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26 novembre 2014

PENSION BALNEARIA 90 / LA PERRA E LA TORRE


Nobili Signore, serva sudiciona,
la vita prosegue e, tra una lezione e l’altra decido di andare a controllare la perra: non sia mai che, affidata ad un'altra sorvegliante, prenda cattive abitudini. Arrivo a metà giornata. Attendo un attimo e vedo arrivare un grande carrello a ruote, carico di piatti. Il caldo, sotto al portico che ripara i forni di cottura, è allucinante. Ma per le serve non esistono versioni “leggere” della divisa di fatica.
Il “saio” marrone, descritto in precedenza, è scolorito e tutto a macchie: si vedono i punti in cui, a contatto della pelle è inzuppato di sudore, altre parti, invece sono state rapidamente asciugate dall’intenso calore dei forni e sono cosparse da impalpabili cristalli bianchi di sale. Ai piedi la perra porta rudimentali e rumorosi zoccoli di legno, gli stessi usati anticamente dai braccianti agricoli. Per ripararsi dal calore irradiato dal forno, la perra deve indossare due paia di grembiuli: uno di spessa gomma ed uno luccicante ch sembra di domo pack, all’esterno. Le lunghe maniche del saio riparano gli avambracci e uno spesso paio di lunghi guanti da lavoro di cuoio impedisce che le mani si brucino. I capelli della perra sono ricoperti e riparati da un fazzolettone dello stesso materiale del saio, che le copre testa e collo e che, quando si avvicina al forno, viene tirato anche a coprire la faccia, un po’ come il copricapo delle tribù del sahara. La perra, ancora dolorante per il parto, muove il carrello con grande circospezione, memore del disastro combinato. Una volta portato al suo posto il carrello, mi avvicino e scambio qualche parola con la sorvegliante e chiedo come passi la giornata la perra. Sveglia, come per tutte le altre detenute alle 6. Le detenute debbono lasciare i propri giacigli in perfetto ordine (non per niente questa Istituzione ha un lontano passato di convento di punizione di un ordine monastico militare). Alle 6.30 tutte le detenute devono essere pronte, una piccola squadra sull’attenti di fronte alla Sorvegliante capo. Contemporaneamente due sorveglianti verificano che i giacigli siano stati lasciati in ordine e perquisiscono rapidamente le spoglie celle. Al termine di questa ispezione il primo pasto della giornata: del tè, talmente lungo da poter essere definito acqua calda sporca, ovviamente niente zucchero. Un pezzo di pane secco da inzuppare nel liquido. Alle 6.45 le detenute devono raggiungere i propri posti di lavoro dove, nel frattempo, dopo una abbondante colazione, arrivano le sorveglianti. Ma veniamo alla perra, come primo lavoro della giornata le tocca quello di aiutante fuochista. Infatti assieme ad un'altra detenuta, la fuochista, accende l’enorme forno a carbone, che dovrà bruciare per un ora prima di essere caldo a sufficienza per poter cuocere i piatti. Ma l’ora non passa inoperosa, due grossi mantici, azionati con un sistema di leve, devono ininterrottamente soffiare aria, per scaldare la fornace. Il lavoro dei mantici, in aggiunta allo spalare il carbone, occuperà poi per tutta la giornata la detenuta fuochista. Un lavoro abbastanza pesante. Come pesante è il lavoro delle due schiave addette allo scavo della compatta e pesantissima argilla. Molto meno pesante è la “formatura” degli oggetti, lavoro che però richiede doti artigianali non comuni e che, comunque, è svolto da vecchie schiave che in anni di espiazione hanno meritato questo privilegio. Ma veniamo a quello che la perra, nella sua dabbenaggine ha creduto un “lavoretto”. Riceve gli oggetti di terracotta, ancora relativamente teneri, appoggiati su lunghe assi. Deve sollevare le assi ed infilarle su appositi alloggiamenti nella parte bassa del forno. Poi, a metà cottura, deve riaprire il forno e spostare gli oggetti nella parte alta. Appunto, la perra non aveva tenuto conto di questo fatto, il calore del forno, unito al riverbero dei piatti, rende necessario l’abbigliamento protettivo che ha però la particolarità di far sudare moltissimo e poichè la juta bagnata di sudore prude in maniera infernale più che di un abbigliamento protettivo potremmo parlare di un abbigliamento penitenziale. Una volta ogni ora alla perra viene concessa una brocca da mezzo litro di acqua. Deve berla tutta d’un fiato, di fronte alla sorvegliante. Dato il gran sudare non ha gran bisogno di orinare, buon per lei perché sono previste solo tre pause bagno, mattina, mezzodì e sera. Altri permessi non vengono concessi e le detenute sono costrette a pisciarsi addosso mentre lavorano. Da qui il pessimo odore che le circonda. Ma questo è anche un istituto modello, tutte le sere le detenute devono evacuare, con l’aiuto di un buon clistere saponato da 3 litri, ritenuto per una buona mezz’ora. Ogni due giorni, alla sera, le detenute subiscono il “lavaggio”. Una sorvegliante impugna un tubo di acqua, dotato di un potente getto. Le detenute avanzano fino ad una piattaforma di cemento e si devono mettere nella posizione dell’Uomo di Vitruvio. Il getto, sapientemente diretto lava loro e le divise dalla testa ai piedi. Particolare attenzione viene posta all’igiene intima, la detenuta deve rialzare il saio punitivo, in modo da mettere i mostra le mutande. La sorvegliante fa una prima passata “esterna” con il getto, poi tira un po’ la cintura ed infila la punta da cui parte il getto. L’operazione viene ripetuta più volte davanti e dietro. Una volta lavate le detenute restano per un quarto d’ora a rabbrividire e sgocciolare, visto che il lavaggio viene eseguito in tutte le stagioni. Avevamo visto la prima colazione delle detenute, vediamo il resto. A mezza giornata, anzi, alle ore 14, le detenute hanno una pausa totale di 30 minuti, in cui possono utilizzare il bagno, di cui parleremo diffusamente in seguito, e possono consumare un pasto, questa volta di zuppa un po’ più nutriente, visto che nell’acqua sono state cotte per lunghe ore le ossa scartate da una vicina macelleria. Nel pentolone di zuppa vengono anche rotte alcune uova, ed aggiunto sale, peperoncino, aglio, olio e molto pane secco. Il tutto cotto per ore e rimescolato a lungo, da la “sopa bopa”, una nutriente zuppa che ha nutrito generazioni di braccianti. Dopo una giornata di lavoro che si protrae fino alle 20 in inverno ed alle 21 in estate, le detenute possono consumare il pasto serale. Alla sera, però è bene tenere leggere le detenute, se non hanno ricevuto punizioni, il che automaticamente comporta il digiuno serale, le detenute ricevono una scodella di “sopa magra”, su cui mi sono già dilungata. Nei giorni di “lavaggio” è tradizione di dare la sopa magra ben calda ed in doppia razione, per compensare il freddo patito dalle detenute nei loro abiti zuppi.
Ma parliamo del WC per le detenute, in una istituzione spartana come questa i WC sono collettivi, una casetta di cemento con 4 “inodoro turco”, nessuna separazione tra i vari “posti”. E dopo l’uso le detenute devono lavare a secchiate di acqua la toilette. Come carta igienica sono a disposizione fogli di giornale attaccati ad un chiodo.
Mentre parlo con la Sorvegliante guardo la perra lavorare, e mi accorgo che sul carrello trasportato mancano qua e là dei piatti. Indago un po’ e scopro che la furbona, per evitare le nerbate dovutele per ogni piatto rotto, ha fatto la pensata di buttare i piatti rotti nel forno.
Intimamente contenta di aver nuovamente individuata la furbetta, segnalo prontamente, come mio preciso dovere, la cosa alla Sorvegliante di turno ed alla Badessa. Quest’ultima, mi incarica di ideare ed eseguire la punizione per la perra. Chiedo di poter riflettere un attimo, la perra, invecchiata e dimagrita , ha ricevuto innumerevoli nerbate ma se la si guarda dritta negli occhi si intuisce ancora un non so che di sfida, le nerbate servono solo a trasformarle la pelle del culo in cuoio…….
Poi penso alla prima punizione a cui ho qui assistito qui all’Istituto: la torre. Illustro la mia idea alla Badessa, incontro la sua approvazione ma, mi dice, sei tu la responsabile della preparazione e della esecuzione della punizione. Sarà come una specie di “trabajo de clase”.
Spiego cosa ho pensato di organizzare: la punizione della torre mi è sembrata interessante, legare la perra con la testa nella vaschetta sarebbe un mio desiderio. Però ricordo bene che, data l’idratazione forzata, quello che la serva alla gogna “passava” alla serva sottostante, più che pipì pareva acqua. E così ho proposto di mettere neòl piano superiore uno sgabello la cui seduta è sostituita da una bella tradizionale asse da WC. Così le detenute, alla mattina quando la pipì è più concentrata, potranno per una volta pisciare comodamente. Detto fatto, recupero da un bagno in disuso l’asse e con qualche chiodo ben messo realizzo il manufatto. Al mattino successivo, ben prima della sveglia, faccio alzare la perra e la trascino, ben ammanettata, fino al di sotto della “torre”. Rinchiudo caviglie e polsi nelle relative assi della gogna e lascio la perra a meditare su cosa la aspetta, con la testa appoggiata all’interno della maleodorante vaschetta ancora vuota. Ben presto arrivano le prime detenute per fare pipì, sorveglio attenta l’operazione, spostando mano a mano, con pazienza, la posizione dell’asse, in modo che i caldi e maleodoranti getti, non solo riempiano la vaschetta ma colpiscano la perra in faccia. Infatti è costretta a stare con occhi e bocca ben chiusi. Il livello del liquido sale inesorabile, la perra si sforza di tenere sollevata il più possibile la testa, cercando di sottrarsi al suo castigo. Allora tolgo la cinta di cuoio della mia divisa e la allaccio, in modo da limitarle i movimenti della testa. Il liquido avanza inesorabile e ben presto arriva alle labbra. Ma la perra è un osso duro, ha le vene del collo e della fronte gonfie per lo sforzo e riesce ancora per alcuni minuti a respirare liberamente. Ma alla fine deve cedere. La testa sprofonda nel liquido e dalla bocca escono bolle d’aria, mentre il collo mostra rapide deglutizioni. Poiché intendo far durare il più possibile la punizione, regolo attentamente il numero di detenute in coda al perra-WC, voglio che la perra abbia modo di assaporare a fondo ….. l’elisir, con pause in cuoi riprende fiato, non voglio che sia semi-svenuta, perdendosi così l’aroma.
Come promesso la Badessa viene a verificare il mio …. compito in classe. Apprezza sia la comodità dell’asse che la cinghia che rende difficile il sottrarsi in qualche modo alla punizione. Passa una buona mezz’ora. Ormai lo stomaco della perra comincia ad apparire gonfio, dopo che sette detenute hanno vuotato la vescica. Una larga chiazza di umido macchia il saio della perra all’altezza dell’inguine, questa incontinente si è pisciata nuovamente addosso. Altre tre detenute pisciano ed è ora di terminare la punizione. Seguita dalla Badessa mi reco sotto alla Torre per rimettere in piedi la perra. Pare veramente provata, con capelli maleodoranti e schiumosi incollati alla testa, pare un gatto cvaduto in uno stagno. E qui accade un guaio, un grosso guaio. La maledetta, ne ha architettata un'altra. Presa dalla rimozione della cinghia e della gogne, non mi accorgo che la perra tiene chiusa la bocca ed ha le gote gonfie. La rimetto in piedi e, la osservo. E la perra dà seguito al suo criminoso piano: ha tenuto in bocca una bella quantità di orina, riuscendo a respirare col naso. Come sono di fronte al lei me la sputa, anzi, per meglio dire, me la spruzza in faccia. Ma la cretina non ha fatto i conti con la mia gioventù di “ragazza di strada”, intuisco qualcosa e mi abbasso prontamente, solo una piccola parte del getto mi colpisce, la maggior parte colpisce la Badessa!
Sono raggelata, prontamente prendo un fazzoletto, non troppo di bucato, aihmè, e faccio il gesto di asciugare la Badessa. Questa è inviperita, mi punta contro l’indice e mi dice: TU sei la responsabile dell’accaduto, quanto alla detenuta le farò rimpiangere di essere nata, ora prendo un bagno, poi presentati con la detenuta nel mio studio per ascoltare le vostre sentenze!
Vostra indegna sorvegliante Nadia 
(90- continua)

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