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11 gennaio 2022

CENTRO DE DETENCIÒN MADAME ROCIO 15 / LAVORI FORZATI

Lavoro forzato La detenuta perra ci è ricascata immediatamente non passa una settimana che provoca una nuova rissa. Madame, esasperata decide che è ora di fare sul serio, la perra assaggerà il lavoro forzato, come ai bei vecchi tempi. E quando Madame decide, non si perde tempo, tutto accade di fronte alla altre detenute. La perra deve spogliarsi completamente. Una sorvegliante si incarica di rasare nuovamente la perra, ora le viene gettata una vecchia divisa a striscie bianche e nere, di ruvida canapa, già sporca, puzzolente di sudore e sdrucita. Niente biancheria intima, le condannate al carcere duro fanno a meno anche di questa. Ma quello che la perra non si aspetta è l’arrivo della detenuta addetta ai lavori pesanti. Questa arriva spingendo una pesante carriola con gli attrezzi. In quattro e quattr’otto accanto ai piedi della perra viene faticosamente scaricata una pesante palla di acciaio. Faticosamente dicevo, perché la palla di ferro è approssimativamente (e qui le Signore perdonino la mia ignoranza di geometria) attorno ai 9 centimetri di diametro, del peso di circa 20 chili. Una pesante catena collega la sfera ad una cavigliera di acciaio massiccio. Nessun uso di fragili lucchetti o ridicole chiavi in questo frangente, la cavigliera viene chiusa con due spine di acciaio, battute e ribattute indissolubilmente su di una piccola incudine. Impossibile togliere la cavigliera senza il nuovo intervento di un fabbro. La perra da ora in poi vivrà in simbiosi con questa palla, per poter camminare dovrà prima sollevare e sostenerne il non indifferente peso. E non sarà una convivenza facile: la cavigliera di acciaio segnerà indelebilmente e dolorosamente le carni della perra, fino a che il continuo sfregamento non produrrà un largo callo, che contraddistingue, loro malgrado, tutte coloro che hanno subito la palla al piede. E, se la palla è il male maggiore, la ruvida divisa è un efficace cilicio, soprattutto se si considera che le tenere carni della perra non sono protette né da alcun indumento intimo né da peli superflui. Ma lo scopo di tutto questo qual è? L’avete capito? La perra viene spedita al trabajo forzoso. Le detenute della “brigada de trabajo forzoso” devono partire all’alba, appena termina l’appello ed a piedi, sostenendo ognuna la propria palla al piede, chi da 10 e chi da 20 kg. Il gruppo raggiunge una lunga e polverosa strada nel deserto. Lungo questa strada qualche burocrate ha deciso di far scavare un grande canale, a cosa serva poi un canale nel deserto non lo sapremo mai. Comunque la brigada, inquadrata da un gruppo di 8 sorveglianti, armate di tutto punto, con fucili a pompa, manganelli, frustini e terribili stimolatori elettrici, raggiunge a piedi e di buon passo il cantiere. Qui trovano ad attenderle una baracca con gli attrezzi: picconi e badili ed un grande serbatoio. Ad ognuna delle forzate viene distribuito un attrezzo. Ed il lavoro comincia. Si tratta di un lavoro totalmente manuale, per sfruttare a fondo le energie delle forzate. La perra oggi ha ricevuto una mazza di ferro del rispettabile peso di 10 kg, con un lungo manico, reso lucido dall’attrito del lavoro di chissà quante mani. La perra che porta in una mano la palla di ferro e nell’altra la mazza, viene portata di fronte ad una enorme pietra, “la devi ridurre in briciole”, dice la sorvegliante e poi, mostrandole un sasso: “i pezzi non devono essere più grossi di così”. La perra getta a terra la palla al piede, come vede fare le altre si sputa sulle mani, e solleva la mazza al di sopra della testa. Lascia cadere la mazza sulla pietra, ricavandone solo un “thump”. La sorvegliante sghignazza, se non ci metti la dovuta forza, anziché rompere la pietra la farai crescere. Comunque sappi che qui chi non lavora non mangia e non beve. E potresti assaggiare questo” e le mostra la luminosa e crepitante scintilla dello stimolatore elettrico. E così la perra impara a mettere tutta la propria forza nei colpi che tira. Ben presto le dolgono braccia mani e schiena, le manca il fiato ed il cuore batte all’impazzata. La divisa inizia a inzupparsi di sudore. Passano le ore, con i muscoli sempre più indolenziti e stanchi. Le chiazze di sudore e sale sulla divisa si allargano sempre più. Il sole, ormai alto riscalda inesorabile pance e schiene. La perra scopre un'altra cosa: quella merdosa e sperduta strada polverosa su cui è stata messa a lavorare la “brigada de trabajo forzoso” sembra sia una strada parecchio usata. E’un continuo via – vai di pick-up, furgoni e camioncini di agricoltori ed artigiani che attraversano il deserto per recarsi al mercato. Vedere un gruppo di donne lavorare sfinite in una mise visibilissima, eccita i passanti. Nel migliore dei casi si limitano a fischiare o suonare insistentemente il clackson, qualcuno si ferma ed incita le guardie a “far trabajar las putas”. Il lavoro prosegue massacrante. Ogni due ore alle detenute viene concesso un sorso d’acqua, senza il quale morirebbero ben presto. La perra scopre che il serbatoio che sovrasta la baracca contiene la riserva d’acqua. Acqua quasi imbevibile, verdastra a causa di alghe e limo e popolata da piccoli vermi, ma l’istinto di sopravvivenza vince anche il disgusto e la perra impara a bere anche quello. Di tanto in tanto le guardie verificano l’andamento del lavoro, tirando colpi di scudiscio ai polpacci di chi batte la fiacca o minacciando con le scintille degli stimolatori, temutissimi da tutte. E’ sul fare del mezzodì che la perra inizia a chiedersi quando e se ci sarà una pausa per il pranzo. Ma siamo in un paese di cultura spagnola, la pausa ci sarà ben più tardi. E, nel frattempo, vi sarà nuovamente il passaggio dei mezzi dei “campesinos” che se ne vanno a pranzo, dileggiando le forzate. Di lì ad un ora circa i campesinos tornano sazi, con l’immancabile stecchino in bocca, ma, anziché limitarsi a suonare il clacson o fischiare, si mettono tutti al limite del cantiere, un gruppo di uomini sazi e leggermente avvinazzati. Che vogliono, si chiede la perra? Nel frattempo una sorvegliante fa scaricare dal camioncino una marmitta: uno stufato di fagioli alla messicana, fagioli pomodoro e un “monton” di peperoncino! Le detenute già pregustano il pasto MA! La Marescialla delle sorveglianti si è presa buona nota di chi ha battuto la fiacca e, mentre le altre detenute mangiano, la perra ed altre tre detenute devono avvicinarsi al camioncino, reggendo le loro palle-zavorra. I campesinos si sono messi comodi, pregustando lo spettacolo. Dal baule del camioncino appare un apparecchio da clistere, di acciaio smaltato, parecchio rovinato, evidentemente viene usato spessissimo. L’apparecchio, riempito fino all’orlo con l’acqua del serbatoio è appeso il più in alto possibile. Le detenute vengono fatte denudare, tra i fischi degli spettatori. Una ribelle incallita come la perra sta incredibilmente piangendo per la vergogna. Ora alle punite viene ordinato di mettersi “alla pecorina”. La posizione che nulla nasconde eccita ancora di più gli spettatori. Ed è il turno della prima punita, il grande beccuccio viene spinto dentro bene a fondo e il rubinetto aperto. Qualcuno tra i più agitati degli spettatori irride la punita al grido “el pieno de gasolina”. La somministrazione non dura molto, ben presto il serbatoio è vuoto. Il beccuccio viene estratto ma la punita deve mantenere la scomoda posizione fino a che anche le altre abbiano ricevuto ciò che le aspetta. E’ora il turno della perra che guarda esterrefatta la sorvegliante: non cambia neanche la cannula, che so almeno una sciacquatina? La sorvegliante nota lo sguardo: “Mammoletta, se volevi le attenzioni da madamina non ti facevi spedire qui!”, mentre infila fino in fondo la grossa cannula nel buchetto della perra. “E adesso non fare storie, mammoletta” o ti spello a colpi di frusta. La perra sopporta il clistere senza fare le solite storie, si vergogna troppo, e sì che l’abbondante lavanda deve stimolare crampi in abbondanza. La perra gronda sudore e lacrime silenziose, la pancia che si gonfia e gorgoglia in continuazione, in particolare quando, a clistere effettuato la perra deve mantenere la scomoda posizione a pancia piena, stringendo disperatamente il buchetto. Ed alla fine delle somministrazioni, la Marescialla infila ad ognuna delle punite con un grosso “tapon” che strappa un urlo alla perra. Urlo, ovviamente, salutato con lazzi e fischi dagli spettatori che urlano un “dueleeee” collettivo, mentre la Marescialla allaccia alla sventurata lo speciale tanga elastico che impedirà di “spingere” fuori il tapon. E quando la perra si rialza, con la pancia gonfia, un'altra salva di fischi saluta il grido “embarazada!”. E così la perra e le altre punite si troveranno a lavorare affamate e con le pance gonfie dei grossi clisteri ricevuti. I campesinos, finito lo spettacolo, dopo aver offerto dei buoni sigari alla Marescialla ed alle sorveglianti, tornano ai loro campi ed orti, nell’unica vallata fertile del deserto. E solo dopo altre lunghe ore la Marescialla farà togliere il “tapon” alle punite e permetterà loro di accosciarsi per liberare le pance doloranti. Ed a sera la “brigada” torna barcollante, carica di palle di ferro e di catene tintinnanti. La perra, alla fine del primo giorno di lavoro è distrutta. La caviglia le duole per il continuo sfregamento, ci vorrà un mese, prima che cresca il callo protettivo. Ma i dolori non si fermano qui, le parti intime della perra bruciano e sono arrossate dallo sfregamento continuo con la ruvida divisa e dal fatto, che la “mammoletta” perra ha scoperto che nel deserto la sabbia deve sostituire la carta igienica e l’acqua basta appena per bere, non per il bidet. Il dolore continuo sta spezzando la fibra della perra, è ormai scoraggiata ed inizia a chiedersi se non sia meglio lasciarsi morire subito, anziché continuare con questa lenta agonia. Ma non c’è tempo per commiserarsi, è subito mattina e il tormento ricomincia, lavori forzati continuano, giorno dopo giorno, dopo giorno, all’infinito. Ma vi sono anche dei progressi: grazie al continuo esercizio la perra impara a rompere le pietre con pochi colpi ben assestati ed a mantenere un profilo basso per evitare di essere punita, dando spettacolo di sé ai campesinos. Al ritorno al campo le forzate sono sfinite, al punto da barcollare. Una scodella di brodo in cui è stato macerato un tozzo di pane secco è la loro “sopa magra”. Dopo di che le forzate cadono addormentate, per venire poi svegliate dai fischietti delle sorveglianti e spinte fuori dalla baracca per l’appello serale. Ma sono così stanche che ormai accettano bovinamente tutte le piccole cattiverie ed umiliazioni, il lavoro duro inizia a dare i suoi frutti! Una volta alla settimana le detenute della “brigada” vengono lavate: viene distribuito un pezzo di sapone, una sorvegliante le spruzza, ancora con la divisa a striscie indosso, con un idrante. E poi è tutto un affaccendarsi, le detenute insaponano ben bene il tunicone della divisa, questa poi viene tolta e lasciata a terra. Le detenute passano poi ad insaponarsi vigorosamente ripulendo le sporcizie della settimana. Viene poi riaperto al massimo l’idrante ed il getto violento e freddissimo sciacqua corpi e divise. Dopo di che il tunicone deve essere nuovamente indossato e le detenute dovranno attendere, ordinatamente inquadrate, che l’implacabile sole asciughi le divise. Ho potuto osservare da vicino la perra, mentre si lavava. Il lavoro forzato le sta giovando: il pancione da detenuta si rimpicciolisce, grazie alla ginnastica fatta con la mazza. In compenso le braccia e la schiena stanno sviluppando i muscoli. Ma non solo io osservavo la perra: mi sono accorta che anche Madame Rocio, da lontano, osservava il gruppo di detenute ignude che si lavavano.

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