acqua da sopportare per soli 10 - 20 minuti, permettendole di aiutarsi con un “tampone” di carta igienica, oppure ricorrere direttamente alla intramontabile ed odiata dose di olio di ricino che assicurerà una ancora migliore igiene intestinale (cfr. miei commenti riguardo alle purghe punitive).

Risulati ottenuti:

direi abbastanza incoraggianti. Fatto salo le prime due somministrazioni, in cui ho dovuto ricorrere ad un secondo ed un terzo “tentativo”, ormai la serva ha sviluppato un buon autocontrollo e riesce a superare la “prova” se non sempre al primo, almeno al secondo “tentativo”. Quanto alla temuta “assuefazione” a questo metodo disciplinare, per ora non si è manifestata, anzi la serva odia il tutto ed all'avvicinarsi del giorno della pulizia intestinale sono sospiri e preghiere per dilazionare la “prova”. Ovviamente non prendo lontanamente in considerazione la cosa e il programma di “lavement san culottes” proseguirà, magari aumentando leggermente le “difficoltà” del primo livello, che ne dite?

FrauJulia

 

 

7 luglio 2013

LANCY 10 - IL CAMPO DELLE MULE

© Georges Pichard

LANCY 10 – IL CAMPO DELLE MULE
di sguattera sudiciona

La misteriosa fondatrice di Lancy
Il cosiddetto Campo delle mule, ove Frau Schwanger trascorrerà il resto della sua vita insieme alla sue tre compagne di sventura espiando la propria inettitudine al servizio è, se così possiamo dire, la pietra miliare di quello che 150 anni dopo sarebbe diventata la Lancy che incominciamo a conoscere e svelare attraverso questo imperfetto e per necessità di cose incompleto resoconto.

Fondazione
Nel 1863 la misteriosa fondatrice di Lancy, ereditiera con una spiccatissima attitudine al comando unita ad un carattere di ferro e ad un patrimonio così imponente da essere difficilmente quantificabile, decise di istituire un luogo in cui poter creare a proprio piacimento e lontano da sguardi indiscreti una genìa di serve perfettamente adeguate al totale servizio e alla assoluta devozione alle proprie padrone. 

Per ottenere questo risultato, la proba Fondatrice si ispira ai sistemi punitivi dei Bagnes Des Femmes e dei Conventi femminili di punizione creati nel 1700, secolo baciato da una straordinaria inventiva per quanto riguarda la correzione di “donne perdute” che andavano riportate sulla retta via ad ogni costo. In particolare, la generosa filantropa individua due elementi cardine del proprio sistema correzionale: i clisteri e i lavori di fatica.

Justine, o le disavventure della virtù
L'idea di redimere le “donne perdute” tenendole occupate da un operoso, incessante lavoro e mantenendole in uno stato di “gravidanza” pressochè continuo grazie a profonde irrigazioni intestinali viene mutuato dalle ferree regole dei Bagnes e dalla attenta lettura del Marchese De Sade, in particolare dagli interessanti spunti offerti da una delle sue opere migliori, nonchè sua opera prima: Justine, o le disavventure della virtù, pubblicata nel 1791.

Ancora bellissima e appena trentaseienne, subito dopo l'improvvisa quanto auspicata morte dell'anziano marito, la misteriosa Fondatrice si trasferisce dalla natia Parigi a Lugano nel 1860. In seguito a minuziose ricerche, valutazioni politiche e sociali e dopo la costruzione di una fitta rete protettiva costituita da amicizie altolocate ben consolidate da un attento uso del suo patrimonio, la virtuosa Signora individua in Lancy il luogo ideale ove costruire il suo primo “falansterio dedicato alla remissione dei peccati delle serve perdute”. Compra in contanti una villa immersa nel bosco, ettari ed ettari di terreno circostante, ed inizia la sua pia opera.

Dopo imponenti lavori di ristrutturazione durati tre anni, realizzati da una infinita serie di imprese a ciascuna della quale viene affidata a rotazione solo una minima parte dei lavori, Lancy viene completata e resa operativa nell'anno di grazia 1863. 

Lancy nel 1863
All'epoca la struttura è soltanto un terzo di quello che oggi conosciamo, e consta del palazzo principale, del Campo delle Mule e dei locali sotterranei segreti che più tardi verranno adibiti a contenere le “mucche” della Fattoria. Il Campo delle Mule viene reso immediatamente operativo con l'introduzione dei tre “Marchingegni di fatica”, ovvero la Giostra, la Collina e il Giardino. Progettati dalla nostra amorevole filantropa, ecco una sommaria descrizione dei tre apparati, così come la stessa misteriosa gentildonna li riassume nei suoi appunti progettuali:

Per redimere le più riottose e recalcitranti delle serve, che io definirei “mule”, ho ideato tre sistemi di correzione che non mancheranno di ingentilire quelle povere anime perdute, restituendo finalmente a loro stesse la loro anima servile, che ritengo essere, per una schiava, il suo più alto sentire possibile su questa Terra.

Ed ecco dunque la Giostra, ovvero una sorta di bindolo che, in questo caso, non servirà a tirare su un ben niente eccetto che la ritrovata dignità di bestia da soma della serva, la quale sarà attaccata mediante imbracatura al bindolo, al posto di un povero asino innocente.

E poi ancora la Collina, ovvero un terrapieno di sassi e terriccio ripidissimo alto non più di 7 metri, che la mula dovrà salire e scendere per tutto il giorno, amorevolmente sollecitata da una guardiana, meglio se con indosso un giogo carico di pietre e sterpi.

Infine il Giardino, luogo consacrato allo scavo di buche tanto profonde da farci entrare la schiava al completo in piedi, con di fuora solo la testa, e che dopo l'entrata della schiava per constatarne l'effettiva profondità, sarà dalla medesima serva issofatto nuovamente riempita.

Come avveniva nei nostri beneamati e rimpianti “Bagnes des Femmes” che ho avuto modo di conoscere de visu da piccola in Francia, le nostre corrigende svolgeranno i loro compiti con le budella ben riempite di acqua e olio, rabboccati ad intervalli prestabiliti.  Onde far sì che le infide mule non si liberino del loro giusto carico interno, saranno sigillate secondo il metodo dell'italiano Ramolino, metodo che si avvale di due eccellenti ritrovati: un godemichet di caucciù inserito nel loro orifizio minore e indosso mutande di pelle molto aderenti. Completeranno il corredo delle mule una palandrana di tela grigia e uno zinale adatto ai lavori di fatica. Per l'inverno saranno approntati dei mantelli di lana, unitamente a delle cuffie ugualmente di lana”.

Insieme alle note, la generosa Fondatrice aggiunge di suo pugno degli schizzi che serviranno alla realizzazione delle Macchine.

Frau Schwanger entra nel Campo delle Mule
Ma distogliamoci ora dal passato, e ritorniamo nel presente focalizzandoci sull'ingresso della nuova mula all'interno di quella che sarà la sua definitiva dimora. 

Rievochiamo dunque nuovamente la figura di Frau Schwanger: risentiamo il rumore degli stivali di gomma, delle doppie mutande, dei liquami che sciacquano dentro la sacca e dentro il ventre della detenuta, rivediamo la lingua rosa che sporge, il cappuccio, il pancione che tende il grembiule marrone ben allacciato. Rivediamo anche l'immagine scattata al termine del precedente capitolo: nel momento dell'ingresso delle tre donne al campo, ecco le altre tre mule: Lady Gwen, inglese di 38 anni, ex modella; Frau Schwein, ex barista tedesca di 53 anni e infine la misteriosa Madame X, di 41 anni.

Come avevamo già scritto, Lady Gwen è stata appena riempita e sta per essere rimessa al lavoro sulla Giostra; Frau Schwein viene energicamente svuotata dalla sua guardiana ed è pronta a riempire nuovamente la sua buca, mentre Madame X sta salendo la Collina per la tredicesima volta. I cesti di vimini del suo giogo sono carichi fino all'orlo di pietrisco. 

Con una sommaria cerimonia officiata dalla Signora Brunilde, nonchè figlia delle nuova corrigenda, la Guardiana Pat O'Hara viene ufficialmente assegnata a Frau Schwanger. Tranne brevi periodi, le loro vite saranno una lunga, continua, dolorosa simbiosi fra schiava e padrona.

Prima di essere definitivamente accolta nel Campo delle Mule, la schiava Frau Schwanger viene minuziosamente esaminata. Viene misurato il pancione, controllato lo stato dell'uniforme, dei grembiuli (a quello marrone ne viene aggiunto uno di spessa gomma blu) e le condizioni delle mutande punitive. 

Frau Schwanger viene condotta al suo primo Marchingegno di Fatica
Dopo aver versato il nauseabondo contenuto della sacca di gomma nell'Orto delle Mule, alla schiava, sempre con la lingua tenuta ben fuori dalla fessura del cappuccio, viene fatta assumere la posizione "on fours", ovvero carponi, e le viene permesso di abbeverarsi alla bassa vasca di granito che raccoglie l'acqua piovana mista ad acqua attinta al vicino torrente. 

Ora viene condotta a piccoli e secchi colpi di verga al primo “marchingegno di fatica” che sentirà il suo odore, che percepirà la sua fatica, che accoglierà con amore il suo corpo sfiancato. Si tratta, su consiglio di Brunilde, della Collina.
(10- continua)