Gentilissima Madame Janine,
vengo ad esporle un esperimento effettuato su come umiliare la serva.
Conosciamo bene la praticità dell'uso di mutande impermeabili sia associate alla divisa di fatica che di punizione. La serva fa di tutto per conservare le mutande ed il relativo pannolone perfettamente puliti. Ma passato qualche tempo notiamo un rilassamento della serva che non si impegna più come una volta diventando incontinente, evidentemente pensando "tanto ci sono le mutande impermeabili".
Ho così deciso di farmi accompagnare dalla serva in un grande magazzino, dopo averle fatto ingurgitare numerose tazze di tè e caffè (notoriamente diuretici) ed un buon mezzo litro di minerale. Solo che le mutande, anzichè di gomma, erano le solite di cotone della divisa di fatica. L'abbigliamento restante della serva era costituito da una corta tunica con delle belle bragotte aderenti, un abbigliamento più o meno da commessa. Mi sono solo assicurata che la minima macchia di umido risaltasse perfettamente ben scura sullo sfondo blu del tessuto, facendo notare il fatto alla serva.
Ed il risultato è stato entusiasmante: la serva che mi ha seguita per due interminabili ore, spingendo un pesante carrello, ad ogni piccola sosta stringeva disperatamente le cosce cercando di trattenersi.
Devo dire, in suo onore che è riuscita a non bagnarsi fino a casa. Questo fatto non mi è del tutto dispiaciuto, lascia campo libero a successive sperimentazioni.
La ringrazio per la sua attenzione. Sarei lieta se volesse ordinara alla serva sudiciona M. di pubblicare la lettera sul blog. Ovviamente Suoi eventuali suggerimenti sono sempre i benvenuti, come quelli delle altre lettrici.
sua FrauJulia
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CHIUNQUE PROSEGUA NELLA LETTURA LO FA CONSAPEVOLMENTE
Il blog LA DOMESTICA RISPONDE è da considerarsi completamente opera di fantasia. I personaggi e le situazioni descritte sono fittizi, e l'eventuale somiglianza con persone o fatti esistenti è da ritenersi totalmente accidentale.
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© JANINE SOUILLON, LUGANO, CH
26 novembre 2014
UNA LETTERA DI FRAUJULIA
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PENSION BALNEARIA 91 / I LAVORI FORZATI DELLA PERRA
drawing by slave elisabeth mandile © Annika Kapyzska |
Nobili Signore, serva sudiciona,
Ci eravamo lasciate con le raggelanti
parole della Badessa: “TU sei la responsabile dell’accaduto,
quanto alla detenuta le farò rimpiangere di essere nata, ora prendo
un bagno, poi presentati con la detenuta nel mio studio per ascoltare
le vostre sentenze!”.
Quella maledetta della perra mi ha
nuovamente fregato, chissà in che guai mi ha cacciata.
Arrabbiatissima la porto a calci, schiaffi e spintoni nella sua
cella. Di lì ad una mezz’ora una sorvegliante mi avverte che la
Badessa è tornata nel suo studio. Riprendo la perra per un orecchio
e, non troppo entusiasta per cosa mi attende, la trascino fino allo
studio.
“Ci ho pensato un po’” dice la
Badessa, un po’ più rilassata, dopo il bagno, “per te basteranno
due dozzine di frustate”, “Quanto a questa vipera, provvederemo
domani mattina, vediamo se non la piego. Ho chiamato anche la Signora
della Pension Balnearia, mi sembra giusto che anche lei sia messa al
corrente dell’inqualificabile comportamento.”. Con queste partole
veniamo congedate. Quattro robuste sorveglianti prendono in consegna
la perra, quanto a me devo seguire, controvoglia Alejandra per
ricevere il mio castigo. Ventiquattro frustate, di quelle buone. Vi
assicuro che i miei denti sono penetrati a fondo nella cinghia di
cuoio, ripiegata più volte che mi è stata data da mordere. Infatti
una futura sorvegliante deve accettare qualsiasi castigo senza
discutere e sopportarlo in silenzio. Alla fine ho letteralmente il
sedere a quadri, infatti l’esecutrice, anziché insistere sempre
sullo stesso punto, e farmi così sanguinare, ha preferito
distribuire i colpi uniformemente e giunta a metà li ha incrociati
coi precedenti, una vera anima d’artista.
Quanto alla perra, viene riportata in
cella, e viene tenuta a digiuno.
La mattina giunge dopo una notte quasi
insonne per me, causa i dolori al sedere e per la perra per i morsi
della fame.
La sentenza della perra è che dovrà
scavare da sola un nuovo pozzo di estrazione della creta. Un lavoro
immane, visto che il pozzo dovrà essere rotondo di diametro
approssimativo di un paio di metri. Se teniamo conto che la terra è
dura e pesante e che occorrerà scendere di 5 o 6 metri, la perra
dovrà scavare ininterrottamente per un buon mese. Ben contente le
altre scavatrici, che si limiteranno a sollevare la terra scavata con
un secchio, legato ad un arganello. All’arrivo della Signora, viene
tracciato, sul terreno un bel cerchio. Alla perra vengono consegnati
una nuova vanga ed un secchio. Per i primi giorni potrà lavorare da
sola, poi quando lo scavo lo richiederà, verrà aiutata da un'altra.
Alle caviglie della perra vengono messe due cavigliere, collegate da
una catena. Tanto non dovrà poi fare dei grandi viaggi. E, per
toglierle la voglia di combinare guai, viene messa a mezza razione di
cibo ed acqua. La Badessa fa installare un bianco gazebo, in modo che
la sorvegliante stia comoda.
E così la perra, sorvegliata
continuamente da una guardiana e “visitata” spesso dalla Badessa
e dalla Signora inizia a fare la conoscenza con il Lavoro. E non ne è
affatto entusiasta. Vesciche alle mani, dolori muscolari, fame e
sete. Già la prima sera, al suono della campanella che segnala la
fine delle interminabili ore di lavoro, sviene. Dobbiamo portarla in
mensa a braccia e farla rinvenire, altrimenti a furia di saltare i
pasti non dura neanche una settimana. Vediamo la perra durante il
lavoro, due giorni dopo l’inizio. Lo scavo, in realtà un po’
più largo di 2 metri, è ora profondo 1 metro. Sono stati rimossi
più di 3 metri cubi di terreno compatto e duro. La perra deve
scavare faticosamente con la vanga ed un piccone la terra, poi
riempie il grosso secchio e, dopo esserselo caricato sulle spalle,
deve ingegnarsi a salire due rozzi scalini lasciati nella terra. Il
materiale di risulta dello scavo viene utilizzato per colmare i
dislivelli del terreno all’intero della recinzione dell’Istituto.
La divisa della perra è ormai
consumata ma è tale la quantità di terra che la imbeve, che
manterrebbe la forma della perra, se mai le fosse permesso di
toglierla. Poiché ormai vive solo per lo scavo, non ha bisogno di
lavarsi, ormai anche la perra è del colore della terra ed emana un
odore terribile. Visto che ha iniziato a lavorare duramente, la
Signora ha concesso alla perra razione intera di cibo ed acqua. Le
mani della perra cominciano a sviluppare calli duri come il ferro.Se
le facciamo togliere per un momento la divisa, vediamo che la pelle è
molto arrossata per il continuo sfregare contro la juta sudicia ed
umida, anche questo si aggiunge alle fatiche. Ma lo scavo avanza
inesorabile e le Signore si accorgono che la perra là in fondo,
immersa fino alla caviglia nel fango e nella terra smossa, è un po’
fuori portata, infatti non hanno nessuna voglia di scendere per
correggerla. Ed ora alla perra viene ordinato di restare con solo le
mutandone punitive, niente divisa di fatica, un bel sollievo per lei,
laggiù in fondo allo scavo, in un ambiente umido e caldo. Inoltre
le viene imposto un pesante cappuccio di cuoio con lenti di plastica
per riparare gli occhi. Perché tutto ciò?
La Signora della Pension Balnearia ne
ha ideata un'altra: da un abile artigiano armaiolo ha fatto
modificare una di quelle armi giocattolo utilizzate per il soft-air.
Dopo le modifiche, quello che sembrava un fucile, ora sembra un
bastone. Ma un bastone in grado si sparare pallini ben più duri e
pesanti di quelli utilizzati per gioco. E posso assicurarvi che fanno
male, ad un mio sorrisetto, vedendo l’oggetto, la Signora mi ha
sparato una raffica di pallini sul polpaccio: come se fossero punture
di vespa, ma il peggio viene poi, restano dei segni rossi
dolorosissimi, che pian piano diventano scuri e ci mettono giorni per
scomparire. Ed ora la perra, in fondo al suo pozzo, non ha
possibilità di fuga. Ben presto capisce che ha due opzioni: la
sottomissione ed obbedienza assoluta, rompendosi … la schiena con i
secchi di terra, oppure non le resta che mettersi in posizione
fetale, aspettando la dolorosa ed inevitabile raffica di pallini. La
perra si mette in questa posizione perchè ha scoperto che i pallini
sulle tette fanno molto molto più male che altrove. Un ultima cosa:
alla perra non sono concesse risalite per la pausa bagno: i mutandoni
punitivi sono stati riempiti con un adeguato pannolone che le è
permesso di lavare solo la sera. Lo stesso avviene per il cibo, il
pranzo le viene servito gettandole dei pezzi di pane e calando una
grossa gamella di sopa molto liquiida, che funge anche da bevanda.
Tale regime sta modificando il fisico
della perra: se prima era una donna antipatica ma aggraziata, ora la
vediamo sotto al cappuccio: cortissimi capelli brizzolati, appena
spuntati, viso dimagrito in cui spiccano i suoi soliti occhi
strafottenti e spiritati. Labbra screpolate. Il torace ed il torso
nudi rivelano gli stenti e le numerose piccole ecchimosi rivelano
dove è stata “picata” dai pallini punitivi. Le tette cascanti.
Le spesse mutande punitive, rigonfie di un puzzolente e bagnato
pannolone. Le gambe dimagrite, coperte di terra, che almeno qui
riesce a mascherare le ecchimosi.
Insomma, la perra sta scendendo la
spirale dell’annullamento, ma non è ancora affatto domata. Temo
che per lei ci voglia ben altro!
Vostra sorvegliante nadia
(91- continua)
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PENSION BALNEARIA 90 / LA PERRA E LA TORRE
la vita prosegue e, tra una lezione e
l’altra decido di andare a controllare la perra: non sia mai che,
affidata ad un'altra sorvegliante, prenda cattive abitudini. Arrivo a
metà giornata. Attendo un attimo e vedo arrivare un grande carrello
a ruote, carico di piatti. Il caldo, sotto al portico che ripara i
forni di cottura, è allucinante. Ma per le serve non esistono
versioni “leggere” della divisa di fatica.
Il “saio” marrone, descritto in
precedenza, è scolorito e tutto a macchie: si vedono i punti in
cui, a contatto della pelle è inzuppato di sudore, altre parti,
invece sono state rapidamente asciugate dall’intenso calore dei
forni e sono cosparse da impalpabili cristalli bianchi di sale. Ai
piedi la perra porta rudimentali e rumorosi zoccoli di legno, gli
stessi usati anticamente dai braccianti agricoli. Per ripararsi dal
calore irradiato dal forno, la perra deve indossare due paia di
grembiuli: uno di spessa gomma ed uno luccicante ch sembra di domo
pack, all’esterno. Le lunghe maniche del saio riparano gli
avambracci e uno spesso paio di lunghi guanti da lavoro di cuoio
impedisce che le mani si brucino. I capelli della perra sono
ricoperti e riparati da un fazzolettone dello stesso materiale del
saio, che le copre testa e collo e che, quando si avvicina al forno,
viene tirato anche a coprire la faccia, un po’ come il copricapo
delle tribù del sahara. La perra, ancora dolorante per il parto,
muove il carrello con grande circospezione, memore del disastro
combinato. Una volta portato al suo posto il carrello, mi avvicino e
scambio qualche parola con la sorvegliante e chiedo come passi la
giornata la perra. Sveglia, come per tutte le altre detenute alle 6.
Le detenute debbono lasciare i propri giacigli in perfetto ordine
(non per niente questa Istituzione ha un lontano passato di convento
di punizione di un ordine monastico militare). Alle 6.30 tutte le
detenute devono essere pronte, una piccola squadra sull’attenti di
fronte alla Sorvegliante capo. Contemporaneamente due sorveglianti
verificano che i giacigli siano stati lasciati in ordine e
perquisiscono rapidamente le spoglie celle. Al termine di questa
ispezione il primo pasto della giornata: del tè, talmente lungo da
poter essere definito acqua calda sporca, ovviamente niente zucchero.
Un pezzo di pane secco da inzuppare nel liquido. Alle 6.45 le
detenute devono raggiungere i propri posti di lavoro dove, nel
frattempo, dopo una abbondante colazione, arrivano le sorveglianti.
Ma veniamo alla perra, come primo lavoro della giornata le tocca
quello di aiutante fuochista. Infatti assieme ad un'altra detenuta,
la fuochista, accende l’enorme forno a carbone, che dovrà
bruciare per un ora prima di essere caldo a sufficienza per poter
cuocere i piatti. Ma l’ora non passa inoperosa, due grossi mantici,
azionati con un sistema di leve, devono ininterrottamente soffiare
aria, per scaldare la fornace. Il lavoro dei mantici, in aggiunta
allo spalare il carbone, occuperà poi per tutta la giornata la
detenuta fuochista. Un lavoro abbastanza pesante. Come pesante è il
lavoro delle due schiave addette allo scavo della compatta e
pesantissima argilla. Molto meno pesante è la “formatura” degli
oggetti, lavoro che però richiede doti artigianali non comuni e che,
comunque, è svolto da vecchie schiave che in anni di espiazione
hanno meritato questo privilegio. Ma veniamo a quello che la perra,
nella sua dabbenaggine ha creduto un “lavoretto”. Riceve gli
oggetti di terracotta, ancora relativamente teneri, appoggiati su
lunghe assi. Deve sollevare le assi ed infilarle su appositi
alloggiamenti nella parte bassa del forno. Poi, a metà cottura, deve
riaprire il forno e spostare gli oggetti nella parte alta. Appunto,
la perra non aveva tenuto conto di questo fatto, il calore del forno,
unito al riverbero dei piatti, rende necessario l’abbigliamento
protettivo che ha però la particolarità di far sudare moltissimo e
poichè la juta bagnata di sudore prude in maniera infernale più che
di un abbigliamento protettivo potremmo parlare di un abbigliamento
penitenziale. Una volta ogni ora alla perra viene concessa una brocca
da mezzo litro di acqua. Deve berla tutta d’un fiato, di fronte
alla sorvegliante. Dato il gran sudare non ha gran bisogno di
orinare, buon per lei perché sono previste solo tre pause bagno,
mattina, mezzodì e sera. Altri permessi non vengono concessi e le
detenute sono costrette a pisciarsi addosso mentre lavorano. Da qui
il pessimo odore che le circonda. Ma questo è anche un istituto
modello, tutte le sere le detenute devono evacuare, con l’aiuto di
un buon clistere saponato da 3 litri, ritenuto per una buona
mezz’ora. Ogni due giorni, alla sera, le detenute subiscono il
“lavaggio”. Una sorvegliante impugna un tubo di acqua, dotato di
un potente getto. Le detenute avanzano fino ad una piattaforma di
cemento e si devono mettere nella posizione dell’Uomo di Vitruvio.
Il getto, sapientemente diretto lava loro e le divise dalla testa ai
piedi. Particolare attenzione viene posta all’igiene intima, la
detenuta deve rialzare il saio punitivo, in modo da mettere i mostra
le mutande. La sorvegliante fa una prima passata “esterna” con il
getto, poi tira un po’ la cintura ed infila la punta da cui parte
il getto. L’operazione viene ripetuta più volte davanti e dietro.
Una volta lavate le detenute restano per un quarto d’ora a
rabbrividire e sgocciolare, visto che il lavaggio viene eseguito in
tutte le stagioni. Avevamo visto la prima colazione delle detenute,
vediamo il resto. A mezza giornata, anzi, alle ore 14, le detenute
hanno una pausa totale di 30 minuti, in cui possono utilizzare il
bagno, di cui parleremo diffusamente in seguito, e possono consumare
un pasto, questa volta di zuppa un po’ più nutriente, visto che
nell’acqua sono state cotte per lunghe ore le ossa scartate da una
vicina macelleria. Nel pentolone di zuppa vengono anche rotte alcune
uova, ed aggiunto sale, peperoncino, aglio, olio e molto pane secco.
Il tutto cotto per ore e rimescolato a lungo, da la “sopa bopa”,
una nutriente zuppa che ha nutrito generazioni di braccianti. Dopo
una giornata di lavoro che si protrae fino alle 20 in inverno ed alle
21 in estate, le detenute possono consumare il pasto serale. Alla
sera, però è bene tenere leggere le detenute, se non hanno ricevuto
punizioni, il che automaticamente comporta il digiuno serale, le
detenute ricevono una scodella di “sopa magra”, su cui mi sono
già dilungata. Nei giorni di “lavaggio” è tradizione di dare la
sopa magra ben calda ed in doppia razione, per compensare il freddo
patito dalle detenute nei loro abiti zuppi.
Ma parliamo del WC per le detenute, in
una istituzione spartana come questa i WC sono collettivi, una
casetta di cemento con 4 “inodoro turco”, nessuna separazione tra
i vari “posti”. E dopo l’uso le detenute devono lavare a
secchiate di acqua la toilette. Come carta igienica sono a
disposizione fogli di giornale attaccati ad un chiodo.
Mentre parlo con la Sorvegliante guardo
la perra lavorare, e mi accorgo che sul carrello trasportato mancano
qua e là dei piatti. Indago un po’ e scopro che la furbona, per
evitare le nerbate dovutele per ogni piatto rotto, ha fatto la
pensata di buttare i piatti rotti nel forno.
Intimamente contenta di aver nuovamente
individuata la furbetta, segnalo prontamente, come mio preciso
dovere, la cosa alla Sorvegliante di turno ed alla Badessa.
Quest’ultima, mi incarica di ideare ed eseguire la punizione per la
perra. Chiedo di poter riflettere un attimo, la perra, invecchiata e
dimagrita , ha ricevuto innumerevoli nerbate ma se la si guarda
dritta negli occhi si intuisce ancora un non so che di sfida, le
nerbate servono solo a trasformarle la pelle del culo in cuoio…….
Poi penso alla prima punizione a cui ho
qui assistito qui all’Istituto: la torre. Illustro la mia idea alla
Badessa, incontro la sua approvazione ma, mi dice, sei tu la
responsabile della preparazione e della esecuzione della punizione.
Sarà come una specie di “trabajo de clase”.
Spiego cosa ho pensato di organizzare:
la punizione della torre mi è sembrata interessante, legare la perra
con la testa nella vaschetta sarebbe un mio desiderio. Però ricordo
bene che, data l’idratazione forzata, quello che la serva alla
gogna “passava” alla serva sottostante, più che pipì pareva
acqua. E così ho proposto di mettere neòl piano superiore uno
sgabello la cui seduta è sostituita da una bella tradizionale asse
da WC. Così le detenute, alla mattina quando la pipì è più
concentrata, potranno per una volta pisciare comodamente. Detto
fatto, recupero da un bagno in disuso l’asse e con qualche chiodo
ben messo realizzo il manufatto. Al mattino successivo, ben prima
della sveglia, faccio alzare la perra e la trascino, ben ammanettata,
fino al di sotto della “torre”. Rinchiudo caviglie e polsi nelle
relative assi della gogna e lascio la perra a meditare su cosa la
aspetta, con la testa appoggiata all’interno della maleodorante
vaschetta ancora vuota. Ben presto arrivano le prime detenute per
fare pipì, sorveglio attenta l’operazione, spostando mano a mano,
con pazienza, la posizione dell’asse, in modo che i caldi e
maleodoranti getti, non solo riempiano la vaschetta ma colpiscano la
perra in faccia. Infatti è costretta a stare con occhi e bocca ben
chiusi. Il livello del liquido sale inesorabile, la perra si sforza
di tenere sollevata il più possibile la testa, cercando di sottrarsi
al suo castigo. Allora tolgo la cinta di cuoio della mia divisa e la
allaccio, in modo da limitarle i movimenti della testa. Il liquido
avanza inesorabile e ben presto arriva alle labbra. Ma la perra è un
osso duro, ha le vene del collo e della fronte gonfie per lo sforzo e
riesce ancora per alcuni minuti a respirare liberamente. Ma alla
fine deve cedere. La testa sprofonda nel liquido e dalla bocca escono
bolle d’aria, mentre il collo mostra rapide deglutizioni. Poiché
intendo far durare il più possibile la punizione, regolo
attentamente il numero di detenute in coda al perra-WC, voglio che la
perra abbia modo di assaporare a fondo ….. l’elisir, con pause in
cuoi riprende fiato, non voglio che sia semi-svenuta, perdendosi così
l’aroma.
Come promesso la Badessa viene a
verificare il mio …. compito in classe. Apprezza sia la comodità
dell’asse che la cinghia che rende difficile il sottrarsi in
qualche modo alla punizione. Passa una buona mezz’ora. Ormai lo
stomaco della perra comincia ad apparire gonfio, dopo che sette
detenute hanno vuotato la vescica. Una larga chiazza di umido macchia
il saio della perra all’altezza dell’inguine, questa incontinente
si è pisciata nuovamente addosso. Altre tre detenute pisciano ed è
ora di terminare la punizione. Seguita dalla Badessa mi reco sotto
alla Torre per rimettere in piedi la perra. Pare veramente provata,
con capelli maleodoranti e schiumosi incollati alla testa, pare un
gatto cvaduto in uno stagno. E qui accade un guaio, un grosso guaio.
La maledetta, ne ha architettata un'altra. Presa dalla rimozione
della cinghia e della gogne, non mi accorgo che la perra tiene
chiusa la bocca ed ha le gote gonfie. La rimetto in piedi e, la
osservo. E la perra dà seguito al suo criminoso piano: ha tenuto in
bocca una bella quantità di orina, riuscendo a respirare col naso.
Come sono di fronte al lei me la sputa, anzi, per meglio dire, me la
spruzza in faccia. Ma la cretina non ha fatto i conti con la mia
gioventù di “ragazza di strada”, intuisco qualcosa e mi abbasso
prontamente, solo una piccola parte del getto mi colpisce, la maggior
parte colpisce la Badessa!
Sono raggelata, prontamente prendo un
fazzoletto, non troppo di bucato, aihmè, e faccio il gesto di
asciugare la Badessa. Questa è inviperita, mi punta contro l’indice
e mi dice: TU sei la responsabile dell’accaduto, quanto alla
detenuta le farò rimpiangere di essere nata, ora prendo un bagno,
poi presentati con la detenuta nel mio studio per ascoltare le vostre
sentenze!
Vostra indegna sorvegliante Nadia
(90- continua)
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6 novembre 2014
DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 7
Diario di una educazione – 7
E’ tornata un po’ di pace e regolarità nella vita della sguattera. I giorni si succedono indistinguibili, scanditi dal lavoro, pasti ed ora d’aria. Chi si annoia di più è la Oberschwester. Ora di provocare una nuova stitichezza indotta alla serva. Ad Elize piace variare i suoi metodi, stavolta vuol vedere cosa succede se la serva riduce, colpevolmente la propria idratazione. Ed in che modo ottenere il risultato? Basta costringere la serva a trattenere la pipì per tempi lunghissimi. La sguattera, ubbidiente beve le sue quattro bottigliette di acqua al giorno, va da sé che dopo un buon mezzo litro d’acqua, di lì a un tempo che va da mezz’ora ad un ora, la serva abbia bisogno della pausa bagno. Ma la Oberschwester si diverte a dilazionarla: “devi prima pulire il salone”, “l’hai fatta da poco, ora aspetti”, “no adesso finisci il bucato, non mi interessa se chinandoti e tenendo le mani a bagno ti scappa ancora di più”. Ed ogni volta, per buona misura aggiunge: “e non provarti a fartela addosso, se non vuoi che ti metta un bel catetere XXL”.
La serva così tartassata, beve sempre meno. Le va bene per qualche giorno, tutto continua regolarmente, ma ben presto, sulle lavagnette della Oberschwester tornano ad apparire gli zeri!
La serva è combattuta tra la paura e la curiosità, chissà cosa le faranno, che brividi, che sonda useranno?
Ma la sguattera si sbaglia, viene convocata nello studio di Madame. Viene fatta inginocchiare, Madame la sovrasta, con una faccia burrascosa. “hai qualcosa da confessarmi?” esordisce. La sguattera avvampa, poi, con una certa faccia tosta nega. Madame, allora si siede e prende il proprio tablet. La serva deve, ginocchioni raggiungerla. Madame le dice “vorrei mostrarti che bel filmato ho trovato nelle registrazioni delle telecamere di sorveglianza”, la sguattera avvampa, possibile che abbiano messo telecamere dappertutto? E la cosa è vera, i filmati mostrano in HD i movimenti della serva, le occhiate furtive per controllare di essere sola, l’apertura del pacco, la curiosità ed infine le curiose manipolazioni della sonda e le strizzate di cosce, che alla fine culminano in un chiaro orgasmo. La serva pare una statua di sale, la paura le blocca il cervello, una sola angosciosa domanda: “e adesso?”.
Madame gioca come il gatto con il topo, si accende una sigaretta e fuma lentissimamente, soffiando il fumo in faccia ala sguattera, sempre in ginocchio. Finita la sigaretta Madame ha preso una decisione: “e così ti eccita il clistere? Avrai modo di divertirti, tra un pò con qualche bel clistere punitivo. Ma per oggi voglio punirti per aver goduto senza permesso e allo stesso tempo rimetterti in moto l’intestino, no, niente clistere, fammi pensare……. cosa aveva proposto la Oberschwester il rizi …. rizi …. rizi”. Prontamente la Oberschwester completa il nome “Madame, il Rizinol, qui lo chiamano olio di ricino…… oppure potrei anche rispettosamente suggerire l’Epsomsalz.”
A Madame il nome piace, la Oberschwester traduce il nome in italiano, a beneficio della sguattera: il Sale Inglese detto anche Sale Amaro.
Madame telefona alla Farmacista, ma sfortunatamente questa non può venire, comunque approva incondizionatamente l’uso del sale Amaro, vedrà che effetto, dice a Madame.
E così la serva, deve andare a prendere il vaso da notte, poi viene mandata a scaldare un buon mezzo litro d’acqua. Nel bicchierone finisce l’acqua calda, seguita dai cristalli di una intera busta di purgante. I cristalli si dissolvono prontamente. Madame immerge il ditino e assaggia, “Ma è amarissimo, che schifo! E’ il suo incoraggiamento.”
E la serva deve rimettersi in ginocchio. “Stavolta devi bere un piccolo sorso alla volta, tienilo in bocca a lungo” ordina Madame.
Al primo sorso la serva scopre che il purgante è incredibilmente amaro. Essere poi costrette a tenerlo a lungo in bocca, facendolo ben girare in bocca, pone ancora di più il liquido in contatto con i recettori dell’amaro”. La sguattera fa una faccia orripilata, ma Madame incalza: “mia cara ma non sei mai contenta, la purga dolce della volta scorsa non ti piaceva, adesso non ti lamenterai pure di quella amara?”.
La Oberschwester rincalza la dose minacciando la sguattera che se si azzarda a vomitare la costringerà a bere un bicchiere di orina al giorno per una settimana. E così, di sorsetto in sorsetto, la sguattera beve, tra brividi e suppliche, tutto il bicchierone di purga. Viene poi messa a ripulire minuziosamente il pavimento dello studio, Madame infatti vuole sorvegliare gli effetti della purga. La serva deve bere un ulteriore litro di acqua pura nella mezz’ora successiva. Dover bere così in fretta è di per sé una punizione. Ma ben presto gli effetti della potente purga si fanno sentire, la pancia della sguattera inizia a brontolare. La punita, sia pur continuando a lavorare, si ferma a tratti, con le mani sul ventre preda di atroci crampi, Il lavoro continua, fino a che la serva ad un certo punto salta su come spiritata, “Madame, devo ….. devo……. la prego …… SUBITO”. Madame non ha cuore di trattenerla, inoltre non vuole assistere allo scempio del proprio pavimento. La serva pare impazzita, si alza, si abbassa le mutande e si fionda sul vaso da notte. I rumori sono degni di un temporale estivo: diciamo tuoni e scrosci in abbondanza. I crampi durano a lungo, la sofferenza appare chiaramente sul viso sbattuto della serva. Madame, per comprensibili ragioni, si fuma nel frattempo un ulteriore sigaretta. Ed al termine, la serva viene spedita a pulire il vaso e farsi un bidè. Tornando pensa che sia finita, ma Madame le ricorda: “mia cara, sappi che la prossima che combini ti attende un bel clistere punitivo, uno di quelli memorabili, di quelli che Schwester Elize amava praticare alle pazienti della clinica. Vedrai che ai tempi nella DDR non si scherzava affatto!
E la sguattera viene congedata. Vi assicuro che l’eccitazione e la curiosità per gli oggetti del famoso pacco è, per il momento, sparita completamente. Ma diamo tempo un paio di giorni alla porcella e credo provocherà la nuova punizione.
(7- continua)
E’ tornata un po’ di pace e regolarità nella vita della sguattera. I giorni si succedono indistinguibili, scanditi dal lavoro, pasti ed ora d’aria. Chi si annoia di più è la Oberschwester. Ora di provocare una nuova stitichezza indotta alla serva. Ad Elize piace variare i suoi metodi, stavolta vuol vedere cosa succede se la serva riduce, colpevolmente la propria idratazione. Ed in che modo ottenere il risultato? Basta costringere la serva a trattenere la pipì per tempi lunghissimi. La sguattera, ubbidiente beve le sue quattro bottigliette di acqua al giorno, va da sé che dopo un buon mezzo litro d’acqua, di lì a un tempo che va da mezz’ora ad un ora, la serva abbia bisogno della pausa bagno. Ma la Oberschwester si diverte a dilazionarla: “devi prima pulire il salone”, “l’hai fatta da poco, ora aspetti”, “no adesso finisci il bucato, non mi interessa se chinandoti e tenendo le mani a bagno ti scappa ancora di più”. Ed ogni volta, per buona misura aggiunge: “e non provarti a fartela addosso, se non vuoi che ti metta un bel catetere XXL”.
La serva così tartassata, beve sempre meno. Le va bene per qualche giorno, tutto continua regolarmente, ma ben presto, sulle lavagnette della Oberschwester tornano ad apparire gli zeri!
La serva è combattuta tra la paura e la curiosità, chissà cosa le faranno, che brividi, che sonda useranno?
Ma la sguattera si sbaglia, viene convocata nello studio di Madame. Viene fatta inginocchiare, Madame la sovrasta, con una faccia burrascosa. “hai qualcosa da confessarmi?” esordisce. La sguattera avvampa, poi, con una certa faccia tosta nega. Madame, allora si siede e prende il proprio tablet. La serva deve, ginocchioni raggiungerla. Madame le dice “vorrei mostrarti che bel filmato ho trovato nelle registrazioni delle telecamere di sorveglianza”, la sguattera avvampa, possibile che abbiano messo telecamere dappertutto? E la cosa è vera, i filmati mostrano in HD i movimenti della serva, le occhiate furtive per controllare di essere sola, l’apertura del pacco, la curiosità ed infine le curiose manipolazioni della sonda e le strizzate di cosce, che alla fine culminano in un chiaro orgasmo. La serva pare una statua di sale, la paura le blocca il cervello, una sola angosciosa domanda: “e adesso?”.
Madame gioca come il gatto con il topo, si accende una sigaretta e fuma lentissimamente, soffiando il fumo in faccia ala sguattera, sempre in ginocchio. Finita la sigaretta Madame ha preso una decisione: “e così ti eccita il clistere? Avrai modo di divertirti, tra un pò con qualche bel clistere punitivo. Ma per oggi voglio punirti per aver goduto senza permesso e allo stesso tempo rimetterti in moto l’intestino, no, niente clistere, fammi pensare……. cosa aveva proposto la Oberschwester il rizi …. rizi …. rizi”. Prontamente la Oberschwester completa il nome “Madame, il Rizinol, qui lo chiamano olio di ricino…… oppure potrei anche rispettosamente suggerire l’Epsomsalz.”
A Madame il nome piace, la Oberschwester traduce il nome in italiano, a beneficio della sguattera: il Sale Inglese detto anche Sale Amaro.
Madame telefona alla Farmacista, ma sfortunatamente questa non può venire, comunque approva incondizionatamente l’uso del sale Amaro, vedrà che effetto, dice a Madame.
E così la serva, deve andare a prendere il vaso da notte, poi viene mandata a scaldare un buon mezzo litro d’acqua. Nel bicchierone finisce l’acqua calda, seguita dai cristalli di una intera busta di purgante. I cristalli si dissolvono prontamente. Madame immerge il ditino e assaggia, “Ma è amarissimo, che schifo! E’ il suo incoraggiamento.”
E la serva deve rimettersi in ginocchio. “Stavolta devi bere un piccolo sorso alla volta, tienilo in bocca a lungo” ordina Madame.
Al primo sorso la serva scopre che il purgante è incredibilmente amaro. Essere poi costrette a tenerlo a lungo in bocca, facendolo ben girare in bocca, pone ancora di più il liquido in contatto con i recettori dell’amaro”. La sguattera fa una faccia orripilata, ma Madame incalza: “mia cara ma non sei mai contenta, la purga dolce della volta scorsa non ti piaceva, adesso non ti lamenterai pure di quella amara?”.
La Oberschwester rincalza la dose minacciando la sguattera che se si azzarda a vomitare la costringerà a bere un bicchiere di orina al giorno per una settimana. E così, di sorsetto in sorsetto, la sguattera beve, tra brividi e suppliche, tutto il bicchierone di purga. Viene poi messa a ripulire minuziosamente il pavimento dello studio, Madame infatti vuole sorvegliare gli effetti della purga. La serva deve bere un ulteriore litro di acqua pura nella mezz’ora successiva. Dover bere così in fretta è di per sé una punizione. Ma ben presto gli effetti della potente purga si fanno sentire, la pancia della sguattera inizia a brontolare. La punita, sia pur continuando a lavorare, si ferma a tratti, con le mani sul ventre preda di atroci crampi, Il lavoro continua, fino a che la serva ad un certo punto salta su come spiritata, “Madame, devo ….. devo……. la prego …… SUBITO”. Madame non ha cuore di trattenerla, inoltre non vuole assistere allo scempio del proprio pavimento. La serva pare impazzita, si alza, si abbassa le mutande e si fionda sul vaso da notte. I rumori sono degni di un temporale estivo: diciamo tuoni e scrosci in abbondanza. I crampi durano a lungo, la sofferenza appare chiaramente sul viso sbattuto della serva. Madame, per comprensibili ragioni, si fuma nel frattempo un ulteriore sigaretta. Ed al termine, la serva viene spedita a pulire il vaso e farsi un bidè. Tornando pensa che sia finita, ma Madame le ricorda: “mia cara, sappi che la prossima che combini ti attende un bel clistere punitivo, uno di quelli memorabili, di quelli che Schwester Elize amava praticare alle pazienti della clinica. Vedrai che ai tempi nella DDR non si scherzava affatto!
E la sguattera viene congedata. Vi assicuro che l’eccitazione e la curiosità per gli oggetti del famoso pacco è, per il momento, sparita completamente. Ma diamo tempo un paio di giorni alla porcella e credo provocherà la nuova punizione.
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20 ottobre 2014
DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 6
Diario di una educazione – 6
Eravamo rimasti con la nostra sguattera
nuovamente sofferente di stitichezza, indotta dalla timidezza di
scaricarsi davanti alla Oberschwester. La sguattera, cerca di
procrastinare promettendo che forse oggi avverrà il miracolo, una
sottile eccitazione, al pensiero del contenuto del famoso scatolone.
Ma Elize ha raggiunto scopo di intimidire e causare un nuovo blocco
alla sguattera. Telefona a Madame e di seguito chiama anche la
Farmacista. La cerca di giustificarsi con la frase: “non lo faccio
apposta, mi vergogno ad usare il vasetto!”. Inutile dire che si
becca una nuova sculacciata. Madame è stata chiara, le cure del caso
dovranno assolutamente venire praticate in serata, al di fuori
dell’orario di servizio. Ed infatti la serva, rientrando, come
sempre sorvegliata dalla Oberschwester, troverà ad attenderle la
Signora e la Farmacista. Alla sguattera, ancora in divisa da lavoro,
viene ordinato di indossare un grembiule di gomma che viene
fortemente stretto sul ventre, come se non bastasse le fanno
indossare anche i lunghi guanti verdi da lavoro. Deve poi
inginocchiarsi di fronte al vaso da notte. Alla vista dell’oggetto
avvampa involontariamente, provocando le risatine delle presenti. La
Farmacista non ha perso tempo, dal famoso pacco estrae varie scatole
di medicinali. Una gigantesca brocca graduata viene riempita d’acqua.
Si vede che la donna fa un certo sforzo per sostenerla, la sguattera
allibisce niente apparecchi da clistere in vista, che vogliono fare
con tutta quell’acqua? Nel frattempo nell’acqua finiscono
numerose grandi buste di polvere. La Farmacista rimesta il tutto con
un cucchiaio, la polverina si scioglie frizzando leggermente e
spargendo un vago odore di agrumi. La sguattera attende, sempre più
preoccupata. Intanto la Farmacista sta illustrando la propria
soluzione alle altre due: questo nuovo purgante è efficacissimo, ne
devono essere somministrati almeno quattro litri. Devono essere
bevuti, in quattro ore, il che vuol dire un bicchierone da ¼ di
litro, possibilmente tutto d’un fiato, ogni quindici minuti. Se
però c’è fretta, ed è questo il nostro caso, non vogliamo
perdere troppo tempo per una purga, si può accelerare la
somministrazione arrivando anche alle due ore, un bicchierone ogni 7
minuti.
La serva, decisamente riottosa, non
pare voler ubbidire, fa no con la testa. Le Signore, per blandirla
assaggiano, o almeno fanno finta di assaggiare il liquido.
La Farmacista è la prima ad immergere
un dito nella brocca, per provare il sapore della soluzione, Madame
pure lei, con fare schifato, e non trattiene una smorfia, è dolce ed
ha l’aroma di agrumi ma è …. un po’ strano e salato. La
Oberschwester assaggia senza problemi, precisa però che a suo parere
è solo uno spreco di tempo e denaro, vuoi mettere il tradizionale
“Rizinöl”?
Madame risponde che ci saranno tempo ed
occasioni a bizzeffe in futuro, anche per quello.
La brocca viene messa sul pavimento di
fronte alla sguattera, le viene messo in mano un gigantesco mug di
plastica, su cui la Farmacista ha segnato col pennarello il livello
di riempimento. Le tre donne si siedono, comode, sul divano di fronte
alla sguattera, Madame si è messa a portata di mano lo scudiscio, un
sempre ottimo “mezzo di persuasione”. La farmacista la avverte:
“sguattera non pensare neanche di vomitare, ogni volta che vomiti
aggiungerò un litro di acqua, c’è una seconda scatola di purgante
proprio per questo scopo”. E’ la Oberchwester che si incarica di
controllare gli orari di somministrazione, col suo orologio militare,
ex-DDR, fornito pure di cronometro. La sguattera deve alzare, con
grande sforzo la brocca e riempire fino al segno il bicchiere. La
Oberschwester fa un conteggio alla rovescia e ordina “bevi!” la
sguattera resta bloccata, non riesce a forzarsi all’obbedienza,
anzi, per enfatizzare il suo rifiuto si tappa la bocca con le due
mani. La Farmacista salta su inviperita, questa stupida non ha
capito che qui si fa sul serio! Dalla borsetta viene estratto
prontamente un involto, di quelli sterili. La Farmacista lo mostra
alla sguattera: la vedi questa? E’una sonda per la lavanda
gastrica, vedi l’imbuto? La si caccia giù per la bocca e arriva
fino allo stomaco. Poi si versa la purga nell’imbuto. Hai mai fatto
una gastroscopia? La Farmacista tocca uno dei terrori della
sguattera, anni prima le è stata fatta una gastroscopia, ricorda
ancora le due iniezioni di barbiturici e nonostante quelle, due
robuste infermiere hanno dovuto legarla al lettino con robuste
cinghie, per tenerla ferma, le sono restati i lividi per una
settimana. La sguattera aveva rimosso la sensazione di soffocamento,
la tosse disperata e una nausea tale da parerle che i conati le
rivoltassero lo stomaco da dentro a fuori, mentre il medico spingeva
su e giù per la gola e lo stomaco, quello che, nel delirio dei
barbiturici, le pareva un lunghissimo, infinito, pene. Anche se le
manca la voce per rispondere la faccia che fa parla chiaro, la
sguattera ha recepito il messaggio. “Vedrete che adesso fa la
brava” dice la Farmacista alle altre due. Infatti la serva inizia
subito ad ingurgitare il beverone. La capacità del mug è tale che
per la serva è impossibile bere tutto in una volta, si interrompe
per prendere fiato e il gusto dolce, salato, mandarino uniti ad un
forte inconfondibile retrogusto di medicinale, invadono le sue
papille gustative. La serva sbianca, inizia a lacrimare e le viene un
conato, afferra il vaso da notte e restituisce il liquido appena
bevuto. Nessuna mano le regge la fronte, anzi la Farmacista, come
promesso, aggiunge un litro di beverone. Ora la sguattera ha capito
che si fa sul serio. Ed infatti la sguattera inghiotte, inghiotte,
inghiotte, anche quando non sta bevendo, è l’unico modo per tenere
giù il beverone. Le pare che stiano facendole un clistere … per
bocca, lo stomaco a tratti si contrae cercando di espellere il
liquido, contrastato dai disperati sforzi della serva. I minuti
passano con lentezza, scanditi dai conteggi alla rovescia della
Oberschwester e dai rumori di sforzi deglutitori della sguattera. Lo
stomaco e la pancia iniziano a gonfiarsi, contrastati dallo stretto
grembiule, aumentando il senso di oppressione della poveretta. La
divisa di fatica si inzuppa pian piano di sudore, si può sentirne
chiaramente la puzza. Alla serva iniziano forti dolori di pancia, la
Farmacista se li aspettava, infatti il “bugiardino” del purgante
li elenca tra gli effetti collaterali delle somministrazioni veloci
soprattutto per le stiticone. E’colpa della sguattera che non
rilassa il pancione, accusa la Farmacista. Madame concede una pausa
di dieci minuti, mentre si gusta una delle sue ricercate sigarette,
osservando la serva affranta che viene obbligata a camminare per la
stanza nel tentativo di farle rilassare il pancione, ma senza
risultati, la pancia, sempre più gonfia, duole sempre. La Farmacista
insiste, bisogna che la sguattera si rilassi, volente o nolente. La
Oberschwester si avvicina alla Signora e le parla brevemente in
tedesco, Madame alza le spalle e risponde, “provveda, dopotutto
siamo tra donne!”. La Oberschwester slaccia il grembiule ed
abbassa le mutande zuppe di sudore della sguattera, massaggia
brevemente il pancione dolorante ed infilando una mano tra le cosce,
sibila all’orecchio della sguattera “ fai che non ti trovi mai
con le dita qui sotto o te le spezzo!”, iniziando poi a massaggiare
la patata della sguattera. Niente di voluttuoso, movimenti precisi e
a tempo, parrebbe quasi di sentire il tempo “ein – zwei – drei
- vier”. Ben presto la serva raggiunge un rapido orgasmo. Grazie al
rilassamento che segue l’orgasmo forzato, il pancione emette dei
forti gorgoglii ed i dolori si calmano. La serva può così
continuare a bere l’interminabile purga. Giunta al terzo litro la
sguattera inizia ad avere un forte bisogno di usare il bagno, la
Signora le indica il vaso da notte: “mia cara devi superare i tuoi
futili pudori, devi usare questo!”.
La sguattera ha talmente bisogno che
stavolta non bada agli scrosci, ai peti ed ai tonfi, né alle tre
spettatrici, comodamente sistemate sul divano, neanche stessero
guardando la televisione! La serva riprende a bere ma vomita
nuovamente, lancia uno sguardo supplicante, ma la Farmacista è
inflessibile, aggiunge un altro litro, “la purga è da finire fino
all’ultima goccia!”. E presto per la serva un ulteriore
umiliazione, deve andare a svuotare il vaso da notte, ornai colmo in
un grande secchio, da svuotare in seguito nella fogna del garage, con
la raccomandazione di non spargere neanche una goccia di quello
schifo! Tornata si troverà a lungo nella condizione di ingurgitare
liquido da sopra e di restituirne da sotto, praticamente un
corto-circuito!
La nauseante procedura dura ancora
molto a lungo, la serva è esausta fatica a tenersi eretta.
Finalmente il supplizio finisce e i dolori di pancia pian piano
terminano. La serva rabbrividisce, Madame, magnanima, le ordina di
vuotare e lavare il vaso da notte, poi concede una provvida doccia
ben calda. Al ritorno la serva sente le Signore che chiacchierano
rilassate: “tutto sommato queste, sia pur efficaci,moderne purghe
sono una grossa perdita di tempo, tre ore di lavoro perse, alla
prossima crisi di stitichezza utilizzeremo i collaudati ed efficaci
metodi tradizionali. La sguattera rabbrividisce, per il momento ne ha
avuto più che a sufficienza!
L’indomani racconterà, quasi come
fosse una martire, l’orrore per la purga ricevuta, esagerando pure
sulle sofferenze patite, “mie care, sapeste che vuol dire bere sei
litri di purga, non ho mai provato un dolore così forte, mi pareva
di morire con quel pancione gonfio come un otre, e poi quei dolori di
pancia che parevano non finire mai…..”.
(6- continua)
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PENSION BALNEARIA 89 / PRIVAZIONE E SOVRABBONDANZA
nel prosieguo del nostro corso di
Sorveglianti ci vengono presentati due efficacissimi metodi di
afflizione delle detenute: la privazione e la sovrabbondanza.
La perra, ormai segnata come cavia
preferita, deve, suo malgrado subire ancora. Tenete conto che è il
giorno successivo al parto. Finalmente lo sconvolgimento intestinale
dato dal contemporaneo impiego di purgante e clistere, si è calmato.
La perra ha ora semplicemente fame, una fame da lupi. Ma il destino
ha voluto che oggi le tocchi la privazione. Le viene imposto un
bavaglio, costituito da una pallina elastica, che mantiene aperta la
bocca, impedendo qualsiasi tentativo di alimentarsi e facendola
sbavare. La perra farà oggi un turno in cucina. Il suo compito è
quello di pelare le poche patate ed i pochi vegetali concessi alle
detenute. Il tutto finemente sminuzzato, verrà messo in un paio di
secchi di acqua in cui verranno sciolti anche alcuni pani secchi. La
preparazione viene fatta bollire per interminabili ore ed alla fine
dà la famosa “sopa magra”, il piatto principale dei locali
istituti di correzione.
La perra, sbavando per il bavaglio e
per la vista del cibo, non può neanche bere un sorso d’acqua. Ed
il turno in cucina dura per un intero giorno!
Come vi ho già accennato, il saio
penitenziale, mortifica alquanto la pelle della perra. Ad un certo
punto, credendo di non essere vista, infila una mano sotto al saio,
cercando di calmare in qualche modo il prurito.
Ma la sordida operazione della detenuta
non è sfuggita alla Capo-Cuoca: non sia mai che una sguattera
manipoli le proprie vergogne mentre è di servizio in cucina! E così
la perra viene portata in un ripostiglio, le viene rialzato il saio e
“CIAK, CIAK, CIAK”, pensavate che i molteplici strati di juta,
uniti alle mutande impermeabili rendessero difficile sculacciarla?
Niente è difficile per una Capo_Cuoca munita del suo fedele
cucchiaio di legno. La perra riceve così due dozzine di colpi di
cucchiaio sulle natiche e, per buona misura, anche quattro terribili
colpi per mano.
Ma la privazione non termina qui, la
sopa magra, dopotutto non è così appetitosa. La perra però, si
vede passare sotto gli occhi le vivande destinate alla Badessa , alle
Sorveglianti ed a noi allieve.
Il tormento dura una buona ora. Ma
adesso la perra deve trasformarsi in sguattera lavapiatti. Senza il
bavaglio avrebbe almeno la possibilità teorica, se la Capo_Cuoca si
distrae, di prelevare qualcosa dai capaci piatti di portata, con
parecchi avanzi o di almeno limitarsi a leccare qualche delizia dai
piatti sporchi. Ma la privazione è così, niente le viene concesso.
E ben presto, dato il continuo sbavare, indotto dal bavaglio, per la
perra inizia il tormento della sete. Sapete che si di sete si muore
in tre-quattro giorni, mentre alla fame si può resistere per
settimane? Bene la perra ha sete, una sete incredibile, e deve tenere
le mani nell’acqua per lavare pile impressionanti di piatti. Questo
aumenta ancora di più la sua terribile arsura.
Ma arriviamo all’ultima delle
privazioni: la Capo-Cuoca è stata chiarissima, dopo avere
controllato lo stato delle mutande della perra prima che questa
iniziasse il servizio: “nella mia Cucina a nessuna sguattera è
permesso di pisciarsi addosso. Pertanto la tieni, finché non ti darò
io il permesso.” Fortunatamente per la perra, non potendo bere la
vescica si riempie ad un ritmo più lento. Verso sera però, vediamo
la nostra perra, lavare i piatti utilizzati per la cena. Doveri
immergere per un ora le mani nell’acqua le stimola la vescica. La
perra è costretta a lavorare tenendo le cosce ermeticamente serrate
e facendo strani movimenti per resistere ai fiotto di orina che preme
sul suo sfintere. E finalmente anche per la perra termina il
servizio. Buon per lei che riesce a uscire dalla cucina, prima che si
aprano le …. cateratte ed un rivolo caldo e maleodorante, sfuggito
alle doppie mutande, riveli a tutte che la perra si è pisciata
addosso. Ovviamente viene sorpresa i n quello stato e la punizione
per questo è che la perra deve asciugare il laghetto fatto sul
pavimento del corridoio utilizzando le proprie mutande di juta e il
proprio saio penitenziale. Gli indumenti zuppi le verranno fatti
tenere tutta la notte, in modo che si asciughino lentamente con il
calore del corpo, aumentando il puzzo che ormai la accompagna e
moltiplicando ancora di più il terribile prurito che le impedisce
anche di dormire.
Ed il giorno successivo è il giorno
della sovrabbondanza. La perra è ancora di servizio in cucina. La
Capo_Cuoca, istruita dalla Badessa, permette finalmente alla perra di
mangiare. Una, due, tre scodelle di sopa magra molto molto molto
diluita. Ben presto lo stomanco della perra è pieno, ma bisogna
lavare i piatti ed alla fine la Capo_Cuoca , indicando la
sciacquatura in cui nuotano molti rifiuti, le ingiunge di mangiare
pure quella. E così la perra, armata della sua scodella e del suo
cucchiaio di stagno, deve consumare lo stomachevole pasto. Ben presto
lo stomaco si ribella e la perra vomita. Ma il lavello è ancora
pieno fino a metà e la perra deve ricominciare a mangiare
controvoglia una scodella di sciacquatura dietro l’altra,
inframmezzate da nausee, vomitini e sculacciate date di santa ragione
con il cucchiaio di legno..
La morale di tutto questo, ci dice
l’istruttrice, è che l’alternanza intelligente di privazioni,
percosse e sovrabbondanza, può aver ragione anche delle criminali
più incallite
Vostra umile sorvegliante Nadia.
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14 ottobre 2014
PENSION BALNEARIA 88 / IL PARTO DELLA PERRA
Nobili Signore, serva sudiciona,
ho dormito male, la notte, mi chiedevo
della perra, riuscirà a mettersi nei guai? All’inizio della
lezione del giorno dopo ho la conferma, la perra è proprio nei guai:
è riuscita a rovesciare e rompere una intera infornata di piatti.
Ora, se tenete conto che per un piatto rotto una detenuta riceve una
mezza dozzina di nerbate, di quelle buone, immaginiamoci quale
potrebbe essere l’effetto di molte centinaia di nerbate. La
Badessa, questo è il titolo della Direttrice di questo istituto,
commuta la pena della perra in un molto più compassionevole “parto
completo”.
Abbiamo così modo di vedere di persona
l’applicazione di questo castigo. La perra, soprannominata ora
“embarazada” viene fatta entrare nell’aula.
L’antico portamento insolente è
ormai quasi completamente cancellato.
Vi
descrivo la sua figura. Indossa un “saio di penitenza” di un
tessuto di spessa juta marrone. Se le togliessimo, per un istante il
saio vedremmo, al di sotto, una robusta mutanda, sempre di un doppio
o triplo strato di juta. Ancora al di sotto una robusta e spessa
mutanda di gomma completa il corredo.
Viene
utilizzato di questo tessuto poiché non costa nulla, viene donato da
un grossista di caffè che, altrimenti, non saprebbe dove smaltire i
sacchi vuoti. Alcune detenute, abili sarte, preparano il saio e le
mutande per le novizie. Poiché il tessuto è per sua natura
abbastanza ruvido, in particolare se bagnato, nei momenti liberi, si
vedono le detenute cercare di tenere i luridi tessuti sollevati dalla
pelle, nella vana speranza di riuscire a farli asciugare e diminuire
così il terribile prurito che, diffuso su tutto il corpo, le porta
quasi alla follia.
Ma veniamo alla punizione: due
sorveglianti portano l’inginocchiatoio di fronte alla classe. La
perra viene obbligata ad inginocchiarsi. La Badessa in persona
presenzia al castigo. Una sorvegliante porta una bottiglia di liquido
giallastro. Ne viene versato un bicchiere in una ciotola per cani e
la perra deve lapparlo da lì. Dalle smorfie capisco che si tratta di
olio di ricino.
Le viene ingiunto di non vomitare per
alcun motivo, ci mette buoni 15 minuti prima che la ciotola sia
perfettamente ripulita. A seguire viene obbligata a bere alcuni
bicchieroni di acqua calda, la Badessa la invita a berne il più
possibile, le verranno defalcati dai clisteri successivi.
Mentre la perra ingurgita il suo buon
litro di acqua calda, Alejandra ci mostra “el muñeco”, non si
tratta di una bambola, bensì di un ingegnoso plug, costituito da uno
spesso “preservativo” di gomma, gonfiabile, al cui interno sono
poste numerose lamine sagomate di acciaio mosse da una ingegnoso
sistema di leve, comandate da una manopola. “El muñeco”, tramite
un condotto collegato ad un tubo, è una impressionante cannula per
clistere. La manopola permette di muovere le lamelle, permettendo al
muñeco di passare dalla forma di una piccola pera, alla forma di un
fungo, di diametro all’incirca di un grosso pugno. La gomma esterna
segue la forma imposta dalle lamelle, inoltre un ulteriore tubicino
collegato ad una pompetta permette di gonfiare il preservativo
esterno, in modo da arrotondare un po’ la forma.
“El muñeco”, fu inventato da un
ingegnoso chirurgo. Vediamone il funzionamento: con la manopola di
comando in posizione 0 la forma è di una piccola pera, l’aggeggio
viene leggermente lubrificato ed inserito nell’ano della
“embarazada”. L’”embarazada” sa che fino a che dura la sua
collaborazione riuscirà a ritardare la fase successiva. Nella fase
successiva la manopola viene lentamente girata, facendo assumere al
muñeco la forma di un fungo, in cui il gambo è la cannula che esce
dall’ano. Il bordo della “cappella” del fungo, della dimensione
di un pugno, preme all’interno, sigillando perfettamente. Data la
forma è impossibile l’espulsione, non importa che contrazioni e
che sforzi si facciano. L’”embarazada” deve quindi soffrire
tutte le fasi del “travaglio”, senza poter perdere neanche una
goccia. Quando l’aguzzina deciderà che è il momento buono, alcune
pompate di aria, gonfiano il “fungo”, trasformandolo in una
grossa sfera. La forma, associata ad opportuna lubrificazione,
permette un doloroso “parto”.
Ma lasciamo da parte la teoria, veniamo
alla nostra perra che ha bevuto anche il suo litro di acqua calda. E’
giunto il momento del muñeco. Alejandra lo lubrifica e, con
decisione lo inserisce nell’ano della perra. Un lamento rivela
l’inaspettato dolore dell’introduizione. Ora la perra dovrà
attendere, inginocchiata, il decorso del suo “embarazo”. Per
renderle meno noiosa l’attesa, la superficie su cui è
inginocchiata è tutta a bitorzoli, come se fosse inginocchiata sui
ceci. Il tempo passa, l’acqua calda, bevuta in quantità, le
riempie rapidamente la vescica. Giunge il momento in cui non resiste
più ed è costretta a chiedere ad Alejandra il permesso di orinare.
Permesso che, inaspettatamente, le viene accordato ma a prezzo
dell’azionamento della manopola che dilata dolorosamente “el
muñeco” fino alla massima dimensione. Una volta fatta la pipì
iniziano gli effetti purgativi del ricino. Sordi gorgoglii rivelano
che l’effetto non si farà attendere a lungo. Alejandra scambia uno
sguardo con la Badessa e fa portare una piantana con un grosso
clistere. Si tratta di acqua limpida. Il tubo viene collegato al
muñeco che, vi ricordo, è già dilatato al massimo. La pancia della
perra viene ben presto dolorosamente riempita. Nel frattempo anche
la vescica si è nuovamente riempita, per cui il pancione è già
notevole, riempito da un buon 3 litri di liquido. Alejandra accarezza
e preme di tanto in tanto il pancione. Quando giudica che sia il
momento fa legare la perra al lettino in posizione ginecologica. Il
buchetto della perra è ancora ben stretto attorno allo stelo del
muñeco. Ma sta per iniziare il travaglio, dato dapprima dall’effetto
del ricino. La perra inizia a sospirare ed uggiolare. Lo stimolo deve
essere prepotente, ma “el muñeco” fa una tenuta perfetta. Le
contrazioni, sempre più lunghe e dolorose, tentano di dilatare il
buchetto, ma la forma a fungo rende assolutamente impossibile
qualsiasi espulsione. Alejandra scambia una nuova occhiata con la
Badessa, si arma di un siringone e lo riempie dalla famigerata
bottiglietta rossa. Per la perra si annunciano momenti duri! Infatti
Alejandra, di tanto in tanto, inietta nel tubo del muñeco un bel
getto del liquido rosso puro. Di lì a pochi secondi una
impressionante serie di contrazioni squassa la perra. Di conseguenza
una nuova serie di ululati e lamenti, ma da una classe di future
sorveglianti non deve aspettarsi nessuna pietà. Pian piano il
buchetto sui dilata, il processo richiede un tempo infinito, scandito
di tanto in tanto, da una nuova iniezione di liquido rosso da parte
di Alejandra.
Dopo alcune ore di urla e pianti, la
Badessa ne ha abbastanza, dice ad Alejandra di affrettare “el
periodo expulsivo”. Alejandra riempie nuovamente il siringone,
ormai vuoto, di liquido rosso. Da un'altra bottiglietta prende con
un'altra siringa, del liquido azzurro. Ci viene detto che
quest’ultimo è un potente lubrificante naturale, unito a prodotti
lenitivi come l’aloe. Alejandra stantuffa con decisione tutte e due
le siringhe all’interno dell’intestino della perra. Questa, se
non fosse lì legata ed esposta alla nostra vista, si contorcerebbe
come una biscia. Ha ormai finito la voce per urlare.
Alejandra prende ora la funzione di
“partera”, cioè di levatrice, tiene la mano alla perra e la
invita a spingere, respirare a fondo e spingere ancora di più. Ma,
come già detto è impossibile che la perra posssa dilatarsi a
sufficienza. Una buona ora di agonia e, ad un occhiata della Badessa,
Alejandra, finalmente gonfia “el muñeco”. La forma sferoidale,
unita al lubrificante ed alle mostruose contrazioni provocate dal
liquido rosso, rende ora possibile l’espulsione. Ci vogliono ancora
quindici minuti di pianti e sforzi, prima che l’ano della perra sia
dilatato a sufficienza per permetterle il “parto”. E quando “el
muñeco” viene finalmente espulso è come se venisse “sparato
via” il tappo di una magnum di champagne, un getto di liquido
riesce addirittura ad uscire dalla vasca che circonda il lettino
ginecologico. Da qui il commento della “Badessa”: “proprio un
parto da scrofa”.
E veniamo alla perra, sicuramente
l’esperienza la ha molto provata ed umiliata. Due detenute la
devono sostenere fino all’infermeria, dove la Badessa verificherà
gli eventuali danni provocati dal parto. La
Badessa inizia una dolorosa ispezione manuale, seguita
dall’introduzione di un grosso tampone di ovatta, una specie di
tampax gigante, imbevuto in allume di rocca. La soluzione
astringente fa urlare la perra a pieni polmoni, visto che brucia come
il fuoco, risolve però alcune emorragie capillari, provocate
dall’enorme dilatazione. Inutile vi racconti il pianto della perra.
La Badessa ammonisce la perra, per stavolta ti è andata bene, ma
attenta potresti trovarti “el muñeco” regolato alla massima
ampiezza ed allora sarebbero guai grossi, intendo guai permanenti …….
Per
fortuna della partoriente, di lì a qualche ora la dilatazione del
buchetto, man mano si riduce. In capo ad una settimana i danni fisici
sono rimediati. Spero invece il terrore di ripetere il parto duri
ben più a lungo.
Ma non preoccupatevi, ne vedremo ancora
delle belle…..
Vostra umile sorvegliante Nadia.
(88- continua)
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3 ottobre 2014
DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 5
Diario di una educazione – 5
L’educazione della sguattera prosegue con giorni tutti uguali di piccole umiliazioni sul lavoro, quasi sempre eseguito sotto il controllo di una Oberschwester maniaca della “prezisione” e di una Signora severa ma anche materna. Alla sguattera è infatti concessa l’ “ora d’aria”, ora in cui può fare una pausa e recarsi ai giardinetti per rilassarsi con la moltitudine di serve e badanti. Una babele di lingue e di colori. Su ogni panchina si riunisce un gruppo di amiche. Lì, chiacchierando come oche, vengono raccontate le fatiche, i sudori, le umiliazioni ed i maltrattamenti subiti, quasi fosse una terapia di gruppo. Ed è lì che la vostra indegna cronista riceve le confidenze della sguattera “in educazione”.
Non crediate che la sguattera sia una mosca bianca, un ascoltatore attento che passi di lì, nella babele di lingue riuscirà certamente a sentire le lamentele su padrone troppo severe o troppo materne, padroncine e padroncini sporcaccioni, senza poi menzionare i racconti di indisposizioni e malesseri, con relative spiacevoli cure ricevute.
L’indomani la sguattera è lì che lavora, in fondo al cervello ha un tarlo, si ricorda l’ordine speciale effettuato dalla Oberschwester in farmacia. Il pacco è lì, in un armadietto. La curiosità è femmina, sia pur consapevole dei guai a cui potrebbe andare incontro, la serva approfitta della momentanea assenza della Oberschwester. Porta il pacco sul tavolo di cucina, solleva con insospettata abilità il nastro adesivo che lo chiudeva. Finalmente può rovistare tra quegli oggetti che la terrorizzano ma nel tempo stesso la eccitano.
Il più grosso viene estratto dal sacchetto che lo protegge, una specie di tanichetta, con un grosso occhiello per appenderla, il fondo inclinato ad imbuto, termina con un raccordo delle dimensioni del tubo, ordinatamente posto accanto, nel suo sacchetto. Ma quello che la sguattera nota sono le tacche sulla parete della tanichetta, 1,2,3 la serva legge le tacche principali, sgranando gli occhi. Tra le tacche principali ve ne sono di secondarie, inoltre oltre il 3 c’è ancora posto, può darsi che il massimo sia un 4. La tanichetta è chiusa con un tappo a vite, precauzione utile contro i rovesciamenti, evidentemente un oggetto professionale per ospedali e cliniche. La serva stringe le cosce, un clistere con quell’aggeggio deve essere atroce, si vede già ad urlare “basta non ce la faccio più!”. Ma quello che cercava, quello che attrae la sua curiosità al punto da rischiare chissà che punizione è lì in un lungo contenitore cilindrico di cartone. La serva, dopo aver nuovamente verificato di essere sola, si azzarda a prendere la scatola cilindrica, con mani tremanti le toglie il tappo e la inclina verso il tavolo, scivola fuori un oggetto di gomma rossa: la sonda Bardex! La serva la guarda, al tempo stesso affascinata e terrorizzata. Guarda il tubo, lungo, leggermente conico, con delle scritte indecifrabili, sicuramente la misura, non c’è neanche bisogno di leggerla, ricorda benissimo la Oberschwester al momento dell’ordine: “la più krande!”.
L’oggetto di per sé ha una sua bellezza: il tubo della sonda inizia con una parte leggermente conica, evidentemente destinata ad un raccordo, poco più avanti nel tubo entra un sottile tubicino, sempre di gomma, questo piuttosto sottile, a metà una specie di sacchettino o valvola, la serva vede il raccordo, più o meno delle dimensioni del cono di una siringa, il raccordo, poi, può essere sigillato con un tappo, sempre di gomma, collegato indissolubilmente. Vi è poi un lungo tratto liscio. Verso i ¾ del tubo principale, vi sono due ingrossamenti sempre di gomma rossa, a forma di palloncino delle dimensioni approssimative di un uovo di medie dimensioni. La sguattera li saggia con un dito, mmm morbidissimi, tra i due palloncini un breve tratto del tubo della sonda. Il tubo prosegue qualche centimetro oltre i palloncini e poi ha una punta arrotondata di gomma spessa nella quale sono ricavati due buchi a diverse altezze. L’oggetto è costruito con grande maestria, non vi sono spigoli od altri intoppi, destinato come è a scivolare all’interno.
Ma la insana curiosità della porcella non è ancora soddisfatta, rovista brevemente e la mano ricompare con una altro sacchetto, una pompetta di gomma, con un cono che pare fatto apposta per il tubicino della sonda. La serva controlla ancora di essere sola. Le mani tremanti e sudaticce collegano i due oggetti, la serva dà una piccola pompata di assaggio, i due palloncini iniziano a gonfiarsi, alcune pompate dopo i palloncini hanno raggiunto le dimensioni di una grossa cipolla, le pareti sono diventate dure ed indeformabili. La sguattera stringe ancora le cosce, chissà cosa si prova. Nonostante la sua ignoranza, ha istintivamente capito che un palloncino viene infilato dentro e l’altro, premendo dall’esterno fa tenuta. Rabbrividisce istintivamente, nonostante stia sudando a profusione per la tensione. Si immagina mentre la Oberschwester le infila la sonda lubrificata, poi la gonfiatura del palloncino, chissà che male farà e poi si vede che piange, il pancione dilatato e l’impossibilità di espellere la più piccola goccia, grazie al tappo costituito da quella diabolica sonda. Stringe ritmicamente le cosce, le mutande di servizio rivelano una larga chiazza umida…..
Ma è ora di metter via tutto e nascondere le proprie tracce. Gli oggetti tornano nelle condizioni iniziali, la serva nel riporli nota altre cose: un grosso tubo di pomata, legge l’etichetta: lubrificante per sonde. Inoltre rubinetti, raccordi ed altro. Altri involti vengono ispezionati in fretta: olio di ricino, sale inglese, soluzione per lavaggio intestinale, savon de Marseille, la serva conosce questi prodotti di fama, ma che razza di regime vogliono farle seguire le sue aguzzine? Gli oggetti riposti ben bene, la serva richiude l’involto e, con l’esperienza ancestrale di serve e portinaie che aprivano la corrispondenza col vapore, rimette il nastro…. Perfetto, nessuno si accorgerà mai che è stato aperto. La scatola viene rimessa al suo posto e la sguattera riprende il lavoro. Il sudore della tensione e della paura di essere sorpresa chiazza la divisa in vari punti. La sguattera si dà da fare, viste le premesse non è il caso di sgarrare.
(5- continua)
- Posted by sguattera sudiciona
L’educazione della sguattera prosegue con giorni tutti uguali di piccole umiliazioni sul lavoro, quasi sempre eseguito sotto il controllo di una Oberschwester maniaca della “prezisione” e di una Signora severa ma anche materna. Alla sguattera è infatti concessa l’ “ora d’aria”, ora in cui può fare una pausa e recarsi ai giardinetti per rilassarsi con la moltitudine di serve e badanti. Una babele di lingue e di colori. Su ogni panchina si riunisce un gruppo di amiche. Lì, chiacchierando come oche, vengono raccontate le fatiche, i sudori, le umiliazioni ed i maltrattamenti subiti, quasi fosse una terapia di gruppo. Ed è lì che la vostra indegna cronista riceve le confidenze della sguattera “in educazione”.
Non crediate che la sguattera sia una mosca bianca, un ascoltatore attento che passi di lì, nella babele di lingue riuscirà certamente a sentire le lamentele su padrone troppo severe o troppo materne, padroncine e padroncini sporcaccioni, senza poi menzionare i racconti di indisposizioni e malesseri, con relative spiacevoli cure ricevute.
L’indomani la sguattera è lì che lavora, in fondo al cervello ha un tarlo, si ricorda l’ordine speciale effettuato dalla Oberschwester in farmacia. Il pacco è lì, in un armadietto. La curiosità è femmina, sia pur consapevole dei guai a cui potrebbe andare incontro, la serva approfitta della momentanea assenza della Oberschwester. Porta il pacco sul tavolo di cucina, solleva con insospettata abilità il nastro adesivo che lo chiudeva. Finalmente può rovistare tra quegli oggetti che la terrorizzano ma nel tempo stesso la eccitano.
Il più grosso viene estratto dal sacchetto che lo protegge, una specie di tanichetta, con un grosso occhiello per appenderla, il fondo inclinato ad imbuto, termina con un raccordo delle dimensioni del tubo, ordinatamente posto accanto, nel suo sacchetto. Ma quello che la sguattera nota sono le tacche sulla parete della tanichetta, 1,2,3 la serva legge le tacche principali, sgranando gli occhi. Tra le tacche principali ve ne sono di secondarie, inoltre oltre il 3 c’è ancora posto, può darsi che il massimo sia un 4. La tanichetta è chiusa con un tappo a vite, precauzione utile contro i rovesciamenti, evidentemente un oggetto professionale per ospedali e cliniche. La serva stringe le cosce, un clistere con quell’aggeggio deve essere atroce, si vede già ad urlare “basta non ce la faccio più!”. Ma quello che cercava, quello che attrae la sua curiosità al punto da rischiare chissà che punizione è lì in un lungo contenitore cilindrico di cartone. La serva, dopo aver nuovamente verificato di essere sola, si azzarda a prendere la scatola cilindrica, con mani tremanti le toglie il tappo e la inclina verso il tavolo, scivola fuori un oggetto di gomma rossa: la sonda Bardex! La serva la guarda, al tempo stesso affascinata e terrorizzata. Guarda il tubo, lungo, leggermente conico, con delle scritte indecifrabili, sicuramente la misura, non c’è neanche bisogno di leggerla, ricorda benissimo la Oberschwester al momento dell’ordine: “la più krande!”.
L’oggetto di per sé ha una sua bellezza: il tubo della sonda inizia con una parte leggermente conica, evidentemente destinata ad un raccordo, poco più avanti nel tubo entra un sottile tubicino, sempre di gomma, questo piuttosto sottile, a metà una specie di sacchettino o valvola, la serva vede il raccordo, più o meno delle dimensioni del cono di una siringa, il raccordo, poi, può essere sigillato con un tappo, sempre di gomma, collegato indissolubilmente. Vi è poi un lungo tratto liscio. Verso i ¾ del tubo principale, vi sono due ingrossamenti sempre di gomma rossa, a forma di palloncino delle dimensioni approssimative di un uovo di medie dimensioni. La sguattera li saggia con un dito, mmm morbidissimi, tra i due palloncini un breve tratto del tubo della sonda. Il tubo prosegue qualche centimetro oltre i palloncini e poi ha una punta arrotondata di gomma spessa nella quale sono ricavati due buchi a diverse altezze. L’oggetto è costruito con grande maestria, non vi sono spigoli od altri intoppi, destinato come è a scivolare all’interno.
Ma la insana curiosità della porcella non è ancora soddisfatta, rovista brevemente e la mano ricompare con una altro sacchetto, una pompetta di gomma, con un cono che pare fatto apposta per il tubicino della sonda. La serva controlla ancora di essere sola. Le mani tremanti e sudaticce collegano i due oggetti, la serva dà una piccola pompata di assaggio, i due palloncini iniziano a gonfiarsi, alcune pompate dopo i palloncini hanno raggiunto le dimensioni di una grossa cipolla, le pareti sono diventate dure ed indeformabili. La sguattera stringe ancora le cosce, chissà cosa si prova. Nonostante la sua ignoranza, ha istintivamente capito che un palloncino viene infilato dentro e l’altro, premendo dall’esterno fa tenuta. Rabbrividisce istintivamente, nonostante stia sudando a profusione per la tensione. Si immagina mentre la Oberschwester le infila la sonda lubrificata, poi la gonfiatura del palloncino, chissà che male farà e poi si vede che piange, il pancione dilatato e l’impossibilità di espellere la più piccola goccia, grazie al tappo costituito da quella diabolica sonda. Stringe ritmicamente le cosce, le mutande di servizio rivelano una larga chiazza umida…..
Ma è ora di metter via tutto e nascondere le proprie tracce. Gli oggetti tornano nelle condizioni iniziali, la serva nel riporli nota altre cose: un grosso tubo di pomata, legge l’etichetta: lubrificante per sonde. Inoltre rubinetti, raccordi ed altro. Altri involti vengono ispezionati in fretta: olio di ricino, sale inglese, soluzione per lavaggio intestinale, savon de Marseille, la serva conosce questi prodotti di fama, ma che razza di regime vogliono farle seguire le sue aguzzine? Gli oggetti riposti ben bene, la serva richiude l’involto e, con l’esperienza ancestrale di serve e portinaie che aprivano la corrispondenza col vapore, rimette il nastro…. Perfetto, nessuno si accorgerà mai che è stato aperto. La scatola viene rimessa al suo posto e la sguattera riprende il lavoro. Il sudore della tensione e della paura di essere sorpresa chiazza la divisa in vari punti. La sguattera si dà da fare, viste le premesse non è il caso di sgarrare.
(5- continua)
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3 settembre 2014
DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 4
Ed il programma di rieducazione della
sguattera inizia ben presto. Impegnata tutto il giorno in lavori
faticosi e sorvegliata a vista dalla Oberschwester. E presto viene a
galla una grossa mancanza della sguattera: ignora completamente l’uso
e l’esecuzione dell’inchino, da eseguire tutte le volte che la
Signora entra od esce dalla casa. Ma ciò che inguaia la sguattera è
che è la Signora ad accorgersene. E, nel pieno rispetto delle
tradizioni, la Signora se la prende con la Oberschwester, anziché
con la diretta responsabile. La sguattera non assiste alla reprimenda
o, chissà magari alla punizione, di Elize. Ciò che la serva sa è
che Elize esce dall’incontro con Madame, schiumante di rabbia. La
sguattera in quel momento sta lavando il pavimento del terrazzo
inginocchiata davanti ad un secchio di acqua saponata, ormai
diventata colore di caffè. Senza proferire una parola Elize afferra
la sguattera per i capelli e le tuffa la testa nel secchio,
tenendovela a lungo. L’operazione viene eseguita più volte,
lasciando alla punita solo il tempo per tirare un respiro. Ed è una
serva semiannegata che tossische e sputa acqua come un putto, quella
a cui la Oberschwester spiega i rudimenti e le complicate regole
dell’inchino. Infatti tale omaggio va riservato alle Signore di un
certo lignaggio, deve essere eseguito all’arrivo ed alla partenza
della Signora, non va eseguito, invece quando la Signora passeggia
per le stanze, in tal caso la serva deve lavorare con gli occhi bassi
ed alzare lo sguardo solo se le viene ordinato.
Per verificare che la sguattera abbia
capito la Obershwester effettua numerose simulazioni, impersonando
una Signora. Inutile dire che quella stupida della sguattera, sia pur
ben istruita, continua a fare errori su errori. La lezione prosegue a
lungo, senza grandi miglioramenti. Ad un certo punto la Oberschwester
ne ha abbastanza: ordina alla sguattera rialzare la divisa di fatica
ed abbassare le mutande disciplinari. La sguattera deve poi
inginocchiarsi di fronte ad un divano e poi appoggiare il petto sulla
seduta del divano. La Oberschwester si mette poi seduta sulla schiena
della punita bloccandola tra le proprie cosce. La Oberschwester si
trova in pratica il sedere della sguattera nella posizione in cui un
suonatore di bongo ha il proprio strumento. Vi ho già detto che
Elize ha delle forti braccia? La sguattera riceve una raffica
interminabile di sculaccioni. Data l’origine della Oberschwester
possiamo immaginare che stia cercando di suonare la Cavalcata delle
Walchirie sul culo della povera serva. Ovviamente la musica è
disturbata dai lamenti e strilli della punita. E la lezione continua,
interminabile con intermittenti sculaccioni, con la sguattera che
fatica a comprendere come mettere i piedi e piegare le ginocchia per
ottenere un inchino d.o.c..
Pare che la Oberschwester, sia pur in
posizione subalterna rispetto alla Signora, provi un sottile piacere
a umiliare la sguattera anche nelle più intime necessità.
Infatti ordina alla sguattera di
prepararsi per gli acquisti settimanali ad un centro commerciale. La
serva si prepara per una bella sfacchinata, infatti la Oberschwester,
fanatica del fitness, non utilizza automobili o i mezzi, per queste
incombenze. Basta una passeggiata, il centro commerciale è per
fortuna abbastanza vicino. Non della stessa opinione è la sguattera
che si troverà a trainare un carrello strapieno e in seguito un
trolley gigantesco, addizionato magari di un paio di borsoni. La
sguattera spera di potersi mettere in borghese, ma niente, deve
tenere la divisa di servizio con i buffi ciabattoni di plastica
verde. Ed è alla fine, con la sguattera carica come un mulo, che la
Oberschwester vede un negozio interessante, un negozio di articoli
sanitari. Entra e parlotta con la commessa, la quale si reca nel
retrobottega. Passano dieci minuti e la commessa torna trionfante,
mostrando due grossi vasi da notte di plastica. La sguattera avvampa,
alla vista degli oggetti. La Oberschwester nota con soddisfazione la
cosa, le viene anche un'altra idea, rientra nel centro commerciale e
ne esce con due lavagnette di plastica con relativi pennarelli, la
serva si chiede per cosa serviranno questi oggetti. Lo scoprirà ben
presto, le nuove regole Stabilite dalla Oberschwester, con il
beneplacito di Madame, prevedono che la serva non utilizzi più il
bagno, né al lavoro né a casa. Dovrà sempre utilizzare il vaso da
notte, sovrastato dalla lavagnetta, su cui verrà riportato … il
risultato. La Oberschwester si auto incarica della sorveglianza.
Ricordate che la sguattera deve bere quattro bottigliette di acqua?
Bene ben presto la sguattera ha bisogno di una pausa … vasetto. Ma
la cosa che la sconvolge è che la Oberschwester non si allontana, è
lì a meno di un metro di distanza. La serva si vergogna al punto da
non riuscire a fare pipì. Ci vorrà un ulteriore ora ed un ulteriore
bottiglietta di acqua per piegarla. E, una volta abbassate le mutande
ed essersi accosciata, la serva si rende conto di quanto possa essere
rumoroso un vaso da notte di plastica. Si sentono chiaramente sia lo
scroscio che le ultime più piccole gocce. Ed è una serva arrossita
fino alle orecchie che deve presentare alla Oberschwester la …
propria produzione.
Ma le mire della Oberschwester sono ben
altre, la serva stitica sicuramente avrà ben altri problemi. Infatti
Elize pone trionfalmente un bello zero alla fine di ogni pausa bagno
della sguattera. La sguattera inizia a disperare, tenta addirittura
di rivolgersi alla Padrona, chiedendo di poter usare il bagno o di
potere avere un po’ di privacy. Ma Madame risponde sdegnosa di non
avere intenzione di lasciarle sporcare il bagno degli ospiti. In
quanto alla richiesta di privacy, una brava serva non deve avere di
questi stupidi pudori. Ma non è finita, Madame segnala alla
Oberschwester che la sguattera ha cercato di scavalcarla,
rivolgendosi direttamente alla Padrona. Risultato, la sguattera si
becca un'altra memorabile sculacciata a tempo di Cavalcata delle
Walchirie. Il numero di zeri sulle lavagnette si allunga inesorabile,
siamo ormai a tre giorni interi, senza risultati, nonostante che la
sguattera si sforzi ogni volta, fino a diventare paonazza.
Per la nostra sguattera si preparano
giorni duri.
(4- continua)
(4- continua)
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PENSION BALNEARIA 87 / LA PUNIZIONE DELLA SERVA SARA
vi relaziono sui primi giorni di corso,
non ho avuto modo di controllare da vicino la perra ma Alejandra
insiste, la perra è in buone mani. Le prime lezioni, come anticipato
si tengono nell’hydroterapia. La prima sfortunata “guinea pig”
è la serva Sara, una biondina quarantenne. Sara si è meritata la
partecipazione come “caso di studio” per …. eccesso di
ammonizioni. Dovete sapere che qui se le detenute paiono battere la
fiacca, vengono ammonite una sola volta, la seconda volta iniziano i
castighi. A Sara verrà applicato un clistere punitivo. Vedo la
quantità di liquido, niente di particolare, solo 1.5 litri. Ma,
spiega Alejandra, lo scopo di questo clistere è di fare da base al
enema “gota a gota”. Infatti, sulla piantana che sorregge
l’apparecchio, viene attaccato un secondo apparecchio, dotato di un
regolatore simile a quello delle flebo. E’ così possibile far
durare il clistere per tempi lunghissimi, riempiendo l’intestino
molto lentamente, oppure addirittura regolare in maniera da limitarsi
a compensare l’acqua assorbita dai tessuti. E ci viene mostrata una
delle bottigliette dell’armadio a vetri, contenente un liquido di
colore rosso. Leggo sull’etichetta gli ingredienti, vi riporto
quelli che ricordo: sapone neutro, bicarbonato, olio di ricino,
estratto di bile bovina, senna ed altri nomi scientifici che non
capisco. Capisco benissimo, invece, le istruzioni d’uso: il
preparato eccita i movimenti dell’intestino. Se usato in piccole
dosi, stimola i movimenti peristaltici provocando un forte stimolo
all’evacuazione. Si avverte che l’uso del preparato in dose
abbondante, provoca una immediata incontenibile evacuazione, seguita
da forti crampi per un lungo periodo. Capita a fagiolo una delle
detenute in punizione: Alejandra, davanti a tutte la classe delle
sorveglianti, le ordina di denudarsi. Lega poi le braccia della
ragazza alle cinghie alla sbarra superiore di quello che vi ho
descritto come “asticella”. In realtà vediamo che si tratta di
un oggetto molto robusto, fissato al pavimento. La ragazza, dicevo, è
così costretta a stare in piedi. Le viene infilata una cannula con
una vistosa “oliva” sulla punta. L’operazione non è troppo
piacevole. Viene praticato rapidamente il primo clistere di
riempimento. Poi Alejandra preleva, con una piccola siringa, una
piccola quantità del rosso liquido e lo aggiunge ai 2 litri di acqua
del “gota a gota”, che diventa immediatamente di un bel rosa. Il
gocciolatore viene presto regolato su un gocciolamento abbastanza
vivace ed inizia la somministrazione. Per i primi dieci minuti non
accade nulla di particolare, ma in seguito i movimenti della ragazza,
che stringe forte le cosce tra di loro, indicano che l’effetto è
cominciato. Bisogna dire che la poveretta, con le braccia fissate in
alto, non ha alcuna possibilità di lenire i dolori, inoltre la
posizione all’impiedi non né certo la migliore per un clistere,
visto che la forza di gravità aiuta l’espulsione. Alejandra non
risparmia le minacce, se sfugge anche solo una goccia la ragazza
riceverà una punizione memorabile. E così per una interminabile
mezz’ora la punita deve sopportare il rivolo di liquido che la
tormenta, gonfiando ad un ritmo impercettibile il pancione. Ad un
certo punto la ragazza scoppia addirittura in lacrime ma la clessidra
non ha ancora terminato la sabbia e la punizione continua. Alla fine
la ragazza cede, espelle la cannula ed un fiume di liquido inonda la
vasca prudentemente posta sul pavimento.
Alejandra, magnanima attende che il
tutto sia finito, si avvicina all’armadio delle attrezzature e
torna con una sonda di gomma rossa, con due palloncini a forma di
uovo posti verso la punta: una sonda Bardex! Ci viene mostrato come i
due palloncini possano venire gonfiati, aiutando così a prevenire
eventuali perdite, anche se, continua Alejandra, potrebbe sempre
avvenire un “parto”.
La detenuta, stavolta, non deve
attendere a lungo per il riempimento, Alejandra scioglie direttamente
una doppia dose del liquido rosso in tutto il liquido e somministra
il tutto piuttosto rapidamente. La ragazza cerca, per quanto può, di
restare in piedi ferma, ma i dolori alle viscere la fanno contorcere
come una biscia! Rivoli di sudore e sospiri si sprecano, anche se,
obbedendo agli ordini di Alejandra, nessuna implorazione viene
emessa. Alejandra sembra molto soddisfatta, limita addirittura il
tempo di ritenzione ad un solo “giro di clessidra”. Il bonumore
di Alejandra, ci rivelerà più tardi, è dovuto al fatto che una
delle detenute, gli hanno riferito, si è appena meritata una delle
memorabili punizioni per cui l’Istituto è famoso. Domani, ci
annuncia, potrete assistere al “Parto” ed alla speciale
preparazione adottata per le detenute più ribelli.
Termina così la giornata, devo
confessare di essere curiosa, non ho idea in che cosa consista questa
punizione ma domani lo scopriremo.
Vostra umile sorvegliante Nadia.
(87- continua)
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12 luglio 2014
PENSION BALNEARIA 86
la perra è stata messa al lavoro e,
presto vi racconterò i suoi guai. Ma veniamo a me, sto seguendo il
corso da sorvegliante. Una cosa assai interessante per una che fino a
pochi mesi fa era dall’atra parte della barricata. Oltre a varie
lezioni teoriche sui (mal)trattamenti delle detenute, ci viene
annunciato che presto inizieranno le lezioni pratiche. Poiché molte
di queste lezioni tratteranno di castighi vari, diventa necessario
reperire delle serve “guinea pigs”, insomma delle più o meno
volontarie. La Direzione ha stabilito che alla fine di ogni giorno si
raccolgano i nomi delle detenute che hanno meritato dei castighi,
vuoi per non aver lavorato a sufficienza, vuoi per aver combinato dei
guai. Queste faranno da cavie per le lezioni dei giorni successivi.
Maestra Alejandra accompagna la classe delle sorveglianti al primo
ambiente, la sala dell’ “hydrtoterapia”.
In questa sala viene conservata tutta
la strumentazione per riempire e svuotare, con varie modalità, il
corpo delle detenute. Quattro oggetti sono evidentemente destinati
allo scopo di bloccare la punita e renderne accessibili gli orifici:
due lettini, dotati di cinghie per bloccare braccia e gambe. Sui
lettini possono essere montati dei supporti per le caviglie, che
permettono di bloccare la punita in posizione “ginecologica”. Un
grosso “volante” posto al di sotto della mezzeria del lettino,
permette di inclinare il lettino un po’ in tutte le posizioni, per
cui si può mettere la punita con la testa ben più alta o ben più
bassa dei piedi, arrivando quasi in posizione verticale. Una sedia,
simile alla “silla della verguenza” che già ben conoscete,
permette di bloccare la punita in posizione seduta, lasciando sempre
ben accessibili gli orifizi. Un terzo oggetto appare, quasi
inspiegabile in questo contesto: un inginocchiatoio. Guardando meglio
vedo che anche questo è dotato di robuste cinghie per trattenere le
punite. L’ultimo oggetto è quello che definirei l’asticella, per
analogia con le asticelle del salto in alto, una struttura costituita
da due robusti sostegni, su cui può essere bloccata, a varie
altezze, una robusta barra trasversale, dotata di cinghie di
contenzione per i polsi. Insomma è un modo per bloccare in alto le
braccia delle detenute, in questo modo la totalità del loro corpo è
accessibile da tutti i lati.
Tutti questi oggetti, lettini, sedia,
inginocchiatoio ed asticella hanno alla base una specie di vasca che
impedisce a “perdite” di liquidi di inondare i pavimenti.
Un grande armadio a vetri mette in
mostra una serie di oggetti.
Innanzitutto alcuni apparecchi per il
clistere, in plastica medica bianca. Solo che le proporzioni sono
enormi terranno almeno 4 litri ed infine alcuni giganteschi ricavati
da capaci taniche di plastica.
Seguono tubi di collegamento e
rubinetti, ordinatamente disposti in sacchetti di plastica. Vengono
poi capaci siringoni di plastica. Ed infine, disposte in scatolette
e vassoi di plastica, sonde di tutti i tipi. Partiamo da sonde in
plastica rigida di varia foggia, contenute in scatolette-espositori
che presentano per ogni tipologia almeno quattro diverse misure
via-via crescenti. E’poi la volta dei cateteri, usati sempre a
scopo punitivo. A seguire sonde lisce di gomma, di diametri e
lunghezze diversi. Ulteriori vassoi raccolgono sonde Bardex con una
coppia di palloncini gonfiabili. E per finire, una collezione di plug
rettali di varie fogge e misure, tutti dotati di un forellino
centrale ed un raccordo per collegare il tubo del clistere. Al posto
d’onore una scatola, purtroppo chiusa, di lucido legno scuro.
Chiedo lumi e mi viene risposto che è “el muñeco”.
Un ultima anta dell’armadio contiene,
ben ordinate scatolette e bottigliette di vari colori. Ci spiegano
che si tratta degli additivi per preparare i liquidi per i vari
trattamenti, oltre a potenti purganti.
Alejandra ci annuncia che, in vista del
corso, sono state posticipate tutte le punizioni della settimana, per
cui ci sarebbero state “cavie” per mostrarci l’utilizzo della
strumentazione di punizione. E, ci dice, oltre ai soliti clisteri che
ben conosciamo, qui avremo modo di ampliare le nostre conoscenze, per
esempio vedremo il temuto “enema gota a gota”, il “lavado
gastrico”, il “lavado vescical” , il “lavado del colon”.
Avremo certamente occasione, grazie a qualche detenuta
particolarmente ribelle, di assistere al “trabajo forzoso”, detto
anche “parto anal”, per cui si usa, appunto “el muñeco”.
Ma veniamo alla perra, dovete sapere
che le Signore, per finanziare questa istituzione, hanno creato una
fabbrica artigianale di piatti di ceramica. Una fortunata coincidenza
ha fatto sì che nel terreno cintato dall’alto muro a prova di
evasione, vi fosse un giacimento di caolino. L’ideale per fare del
prezioso vasellame. L’ideale anche per far lavorare le detenute.
Molte si consumano a scavare, a colpi di zappa, la preziosa materia
prima. La raffinazione e formatura degli oggetti sono invece affidate
ad abili artigiane, ex detenute, delle vere artiste. Le detenute
normali, tornano in auge per far funzionare i forni di cottura,
infagottate nelle loro divise, sudano rivoli di sudore, a spalare
combustibile e far girare i ventilatori del forno. Vengo a sapere che
la perra si è data da fare per farsi assegnare un facile lavoretto:
trascinare il carrello con il prodotto finito dai forni al magazzino
di stoccaggio. Dico ad Alejandra che la perra non merita tale
trattamento di favore, ma Maestra Alejandra mi risponde “tranquila,
no es tan simple come parece”. Vedremo quindi cosa attende la
perra.
Vostra umile sorvegliante nadia
(86- continua)
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Serva Nadia
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PENSION BALNEARIA 85 - DESCRIZIONE DELLA PERRA
Nobili Signore, serva sudiciona,
vi voglio parlare della perra.
Fino ad alcuni mesi fa era, devo
ammetterlo, una bella donna. Trentaduenne, di origini andaluse,
sembrava il prototipo della amazzone: alta (1.75), mora, capelli
lunghi, occhi neri, ciglia lunghe. Pelle ambrata, un bel seno. Grazie
all’abitudine di andare a cavallo, snella, ventre piatto ed un
interessante “lato b”. Inoltre ha sempre apprezzato una tenuta da
amazzone: calzoni fascianti, una camicetta a jabot di pizzo e un
giacchino nero. Devo parlarvi del suo sguardo, uno sguardo bruciante
ed intenso che faceva tremare noi serve, insomma: un vero portamento
arrogante, da padrona.
Il fatto di essere stata ridotta in
schiavitù, la ha trasformata completamente: i capelli cortissimi ed
irregolari, ricresciuti dopo la “rapada”, senza più alcuna cura
rivelano i primi fili brizzolati. Il ventre piatto se ne è andato,
non so se a causa della dieta a cui è sottoposta o ai ripetitivi
lavori punitivi a cui è assegnata, altro che cavalcate! Infatti il
ventre della perra ha perso tonicità ed inizia ad espandersi,
insomma presto avrà anche lei il “pancione” regolamentare. Il
seno, lasciato sempre senza alcun sostegno e mortificato dalle divise
carcerarie, sta iniziando a cadere.
Ed anche i suoi atteggiamenti sono
cambiati: niente più sguardo altero ma occhi tenuti abbassati, anche
se, ogni tanto le si accende ancora l’antica preoccupante scintilla
nello sguardo.
E se prima la perra, vista da una
serva, pareva la personificazione della perfezione, ora, diventata schiava, appaiono tutte le magagne: senza parrucchiere ed estetiste,
nulla nasconde le imperfezioni, inoltre la mancanza dei suoi costosi
profumi rivela un fastidioso naturale afrore delle sue ascelle ed un
lieve sentore di piscio. Viso collo e mani si stanno coprendo di
rughe. I palmi delle mani si stanno coprendo di calli. La mancanza di
sole, poiché le detenute indossano sempre i loro camicioni punitivi,
sta facendo virare il colore ambrato della sua pelle verso un malsano
giallino.
Insomma, la perra sta diventando “una
chiavica”.
E le Signore, qui al centro di
detenzione stanno ora “studiandola”, per la perra si preparano
brutte novità, le vedremo presto.
Vostra sorvegliante Nadia.
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28 giugno 2014
DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 3
Diario di un'educazione – 3
I giorni di servizio si allungano
monotoni: pulizia dei pavimenti, con la Oberschwester che spesso fa
rifare pretestuosamente il lavoro con la serva ginocchioni. Poi
lavare, stirare e …. Ripartire dall’inizio. La serva riga dritto,
ha capito che non conviene sgarrare, lavora duramente ed in silenzio,
come le sta insegnando la Oberschwester.
Ma c’è un altro problema: sarà il
grande impegno messo nel lavoro, saranno le pause per il bagno
concesse ad orari rigorosamente fissi, insomma, il già lento
intestino della serva si blocca completamente. La povera stupida,
anziché chiedere consiglio ed aiuto, rimanda di giorno in giorno,
sperando…. Ma le scodelle di zuppa di cavoli che la Oberschwester
tanto gradisce, alla povera serva stitica creano dei problemi: la
serva si ritrova con un pancione dolorante e gonfio d’aria. E’
inevitabile che, piegandosi per passare lo straccio sotto al letto…..
la serva ammorbi l’aria. La Oberschwester sottopone la serva ad uno
stringente interrogatorio: da quanti giorni … non va? La serva
cerca di tergiversare, ma la minaccia di una sculacciata la convince
a confessare: “cinque”. “Cinque cosa?” inquisisce la
Oberschwester “non mi scarico da cinque giorni” è la risposta
della serva. La cosa è grave, una lunga telefonata alla Signora ed
una alla Farmacista, fanno sì che in serata le due donne arrivino.
La serva sente le donne discutere, la
Oberschwester, stavolta pare in disaccordo con le altre due. La
serva, “origliando distrattamente” sente la Signora dire: “Mia
cara, siamo d’accordo che la glicerina possa dare ottimi risultati
ma, qui da noi si è soliti andarci un po’ più leggere, vedrà che
comunque i risultati non mancheranno, glielo assicuro”.
La serva viene spedita in fretta per
un acquisto urgente: “Prendi del sapone neutro da bucato e
dell’olio di oliva. Prendi il più economico”. La serva si
meraviglia un po’: la Signora chiede sempre il meglio, che strano.
Al ritorno la serva trova le tre donne
ad attenderla. La Signora le ordina di spogliarsi e restare solo con
le mutande disciplinari. La bottiglia di olio viene scaldata a
bagnomaria. Poi la Farmacista prende dalla propria borsa una “pera”
pera di gomma rossastra. La pera viene lentamente riempita di olio
tiepido. Alla serva vengono abbassate le mutande disciplinari e deve
mettersi prona, sulle ginocchia della Oberschwester, riparate da un
lungo grembiule. La Signora dirige attentamente le operazioni. Il
dito guantato della Oberschwester lubrifica accuratamente, poi il
beccuccio di gomma della pera si fa strada nel buchetto della serva.
Una leggera pressione rivela che il beccuccio si è intasato. Questo
richiede l’estrazione e la pulizia del beccuccio ed una nuova
inserzione. L’iniezione di olio caldo non è affatto dolorosa,
anzi, alla serva piace molto venire accudita dalle tre donne. La
serva viene ammonita di non perdere neanche una goccia, comunque la
Farmacista mette nelle mutande disciplinari un pannolone, l’olio
tiepido ha la particolarità si trovare sempre una strada per uscire,
meglio evitare macchie. Alla serva pare di sognare, lasciata
tranquilla a pisolare sul divano, nel tepore di una coperta. Che
bello fare la “malatina”. Ma di lì ad un ora la Farmacista
giudica che l’olio abbia fatto il suo effetto, ora di smuovere un
po’ le cose. Viene preparato un catino con acqua calda in cui
grattugiano un buon pezzo di sapone. L’acqua si fa densa e
scivolosa, la consistenza è più di panna che latte. Nuova
introduzione, la serva sente il caldo liquido entrare, dà po’ di
fastidio ma niente più. La pera svuotata viene nuovamente riempita e
reinserita più volte. Ora il pancione dà ondate di dolore che la
stimolano ad andare in bagno. Ma le tre donne la trattengono sulle
ginocchia della Obershwester: bisogna fare le brave bambine e
resistere. Ma man mano che passa il tempo resistere diventa un
impresa, la serva suda e smania. Ancora un po’ e non ce la farà a
reggere fino al bagno. Ma la Farmacista ha pensato a tutto: va in
macchina un attimo e torna…. Con un capace secchio a cui è
adattata l’asse del water. Ecco, mia cara, dice la Signora, non
preoccuparti, al momento opportuno ti accomoderai qui. Ormai la serva
soffre talmente che non le interesserà scaricarsi così
pubblicamente. Ma non è ancora giunto il momento, i massaggi al
pancione continuano e anche le ondate di dolore. Di lì a poco la
serva capisce che la prossima ondata non riuscirà a reggere. La
Signora ora la incoraggia, stringi ancora un attimo, ecco, ora puoi
sederti. Ed ora fai pure. Ma nonostante lo stimolo così forte, la
serva fatica, è dopo un buon cinque minuti di “spinte” che un
urlo di dolore ed un tonfo nel secchio annunciano alle Signore che è
saltato il “tappo”. La serva, persa nelle coliche e nelle
scariche che la devastano, quasi non nota la gioia delle Signore: non
ci sarà bisogno di portare la serva al pronto soccorso, anzi, dopo
un bidet ghiacciato e l’applicazione di una bella cremina lenitiva
uniti ad una nottata di riposo, il buchetto della serva sarà
nuovamente disponibile per l’intensivo programma di rieducazione e
condizionamento intestinali che le Signore hanno ideato.
(3- continua)
(3- continua)
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PENSION BALNEARIA 84
Nobili Signore, serva sudiciona,
un lungo viaggio, rinchiuse nel
furgoncino mi fa perdere l’orientamento. Quando scendiamo siamo in
una vallata tra basse colline. Un antico edificio nobiliare,
circondato da un ampio terreno ci attende. Varchiamo un portone, in
un alto muro, reso invalicabile piantando sulla sommità
innumerevoli, taglienti, cocci di vetro.
La sorvegliante di grado più alto
“maestra Alejandra” ci attende. E’ una donna matura, plasmata
da una vita di sacrifici, giunta ai vertici massimi raggiungibili per
una ex serva divenuta sorvegliante e poi maestra delle sorveglianti.
Ci accompagna subito per un “giro di
orientamento”, ben presto la perra scopre cosa la attende.
Per prima cosa le celle, ogni detenuta
ha il “lusso” di una cella singola, si tratta di piccoli cubicoli
da 1.50 metri di larghezza e 2 di lunghezza per 2 metri di altezza.
All’interno solo un tavolaccio di legno, ben avvitato al muro. Come
servizi igienici, l’immancabile secchio che ammorba l’aria. Le
detenute sono fortunate, le celle sono dotate di un finestrino, da
cui entra un po’ di aria e si vede il cielo. Ovviamente, spiega
Alejandra, esistono anche celle sotterranee di punizione, prive di
finestra, in cui la pena si sconta al buio e nel silenzio più
assoluto.
Già nel giardino, possiamo vedere il
primo manufatto di punizione. La “torre”, una rozza palizzata di
legno, sormontata da un palco. Il tutto evidentemente costruito da
detenute e non da esperti falegnami.
Una gogna, questa sì ben rifinita,
blocca il collo e i polsi di una punita, obbligandola a stare eretta.
Accanto alla gogna è posta una monumentale clessidra. Alejandra
guarda la clessidra e dice alla punita, “preparati, palpazione
vescicale”. Pone il palmo sul ventre della punita ed inizia ad
affondare le dita. La punita emette un gemito e stringe
spasmodicamente le cosce. Alejandra non pare soddisfatta, un gesto e
prontamente arriva una sorvegliante con una capace brocca ed un
imbuto. Infila l’imbuto in bocca alla punita e, lentamente versa il
contenuto della brocca. La punita fa grossi sforzi per inghiottire,
sentiamo distintamente i rumori della deglutizione forzata. Alejandra
palpa ora lo stomaco, pare soddisfatta. Rigira la clessidra ed
annuncia alla punita: “devi tenerla fino alla fine della sabbia,
poi darai da bere alla tua compagna di sotto”. Devo fare una faccia
molto incuriosita.
Alejandra, da un varco nella palizzata,
mi mostra che sotto al palco esiste una seconda gogna. Quest’ultima
blocca polsi e caviglie di una seconda punita, costringendola a
stare distesa per terra. La testa è immersa in una piccola vasca,
ripiena di liquido, da cui affiora solo la faccia della punita.
Alejandra mi accompagna ora ad
espletare alcune formalità amministrative, che ci impiegano per una
buona ora. Alla fine ripassiamo dal palco. Le due condannate sono
nella medesima posizione, Alejandra effettua nuovamente la palpazione
vescicale sulla detenuta di sopra, con maggior delicatezza. Ora
annuncia alla punita che può orinare. Ma qualcosa non funziona, la
punita non emette neanche una goccia, pare che a causa della
interminabile ritenzione sia bloccata. Alejandra fa una espressione
annoiata, batte le mani, giunge una sorvegliante a cui ordina
“pediluvio per 15 minuti”.
Prontamente la donna porta una
vaschetta contenete acqua e cubetti di ghiaccio. L’acqua deve
essere freddissima. La punita deve mettere i piedi nella vaschetta.
Non vi dico l’effetto, il freddo stimola ancora di più il bisogno
di orinare. La punita squittisce e stringe disperatamente le cosce.
Buon per lei che riesce a resistere tutti i 15 minuti. Ora Alejandra
ripete l’invito ad orinare. Cosa che la punita fa con gran
soddisfazione.
Ma ora passiamo al piano di sotto: il
getto cade in faccia alla seconda punita e riempie sempre di più la
vaschetta, iniziando a sommergere la bocca e rischiando di arrivare
anche al naso. Si sentono dapprima rumori di aspirazione, come quando
una serva maleducata sorbisce del brodo, ma poi il getto è così
intenso che, se non vuole annegare la punita deve bere il più veloce
possibile. Sul finire, addirittura le va di traverso il liquido,
provocandole un terribile accesso di tosse.
Alejandra ora ordina di rimuovere le
due punite, due sorveglianti liberano la punita superiore e vedo che
la gogna era talmente alta da costringerla a stare sulle punte, tanto
che ora fatica a camminare. Viene ora liberata la punita del piano di
sotto. A parte la puzza, il colorito della punita è verdastro. Si
regge appena in piedi e continua ad inghiottire a vuoto, preda di una
nausea terribile. Alejandra le annuncia la palpazione vescicale, ma
resta delusa, la vescica è poco piena, lo stomaco e la pancia, però
sono ampiamente distesi. “Questa stupida non riesce a digerire
l’orina”, sentenzia Alejandra, “Portala pure a vomitare”
dice ad una guardia e, rivolta a me: “Vedrai, in capo ad una
settimana in cui per punizione berrà l’orina di tutte le sue
colleghe, imparerà a digerirla benissimo!”.
(84- continua)
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