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25 aprile 2015

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 8


Diario di una educazione – 8
Nell’educazione della nostra serva trovano posto anche metodi disciplinari più tradizionali, metodi che la Oberschwester utilizzava quotidianamente sulle atlete, metodi che non lasciano segni visibili e non usano debilitanti purganti o clisteri. Vincendo la vergogna la serva racconta le proprie punizioni alle amiche.
La serva, come al solito, ha pulito male il pavimento. Inutile la scusa di avere fretta di finire il lavoro. La Oberschwester le impone un castigo dal nome intraducibile in italiano, lo chiameremo “il castigo della lastra”. La serva viene fatta denudare completamente e fatta stendere prona. Il pavimento è freddissimo e la serva si ingegna, inarcandosi e puntellandosi sui gomiti e sulle ginocchia, per non appoggiare pancia e mammelle. Passano un paio di minuti, da dietro, una inesorabile spinta, data dalla pianta del piede della Oberschwester, obbliga a poggiare le parti delicate, la serva ha un sussulto, il freddo le toglie il respiro. Ora alla serva viene ordinato di mettersi con le mani dietro alla nuca, gomiti ben sollevati da terra. In questa posizione le punte dei piedi, le ginocchia, la pancia e le mammelle sostengono tutto il peso, appoggiando sulle fredde lastre del pavimento. La Oberchwester ha anche aperto la finestra, in modo che la fredda ed umida aria di un giorno di pioggia aumenti il freddo trasmesso dal pavimento alle nude carni della serva. Alla serva viene subito la pelle d’oca, ed il pavimento pare risucchiarle tutto il calore dal corpo all’infinito. Ben presto la posizione forzatamente immobile diventa un tormento. In particolare la serva sente il peso gravare su pancia e tette che le paiono pezzi di ghiaccio. I capezzoli, induriti dal gelo, le dolgono ad ogni respiro. La voglia di muoversi e massaggiarsi diventa ogni minuto più irresistibile, ma la serva, che sente dietro di sé la presenza e lo sguardo della sorvegliante, non osa muoversi. Un inarrestabile tremito la percorre, manca solo di sentirle battere i denti. Di lì ad una interminabile mezz’ora la Oberschwester si allontana un attimo, forse per un bisogno fisiologico. Come sente i passi allontanarsi la serva di mette in ginocchio ed inizia a grattarsi e frizionarsi furiosamente. Ed è proprio nell’atto di grattarsi la patata che la serva viene colta dalla Oberschwester. “Peccato, stavo per dichiarare conclusa la tua punizione” dice la Oberschwester, “ora farò in modo che tu ti ricordi a lungo di questa tua bravata”. La serva deve bere una intera caraffa di acqua fredda e viene rimessa prona, su di una lastra diversa del pavimento, in modo che sia ancora ben fredda. Le mani sempre dietro la nuca. Passa un'altra mezz’ora. La serva ormai trema e batte i denti di continuo. Ma il freddo che prova, e l’acqua ingurgitata le hanno ben riempito la vescica. La serva stringe inconsapevolmente le cosce. La Oberschwester, che la osserva attentamente, la fa mettere un attimo supina. Mani esperte palpano e premono dolorosamente in corrispondenza della vescica ormai gonfia e distesa. La serva è piena al punto giusto. La Oberschwester si allontana un attimo e torna con una boule gonfia di acqua, fredda di frigorifero, saranno cinque o sei gradi. La serva deve rimettersi prona, la boule piena di acqua gelata posta sotto la pancia. Ora la punita appoggia sulle tette e sulla boule e la pressione si trasmette alla vescica. La sensazione di gelo si combina con la voglia irresistibile di orinare. La serva squittisce e stringe spasmodicamente le cosce. Osa chiedere pietà ma sente la Oberschwester: “devi resistere fino a quando ti darò il permesso, se ti pisci addosso dovrai pulire tutto il pavimento con la lingua”. Ma è destino che la povera serva non riesca a farcela, di lì a cinque minuti di sofferenza il freddo la vince sulla sua poca forza di volontà ed una calda pozzanghera si allarga sul pavimento. La Oberschwester invita ora la serva a “farla tutta”, tanto dovrà lappare tutto il pavimento. E dover leccare tutta la propria piscia ormai gelata, sentendone in continuo lo stomachevole sapore, sarà il nauseante coronamento della “punizione della lastra”.
In una altra occasione la serva è stata sottoposta al “castigo della spazzola”.
E’ stata messa a cavallo di uno sgabello basso, le cosce aperte e le ginocchia ad angolo retto,
modo che sostengano tutto il peso del corpo. Le mani dietro la nuca. L’altezza dello sgabello, con l’aiuto di alcuni libri, è regolata, in modo che la fica della serva sfiori appena le setole di una spazzola, di quelle di una volta di rigido e pungente crine, appoggiata sul piano. La serva, nuda, deve restare “in posizione”, di fronte alla Oberschwester. Di lì a poco iniziano i dolori alle cosce ed alla schiena. “Ferma, devi stare ferma!” è l’ordine che viene continuamente ripetuto. I muscoli delle cosce iniziano a bruciare, le gambe tremano per lo sforzo di sostenere il peso in quella posizione impossibile. La serva ha il viso arrossato, gocce di sudore ruscellano dalle ascelle, ma bisogna restare immobile. Quando le gambe cedono la fica si "siede" sulla spazzola con tutto il peso del corpo...
La serva stimolata dal dolore ha uno scatto e si risolleva, “Ferma, stai ferma!” ripete la Oberschwester, e ben presto alla serva mancano le forze e si appoggia nuovamente, rilasciando finalmente la tensione nei muscoli doloranti. I crini della spazzola segnano a fondo le tenere e delicate carni, senza del resto riuscire a bucarle o fare danni. La serva tiene gli occhi chiusi e si morde le labbra, concentrata nel non muoversi e non urlare.
Passa un terribile quarto d’ora, prima dell’ordine , “ora puoi rialzarti”. Madame ed Oberschwester verificano lo stato della parte punita, commentando lo “stampo” violaceo, lasciato dalle setole. Ed alla serva verrà vietato assolutamente, una volta rialzata di “massaggiare” la “parte offesa”.
(8- continua)

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