Sguattera sudiciona,
come sai ho una serva poetessa. Perquisendo il solito anfratto del ripostiglio ho trovato un'altra chicca. Si tratta di una poesia scritta recentemente, la serva racconta al diario in maniera autobiografica. Che dire? Uno sfogo inutile e prolisso in cui la serva travisa la squallida realtà.
Come sempre riporto integralmente lo scritto.
FrauJulia
Povera me, con medica prescrizione,
purgata sarò, non per punizione.
La Signora la ricetta ha sequestrata,
e con la sua infermiera si è accordata.
Al ritorno la Signora ha un pacco tra le mani:
"Con questo io ti purgherò domani!
Il pancione avrai ben ripulito,
con digiuni e purghe, hai capito?
E se ti mancasse l’autocontrollo,
saran quattro clisteri da cavallo!"
Un sobbalzo diedi spaventata,
non la purghetta da me sperata,
ben altra purga per la povera servente,
deh, Signora mia, sia clemente!
Di una cosa ero sicura:
mi aspettava una giornata molto dura.
E così, dopo dieta rigorosa,
arrivò infine la giornata più schifosa.
Litri quattro di purga nauseante,
renderanno la giornata allucinante.
La Signora mi riempie un bicchierone,
e mi ordina: "Consuma il beverone!"
Una nausea terrificante
è la reazione al super purgante!
Occorre qualche buona sculacciata,
per costringermi a ber la bicchierata.
E mai cala di livello la caraffa,
mai arriva il bicchiere della staffa!
Sudo nel grembiule a pancia cinta,
che si gonfia come fossi incinta.
Passa lo straccio a quattro zampe,
la servetta a cui tremano le gambe.
Ora brontola e gorgoglia il pancione,
signora, mi scappa, non resisto alla pressione!
La Signora il suo bagno mi concede,
col pancione dolorante la serva lì siede.
Ma non è che l’inizio: altre ore ancora dura,
per la serva, del purgante la tortura.
E mai cala di livello la caraffa,
mai arriva il bicchiere della staffa.
Ed infine la serva è esaurita,
quando la Signora dice: è finita.
L’indomani, non fu proprio divertente,
gonfiata e penetrata da un nero e plastico serpente,
Tutto bene, fu il verdetto di un dottorino,
ma non ben pulito l’intestino!
"Tra mesi sei ripeteremo l’ispezione,
ed oltre alla purga, un bel clisterone!"
E così tornammo a casa, la Signora ringraziai per l’assistenza,
e per avermi sopportata con pazienza.
E tra un semestre sarò purgata nuovamente,
di sicuro ancora più severamente,
e già non riesco a togliere il pensiero dalla mente.
DISCLAIMER
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CHIUNQUE PROSEGUA NELLA LETTURA LO FA CONSAPEVOLMENTE
Il blog LA DOMESTICA RISPONDE è da considerarsi completamente opera di fantasia. I personaggi e le situazioni descritte sono fittizi, e l'eventuale somiglianza con persone o fatti esistenti è da ritenersi totalmente accidentale.
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© JANINE SOUILLON, LUGANO, CH
29 marzo 2013
LA SERVA PURGATA
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26 marzo 2013
25 marzo 2013
LA PORTINAIA
Un importante contributo della Signora FrauJulia
LA PORTINAIA
di FrauJulia
Care Signore,
per ragioni logistiche, in inverno abito in centro città in un vecchio palazzo stile impero, dotato di portinaia. E proprio della portinaia vorrei parlarvi. La portinaia si è dimostrata una inaspettata validissima alleata nella gestione della domestica. Dovete sapere che, come consigliato da Madame Janine, quando punisco la serva ordino di indossare la divisa di fatica e punizione. Ma ho conservato un vezzo: il fazzoletto da testa normalmente grigio topo, come originariamente era la scolorita e macchiata divisa, varia di colore quando la serva è punita. A seconda del tipo di punizione faccio indossare un fazzoletto rosso se è stata sculacciata o frustata, giallo se sta trattenendo la pipì, verde se sta trattenendo un clistere a pancia gonfia, marrone se è stata purgata e ne sta attendendo l’effetto. Vi chiederete la funzione del colore del fazzoletto della serva. Dovete sapere che, come ciliegina sulla torta della punizione, ordino alla serva del lavoro pesante ed umiliante, E cosa di meglio di portare la spazzatura? Non crediate che sia una cosa facile, abito al terzo piano, alla serva è assolutamente interdetto l’uso dell’ascensore. Se si aggiunge che con la raccolta differenziata la serva deve scegliere se fare un viaggio stracarica o più viaggi, inizia ad apparire la valenza punitiva di portare giù la spazzatura, con le natiche brucianti oppure con il ventre preda di coliche.
Ma qui appare la portinaia, questa donna, sia pur di umili origini, ha i numeri per essere una perfetta educatrice di serve. Quando sente la serva scendere stracarica le scale, nota immediatamente il colore del fazzoletto, il cui significato le ho rivelato. Ed al rientro della serva, a compito eseguito, inevitabilmente la ferma per due chiacchiere.
E ben presto è nata una certa confidenza e così, la portinaia si offre di mettere una cremina rinfrescante su natiche arrossate da sculacciate o frustate, in realtà passati dieci minuti l’effetto rinfrescante svanisce e il bruciore viene esaltato e dura ben più a lungo, grazie a quella che in realtà è una pomata riscaldante per i reumatismi.
E se la serva ha urgenza del bagno e supplica di poter usare quello della guardiola, molto spiacente la portinaia lo nega: il severo regolamento condominiale lo vieta esplicitamente e severamente.
La caritatevole portinaia insiste comunque nell’assistere la poveretta: qualcosa di caldo le farà senz’altro bene, sembra così pallida, si sieda, intanto che l’acqua bolle…..
La furbona fa questo conscia che i minuti necessari per scaldare l’acqua sembreranno ore alla poveretta, ed in questo tempo l’ingenua serva, sottoposta a pressante interrogatorio rivela particolari succosi che eccitano la “caritatevole” portinaia.
Se la serva ha la vescica piena le verranno offerte un paio di abbondanti tazze di tè, in realtà una potente di tisana diuretica che porterà la serva all’isterismo con la vescica che pare scoppiare.
Analogamente succede se la serva è gonfiata da un clistere, una buona camomilla per calmare le coliche richiede una decina di interminabili minuti di preparazione e nel frattempo un massaggio al pancione permette alla portinaia di divertirsi schiacciando la pancia un po’ qui ed un po’ là, in modo da sentire lo sciacquio ed i gorgoglii e aumentare i dolori.
E nel caso la serva sia stata purgata, una buona limonata molto abbondante: acqua ben calda, abbondante succo di limone ed un cucchiaione di bicarbonato. Tale frizzante mistura è una specie di sturalavandini, il purgante inizia immediatamente a fare un effetto quadruplicato. E la portinaia si bea dei gorgoglii di pancia innescati e delle smorfie della serva.
E non crediate che io scherzi, è capitato che la serva sia dovuta riscendere, paonazza per la vergogna, a lavare ed asciugare le scale ed il pavimento della guardiola, dopo essere stata trattenuta oltre l’umana sopportazione.
Da allora impongo alla serva un umiliante paio di mutande impermeabili e pannolone di cui si vergogna immensamente, poiché, ovviamente camminando fanno rumore e non sfuggono agli sguardi curiosi delle altre abitanti del palazzo. Mutande che è bene siano ancora asciutte al ritorno, a scanso di ulteriori umiliazioni.
E qui la portinaia chiacchierona ha messo in giro la voce che la serva, poveretta, ha problemi di nervi, soffre di pancia ed è incontinente. Questo spiega e giustifica qualsiasi stranezza di comportamento della medesima, dandomi piena libertà di azione nei metodi disciplinari.
Infine la implacabile custode che tutto vede nel palazzo, si fa dovere di segnalarmi la più piccola trasgressione o inadempienza di cui la serva si renda colpevole, ben contenta poi di collaborare alla punizione della serva sciatta e lazzarona.
FrauJulia
LA PORTINAIA
di FrauJulia
Care Signore,
per ragioni logistiche, in inverno abito in centro città in un vecchio palazzo stile impero, dotato di portinaia. E proprio della portinaia vorrei parlarvi. La portinaia si è dimostrata una inaspettata validissima alleata nella gestione della domestica. Dovete sapere che, come consigliato da Madame Janine, quando punisco la serva ordino di indossare la divisa di fatica e punizione. Ma ho conservato un vezzo: il fazzoletto da testa normalmente grigio topo, come originariamente era la scolorita e macchiata divisa, varia di colore quando la serva è punita. A seconda del tipo di punizione faccio indossare un fazzoletto rosso se è stata sculacciata o frustata, giallo se sta trattenendo la pipì, verde se sta trattenendo un clistere a pancia gonfia, marrone se è stata purgata e ne sta attendendo l’effetto. Vi chiederete la funzione del colore del fazzoletto della serva. Dovete sapere che, come ciliegina sulla torta della punizione, ordino alla serva del lavoro pesante ed umiliante, E cosa di meglio di portare la spazzatura? Non crediate che sia una cosa facile, abito al terzo piano, alla serva è assolutamente interdetto l’uso dell’ascensore. Se si aggiunge che con la raccolta differenziata la serva deve scegliere se fare un viaggio stracarica o più viaggi, inizia ad apparire la valenza punitiva di portare giù la spazzatura, con le natiche brucianti oppure con il ventre preda di coliche.
Ma qui appare la portinaia, questa donna, sia pur di umili origini, ha i numeri per essere una perfetta educatrice di serve. Quando sente la serva scendere stracarica le scale, nota immediatamente il colore del fazzoletto, il cui significato le ho rivelato. Ed al rientro della serva, a compito eseguito, inevitabilmente la ferma per due chiacchiere.
E ben presto è nata una certa confidenza e così, la portinaia si offre di mettere una cremina rinfrescante su natiche arrossate da sculacciate o frustate, in realtà passati dieci minuti l’effetto rinfrescante svanisce e il bruciore viene esaltato e dura ben più a lungo, grazie a quella che in realtà è una pomata riscaldante per i reumatismi.
E se la serva ha urgenza del bagno e supplica di poter usare quello della guardiola, molto spiacente la portinaia lo nega: il severo regolamento condominiale lo vieta esplicitamente e severamente.
La caritatevole portinaia insiste comunque nell’assistere la poveretta: qualcosa di caldo le farà senz’altro bene, sembra così pallida, si sieda, intanto che l’acqua bolle…..
La furbona fa questo conscia che i minuti necessari per scaldare l’acqua sembreranno ore alla poveretta, ed in questo tempo l’ingenua serva, sottoposta a pressante interrogatorio rivela particolari succosi che eccitano la “caritatevole” portinaia.
Se la serva ha la vescica piena le verranno offerte un paio di abbondanti tazze di tè, in realtà una potente di tisana diuretica che porterà la serva all’isterismo con la vescica che pare scoppiare.
Analogamente succede se la serva è gonfiata da un clistere, una buona camomilla per calmare le coliche richiede una decina di interminabili minuti di preparazione e nel frattempo un massaggio al pancione permette alla portinaia di divertirsi schiacciando la pancia un po’ qui ed un po’ là, in modo da sentire lo sciacquio ed i gorgoglii e aumentare i dolori.
E nel caso la serva sia stata purgata, una buona limonata molto abbondante: acqua ben calda, abbondante succo di limone ed un cucchiaione di bicarbonato. Tale frizzante mistura è una specie di sturalavandini, il purgante inizia immediatamente a fare un effetto quadruplicato. E la portinaia si bea dei gorgoglii di pancia innescati e delle smorfie della serva.
E non crediate che io scherzi, è capitato che la serva sia dovuta riscendere, paonazza per la vergogna, a lavare ed asciugare le scale ed il pavimento della guardiola, dopo essere stata trattenuta oltre l’umana sopportazione.
Da allora impongo alla serva un umiliante paio di mutande impermeabili e pannolone di cui si vergogna immensamente, poiché, ovviamente camminando fanno rumore e non sfuggono agli sguardi curiosi delle altre abitanti del palazzo. Mutande che è bene siano ancora asciutte al ritorno, a scanso di ulteriori umiliazioni.
E qui la portinaia chiacchierona ha messo in giro la voce che la serva, poveretta, ha problemi di nervi, soffre di pancia ed è incontinente. Questo spiega e giustifica qualsiasi stranezza di comportamento della medesima, dandomi piena libertà di azione nei metodi disciplinari.
Infine la implacabile custode che tutto vede nel palazzo, si fa dovere di segnalarmi la più piccola trasgressione o inadempienza di cui la serva si renda colpevole, ben contenta poi di collaborare alla punizione della serva sciatta e lazzarona.
FrauJulia
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16 marzo 2013
LANCY 2 - DENTRO LANCY
LANCY 2
di sguattera sudiciona
di sguattera sudiciona
Grosse Jeannette assicura sotto il
mento della schiava un collare d'acciaio ricoperto di gomma al quale
aggancia, tramite un moschettone, una catena. Afferrato saldamente il
capo della catena, la guardiana alsaziana tira senza tanti
complimenti la serva di mezza età e le due donne escono dalla umida
cella.
Il corridoio delle sette celle
Schiava e custode attraversano un lungo
corridoio sul quale si affacciano altre sei porte che chiudono
altrettante celle simili a quella che ospita la sguattera sudiciona.
Mentre camminano, improvvisamente dalla quinta cella si alza un
lamento, lungo e distinto, che sembra prolungarsi infinitamente nel
tempo.
“Sembra un muggito”, pensa la
schiava inghiottendo la saliva per evitar di rimettere. Il sudore le
ha macchiato la divisa sotto le ascelle: un sudore fresco, che va a
sovrapporsi e a risvegliare quello depositatosi in tante,
interminabili ore di lavori forzati e di punizioni. All'udire lo
strano suono, istintivamente la schiava domestica rallenta il passo.
Uno strattone alla catena la ricompone, e la sguattera sudiciona si
rimette in marcia, il butt plug che scava il retto, la pancia gravata
dalla mistura di acqua olio e sapone, le pesanti doppie mutande che
la sigillano. Le due donne procedono, scalino dopo scalino, risalendo
verso il pian terreno.
Open space a Lancy
La sguattera sudiciona avanza
faticosamente sui suoi zoccoli, il ventre che ballonzola grottesco
sotto il grembiule, il pancione ben riempito di liquido caldo e
vischioso. Cammina dietro la sua custode, attanagliata dai crampi che
arrivano intermittenti. Finalmente le scale sono terminate: al pian
terreno, dove si trova il Grande Salone di Lancy, un lusso luminoso,
sfrenato ed eclettico travolge l'enorme open space progettato da un
notissimo architetto italiano.
Mentre attraversano un labirinto di
statue, librerie, folti tappeti, lampade e paraventi, Grosse
Jeannette offre alla schiava domestica alcuni dettagli sulla sua
nuova condizione: - Tutte voi schiave faticate sempre ben piene,
sudiciona! O lavorate nel castello, o nel parco oppure venite messe
sul treadmill a sgranchirvi le gambe! - Grosse Jeannette conclude il
suo breve discorso con una fragorosa risata. Evidentemente l'ultimo
elemento l'ha particolarmente divertita. Mentre procedono
attraversando l'enorme salone, la guardiana e la sguattera sudiciona
incrociano altre due schiave domestiche: sono inginocchiate a
strofinare con minuziosa attenzione un tappeto, sorvegliate da una
custode magra e allampanata, vestita esattamente come Jeannette, ma
di qualche anno più giovane.
Altre schiave domestiche
Le due schiave domestiche hanno i
grembiuli di gomma ben gonfiati dai ventri prominenti, ma a dispetto
della rotondità della pancia, il resto del loro corpo è asciutto e
scarno, ancorchè muscoloso. I volti, tesi in una perenne smorfia,
hanno un colorito giallastro: la nuova schiava imparerà presto che
quei volti sono la cosiddetta “maschera” delle schiave di Lancy,
volti di donne perennemente alle prese con gli effetti di continue e
ripetute “gravidanze” a base della mistura escogitata dalle due
Signore del maniero. Le due serve indossano la divisa di ordinanza in
tela grigia, dalle maniche corte, grembiulone di gomma verde e guanti
dello stesso colore e materiale. Una delle due schiave, che
apparentemente sembra sui cinquant'anni, porta anche un
fazzoletto di tela grigia annodato sulla nuca; l'altra, decisamente
più giovane, è a capo scoperto, le ciocche bionde zuppe di sudore
che penzolano intorno ad un viso delicato, coperto di lentiggini.
Istintivamente, Grosse Jeannette si
ferma, mette in mano a Hilda la catena della sguattera sudiciona e si
china sulla schiava di mezza età che indossa il fazzoletto. Alla
maniera in uso fra le guardiane di Lancy, la ragazza saggia
attentamente la consistenza del ventre della serva premendolo e
schiacciandolo più volte con con le mani.
La schiava grunisce, grufola soffiando
e storcendo la bocca ma cercando, nonostante tutto, di rimanere ferma
durante la rude ispezione. Dal suo ventre proviene il solito, osceno
gorgoglio. Grosse Jeannette, senza smettere di premere il ventre
della serva e tenendo il viso fisso e concentrato sulla sua pancia,
dice all'altra guardiana: - Hilda, mi sembra che Frau Schwanger, qui,
sia stata gonfiata poco! La prossima volta riempila di più, capito?
La sguattera sudiciona osserva
impietrita la scena. Per qualche diabolica empatia, per una dannata
sincronizzazione psicofisica che, presto imparerà, misteriosamente
intercorre fra tutte le schiave domestiche di Lancy, ecco che proprio
mentre il ventre della sfortunata Frau Schwanger viene sondato dalle
mani della giovane e robusta guardiana, un violento crampo strizza le
sue immonde budella, che cercano di espellere il liquido e insieme il
tappo che lo trattiene al loro interno.
La sguattera sudiciona si piega in
avanti senza nemmeno rendersene conto, tirando la catena di cui Hilda
tiene in mano l'altra estremità. - Composta, vacca! - sibila la
guardiana alta e magra dando uno strattone alla catena. La sguattera
sudiciona lotta ancora contro il crampo: senza nemmeno essersene resa
conto, si sta massaggiando la pancia, un fatto talvolta tollerato da
alcune guardiane, ma evidentemente non da Hilda. - Mani sulla testa,
vacca! - ordina Hilda. Tremante, in preda a una colica, la sguattera
sudiciona solleva le mani guantate sopra la testa socchiudendo gli
occhi, cercando di respirare lentamente e di resistere. Le gira la testa, si sente impallidire violentemente, è sicura che fra pochi secondi cadrà a terra, svenuta. Ma ciò non accade, non ora, almeno. Con
gradualità, il crampo molla la presa, lasciando il terreno alla
sensazione di base provata da tutte le schiave domestiche di Lancy:
un irrefrenabile, impellente irrisolvibile e continuo bisogno di
evacuare.
La crisi isterica di Frau
Schwanger
Intanto Grosse Jeannette, la collega di
Hilda, rivolgendosi direttamente alla donna carponi sul tappeto,
dice, scandendo bene le parole e alzando la voce: - Capito bene, Frau
Schwanger? Non ti hanno riempito abbastanza! Al prossimo turno,
doppia dose!
A queste parole, qualcosa scatta nella
mente ottenebrata della serva: colta da una crisi isterica, crolla il
capo più volte, strizza le palpebre, poi improvvisamente si scuote
tutta, solleva oscenamente la divisa sulle reni e, drizzatasi sulle
ginocchia, scopre le doppie mutande contenitive in cuoio e in
caucciù, le afferra alla cintola in un disperato tentativo di
liberarsi e cerca di strapparsele di dosso strillando come
un'ossessa.
Grosse Jeannette e Hilde scoppiano a
ridere, e per qualche istante osservano la donna dimenarsi
grottescamente in preda alla crisi isterica, inginocchiata e con la
divisa e il grembiule arrotolati intorno alle reni, il pancione ben
chiuso e teso nell'inespugnabile doppia mutanda di sicurezza.
- Ah! Ah! Ah! Cattiva bambina, Frau
Schwanger, queste cose non si fanno! - la sgrida Frau Jeannette. -
Credo proprio che una bella sculacciata non te la levi nessuno!
Tienila ferma, Hilda!
La giovane e allampanata custode lascia
cadere sul tappeto la catena della sguattera sudiciona e si lancia
sulla serva isterica, afferrandola per le mutande. - In posizione,
vacca! - ordina Hilda alla schiava domestica, tenendola saldamente
per le mutande. Ma la schiava ha ormai perso completamente la testa:
si divincola, si contorce, il pancione che fluttua e ondeggia, in un
forsennato agitarsi di cuoio, tela e gomma. - Che succede qui? - Una
voce controllata ma tagliente come una lama mette fine di colpo alla
gazzarra. Persino la schiava impazzita ritrova, animalescamente, un
briciolo di autocontrollo e smette di agitarsi, rimanendo in
ginocchio col culo rivestito di cuoio ben in alto e la testa a terra, fra le
braccia appoggiate al suolo, come è stata abituata a fare quando
deve ricevere una punizione. Herrin Anne è bellissima, molto più
bella di quanto non le fosse sembrata nel supermercato di Lugano,
pensa la sguattera sudiciona mentre istintivamente abbassa la testa
di fronte alla bionda padrona. - Che succede qui? - ripete Herrin
Anne, senza attendersi una risposta. Poi, rivolgendosi a Grosse
Jeannette, ordina a bassa voce: - Per Frau Schwanger fustigazione
immediata, si cominci con 60 colpi sulle cosce, poi vedremo!|
L'open space di Lancy è ora piombato
in un silenzio greve, reso ancora più pieno dal quasi impercettibile lamento proveniente dalla bocca di Frau Schwanger.
(2- continua)
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5 marzo 2013
PENSION BALNEARIA 60
© Georges Pichard |
Nobili Signore, Serva sudiciona,
e così, dopo l’attacco isterico,
vengo ammanettata ed incatenata, in modo da essere costretta a fare
piccoli passettini, la perra in persona mi trascina fuori dal bar,
tra due ali di clienti, spiegando ad alta voce che ci penserà lei a
togliermi le mattane. Mi incatena al paraurti del suo gippone, mi fa
liberare la gambe e parte, costringendomi a correre. Fortunatamente,
appena fuori dal paese, vengo incatenata nel baule e così faccio
“comodamente” i numerosi chilometri per arrivare alla Pension.
Qui vengo affidata alle amorevoli cure delle carissime Gog e Magog
che, tanto per cambiare mi bastonano. Si fanno un sacco di risate
perché dal “bar de tapas” mi sono portata in una borsina alcuni
pezzi di sapone da bucato, mi dicono che potrò eventualmente
mangiarmelo. La perra ha una sua cura per le serve isteriche e ben
presto sono costretta a sperimentarla. Una gabbia di ferro, piccola,
saranno 100 x 120 x 60 centimetri non ho posto per stendermi e così
devo stare piegata in una posizione scomoda. Niente da mangiare. Di
tanto in tanto passa la perra e si diverte, visto che la sete mi
tormenta, fa pipì in una brocca e subito mi costringe a berla, calda
e puzzolente.
Quando vengo liberata e riportata dalla
perra, sono indebolita. Anche la perra si fa un sacco di risate
vedendo i miei pezzi di sapone. Per togliere i grilli dalla testa
delle sguattere, dice la perra, niente di meglio che un po’ di
lavoro, e così vengo messa alla noria. Devo spingere da sola il
meccanismo, con una delle sorveglianti a controllare che io non batta
la fiacca. Le ore passano lentissime, girando in tondo, spingendo la
barra di legno della noria, a cui sono stata incatenata. All’ora di
pranzo la perra mi ha fatto preparare un piatto speciale: un litro
d’acqua in cui hanno immerso un pane, facendolo scogliere. Una
bella “sopa magra”, sei costretta a bere e mangiare nello stesso
tempo, non ricavando alcun piacere da nessuna delle due cose. Inoltre
devi sbrigarti a finire, altrimenti le sorveglianti ti tolgono la
scodella e fino al prossimo pasto non ricevi più nulla, neanche
l’acqua. Come umiliazione addizionale, essendo incatenata alla
noria, devo chiedere per pietà alle sorveglianti di potermi
scaricare o fare pipì, e non sempre il permesso mi viene accordato,
aggiungendo così alla fatica di spingere, quella di trattenermi.
Ma non è finita. La sera vengo portata
nel salone, di fronte a tutte le altre serve. Mi attende la silla de
la verguenza. Quasi svengo quando vedo cosa ha preparato la perra:
tre mostruosi plug di bakelite, trovati quando abbiamo ripulito le
cantine della Pension. La perra, viste le dimensioni spropositate, li
utilizzava come fermacarte. Invece sono lì ben pronti per
l’utilizzo. Le mie due “amiche” Gog e Magog mi legano. La perra
in persona indossa dei guanti chirurgici e impugna il primo dei plug.
Mi annuncia che, dato che è il più piccolo, lo infilerà senza
lubrificazione, sta a me lubrificarlo con la saliva.
Non ricordo se lo ho già raccontato,
ma in questa regione la cosa più umiliante per una femmina è
violare il … lato B. Capite dunque l’umiliazione che mi viene
imposta, di leccare accuratamente il plug, per almeno inumidirlo con
la saliva per diminuire il dolore che mi attende. Poi la perra
impugna l’oggetto e lo appoggia. Mi dice in modo che tutte sentano
“si no quieres romper, empuje y relajarse!”. E così costretta,
cerco di allargarmi. L’introduzione, sebbene il plug sia il più
piccolo, è atroce. La perra spinge brutalmente, ruotandolo
contemporaneamente e l’oggetto entra come nel burro, causandomi un
forte dolore. Il mio urlo viene accolto dal sorriso della perra. Le
mie compagne sono raggelate. Per ulteriore dileggio al plug è stato
attaccato un ciuffo di fibre, a simulare la coda di un cavallo!
Dopo un po’ mi fanno rialzare e la
perra attacca un peso all’anello posto in coda al plug. Sono così
costretta a camminare, stringendo disperatamente, con il peso che
oscilla tra le gambe. Il mio sfintere, già provato, brucia come
l’inferno. Purtroppo non stringo a sufficienza e sento il plug
scivolare inesorabilmente fuori. Devo ripulire con la lingua il plug
che mi è sfuggito. Ma ora mi attende la misura successiva. Vedo le
dimensioni del terzo plug, anche una mucca avrebbe difficoltà a
riceverlo. Mi dico che costi quello che costi, devo accontentare la
perra al secondo plug. Devo leccare a lungo anche questo tra i lazzi
delle sorveglianti. La perra lo impugna ed inizia a spingere. Il plug
è così grosso che non è possibile infilarlo in un solo colpo. Così
per ben cinque minuti mi struggo a spingere e dilatarmi, mentre la
perra spinge ed estrae l’oggetto sempre più a fondo. Il dolore è
tremendo, pare mi abbiano inserito un ferro rovente!
Finalmente l’oggetto entra ed il mio
povero sfintere si restringe, ma la base del plug lo tiene, comunque,
enormemente dilatato. La perra appende nuovamente un peso e devo
camminare a lungo tra le mie colleghe. Non contente raddoppia
addirittura il peso e devo sforzarmi a stringere per non lasciare
cadere anche questo. Non so quanto duri, a me paiono comunque ore.
Alla fine la perra si stanca ed estrae il plug. Altro dolore per il
mio povero buchetto. Devo nuovamente ripulire il plug con la lingua.
Ma la cosa che mi terrorizza, scusate la crudezza, è che il buchetto
rimane dilatato e …. mi sporco! Piango disperata per l’umiliazione
e temo di dover portare un pannolone per il resto della vita!
Fortunatamente in capo ad alcune ore il mio povero sfintere
recupererà pian piano le sue capacità di tenuta.
Ma non è finita, ora la perra mi
obbliga a tenere la posizione della rana : fa mettere due mattoni per
terra e devo stare con i piedi su di essi, a cosce ben aperte. Le
braccia vanno tenute aperte, in linea con le spalle e le palme delle
mani vanno tenute in alto, un po’ come l’uomo di Vitruvio. Una
federa mi viene messa sulla testa, in modo che io non possa vedere.
La perra è in poltrona di fronte a me, armata del suo scudiscio
preferito. E’ una posizione incredibile, a dirla sembra una cosa di
tutto riposo, ma dopo una diecina di minuti ti ritrovi con le spalle
doloranti ed i muscoli di braccia spalle e costato che paiono in
fiamme. Ed al più piccolo movimento od accenno ad abbassare le
braccia, la perra mi colpisce su interno cosce, vagina, seni ed
ascelle. Sa benissimo che non sopporto di essere percossa in queste
parti e si diverte come il gatto con il topo. Sudo, piango ma come
accenno a muovermi sono fiammate di dolore dalle parti colpite e, se
non faccio alla svelta a riprendere la posizione imposta le
scudisciate si ripetono inesorabili. Dopo ore di tormento crollo
svenuta vengo trascinata dolorante in cella, per una altra comoda
nottata, da passare nuda sul pavimento di legno, in posizione fetale,
visto che non posso stendermi.
Sguattera Nadia
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donna di servizio & artista
(maid & artist)
monikarubbermaid@gmail.com
2 marzo 2013
LANCY - 1
Nota di Janine Souillon
Il testo che segue contiene, per mia espressa volontà, degli elementi autobiografici riconducibili alla vera identità della sguattera sudiciona. Tali elementi permettono di conoscerla meglio, anche se non ne rivelano in modo esplicito l'origine. Per lo stesso motivo, su mio ordine, la serva ha eliminato la prima persona dal resoconto che segue, attenendosi ad una narrazione "impersonale".
Come stabilito in precedenza da accordi privati, all'ottima FrauJulia è affidata l'educazione della schiava.
JS
LANCY
di sguattera sudiciona
La Mercedes modificata scorre
silenziosa e veloce per le strade di Lancy, tagliando l'aria fredda
che avvolge il Comune del Canton Ginevra, in una prima mattina di un
imprecisato giorno di dicembre, anno di grazia 2012.
Il van della
Mercedes, a differenza dei lussuosi interni in radica e pelle bianca
destinati alla chauffeuse e alle due occupanti, è terribilmente
spartano: una cella senza finestrini, interamente foderata di zinco,
con catene e manette agganciate a una serie di tubi di acciaio
saldati alle pareti. Inginocchiata, le mani ammanettate dietro la
schiena, un collare di cuoio collegato con una catena a un grosso
anello di ferro infisso sul fondo della cella semovente, vediamo una
donna.
Indossa una divisa vecchia e consunta, macchiata di sudore in
più punti, dalle maniche corte. Le mani sono coperte da un paio di
guanti di gomma verdi, il ventre e i seni della donna sono avvolti in
uno spesso grembiule di gomma dello stesso colore dei guanti. Se il
volto della schiava non fosse coperto da un cappuccio di cuoio
marrone, si riconoscerebbero i lineamenti di una sfiorita cinquantunenne
che dimostra almeno cinque anni in più della sua età. La finezza
dello sguardo rivelerebbe quello che un tempo, prima di essere
schiava, la schiava è stata.
Ogni tanto, nel labirinto di fatiche e
degradazioni a cui è quotidianamente sottoposta, nella mente della serva si insinua,
sporadicamente, un brandello di ricordo della sua vita precedente.
Compito delle sue padrone è tenere sempre desto, anche grazie alla
scrittura, questo larvale ricordo, affinchè sia più dolorosa la
coscienza della sua condizione presente. La schiava scrive, da
sempre, in inglese, essendo nativa degli Stati Uniti e giunta in
Svizzera per lavorare immediatamente alle dipendenze di Janine
Souillon. Per tale motivo, è la stessa Janine a tradurre i suoi testi in italiano e,
talvolta, in francese e tedesco. Ma torniamo al nostro viaggio: a fianco della chaiffeuse, una
bionda ragazza sui venticinque anni, dai biondissimi capelli tagliati
a caschetto e coperti dal berretto a visiera, siede una donna dai capelli bruni, dal volto leggermente paffuto, gli occhi languidi e apparentemente sonnacchiosi ma capaci di diventare in un lampo taglienti e affilati come coltelli: si tratta dell'infermiera
altoatesina Rose M.
Suo compito è consegnare la schiava domestica
alle padrone della tenuta segreta sprofondata nel bosco di Lancy. La
tenuta, sapientemente occultata alle autorità locali, fa parte di un
triangolo segreto il cui vertice fa capo al domaine ubicato
nei pressi di Lugano di proprietà di Janine Souillon, mentre il
terzo angolo è occupato da una proprietà che sarà svelata, forse,
soltanto in un secondo tempo e comunque non in questo resoconto. La schiava non ha più un nome proprio: dal
nome fittizio di “Monika”, utile ormai solo come interfaccia
pubblico, si è passati a quello di “sguattera sudiciona” , a
seguito di un'ulteriore degradazione della sua condizione. Se
qualcuno sollevasse il pesante grembiule della schiava, scorgerebbe
sotto la divisa un sistema di doppie mutande, una di caucciù e
l'altra di cuoio spesso, sovrapposte e chiuse con una cerniera ed un
lucchetto in acciaio inossidabile. Queste mutande, a un tempo
contenitive e punitive, impediscono alla sudiciona qualsiasi indebita
manipolazione delle sue parti genitali e la consegnano, per la
soddisfazione di qualsiasi necessità fisiologica, alle volontà
delle sue custodi.
Ma ecco che intanto la Mercedes, passato un
complicato sistema di cancelli automatici sorvegliati da telecamere,
sta finalmente attraversando un lungo viale alberato, coperto di
ghiaia bianca. In fondo al viale si scorge, affogata nel bosco, la
tenuta di Anne e Louise: una sorta di cupo e alto maniero color
ardesia, pieno di stanze, torri e bovindi, circondato da un ampio
parco cintato. La consegna della schiava avviene nel salone
principale, in presenza delle due donne, amministratrici delegate di
una importante multinazionale di cui ovviamente non si fa cenno in
questo racconto. La sguattera sudiciona è stata ceduta per un mese alle
due quarantenni, insieme alle chiavi del lucchetto che sigilla il
sistema delle doppie mutande contenitive e punitive. E mentre
l'austera infermiera altoatesina viene congedata dalle due dame e
riaccompagnata alla Mercedes, che la riporterà a Lugano in serata,
la nuova mula della tenuta viene portata, sempre incappucciata, in
una piccola cella che diventerà la sua residenza: tre metri per due
di cemento stillante, incassati in una cantina adiacente a un lago artificiale, occupati da un vecchio
materasso, un grande vaso in porcellana per clisteri appeso al
soffitto, decorato con un motivo floreale e dotato di un tubo di
caucciù e di un enorme ugello in bachelite nera, e una serie di
vecchie divise e grembiuli, chiaramente usati, appesi anch'essi a dei
ganci pendenti dal soffitto. A fianco del materasso, un grosso
secchio di zinco servirà a raccogliere le deiezioni della schiava.
La
sguattera sudiciona viene subito incatenata al materasso a pancia
sotto e le viene tolto il cappuccio. - Allons, salope! - una voce
chioccia irrompe nella cella: la voce appartiene a Grosse Jeannette,
quella che per un mese sarà l'inflessibile custode della sguattera
sudiciona. Imponente, la giovane e rubiconda alsaziana veste una divisa da
macellaia ed è ricoperta da un grembiule di gomma bianca, al ventre
è legata una spessa cintura di cuoio dalla quale pendono vari
arnesi di legno e di metallo, su tutti spicca un corto frustino di cuoio da cavallo.
Gioviale,
crudele e rozza, Grosse Jeannette controlla lo stato delle mutande
della nuova mula, rovista qua e là, ne preme il ventre, manipola i
seni, strizza i capezzoli: infine assesta un potente sculaccione
sulla natica destra della schiava.
Il lucchetto viene aperto, le
doppie mutande abbassate sulle cosce, poi tre dita guantate dilatano
brutalmente lo sfintere della mula, giusto pochi attimi prima che il grosso
ugello di bachelite si faccia strada nel suo immondo retto. Grosse Jeanne spinge il nero godemichet cavo a fondo,
senza tanti complimenti. Apre il rubinetto del vaso di porcellana e
subito due litri e mezzo di acqua calda mista a sapone e olio d'oliva entrano negli
intestini della schiava che spalanca gli occhi per i crampi, mentre
conati di vomito le squassano stomaco e budella. Alle contrazioni e ai grotteschi contorcimenti
della serva, la custode alsaziana scoppia a ridere: - Ti dovrai abituare,
luridona! Qui le mule lavorano solo ben gravide!
Con un rumore di
risucchio, ecco che il vaso di porcellana appare svuotato a dovere.
La custode estrae rapidamente l'ugello dal sedere della schiava, ma
il grosso oggetto viene immediatamente rimpiazzato da un butt blug
gonfiabile che, dilatato da una pompetta, sigilla perfettamente la
mula. Una volta controllato che il tappo rimanga bene in sede, le
doppie mutande vengono tirate su e chiuse col lucchetto. La sguattera sudiciona sente ribollire e premere nel ventre il liquido caldo, denso e vischioso. La sensazione di nausea non l'abbandona un solo istante.
- In piedi,
sudiciona!
Liberata dalle manette che la tenevano legata prona al
materasso, la schiava è ora in piedi. Il ventre tende a dovere il
grembiule di gomma: Grosse Jeanne, soddisfatta, contempla la mula gravida. - Molto bene, sudiciona! E ora, al lavoro!
(1- continua)
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