Nota di Janine Souillon
Il testo che segue contiene, per mia espressa volontà, degli elementi autobiografici riconducibili alla vera identità della sguattera sudiciona. Tali elementi permettono di conoscerla meglio, anche se non ne rivelano in modo esplicito l'origine. Per lo stesso motivo, su mio ordine, la serva ha eliminato la prima persona dal resoconto che segue, attenendosi ad una narrazione "impersonale".
Come stabilito in precedenza da accordi privati, all'ottima FrauJulia è affidata l'educazione della schiava.
JS
LANCY
di sguattera sudiciona
La Mercedes modificata scorre
silenziosa e veloce per le strade di Lancy, tagliando l'aria fredda
che avvolge il Comune del Canton Ginevra, in una prima mattina di un
imprecisato giorno di dicembre, anno di grazia 2012.
Il van della
Mercedes, a differenza dei lussuosi interni in radica e pelle bianca
destinati alla chauffeuse e alle due occupanti, è terribilmente
spartano: una cella senza finestrini, interamente foderata di zinco,
con catene e manette agganciate a una serie di tubi di acciaio
saldati alle pareti. Inginocchiata, le mani ammanettate dietro la
schiena, un collare di cuoio collegato con una catena a un grosso
anello di ferro infisso sul fondo della cella semovente, vediamo una
donna.
Indossa una divisa vecchia e consunta, macchiata di sudore in
più punti, dalle maniche corte. Le mani sono coperte da un paio di
guanti di gomma verdi, il ventre e i seni della donna sono avvolti in
uno spesso grembiule di gomma dello stesso colore dei guanti. Se il
volto della schiava non fosse coperto da un cappuccio di cuoio
marrone, si riconoscerebbero i lineamenti di una sfiorita cinquantunenne
che dimostra almeno cinque anni in più della sua età. La finezza
dello sguardo rivelerebbe quello che un tempo, prima di essere
schiava, la schiava è stata.
Ogni tanto, nel labirinto di fatiche e
degradazioni a cui è quotidianamente sottoposta, nella mente della serva si insinua,
sporadicamente, un brandello di ricordo della sua vita precedente.
Compito delle sue padrone è tenere sempre desto, anche grazie alla
scrittura, questo larvale ricordo, affinchè sia più dolorosa la
coscienza della sua condizione presente. La schiava scrive, da
sempre, in inglese, essendo nativa degli Stati Uniti e giunta in
Svizzera per lavorare immediatamente alle dipendenze di Janine
Souillon. Per tale motivo, è la stessa Janine a tradurre i suoi testi in italiano e,
talvolta, in francese e tedesco. Ma torniamo al nostro viaggio: a fianco della chaiffeuse, una
bionda ragazza sui venticinque anni, dai biondissimi capelli tagliati
a caschetto e coperti dal berretto a visiera, siede una donna dai capelli bruni, dal volto leggermente paffuto, gli occhi languidi e apparentemente sonnacchiosi ma capaci di diventare in un lampo taglienti e affilati come coltelli: si tratta dell'infermiera
altoatesina Rose M.
Suo compito è consegnare la schiava domestica
alle padrone della tenuta segreta sprofondata nel bosco di Lancy. La
tenuta, sapientemente occultata alle autorità locali, fa parte di un
triangolo segreto il cui vertice fa capo al domaine ubicato
nei pressi di Lugano di proprietà di Janine Souillon, mentre il
terzo angolo è occupato da una proprietà che sarà svelata, forse,
soltanto in un secondo tempo e comunque non in questo resoconto. La schiava non ha più un nome proprio: dal
nome fittizio di “Monika”, utile ormai solo come interfaccia
pubblico, si è passati a quello di “sguattera sudiciona” , a
seguito di un'ulteriore degradazione della sua condizione. Se
qualcuno sollevasse il pesante grembiule della schiava, scorgerebbe
sotto la divisa un sistema di doppie mutande, una di caucciù e
l'altra di cuoio spesso, sovrapposte e chiuse con una cerniera ed un
lucchetto in acciaio inossidabile. Queste mutande, a un tempo
contenitive e punitive, impediscono alla sudiciona qualsiasi indebita
manipolazione delle sue parti genitali e la consegnano, per la
soddisfazione di qualsiasi necessità fisiologica, alle volontà
delle sue custodi.
Ma ecco che intanto la Mercedes, passato un
complicato sistema di cancelli automatici sorvegliati da telecamere,
sta finalmente attraversando un lungo viale alberato, coperto di
ghiaia bianca. In fondo al viale si scorge, affogata nel bosco, la
tenuta di Anne e Louise: una sorta di cupo e alto maniero color
ardesia, pieno di stanze, torri e bovindi, circondato da un ampio
parco cintato. La consegna della schiava avviene nel salone
principale, in presenza delle due donne, amministratrici delegate di
una importante multinazionale di cui ovviamente non si fa cenno in
questo racconto. La sguattera sudiciona è stata ceduta per un mese alle
due quarantenni, insieme alle chiavi del lucchetto che sigilla il
sistema delle doppie mutande contenitive e punitive. E mentre
l'austera infermiera altoatesina viene congedata dalle due dame e
riaccompagnata alla Mercedes, che la riporterà a Lugano in serata,
la nuova mula della tenuta viene portata, sempre incappucciata, in
una piccola cella che diventerà la sua residenza: tre metri per due
di cemento stillante, incassati in una cantina adiacente a un lago artificiale, occupati da un vecchio
materasso, un grande vaso in porcellana per clisteri appeso al
soffitto, decorato con un motivo floreale e dotato di un tubo di
caucciù e di un enorme ugello in bachelite nera, e una serie di
vecchie divise e grembiuli, chiaramente usati, appesi anch'essi a dei
ganci pendenti dal soffitto. A fianco del materasso, un grosso
secchio di zinco servirà a raccogliere le deiezioni della schiava.
La
sguattera sudiciona viene subito incatenata al materasso a pancia
sotto e le viene tolto il cappuccio. - Allons, salope! - una voce
chioccia irrompe nella cella: la voce appartiene a Grosse Jeannette,
quella che per un mese sarà l'inflessibile custode della sguattera
sudiciona. Imponente, la giovane e rubiconda alsaziana veste una divisa da
macellaia ed è ricoperta da un grembiule di gomma bianca, al ventre
è legata una spessa cintura di cuoio dalla quale pendono vari
arnesi di legno e di metallo, su tutti spicca un corto frustino di cuoio da cavallo.
Gioviale,
crudele e rozza, Grosse Jeannette controlla lo stato delle mutande
della nuova mula, rovista qua e là, ne preme il ventre, manipola i
seni, strizza i capezzoli: infine assesta un potente sculaccione
sulla natica destra della schiava.
Il lucchetto viene aperto, le
doppie mutande abbassate sulle cosce, poi tre dita guantate dilatano
brutalmente lo sfintere della mula, giusto pochi attimi prima che il grosso
ugello di bachelite si faccia strada nel suo immondo retto. Grosse Jeanne spinge il nero godemichet cavo a fondo,
senza tanti complimenti. Apre il rubinetto del vaso di porcellana e
subito due litri e mezzo di acqua calda mista a sapone e olio d'oliva entrano negli
intestini della schiava che spalanca gli occhi per i crampi, mentre
conati di vomito le squassano stomaco e budella. Alle contrazioni e ai grotteschi contorcimenti
della serva, la custode alsaziana scoppia a ridere: - Ti dovrai abituare,
luridona! Qui le mule lavorano solo ben gravide!
Con un rumore di
risucchio, ecco che il vaso di porcellana appare svuotato a dovere.
La custode estrae rapidamente l'ugello dal sedere della schiava, ma
il grosso oggetto viene immediatamente rimpiazzato da un butt blug
gonfiabile che, dilatato da una pompetta, sigilla perfettamente la
mula. Una volta controllato che il tappo rimanga bene in sede, le
doppie mutande vengono tirate su e chiuse col lucchetto. La sguattera sudiciona sente ribollire e premere nel ventre il liquido caldo, denso e vischioso. La sensazione di nausea non l'abbandona un solo istante.
- In piedi,
sudiciona!
Liberata dalle manette che la tenevano legata prona al
materasso, la schiava è ora in piedi. Il ventre tende a dovere il
grembiule di gomma: Grosse Jeanne, soddisfatta, contempla la mula gravida. - Molto bene, sudiciona! E ora, al lavoro!
(1- continua)
1 commento:
Serva sudiciona,
Grosse Jannette che ti accudisce promette bene. Mi interessa la soluzione da clistere che ti ha tanto sconvolto: sapone ed olio usati contemporaneamente, non si finisce mai di imparare. Bene, vedi di far tesoro dei trattamenti a cui verrai sottposta e condividerli qui sul blog.
Buona permanenza.
FrauJulia
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