drawing by slave Elisabeth Mandile ©Annika Kapyzska |
LA MIA PUNIZIONE - 3
di sguattera sudiciona
Accovacciata sul secchio di zinco, mi è
stato permesso di svuotarmi. La panciona si è sgonfiata, mi sento
esausta e madida di sudore che sulla schiena si raffredda lentamente.
- Bene, bene bene, fra non molto l'olio di ricino
dovrebbe cominciare a far effetto sul serio... è tempo di preparare la
nostra bestia da soma sudiciona, vero Rose?
Sogghignando, la possente
infermiera altoatesina mi afferra di nuovo per un orecchio e
bruscamente mi solleva dal secchio. Mi ordina di denudarmi
completamente, poi sempre tenedomi saldamente per un orecchio mi
spinge sotto la doccia per un'energica strigliata a base di acqua
gelata. Indossando un grembiule di gomma bianca e guanti dello stesso
materiale e colore, la donna mi strofina con una specie di spugna che
in realtà è costituita da urticante crine di cavallo avvolto
attorno a una mattonella di legno.
L'effetto dello strofinìo sulla
mia povera pelle è terribilmente irritante, e in breve la cute si
arrossa nonostante sia costantemente innaffiata dall'acqua
freddissima.
Terminata la “pulizia della schwein”, come dice Rose
M. l'infermiera altoatesina, vengo fatta rivestire in fretta, senza
che mi sia permesso di asciugarmi. Questa volta devo indossare la
divisa da fatica, sulla quale mi devo allacciare un pesante grembiule
di gomma verde; ai piedi, zoccoli di gomma dello stesso colore e
niente calze.
Sotto, ecco pronto per me pannolone e doppie mutande:
prima un paio di normali mutande di gomma da incontinenza; sopra
quello, mi infilerò il mio ormai abituale paio di robustissime e
impermeabili mutande da contenzione.
Ma prima di indossare la doppia
mutanda, l'infermiera mi ordina di piegarmi, di afferrare i glutei
saldamente e di divaricarli. Poi in tono brusco mi grida di
“spingere”, come se dovessi defecare. Per fortuna non ho più
acqua nella pancia: in questo modo l'operazione non ha spiacevoli
conseguenze. Ho appena iniziato a spingere, ed ecco che un grosso
plug di gomma a forma conica mi viene bruscamente inserito nello
sfintere: con tre colpi progressivi, di intensità crescente,
l'esperta infermiera inserisce il tappo che non va a finire dentro il
mio intestino solo grazie alla base di gomma, un disco circolare che
lo blocca all'esterno impededogli di proseguire il suo cammino
all'interno delle mie miserabili viscere di sguattera.
Purtroppo non posso fare
a meno di notare che il mio sfintere è decisamente dilatato, e
ripensando alle minacce dell'infermiera, comincio a preoccuparmi
davvero. Nonostante sia stata allargata parecchio, le dimensioni e la
forma del tappo sono tali per cui nulla mi distoglie dal pensarci
in continuazione: di fatto la presenza del plug nel mio retto diventerà nella
prossima ora una delle due ossessioni su cui rimarrò costantemente
concentrata.
Mentre l'infermiera chiude il lucchetto
delle mutande contenitive, un orribile gorgolìo improvvisamente si
scatena dentro la mia pancia e un'ondata di nausea mi sopraffà: il
deleterio effetto dell'olio di ricino comincia a farsi sentire.
L'infermiera altoatesina Rose M. sembra apprezzare particolarmente la
cosa: sorridendo, mi massaggia ruvidamente la pancia e la comprime,
compiaciuta. Madame Janine si siede comodamente su una poltroncina
tutta rivestita di cuoio nero, accavalla le gambe, spinge leggermente
indietro la testa, socchiude gli occhi, infine si accende una
sigaretta e mi fissa.
- Mani sopra la testa, sudiciona! -
sibila. Eseguo, mentre dentro la mia pancia
avvengono sobbolimenti e movimenti a dir poco imbarazzanti. - E ora,
sudiciona, per completare la tua punizione, accompagnerai Rose al
supermeracato e porterai a casa la spesa. Rose M., l'infermiera
altoatesina, intanto si è preparata per uscire. Indossa un
meraviglioso cappotto extralungo in scintillante pvc nero che nasconde
parzialmente la divisa da infermiera, anche se la sua qualifica
è resa evidente dalla cuffia bianca inamidata su cui spicca la
croce rossa. Al posto degli zoccoli bianchi, calza un paio di stivali in pelle dal tacco vertiginoso.
Così abbigliate, usciamo: lei davanti, io dietro nella
mia divisa da fatica, sporca e macchiata di sudore, il ventre che
comincia a gonfiarsi di nuovo, fasciato nel grembiule di gomma da
sguattera, e il sapore dell'olio di ricino che lentamente dallo
stomaco ricomincia a invadere la mia bocca. A ogni passo, lo “slosh, slosh” delle mutande di gomma si fa sentire, e il tappo di gomma
sembra volersi perfidamente fare strada fra le mie viscere. Per fortuna il disco
esterno lo blocca, altrimenti il mio intestino sconvolto lo
inghiottirebbe senz'altro. Camminiamo per strada e io mi sento
morire di vergogna al pensiero di dovermi mostrare in pubblico in
queste miserabili condizioni. Sul marciapiede, fra la gente che passa
frettolosa e ignara, non vengo notata più di tanto.
La divisa e il grembiule
in effetti attirano l'interesse occasionale di qualcuno, ma
nell'insieme per mia fortuna passo abbastanza inosservata. Le spesse
mutande di contenzione, all'aperto, diventano ancora più rigide e
pesanti, ma lo sfregamento della gomma sulla mia vulva è ridotto al
minimo, e comunque non abbastanza da farmi provare piacere: con
queste mutande addosso, ne sono consapevole, mi attende ormai una
vita completamente priva di qualsiasi tipo di soddisfazione
sessuale. Ho paura, non è che per questa continua infinita
frustrazione diventerò matta? E l'essere quotidianamente,
perennemente ingravidata dall'infermiera che effetti collaterali
avrà? Vivere in questo modo mi sembra insopportabile... eppure non
ci sono alternative.
Mentre penso furiosamente, per distrarre il mio
intestino dalla pressione dolorosa e dai crampi che comincio a
sentire, senza accorgermene siamo arrivate proprio davanti
all'entrata del supermercato. Il mio ventre è di nuovo bello
gonfio, e tende il grembiulone di gomma.
L'infermiera con un sorrisetto mi
tende la lista degli acquisti, stilata nella calligrafia precisa e
minuta di Madame Souillon. È una lista assai lunga, copre quasi
tutta la pagina color crema, strappata da uno dei preziosi taccuini
di Madame. Due signore ben vestite, belle e sulla quarantina, vicine
alla cassa. hanno notato la scena. Si guardano fra di loro con
sottili cenni d'intesa, una mi scruta da capo a piedi, l'altra per
un attimo sembra sorridere all'infermiera
(3- continua)