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17 luglio 2015

TRANSFORMATION D'UNE BOURGEOISE 2


TRANSFORMATION D'UNE BURGEOISE 2
 by Conchita

As I was talking she took me by hand and we went to the living room,
we sat together in the couch and she started holding my hand as I
continued my monologue. When I stopped I started crying again, God what
was happening to me, was that strong sleeping tablet that made me so
emotional? She put her hand around my shoulder and pulled me towards
her. Soon my head was resting on her shoulder and I closed my red eyes
for a moment of rest.

Suddenly I felt her warm lips kissing my cheeks and forehead and then
she kissed me in the mouth in an unexpectedly passionate manner. I was
completely taken by surprise but I felt at the same time an increased
sexual excitement. She then wiped my wet eyes with the edge of her apron,
something that excited me even more. She started talking to me in a quite
but firm manner, definitely forgetting her position in the house. She
spoke to me as a friend rather than a domestic : "With the little I know
you are completely secure financialy, you owe this wonderfull property
and you have a steady income from your grandfather's trust. You are 37
years old, you don't have to work for a living and you can organise your
life anyway you want." She stopped and looked at me rather sternly I
must say, as if she was accusing me for having all those benefits in life.

I looked back and all of a sudden I realised that I needed that woman. I
said without hesitation : "Look Monique. Would you like to stay the
week with me to help me get over this terrible crisis I face, even if
you thing that is not that serious?"

She answered back immediately as if she knew the answer even before I
asked. She said : "I'll stay on one condition, we have to establish a
different relationship, not the one of employer and employee to start
with. I am Monique for you, but you are Marie Benedicte for me." I blushed
a bit when she mentioned my double name. Coming from an upper class
family I had several names in fact my full name was Jeanne Marie Benedicte
Batiste D' Armagnac. But for my friends I was simply Marie Benedicte.

"Of course I accept Monique" I eagerly said and at the same time I was
thinking what she means with this 'to start with'.

"In that case" she continued "you have to give me access to your wardrobe,
I always felt envious for your elegant clothes and I don't have but my
working clothes with me. And since I'll be a guest in this house for the
rest of the week, no more housework for me. Do you agree Marie Benedicte?"

I blushed again, this woman had a way of intimidating me that I hadn't
notice before, a whole new persona of Monique was in front of me. "Of
course Monique, there are plenty of clothes in my cupboards, more than
I can use myself, you can choose anything you want and I think we are
about the same size. Please let's go upstairs and sort things out"

We reached the master bedroom and to my total surprise she started undoing
her apron and overall dress. She saw my look and said casually : "I think
I'll have a bath first before I dress in my bourgeois lady clothes. Would
you be a pet and run a bath for me, and please add some of the nice bath
oils you are using, I want to smell like a bourgeois lady from now on."
(2- à suivre)

25 aprile 2015

CENTRO DE DETENCION MADAME ROCIO 2 - LE DIVISE DELLE FORZATE


Nobili Signore,
serva sudiciona,
continuo nel racconto della mia detenzione.

Madame Rocio
Un ora prima dell’alba le detenute vengono svegliate da un rumoroso campanello elettrico. Poiché siamo in un deserto l’aria è fredda, grande contrasto con la fornace del giorno. Il dormitorio si ridesta, tra lamenti e grugniti. E’tutto un affannarsi per ripiegare le luride lenzuola nel modo prescritto per i soldati dell’”armada”. Qui non si scherza affatto, basta un nulla per ricevere una punizione. Ed ancora col buio le detenute debbono schierarsi nell’aria ancora fredda, in attesa dell’appello. Appello che viene presto completato, visto che in questo periodo il carcere è relativamente vuoto, una ventina di detenute. Fatto l’appello, in attesa che giunga Madame, alle detenute viene fatta eseguire una lunga serie di esercizi ginnico-punitivi. Le divise, riscaldate da sudore iniziano ad emettere l’inconfondibile aroma di sudore rancido ed orina, tipico del “Centro”.
Finalmente giunge Madame Rocio.
Veramente una bella donna, trentenne, capelli neri. Alta e snella. Ama vestirsi da amazzone.
Il viso perfetto, quando Madame si arrabbia mostra una riga rossastra su di una guancia.
Madame Rocio è lesbica ed anche sadica. Una brutta combinazione per le detenute – schiave del Centro. La storia della riga che appare sul viso di Madame quando si arrabbia spiega il suo accanimento su di noi serve. Madame Rocio, figlia di facoltosi nobili, venne allevata da una severa istitutrice che, scoperte le pulsioni lesbiche della giovane, ne approfittava. Il carattere dominatore della giovane, però si stava sviluppando e ben presto tra la istitutrice – amante e la allieva furono liti. Al culmine di una lite l’istitutrice colpì con una forbice il viso della ragazza sfigurandola. Lo shock dell’accaduto segnò profondamente l’animo di Madame che diventò ben presto una padrona inflessibile che godeva nel far soffrire le serve. E a nulla valse la perfetta riuscita di una plastica facciale di un noto chirurgo brasiliano che rese nuovamente perfetto il suo viso.
Madame si laureò in medicina, ma ben presto capì che non era la sua vocazione. Decise così di mettere a frutto i suoi desideri e fondare un centro privato di detenzione per le serve “irrecuperabili”: il Centro de Detencion Maxima. Per dove è situato il Centro è praticamente al di fuori da ogni legislazione che non sia il volere di Madame. Ben presto Padrone esigenti spedirono al Centro le serve più ribelli, certe che Madame le avrebbe spezzate o plasmate ai loro voleri. Ed i soldi delle rette sono sempre stati reimpiegati da Madame per rendere il Centro la miglior istituzione del genere al mondo.

La rasatura
Per le ultime arrivate manca ancora un adempimento: una delle guardiane ci fa sedere a turno su di una sedia e, impugnando una tosatrice elettrica ci rade completamente a zero. Vediamo nostri poveri capelli per terra. Ma non è affatto finita, una dolorosissima ceretta ci asporta le sopracciglia. Seguita a ruota dalle dolorose depilazioni di ascelle pube ed ano. Ci viene spiegato che per ragioni di igiene dovremo sempre essere “lisce”. Non esistono specchi ma, guardandoci l’un l’altra ci rendiamo conto che oltre ai capelli ed ai peli ci è stata tolta anche la dignità. Capiremo presto che il fatto essere rapata a zero serve, oltre che ad umiliarci, a permettere di indossare correttamente la divisa di punizione pesante e costrittiva ben più di una tuta da sub..

La divisa di punizione
Al Centro nessuna delle detenute resta inoperosa. Visto che è il mio primo giorno vengo messa a pulire i pavimenti inginocchiata, ordinaria amministrazione per una serva ormai sfiorita. Ho così modo di guardarmi attorno ed iniziare ad ambientarmi.
La prima detenuta che vedo è Fatima. Una delle mogli del sultano di una sperduta isola dell’oceano. Una giovane istruita e di idee moderne. Il suo stile di vita moderno, ovviamente non piace alla suocera la quale inizia a rompere le reali balle del figlio, fino a che questi cede ed invia la moglie “scostumata” da Madame Rocio per un breve ed intenso stage in cui ci si augura la giovane principessa verrà domata.
Ovviamente questo per Madame è un invito a nozze.
La giovane è una caso “difficile”, abituata ad una ambiente padronale è l’opposto di tutte le altre detenute. Ci è voluta una settimana per convincerla, a suon di botte, ad eseguire gli ordini. Ma non è affatto domata. Bene, si dice Madame, ora di iniziare a fare sul serio. Fatima imparerà oggi l’umiltà e l’opportunità di tenere velate le regali carni.
E’verso le 10 che vedo arrivare la detenuta Fatima, a cui fanno indossare la divisa di punizione: una aderentissima tuta di tessuto gommato nero. L’operazione non è facile, per una detenuta sudata, un provvidenziale barattolo di talco permette a Fatima, sollecitata dal frustino della sorvegliante, di riuscire nell’impresa. La sorvegliante verifica che la tuta sia indossata correttamente. Chiude con un certo sforzo la cerniera posteriore della tuta ed inserisce il lucchetto che blocca inesorabile la cerniera. Poi, per buona misura, applica uno stretto corsetto, sempre nero, stringendolo a fondo.
Alla povera Fatima sembra di non riuscire più a respirare. Il corsetto è molto costrittivo e dà una magnifica siluette, ma a prezzo di qualche sofferenza, come dicevano le signore dei bei tempi andati. Un lucchetto blocca anche il corsetto. Sul capo la detenuta calza un aderente cappuccio, proprio una seconda pelle, che lascia sporgere solo occhi naso e bocca. I lunghi guanti completano lo scafandro. Tra le cosce di Fatima un sacchetto trasparente raccoglierà l’orina, permettendole di lavorare senza interruzioni per le necessità fisiologiche.
Fatima, inizia a sentirsi fastidiosamente bagnata dal proprio sudore anche stando ferma. La sorvegliante porta Fatima in un garage e le mostra quale sarà il suo lavoro odierno: trascinare un calesse. Infatti Madame Rocio ha deciso di approfittare della detenuta da domare per farsi un giro della proprietà. Fatima viene collegata al calesse da robuste cinghie che premono fastidiosamente, rendendo ancora più insopportabile l’accoppiata tuta e corsetto. Tra le labbra della detenuta viene posto un morso, tenuto in posizione da catenelle. Al morso sono collegate delle briglie che permetteranno a Madame di dirigere la “puledrina” senza dover usare la voce. E, al comando ricevuto tramite le briglie, rinforzato da uno schiocco della immancabile frusta, Fatima inizia a camminare, ma i colpi e le incitazioni continuano, fino a che non si mette a trottare.. Grazie alla leggerezza del calesse ed alle scorrevoli ruote la detenuta non fa un grande sforzo. Ma appena uscite dal triplo recinto le cose cambiano radicalmente. Fatima si trova a dover trascinare il carrello sul terreno non battuto. Il trotto si trasforma in arrancare. Inoltre la tuta nera, in pieno sole, porta la temperatura all’interno intorno ai 50 gradi. La giovane è sull’orlo del collasso, ma, ben sapendo che se rallenta saranno cocenti colpi di frustino, Fatima continua nel suo faticosissimo trotto, il rumore del proprio respiro e dei battiti furiosi del cuore sono il suo accompagnamento musicale, altro che auricolari ed mp3, come quando si allenava in università!.
Nel frattempo mi duole la schiena per il continuo lavorare inginocchiata ma mi considero molto molto fortunata di poter lavorare nell’ombra dell’edificio e soprattutto senza l’allucinante divisa da punizione.

La latrina
Le ore passano lente, tra una fatica e l’altra. La vescica inizia a darmi noia ma non so ancora che “etichetta” bisogni seguire. La sorvegliante, vedendomi tenere le cosce strette capisce il problema e mi trascina fino ad una bassa costruzione fuori dall’edificio. Ancora prima di arrivarci capisco il motivo della collocazione: uno spaventoso odore di orina putrefatta mi sconvolge. Infatti niente comodi water: è una realizzazione minimalista, un canaletto raccoglie i liquidi e li porta in una fossa esterna. Per quanto riguarda il resto, dietro al canaletto un foro comunica con la fossa biologica, da cui si alza il resto dei miasmi. State sicure che nessuna si attarda in questo porcile!
Dopo tre lunghe ore torna il calesse di Madame. Lo spauracchio barcollante nella tuta nera è la povera Fatima, ormai all’estremo delle forze. La ristrettezza del corsetto la obbliga a respirare a bocca aperta. Questo, unito al fatto del morso, le ha coperto la bocca di bava schiumosa, proprio come un pony. Madame Rocio ferma il calesse e si accerta delle condizioni del pony, il sacchetto urinario della tuta è ancora sconsolatamente vuoto. La detenuta ha dissipato in sudore tutti i liquidi. Madame, graziosamente le chiede se ha sete e le indica l’immonda vasca con le pipì ormai rancide delle compagne. La povera principessa volta, nauseata la testa. Madame è contenta, le piace questa puledrina da domare.
Con qualche altra ora di traino e riuscirà a spezzarla. Madame si concede il pranzo ed un paio di ore di “siesta”, la povera puledra, ancora legata alle stanghe del calesse si accascia per terra, riprendendo un po’ di respiro e di forze. Per ordine espresso di Madame niente cibo o liquidi per la puledra! Ma è già ora di continuare, Madame ha terminato la siesta, così il calessino di Madame esce, nel calore da fornace del pomeriggio. Madame, conscia che sta spingendo la schiava fino ai limiti e che potrebbe crollare svenuta in ogni momento, si limita ad inanellare giri e giri all’interno del recinto. Presto la puledra cade, semisvenuta. Due detenute sono incaricate di riportarla alla latrina. Qui le viene tolto il cappuccio della tuta. Madame osserva con compiacimento la detenuta: le guance della malcapitata sono paonazze, anzi, violacee per il gran caldo, ottimo contrasto con la pallidissima testa rapata. Ora è giunto il momento della verità. Ad un suo cenno, una sorvegliante immerge una gavetta nella immonda vasca delle pipì e la porge a Fatima. La faccia della poveretta riflette il dilemma a cui è sottoposta, morire di sete, durante un altro giro di traino o annullare il proprio orgoglio e bere il nauseante liquido. La poveretta si ricorda ancora quando, in università, al racconto di una spedizione rimasta senza acqua, i cui componenti erano sopravvissuti bevendo la propria orina, aveva affermato, sorridendo, che era meglio la morte ad una simile indegnità. ED ORA SI TRATTA DELLE PIPI’ DI ALTRE DETENUTE. Ma lo sguardo che fino a quel momento era ancora altero e fissava le aguzzine, si abbassa e guarda per terra. La detenuta avvicina le labbra alla gamella. Inizia a bere, cercando di ignorare il gusto.. Dalla faccia schifata delle detenuta si capisce quale sia il sapore del liquido, surriscaldato dal sole. Uno sguardo supplichevole è diretto a Madame, ma Madame su queste cose non transige, l’umiliazione deve essere completa. E così la povera Fatima è costretta a bersi tutta la gamella. A tratti la si vede chiudere gli occhi e tremare, evidentemente cerca di mandare indietro i conati di vomito.
E per la povera Fatima il destino ha in serbo anche altro, Madame Rocio si sente eccitata nel dominare questa giovane, cercherà di arruolarla tra le proprie schiave personali. Sarebbe un successone piegare la giovane ai propri voleri ed un ottimo affare, a liberazione avvenuta, poter vendere alla suocera foto compromettenti della nuora che si umilia come schiava lesbica.

Vostra detenuta nadia.
(2- continua)

17 febbraio 2015

PENSION BALNEARIA 95 / FINE


IL SUPPLIZIO 
Nobili Signore, serva sudiciona,
ci eravamo lasciate con la perra rinchiusa nella bara. La Badessa ordina che venga lasciata lì a disperarsi, rinchiusa in quello piccolo spazio claustrofobico al buio. Ma la sentenza non prevede danni fisici: la perra non ne morirà: l’aria, come già detto, filtra dalla parete forellata. Per quanto riguarda fame e sete, la faccenda è un po’ più complicata. La perra verrà tenuta in vita da clisteri nutritivi. Il clistere nutritivo era una antica forma di sostentamento medico, prima che inventassero le flebo. Tutti i giorni alla perra verranno praticati un grosso e doloroso clistere evacuativo, seguito da due “pasti” costituiti da un clistere di una crema molto nutriente, simile allo “zabaglione”. Questi clisteri di piccolo volume verranno assorbiti dall’intestino della perra e la terranno in vita. Ai clisteri verranno aggiunti opportuni trattamenti medicinali e vitaminici. La perra, durante il supplizio, soffrirà comunque fame e sete, visto che nulla le verrà somministrato per bocca. Inoltre se la perra continua ad urlare come sta facendo la sete la tormenterà ancora di più.
Ma ben presto la perra inizia a rassegnarsi, o più probabilmente le mancano le forze. Passano le ore ed i giorni, ormai la perra non urla più, si sente solo un lamento. Quando scendo, accompagnata dalla Badessa per praticarle i clisteri, la perra, sentendo l’acqua inondarle la pancia, si riscuote e inizia a ululare e picchiare sul coperchio.
Dopo quattro giorni di bara la Badessa non è contenta di come la perra sopporta la pena. Ora di aggravare la punizione!
E la Badessa mi presenta un contenitore di plastica con il coperchio forellato.
Dovrò, a luci spente, in modo che nessuna luce entri nella bara, aprire lo sportellino laterale e versare il contenuto della scatola sul ventre della perra. Chiedo alla Badessa il permesso di guardare nella scatola e, non l’avessi mai fatto! Un brulichio di vermi, si proprio quelli che avrete visto utilizzati dai pescatori: i vermi della carne!
“Vediamo cosa ne dice la tua amica”, mi dice la Badessa.
Ma, sono in crisi, sì ho sempre odiato la perra e ne ho ricevuto angherie di tutti i generi, ma di lì a farla divorare viva dai vermi………
Insomma, non me la sento. La Badessa mi vede titubante e mi dice: “Se ti rifiuti di obbedire all’ordine ti considererò complice della condannata nell’attentato alla vita della Signora della Pension”.
“E’ più forte di me, non ci riesco”, confesso tra le lacrime.
“Se la condannata non esce da questa bara domata verrai condannata come complice”, mi dice la Badessa, per spronarmi ad obbedire. Ma niente da fare, neanche quando la Badessa mi porta di sopra e mi fa dare due dozzine di frustate sul sedere nudo! La Badessa, ammirando il lavoro fatto sulla pelle del mio sedere, pieno di segnacci da cui emerge qualche stilla di sangue, mi ripete ancora: “Ricorda, se la perra non viene domata, seguirai la sua sorte!”.
E così, passa qualche altro giorno di supplizio per la perra e di paura per me.
Allo scadere dei 10 giorni, la perra non si sente praticamente più, solo nel momento del clistere si sentono provenire dalla bara ululati misti ad agghiaccianti risate.
La Badessa è soddisfatta: “pare che il trattamento abbia funzionato” è il suo commento. Due sorveglianti hanno il compito di riaprire il coperchio della bara. Un terribile tanfo si alza dal corpo della perra. In questi dieci giorni è molto dimagrita, ormai si riesce a contarle le costole senza alcuna difficoltà. I seni si sono sgonfiati. A causa della lunga permanenza al buio, non ci vedrà per qualche ora. Ma quello che indica chiaramente quello che ha passato sono i peli e i cortissimi capelli che le sono spuntati: la perra in questi 10 giorni ha avuto un ingrigimento precoce e fulmineo!
Se la si guarda negli occhi si legge la follia, continua a ridere e piangere nello stesso tempo. Mente le sorveglianti la sorreggono, per portarla sotto il getto dell’idrante la si sente farfugliare cose senza senso e si sente anche chiaramente “sono morta!”. Insomma, la poveretta, anziché domata è impazzita!
Ma la Badessa non pare convinta, ordina di lavare la perra con l’idrante e di metterla a riposo in cella per una settimana, poi la studierà a fondo “en el consultorio”.
Povera perra, impazzita come è non apprezza neanche il lusso di una settimana di riposo assoluto, con una razione abbondante di cibo. Pomate vengono messe su alcune piaghe che si sono aperte sulle sue natiche, data l’immobilità prolungata. Addirittura la Badessa la fa imboccare! Tanto che, di lì ad una settimana la perra rifiorisce. Infatti ha recuperato parte del peso perso, il colorito è abbastanza roseo. Ora la perra indossa un lungo camicione da ospedale. Per prevenire atti inconsulti nella sua stanza entrano solo due robuste sorveglianti-infermiere, che si incaricano di tutto.
Ma è giunta la fine del periodo di “grazia” per la perra, ora viene fatta uscire e messa a lavorare. La difficoltà è che è ormai “ondivaga”. Viene messa a fare un lavoro, le viene spiegato cosa fare. Inizia ad eseguirlo per magari un ora, poi, seguendo chissà che fantasie, inizia a vagare per l’istituto guardando in alto e ridendo di tanto in tanto. Raccoglie, se non la simpatia, la pietà di molte, anche tra le sorveglianti. Del resto quello che ha dovuto subire mette i brividi…..
Ed è proprio questa sua tendenza ad abbandonare il proprio compito che provoca l’”incidente”. La Signora della Pension trova la perra che vaga da ore per l’Istituto. Il pavimento che le aveva ordinato di pulire è, se possibile, più sporco di prima. La Signora prende una corta verga e dà un bonario colpo sulle natiche della perra. Niente di che, solo per richiamare la sua attenzione. Non lo avesse mai fatto! Avete presente un cobra che scatta? Ebbene, la perra, in un battibaleno, mette le mani al collo della Signora e tenta di strangolarla. La perra è sorretta dalla forza della disperazione, se non della follia, tanto che la Signora, sia pur con tutta la sua conoscenza di arti marziali, non riesce a liberarsi. Ci vogliono quattro sorveglianti, per sottrarre il collo della Signora agli artigli della perra. Signora che dovrà restare a letto per un intera giornata e porterà i lividi dell’attacco subito per settimane.
Quello che è accaduto è di una gravità tale che mette in subbuglio tutto l’Istituto. Due attacchi alla vita di una Signora, una cosa incredibile, di una gravità inimmaginabile.
La perra viene immediatamente rinchiusa, non più nella comoda cella della convalescenza, ma nella più profonda e lurida cella disponibile. In attesa del processo le sorveglianti sottopongono la perra ad un regime di “ammorbidimento”: tenuta a pane ed acqua, ogni giorno le vengono somministrate tre dozzine di nerbate, facendo passare tra una nerbata e la successiva non meno di cinque minuti. Le esecutrici si ingegnano di distribuire uniformemente i colpi sulla pelle della perra.
Quando finalmente affronterà il tribunale, la sua pelle sarà un intreccio di lividi bluastri e croste.
Ed alla perra va pure bene: vista la straordinaria gravità dell’accaduto il tribunale non ritiene necessario di metterla alla tortura, infatti viene stabilito di condannare la perra alla deportazione in un istituto di massima pena. L’Istituto scelto dal tribunale è uno dei più terribili: situato in un deserto del Messico, è retto da una inflessibile Direttrice con cui faremo presto conoscenza.
Ma non è finita, anche io sono nei guai, infatti la minaccia della Badessa era chiara, se la perra fosse uscita dalla bara indenne io l’avrei seguita nella condanna come complice. E così termina la mia breve carriera di aspirante sorvegliante, rinchiusa a mia volta in una cella.
Vostra detenuta nadia.
(95- FINE)

Nota di Janine Souillon
"Il resoconto fin qui noto come "Pension Balnearia" termina qui. Dalla prossima puntata, la cronaca narra la parabola finale della perra, dal Centro de Dentecion di Madame Rocio fino alle fasi terminali della sua punizione. Questa parte l'ho rinominata "Centro de Detencion Madame Rocio. JS"


20 ottobre 2014

DIARIO DI UN'EDUCAZIONE 6


Diario di una educazione – 6
Eravamo rimasti con la nostra sguattera nuovamente sofferente di stitichezza, indotta dalla timidezza di scaricarsi davanti alla Oberschwester. La sguattera, cerca di procrastinare promettendo che forse oggi avverrà il miracolo, una sottile eccitazione, al pensiero del contenuto del famoso scatolone. Ma Elize ha raggiunto scopo di intimidire e causare un nuovo blocco alla sguattera. Telefona a Madame e di seguito chiama anche la Farmacista. La cerca di giustificarsi con la frase: “non lo faccio apposta, mi vergogno ad usare il vasetto!”. Inutile dire che si becca una nuova sculacciata. Madame è stata chiara, le cure del caso dovranno assolutamente venire praticate in serata, al di fuori dell’orario di servizio. Ed infatti la serva, rientrando, come sempre sorvegliata dalla Oberschwester, troverà ad attenderle la Signora e la Farmacista. Alla sguattera, ancora in divisa da lavoro, viene ordinato di indossare un grembiule di gomma che viene fortemente stretto sul ventre, come se non bastasse le fanno indossare anche i lunghi guanti verdi da lavoro. Deve poi inginocchiarsi di fronte al vaso da notte. Alla vista dell’oggetto avvampa involontariamente, provocando le risatine delle presenti. La Farmacista non ha perso tempo, dal famoso pacco estrae varie scatole di medicinali. Una gigantesca brocca graduata viene riempita d’acqua. Si vede che la donna fa un certo sforzo per sostenerla, la sguattera allibisce niente apparecchi da clistere in vista, che vogliono fare con tutta quell’acqua? Nel frattempo nell’acqua finiscono numerose grandi buste di polvere. La Farmacista rimesta il tutto con un cucchiaio, la polverina si scioglie frizzando leggermente e spargendo un vago odore di agrumi. La sguattera attende, sempre più preoccupata. Intanto la Farmacista sta illustrando la propria soluzione alle altre due: questo nuovo purgante è efficacissimo, ne devono essere somministrati almeno quattro litri. Devono essere bevuti, in quattro ore, il che vuol dire un bicchierone da ¼ di litro, possibilmente tutto d’un fiato, ogni quindici minuti. Se però c’è fretta, ed è questo il nostro caso, non vogliamo perdere troppo tempo per una purga, si può accelerare la somministrazione arrivando anche alle due ore, un bicchierone ogni 7 minuti.
La serva, decisamente riottosa, non pare voler ubbidire, fa no con la testa. Le Signore, per blandirla assaggiano, o almeno fanno finta di assaggiare il liquido.
La Farmacista è la prima ad immergere un dito nella brocca, per provare il sapore della soluzione, Madame pure lei, con fare schifato, e non trattiene una smorfia, è dolce ed ha l’aroma di agrumi ma è …. un po’ strano e salato. La Oberschwester assaggia senza problemi, precisa però che a suo parere è solo uno spreco di tempo e denaro, vuoi mettere il tradizionale “Rizinöl”?
Madame risponde che ci saranno tempo ed occasioni a bizzeffe in futuro, anche per quello.
La brocca viene messa sul pavimento di fronte alla sguattera, le viene messo in mano un gigantesco mug di plastica, su cui la Farmacista ha segnato col pennarello il livello di riempimento. Le tre donne si siedono, comode, sul divano di fronte alla sguattera, Madame si è messa a portata di mano lo scudiscio, un sempre ottimo “mezzo di persuasione”. La farmacista la avverte: “sguattera non pensare neanche di vomitare, ogni volta che vomiti aggiungerò un litro di acqua, c’è una seconda scatola di purgante proprio per questo scopo”. E’ la Oberchwester che si incarica di controllare gli orari di somministrazione, col suo orologio militare, ex-DDR, fornito pure di cronometro. La sguattera deve alzare, con grande sforzo la brocca e riempire fino al segno il bicchiere. La Oberschwester fa un conteggio alla rovescia e ordina “bevi!” la sguattera resta bloccata, non riesce a forzarsi all’obbedienza, anzi, per enfatizzare il suo rifiuto si tappa la bocca con le due mani. La Farmacista salta su inviperita, questa stupida non ha capito che qui si fa sul serio! Dalla borsetta viene estratto prontamente un involto, di quelli sterili. La Farmacista lo mostra alla sguattera: la vedi questa? E’una sonda per la lavanda gastrica, vedi l’imbuto? La si caccia giù per la bocca e arriva fino allo stomaco. Poi si versa la purga nell’imbuto. Hai mai fatto una gastroscopia? La Farmacista tocca uno dei terrori della sguattera, anni prima le è stata fatta una gastroscopia, ricorda ancora le due iniezioni di barbiturici e nonostante quelle, due robuste infermiere hanno dovuto legarla al lettino con robuste cinghie, per tenerla ferma, le sono restati i lividi per una settimana. La sguattera aveva rimosso la sensazione di soffocamento, la tosse disperata e una nausea tale da parerle che i conati le rivoltassero lo stomaco da dentro a fuori, mentre il medico spingeva su e giù per la gola e lo stomaco, quello che, nel delirio dei barbiturici, le pareva un lunghissimo, infinito, pene. Anche se le manca la voce per rispondere la faccia che fa parla chiaro, la sguattera ha recepito il messaggio. “Vedrete che adesso fa la brava” dice la Farmacista alle altre due. Infatti la serva inizia subito ad ingurgitare il beverone. La capacità del mug è tale che per la serva è impossibile bere tutto in una volta, si interrompe per prendere fiato e il gusto dolce, salato, mandarino uniti ad un forte inconfondibile retrogusto di medicinale, invadono le sue papille gustative. La serva sbianca, inizia a lacrimare e le viene un conato, afferra il vaso da notte e restituisce il liquido appena bevuto. Nessuna mano le regge la fronte, anzi la Farmacista, come promesso, aggiunge un litro di beverone. Ora la sguattera ha capito che si fa sul serio. Ed infatti la sguattera inghiotte, inghiotte, inghiotte, anche quando non sta bevendo, è l’unico modo per tenere giù il beverone. Le pare che stiano facendole un clistere … per bocca, lo stomaco a tratti si contrae cercando di espellere il liquido, contrastato dai disperati sforzi della serva. I minuti passano con lentezza, scanditi dai conteggi alla rovescia della Oberschwester e dai rumori di sforzi deglutitori della sguattera. Lo stomaco e la pancia iniziano a gonfiarsi, contrastati dallo stretto grembiule, aumentando il senso di oppressione della poveretta. La divisa di fatica si inzuppa pian piano di sudore, si può sentirne chiaramente la puzza. Alla serva iniziano forti dolori di pancia, la Farmacista se li aspettava, infatti il “bugiardino” del purgante li elenca tra gli effetti collaterali delle somministrazioni veloci soprattutto per le stiticone. E’colpa della sguattera che non rilassa il pancione, accusa la Farmacista. Madame concede una pausa di dieci minuti, mentre si gusta una delle sue ricercate sigarette, osservando la serva affranta che viene obbligata a camminare per la stanza nel tentativo di farle rilassare il pancione, ma senza risultati, la pancia, sempre più gonfia, duole sempre. La Farmacista insiste, bisogna che la sguattera si rilassi, volente o nolente. La Oberschwester si avvicina alla Signora e le parla brevemente in tedesco, Madame alza le spalle e risponde, “provveda, dopotutto siamo tra donne!”. La Oberschwester slaccia il grembiule ed abbassa le mutande zuppe di sudore della sguattera, massaggia brevemente il pancione dolorante ed infilando una mano tra le cosce, sibila all’orecchio della sguattera “ fai che non ti trovi mai con le dita qui sotto o te le spezzo!”, iniziando poi a massaggiare la patata della sguattera. Niente di voluttuoso, movimenti precisi e a tempo, parrebbe quasi di sentire il tempo “ein – zwei – drei - vier”. Ben presto la serva raggiunge un rapido orgasmo. Grazie al rilassamento che segue l’orgasmo forzato, il pancione emette dei forti gorgoglii ed i dolori si calmano. La serva può così continuare a bere l’interminabile purga. Giunta al terzo litro la sguattera inizia ad avere un forte bisogno di usare il bagno, la Signora le indica il vaso da notte: “mia cara devi superare i tuoi futili pudori, devi usare questo!”.
La sguattera ha talmente bisogno che stavolta non bada agli scrosci, ai peti ed ai tonfi, né alle tre spettatrici, comodamente sistemate sul divano, neanche stessero guardando la televisione! La serva riprende a bere ma vomita nuovamente, lancia uno sguardo supplicante, ma la Farmacista è inflessibile, aggiunge un altro litro, “la purga è da finire fino all’ultima goccia!”. E presto per la serva un ulteriore umiliazione, deve andare a svuotare il vaso da notte, ornai colmo in un grande secchio, da svuotare in seguito nella fogna del garage, con la raccomandazione di non spargere neanche una goccia di quello schifo! Tornata si troverà a lungo nella condizione di ingurgitare liquido da sopra e di restituirne da sotto, praticamente un corto-circuito!
La nauseante procedura dura ancora molto a lungo, la serva è esausta fatica a tenersi eretta. Finalmente il supplizio finisce e i dolori di pancia pian piano terminano. La serva rabbrividisce, Madame, magnanima, le ordina di vuotare e lavare il vaso da notte, poi concede una provvida doccia ben calda. Al ritorno la serva sente le Signore che chiacchierano rilassate: “tutto sommato queste, sia pur efficaci,moderne purghe sono una grossa perdita di tempo, tre ore di lavoro perse, alla prossima crisi di stitichezza utilizzeremo i collaudati ed efficaci metodi tradizionali. La sguattera rabbrividisce, per il momento ne ha avuto più che a sufficienza!
L’indomani racconterà, quasi come fosse una martire, l’orrore per la purga ricevuta, esagerando pure sulle sofferenze patite, “mie care, sapeste che vuol dire bere sei litri di purga, non ho mai provato un dolore così forte, mi pareva di morire con quel pancione gonfio come un otre, e poi quei dolori di pancia che parevano non finire mai…..”.
(6- continua)

3 febbraio 2013

LA PUNIZIONE DEL "BALSAMO DI TIGRE"


LA PUNIZIONE DEL “BALSAMO DI TIGRE”
sguattera sudiciona

Premessa
Per curare definitivamente le mie abitudini di “tripoteuse”, Madame Janine ha escogitato un drastico rimedio che ha messo in atto con la collaborazione di Rose M., l'infermiera altoatesina. La punizione ha avuto luogo tre giorni fa, la causa che l'ha generata è stata, ancora una volta, la mia rivoltante propensione ad essere una sguattera sudiciona.

Ore 24,00
Come forse ho già precedentemente scritto, ogni notte, per evitare disgustose manipolazioni, dopo il clistere punitivo sono giustamente assicurata al mio lettino di contenzione a pancia sotto, con indosso ancora la divisa da fatica, il grembiule di gomma, le mezze calze di cotone, il pannolone rivestito dalle doppie mutande di contenzione: un paio di caucciù e l'altro di cuoio, ben chiuse con cerniera doppia e lucchetto. Chi chiude il lucchetto e mi copre la schiena e il sedere con una vecchia coperta è sempre lei, Rose M., l'infermiera di fiducia di Madame Janine.

Come ogni notte, dopo il clistere punitivo sono stata riempita ancora con circa mezzo litro di acqua tiepida, mi è stato inserito nell'ano un plug di gomma, sono stata rivestita di nuovo del mio ormai inseparabile doppio paio di mutande, infine essa pancia sotto, le caviglie e i polsi assicurati ai montanti del lettino da quattro bracciali di cuoio collegati ad altrettante catene di acciaio e coperta con un vecchio plaid. L'infermiera mi ha “sprimacciato” la pancia, facendola ben bene gorgogliare per assicurarsi che fossi piena, ha controllato le mutande, mi ha dato una sonora sculacciata sul sedere e se ne e andata spegnendo la luce. La vecchia sveglia segna mezzanotte in punto.

Ore 6,00
Alle sei del mattino seguente, come ogni giorno della mia vita, domeniche comprese, la prassi è la medesima: sono svegliata da una cameriera di madame Janine davanti alla quale mi devo scaricare, prima di consumare la mia zuppa di tapioca in piedi e di mettermi al lavoro. Purtroppo, non potendomi più toccare da molto tempo, ed avendo una fantasia sessuale decisamente al di sopra della norma, quello che le mie mani e la mia vulva imprigionata non possono ormai concedermi più, lo ha fatto, la notte di quattro giorni fa, la mia mente. Durante il sonno ha creato per me un sogno erotico molto forte e violento, che inevitabilmente mi ha fatto bagnare. 

Ma vengo subito ai fatti. Alle sei in punto arriva Elenoire, la cameriera. Ha il compito di strapparmi la coperta dalla schiena, “sprimacciarmi” il ventre, slegarmi, farmi scendere dal lettino, togliermi le mutande di contenzione, estrarre il “plug” e farmi scaricare davanti a lei. Ma prima di farmi svuotare l'intestino, naturalmente ha il dovere di controllare la mia vulva: guai se la trova bagnata al suo interno! Quel mattino, complice il lurido sogno, ero molto bagnata, nonostante la mia non più giovane età. La donna infila una mano guantata di gomma fra le mie gambe, la ritira e l'esamina alla luce della fioca lampadina che penzola dal soffitto. Le dita della mano sono lucide. 
Elenoire mi fissa con disgusto, gli angoli della bocca si piegano all'ingiù in una smorfia di riprovazione.

Immediatamente viene premuto il tasto dell'interfono che collega la stanzetta delle scope (e della miserabile sguattera sudiciona) al miniappartamento dell'infermiera, fra le due donne vengono dette delle rapide parole in francese, ed ecco che un minuto dopo l'infermiera sopraggiunge a passo di carica, facendo un ritmico rumore di tacchi. Rose M. mi fa allargare bene le gambe, e a sua volta controlla lo stato della vagina dell'immonda sguattera sudiciona. Il risultato è identico a quello conseguito dalla giovane Elenoire: le lunghe affusolate dita guantate della mia carceriera sono bagnate.

Se non fossi tappata, me la farei vergognosamente addosso dalla paura, ma il “plug” non è stato disinserito, e la dose d'acqua “notturna” rimarrà nel mio sudicio intestino fino alle 15 del pomeriggio, in parte riassorbita e in parte espulsa in un secchio di zinco in giardino.
La punizione “esemplare” è fissata per le 16, e della coversazione che l'infermiera altoatesina Rose M. intrattiene con Madame Janine colgo solo due parole: “tripoteuse” e “Baume de Tigre”.
Col mio ventre gorgogliante e il plug saldamente inserito nell'ano, vengo bruscamente avviata dalla cameriera Elenoire al lavoro, senza la scodella di tapioca del mattino e senza potermi lavare la faccia col sapone di Marsiglia.

Ore 16
La punizione, per insindacabile decisione di madame Janine, si terrà in cucina, di fronte alle tre cameriere di Madame: Elenoire, 27 anni; Vera, 31 anni, Odette, 34 anni. Le tre domestiche, nelle loro divise nere e grembiule e crestina bianca, stanno in piedi di lato, le mani conserte appoggiate sul ventre, i volti inespressivi. 
Dietro il pesante tavolo di marmo, siede Madame Janine. Al suo fianco, in piedi, troneggia l'infermiera Rose M. Sul tavolo, vedo un vasetto di vetro chiuso ermeticamente e un salvaslip di grossa taglia, aperto. Poi c'è anche una “cangue” di legno, divisa in due blocchi, dotata di doppia cerniera e di tre fori, uno largo per la testa e due più piccoli per i polsi. Una gogna, insomma: uno di quegli strumenti di punizione di origine medioevale tanto cari a Madame Janine, in uso in Cina fino ai primi del Novecento e descritto minuziosamente da Gustave Mirbeau nel suo inimitabile “Giardino dei supplizi”.

- Sguattera sudiciona, mani sulla testa! - ordina Rose M. Eseguo. L'infermiera compie il giro del tavolo, estrae la chiave del lucchetto che serra la cerniera delle mie spesse mutande di contenzione, apre il luccetto e mi ordina di toglierle, metterle sul tavolo e di rimettere le mani sulla testa. Eseguo. Rose M. si infila un paio di guanti di lattice giallastro, apre il vasetto di vetro. Subito un odore pungente si sparge nell'aria, pervadendo tutta la cucina. Lo riconosco, è “Balsamo di Tigre”. 

Improvvisamente capisco, mi gira la testa, per il terrore la schiena si imperla di sudore che impregna immediatamente il cotone della divisa da fatica.

Nota dell'infermiera Rose M.
Balsamo di tigre è il nome commerciale di un unguento fabbricato e distribuito dalla Haw Par Corporation Limited di Singapore, che ha registrato il marchio; oggi in commercio se ne trovano vari cloni. Venne originariamente sviluppato a Rangoon (Birmania) nel 1870 dall'erborista Aw Chu Kin che, in punto di morte, chiese ai figli Aw Boon Haw ed Aw Boon Par di perfezionare il prodotto. Il balsamo di tigre è disponibile in due varianti:
    Balsamo di tigre rosso, più forte, procura un veloce sollievo dal dolore muscolare.
    Balsamo di tigre bianco, più leggero, indicato per mal di testa e congestione nasale.
    Ingredienti
    Mentolo 10,0%
    Canfora 25,0%
    Olio di cajuput 7,0%
    Olio di cassia (olio di cinnamomo; olio di cannella) 5,0%
    Olio di chiodi di garofano 5,0%
    Olio di menta dementolato 6,0%
    Il resto è a base di paraffina e petrolato (42,0%)
L'infermiera Rose M. intinge il dito indice nel vasetto di vetro, indi spalma una generosa dose di Balsamo di Tigre sul lato interno del salvaslip. È un modello, come dicevo, molto largo: le due ali laterali, ampie ed adesive, una volta a contatto con la pelle, rimangono ben ferme in posizione. Il salvaslip rimane sul tavolo, aperto, mentre il mio collo e i miei polsi, infilati nei fori della cangue, vengono bloccati dal pesante strumento di legno. Le mani stanno ai lati della testa, i gomiti piegati ad angolo retto. Prima che riesca a vederla, rapidissima l'infermiera si avvicina, solleva il grembiule di gomma, la divisa, mi divarica le gambe e applica il salvaslip alla mia vulva, facendo in modo che il diabolico Balsamo di Tigre venga a contatto con le grandi labbra e l'ano. 
La prima sensazione che provo è di freddo intenso sulle mie parti intime. L'odore penetrante della canfora mi stordisce, ma già mi vengno riapplicate le doppie mutande di contenzione, chiuse col lucchetto, ben tirate verso l'alto, in modo che stiano a stretto contatto col salvaslip. L'infermiera, compiaciuta, mi da' dei colpetti sul cavallo delle mutande. 
Le tre cameriere di Madame fissano la scena affascinate, gli occhi luccicanti e le gote che cominciano lievemente a imporporarsi. Sono eccitate. Non passa molto tempo, che dalla sensazione di freddo passo ad una molto più fastidiosa di calore, sempre più intenso. Di minuto in minuto, l'unguento maledetto brucia sempre di più. Senza che me ne renda conto, grosse lacrime scendono dai miei occhi, e inizio a dondolarmi itmicamente sulle gambe. 
 
- Ferma, sudiciona! Niente movimenti scomposti! - sibila Madame Janine. 
Cerco di restare immobile, ma il bruciore sta diventando davvero insopportabile, sembra che tutto il mondo, tutto l'universo sia in fiamme, e quell'universo sia concentrato nel breve tratto compreso fra il mio miserabile ano e la mia ignobile vulva. Nel frattempo, le tre serve hanno cominciato a mostrare segni di eccitazione sempre più evidenti; in particolare Elenoire, che con le mani sempre apparentemente immobili, ha incominciato a sfregarsi lievemente un punto sul grembiule che coincide col Monte di Venere. Madame Janine e l'infermiera evidentemente non se ne accorgono, o fingono di non vedere le tre donne che guardano avidamente la sguattera sudiciona bruciare dentro le sue vergognose mutande.
L'umidità e il calore sono ora insopportabili: fra le lacrime, comincio a contorcermi senza ritegno, cercando di sfregare le cosce l'una contro l'altra, nel vano tentativo di alleviare il dolore e il bruciore. - Guardate, guardate bene! Guardate a cosa conduce l'indulgere a immonde manipolazioni invece di dedicarsi al servizio. Questa sguattera sudiciona sta imparando a sue spese che una brava serva deve dedicare non solo il suo tempo e il suo corpo alla padrona, ma anche i suoi pensieri, i suoi sogni e il suo sonno!
Il Balsamo di Tigre nel frattempo si è insinuato in ogni piega del mio sfintere, ha infiammato la vulva e implacabilmente si fa strada nel mio corpo. Sono sopraffatta dal bruciore, dal desiderio di grattarmi a sangue, ma non posso farlo, la cangue me lo impedisce, e mentre cado a terra contorcendomi scompostamente come una biscia, un fiotto caldo di orina inonda le mutande di contenzione: per un attimo mi pare che la sua stessa piscia possa alleviare il tormento senza confini della miserabile schiava tripoteuse
 Strillo, un po' per il dolore, un po' per la vergogna mentre il getto di orina lentamente si esaurisce. 
- Bene, sudiciona, è ora di mettersi per un po' a pancia sotto a meditare sulla tua ignobile condotta – sogghigna l'infermiera. Mentre l'infermiera altoatesina Rose M. mi solleva per Il laccio del grembiule e mi trascina nella stanzetta delle scope per incatenarmi, cangue e tutto il resto, prona nel mio lettino di contenzione, i miei sensi tesi allo spasimo avvertono lontano ma distinto un suono e un odore inequivocabile: Elenoire è venuta, lievemente, dolcemente, morbidamente, sotto il grembiule.

31 marzo 2012

LE DOMANDE DELLA SIGNORA PAOLA / TERZA DOMANDA

• Consigliate sempre le mutande ed i fazzoletti da testa impermeabili?

Alla domanda ha risposto direttamente Madame Souillon

Le mutande di gomma sono sempre raccomandabili: da una parta hanno innegabilmente una funzione contenitiva e igienica, soprattutto nel caso in cui la serva sia stata punita con un clistere oppure per qualsivoglia ragione sia stata purgata. Dall'altra svolgono una funzione punitiva e afflittiva qualora siano utilizzate in concomitanza con serrature, lucchetti o strumenti con apertura a tempo (timer), ovvero impiegate come strumenti di controllo delle funzioni fisiologiche o altresì come deterrente che impedisca il rallentamento del ritmo lavorativo della serva. Per quanto rifguarda il fazzoletto da testa, caldeggio senz'altro quello di gomma impermeabile, come d'altra parte raccomando parimenti l'uso di grembiuli, guanti e a volte anche divise di materiale impermeabile: gli abiti da lavoro in gomma o pvc infatti sono pratici, lavabili: difficilmente si macchiano e proteggono efficacemente la sguattera, sovente a contatto con acqua, detergenti e solventi di ogni genere.
JS

26 ottobre 2011

PENSION BALNEARIA 4

Cara Monika,
ecco il lavoro assegnato a noi sguattere: dobbiamo prelevare dalle apposite vasche termali il rinomato fango che verrà usato per i trattamenti della ricca clientela. Il fango, stagionato e quasi bollente, viene estratto con un antiquato sistema chiamato “noria” a funzionamento manuale.
Ricordate nei film western il somarello bendato che gira in tondo muovendo una pompa od una macina, ecco quella era la noria. Credevate che fosse una cosa da medioevo? Sbagliato, noi abbiamo il privilegio di averne una funzionante e purtroppo non c’è più il povero somarello ma deve essere trascinata dagli sforzi di una o due sguattere. Inutile dire che questo è il lavoro punitivo per eccellenza., soprattutto se viene aggiogata solo una serva, magari bendata. Tra l’altro quando si lavora alla noria si devono indossare gli indumenti di gomma per non sporcarsi troppo, anche se con la vicinanza del fango maleodorante e bollente ci si squaglia dal sudore Le altre serve devono trascinare i pesanti carrelli,  colmi di fango, per stretti corridoi inclinati, fino alle stanze di trattamento. Ecco spiegata anche la scelta di divise color marrone, è per mascherare gli schizzi di fango che a volte ci raggiungono, nonostante l’abbigliamento protettivo.
Un abbraccio dalla sguattera Nadia.
(4- continua)

nella foto: Ela, Hausfrau

PENSION BALNEARIA - 3


Cara Monika,
ho cominciato a conoscere le compagne di lavoro: siamo 4 sguattere a servizio continuo più 2 – 3 sguattere che  arrivano,  saltuariamente “a giornata”,  ci sono poi 6 cameriere, 4 massaggiatrici, 1 cuoco, 1 facchino, 1 direttrice.
Le condizioni di lavoro di noi sguattere sono abbastanza dure: siamo tirannizzate  dalle cameriere e massaggiatrici , a noi vengono assegnati tutti i lavori pesanti e spesso dobbiamo fare anche quello che toccherebbe alle altre.  In particolare le cameriere approfittano costringendoci a riordinare e pulire a specchio le numerose camere della pensione, al loro posto. Dobbiamo fare in modo di essere assolutamente “invisibili” per la clientela. L’orario di lavoro non esiste, dobbiamo sempre essere sempre all’opera.  In compenso ci vengono concessi a turno un pomeriggio con nottata libera  per l’immancabile “movida” di fine settimana..  Dopo una nottata di bagordi non si è proprio al massimo della forma, ma si è tenute lavorare in ogni caso.
Serva Nadia.
(3- continua)

28 luglio 2011

UNIFORMI DA SERVZIO

 
Chiedeva la sguattera Lucia:
"A proposito, Monika, potresti consigliare alla Signora barbara le uniformi da servizio e da punizione da farmi adottare, dato che quelle che mi ha ceduto necessitano troppo lavoro per essere adattate?
Sono alta 1.68 e peso 80 kg"


Abbiamo girato la domanda a Janine Souillon, che ha elaborato quattro divise principali per la serva, due da servizio e due da punizione. Pubblichiamo integralmente la prima parte della sua risposta ringraziandola calorosamente per aver acconsentito di collaborare al blog.

UNIFORMI DA SERVIZIO
© 2011 Janine Souillon

Mi rivolgo alla Sorvegliante Barbara, ovviamente, dal momento che la sguattera Lucia è semplicemente l'oggetto del discorso,  un oggetto fra l'altro che si permette la trascuratezza di scrivere il nome proprio della sua Sorvegliante omettendo la lettera iniziale maiuscola (consiglierei in questo senso una punizione mirata per correggere la disattenzione e l'irriconoscenza della serva, nonchè una drastica riduzione del suo peso).

UNIFORMI DA SERVIZIO
Per ora, dato lo status assai basso della domestica, direi che potrebbero essere solamente due.
• DA SGUATTERA
Uniforme in tessuto sintetico o meglio impermeabile color grigio pesante, completamente sbracciata ovvero senza maniche tagliata a metà polpaccio con una sola tasca laterale destra, bottoni grigi e leggermente scollata, accompagnato da fazzoletto da testa annodato sulla nuca dello stesso tessuto dell'uniforme. Spesse mutande alte di cotone bianco, calze corte sempre di cotone bianco, stivali di gomma oppure zoccoli di gomma chiusi. È tassativamente vietato l'uso del reggiseno.
Completano questa graziosa mise u grembiule di gomma verde extrapesante e molto lungo con lacci lunghi in modo da poter essere annodato sul ventre e guanti di gomma verdi.
Di questa tenuta se ne faranno fare due copie identiche, ma quella di ricambio verrà consegnata alla sguattera IN SOSTITUZIONE di quella vecchia. La serva dovrà provvedere ogni giorno a lavare le sue cose.
Tale uniforme sarà indossata dalla serva quando sarà impiegata in qualità di: sguattera, lavandaia, lavapavimenti, lavafinestre, lavascale e in generale se utilizzata per lavori che hanno a che fare con l'acqua.

• DA SERVA DI FATICA
Uniforme di cotone grezzo molto spesso (tipo tessuto da materassi) a righe verticali bianche e rosse, senza maniche e con due ampie tasche laterali: la tasca di sinistra conterrà un fazzoletto da naso dello stesso tessuto della divisa. Intimo: un bel paio di mutande alte dello stesso tessuto della divisa da chiudere con dei laccetti sul ventre e un paio di calze bianche di cotone. Come sopra, l'uso del reggiseno è severamente proibito.
Completano il corredo della SERVA DI FATICA un grembiule di gomma bianco extrapesante e molto lungo con lacci lunghi in modo da poter essere annodato sul ventre, un ampio fazzoletto da testa bianco, zoccoli chiusi di gomma bianca e guanti di gomma rosa.
Tale uniforme sarà indossata dalla serva quando sarà impiegata in qualità di: donna di fatica, facchina, serva contadina, bestia da soma e in generale se utilizzata per lavori che richiedano ampio e prolungato sforzo fisico.

Janine Souillon
Lugano, 28 luglio 2011

Nota
Le due uniformi di cui sopra sono le stesse che indossa regolarmente la sguattera Monika

3 marzo 2011

MARIA ROMEY: NUOVA DIVISA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo un racconto di Maria Romey

NUOVA DIVISA
di Maria Romey

Laura cammina spedita, fasciata da un tailleur color malva. I capelli biondi rimbalzano compatti sulle spalle a ogni passo, i tacchi battono il selciato con un suono secco. Dietro di lei la domestica, Roberta, la segue a una certa distanza. Roberta porta tre pesanti sacchetti di plastica, colmi della spesa appena fatta al supermercato.
- Dopo, - le ha detto la padrona mentre passavano sotto la grande insegna al neon - andremo a comprare le nuove divise.
Flac! Flac! Flac! Roberta, 47 anni compiuti, procede il più velocemente possibile dietro alla sua signora; ma gli zoccoli bianchi in cui sono infilati i piedi (avvolti dai classici gambaletti di cotone) non la aiutano. Dentro l’uniforme di nylon rosa, la donna ricomincia a sudare. Sotto le ascelle, il pesante tessuto rosato è segnato da due mezzelune scure. Croc! Croc! Croc! A ogni passo lo spesso grembiule di plastica crepita, a ogni passo lì sotto fa sempre più caldo, sempre più caldo.
Sono quasi arrivate da Robinetti, il migliore negozio della città, dove ogni giorno si guardano, si scelgono e si comprano le più pratiche ed eleganti uniformi per il personale di servizio.
- Flac! Flac! Flac! La suola di gomma degli zoccoli striscia sul marciapiede: è mezzogiorno, e per Roberta è stata una mattinata pesante: di primo mattino ha pulito a fondo la cucina, ha avuto appena il tempo di preparare e servire la colazione per la padrona, e subito le è stato ordinato di lavare tutti i pavimenti della casa.
Due ore carponi, e poi la spesa, sempre con la signora Laura alle calcagna, mai un momento da sola. Infatti Laura, giovane account in una agenzia pubblicitaria multinazionale, si è presa un giorno intero di vacanza per seguire da vicino la cerimonia della nuova vestizione della serva.
Per uscire a fare la spesa, la padrona le ha imposto di non togliersi il grembiule di plastica blu, e ora Roberta sfila vergognosa e accaldata per le strade della città, carica di pacchi e impegnata a tenere il passo della sua datrice di lavoro.
Ecco, sono arrivate. Laura entra e lascia che la sua serva se la sbrighi con la porta a vetri e i sacchetti ricolmi. Una commessa, impietosita, accenna un passo verso la maniglia, ma Laura la blocca subito: - Non si preoccupi, se la cava benissimo da sola!
La commessa si blocca, resta dov’è e osserva la scena con occhio fintamente distaccato. La domestica attende in piedi, avvolta in quell’assurdo, umiliante grembiulone di plastica blu, tutto arricciato sul ventre, là dove la donna si è piegata tante volte durante il suo lavoro (deve avere un bel caldo là sotto, pensa di sfuggita la ragazza). Ferma, con i sacchetti ancora in mano, mentre la sua padrona si guarda intorno e osserva con calma le divise e i grembiuli.
Finalmente Laura sembra ricordarsi della sua domestica, la testa si volta di scatto, una ruota di capelli biondi si allarga intorno al viso dai lineamenti fini e appuntiti: - Roberta, coraggio, fatti dire dalla signorina dove puoi appoggiare la spesa!
La domestica segue la ragazza, che le indica senza parlare un punto dietro al bancone. Lì Roberta si china e con cautela appoggia le sporte. Mentre la donna in grembiule compie il movimento, la commessa senza volerlo avverte nell’aria un sentore di traspirazione pungente.
- Vede, il nostro problema, - dice Laura alle spalle della commessa - è che Roberta suda, suda molto, e questi grembiuli di nylon sono... come dire... poco pratici e... sgradevoli, a lungo andare. Specie se ci sono ospiti, lei mi capisce.
La commessa, imbarazzata, non sa cosa rispondere.
Il volto di Laura si indurisce, un sorriso sprezzante le taglia la bocca.
- Non ci crede? Ma sa che alla fine della giornata non si riesce ad averla d’attorno, questa qua? Roberta, metti le mani sopra la testa!
Dopo una brevissima esitazione, la sguattera obbedisce. Le braccia seminude si sollevano, le mani arrossate si appoggiano sul fazzolettone blu che le raccoglie i capelli. Ora le chiazze di sudore sotto le ascelle della donna sono perfettamente visibili.
- No, dico, senta!
- Cosa?!
- Si avvicini, senta anche lei!
La ragazza non si muove.
- M... ma forse le dovrebbe cambiare il tipo di divisa... e poi quel grembiule di plastica... capisce...
Roberta tiene lo sguardo basso.
- Lo so, lo so... Ma le sta tanto bene! Inoltre le è vietato qualsiasi deodorante o profumo!
Una cliente, in compagnia della sua cameriera filippina, sbircia la scena affascinata.
- Insomma, allora cosa mi consiglia?
Scossa dal tono della giovane donna, la commessa si riprende, pensa febbrilmente mentre la serva se ne sta lì, vicino al bancone, ferma nella posizione imposta dalla padrona.
- Va bene, Roberta, abbassa le braccia!
La domestica esegue.
- Vediamo... qualcosa di cotone...
- Sì, ma niente di lussuoso, voglio una divisa per i lavori pesanti...
- Sì, certo...
- Ecco! Questa va bene!
Laura indica una divisa grigia, di cotone spesso, allacciato sul davanti.
- Benissimo, allora ci vuole un grembiule, adesso...
- Lo voglio di cotone, spesso, a righe bianche e blu, come un grembiule da macellaia...
E con i lacci abbastanza lunghi da poterlo annodare sul ventre.
- Benissimo, signora, credo di avere quello che fa per lei...
Dopo mezz’ora, il grosso pacco con i nuovi abiti da lavoro della domestica giace sul bancone. Un rapido passaggio di una carta di credito, e la transazione è fatta.
La commessa passa l’involto a Roberta: - Ecco, prendilo: ce la fai?
- Ce la fa, ce la fa!
Laura esce dal negozio seguita da Roberta. In mano la donna oltre ai sacchetti della spesa ha il voluminoso pacco che contiene le nuove divise grigie, comprate assieme a una serie di grembiuli di cotone blu a righe bianche verticali.
Croc! Croc! Croc! Roberta affretta il passo, mentre perle di sudore le scendono dalla fronte. Una di queste cade sulla pettorina del grembiule di plastica, e splende per un attimo al sole, come una perla.


© 2011 Maria Romey
tutti i idritti riservati

27 febbraio 2011

TRE NOTE DALLA SIGNORA LUCIA


Dalla signora Lucia Marchi (che ringraziamo sentitamente) riceviamo queste tre interessanti note che riguardano la vita quotidiana, i doveri e le punizioni della sua serva. Considerazioni che, crediamo, saranno utilissime anche alle altre signore che ci seguono e da un punto di vista evidentemente opposto, alle loro serve e domestiche.
Monica, domestica


Il Centro Commerciale
I compiti della nostra serva vengono svolti di solito tra le mura domestiche, ma vi sono occasioni in cui deve rendersi utile anche all’esterno. Una volta a settimana, infatti mi accompagna al centro commerciale. Indosserà una divisa nuova, pulita e stirata di fresco, e calzerà un paio di zoccoli.
Parcheggio sempre piuttosto lontano dall’ingresso in modo che sia costretta a fare un po’ di esercizio. All’interno del centro commerciale, dovrà rispettosamente seguirmi, spingendo il carrello ed incaricandosi di prelevare dagli scaffali tutto ciò che è pesante o scomodo da raggiungere. Una volta che gli acquisti sono fatti le toccherà farsi la coda alle casse. Poi mi concedo una buona ora di shopping nei vari negozi del centro commerciale, mentre la serva attende pazientemente in piedi accanto al carrello.


La Schiena
Sollecitata anche dall’intervento di Janine, ho notato che spesso la mia domestica, dopo lunghe ore passate a pulire i pavimenti o a lavare i panni, fatica a raddrizzare la schiena e si massaggia la zona lombare. Ciò indica che la serva non mantiene un corretta postura. A scanso di futuri problemi, ho deciso di intervenire prontamente. La ho accompagnata in un negozio di ortopedia e la ho costretta ad acquistare un corsetto rigidissimo, che si può stringere moltissimo mediante pratiche chiusure in velcro. E’ il toccasana per la sua situazione, è molto costrittivo e la costringe a stare perfettamente dritta. Inutile dire che il suo uso è sgraditissimo, sia per la limitazione di libertà dei movimenti, dato che diventa difficile anche sedersi sul bagno, che per la frizione che crea in alcuni punti irritando la pelle. Pertanto è entrato subito di diritto a far parte degli indumenti punitivi.


Il Super Pannolone Ecologico
Mi è molto piaciuta l’idea … ecologica della Signora Julia per i pannoloni di cotone, sicuramente dover lavare il proprio … prodotto dal pannolone porta l’umiliazione e lo schifo di sé della punita al massimo. Non so se la mia serva ha lo stomaco abbastanza forte per sopportare questa punizione, ma a volte basta la minaccia…. per cui le ho fatto preparare una buona scorta di pannoloni costituiti da una ventina di strati di mollettone di cotone. Sopra a questo va indossata una mutandina impermeabile in gomma, riutilizzabile. Per prevenire perdite, in caso di lavori pesanti o di lavori fuori casa, oltre a pannolone e mutande farò indossare una tuta dimagrante impermeabile, i cui calzoni lunghi convogliano l’eventuale sgocciolamento residuo negli stivali di gomma. All’esterno per garantirsi da manipolazioni, come consigliato da Julia, un jeans bianco largo, per accomodare l’ingombro del pannolone, con cerniera e cintura bloccate da un piccolo lucchetto di cui solo io ho la chiave.

23 giugno 2010

RISPOSTA ALLA SIGNORA GIADA


Cara Monika
Si ho un giardino di circa 60 metri quadrati e un terrazzo di circa 30 metri quadrati dove di solito prendo il sole e ho diversi vasi di fiori
Ciao Giada

Cara signora Giada: un giardino: benissimo, signora. Faremo sfiorire la serva nel bel mezzo di un giardino, fra corolle luminose e profumi stordenti. La faremo diventare una serva da soma, insieme alla "mula". Le propongo una mise di questo tipo: - uniforme verde di tela molto spessa e rigida a maniche corte - stivali di gomma - grembiule di gomma verde - guanti di gomma verdi, molto spessi La serva verrà adibita a tutti i lavori pesanti in giardino dalle 10 del mattino fino alle 4 del pomeriggio, alle 9,30 e alle 16 stabiliremo l0inizio della sua corsa punitiva (come corsa puntiva, le proporrei di farle fare due volte al giorno dieci giri di corsa del perimetro esterno del giardino, in completa tenuta da fatica). prima e dopo il lavoro in giardino sarà adibita ai lavori in casa: laverà i pavimenti in ginocchio e i vetri delle finestre, tutte le scale. in terrazzo, sempre vestita in gomma e tela, potrà tenerla qualche ora ogni tanto in piedi accanto a lei, con un parasole che reggerà con le mani mentre la sua padrona si rilassa su una sedia a sdraio. Per la sguattera sessantenne, proporrei di adibirla allaquotidiana lavatura dei piatti, alla pulizia in ginocchio dei bagni e della cucina e dei tappeti. Inoltre le farei lavare la macchina, in tenuta da sguattera, ben visibile a tutti. Sarà anche adibita a fare il bucato una volta al giorno, a mano, come una volta: asse di legno, in ginocchio o in piedi. Continuerei a farla lavorare anche di notte, senza preavviso e irregolarmente, in modo da tenerla sempre sul chi vive, notte e giorno. Se avesse bisogno di ulteriori dettagli o precisazioni, non esiti a scrivermi. a presto Monika, domestica

24 gennaio 2010

DESCRIZIONE DI ENRICA, LA SERVA DI 60 ANNI


Enrica la mia donna di servizio, è una domestica vecchio stampo, un vero mulo che si alza alle cinque e mezzo della mattina e lavora ancora oggi con un ritmo che credo sia impossibile tenete anche per una trentenne, direi che non si ferma quasi mai tranne che una mezzora per mangiare.
La sera tende ad avere sonno presto, e se non ho particolari esigenze verso le venti due la lascio andare a dormire, ma certe sere quando ho gente a cena finisce anche altre mezzanotte.
In realtà il suo ruolo è sempre stato più da sguattera che da elegante cameriera in divisa nera con grembiulino i pizzo di sangallo e crestina, mi sembra proprio ami il lavoro duro e pesante quindi ha quasi sempre grembiuloni di gomma pesanti tipo industriale, per intenderci come quelli che usano nei caseifici o in certi ristoranti molto grossi, naturalmente sa servire a tavola ma non è il suo forte.
Giada

Gentile signora Giada, grazie.
Credo che la sua domestica sia una vera e propria donna di fatica, e come tale vada trattata. Gli orari di lavoro da Lei imposti mi sembrano adeguati, per l'uniforme consiglio una divisa in cotone grigio insieme a grembiule e guanti di gomma. Zoccoli di legno e fazzoletto in testa mi sembrano appropriati alla sua condizione. Consiglierei anche delle punizioni se si mostra sciatta o pigra, o se si sporca eccessivamente il grembiule o la divisa. Cosa ne pensa?
A presto
Sua domestica Monika

22 febbraio 2009

LA MADRE SGUATTERA: "IO SONO LA SGUATTERA"


Cara Monica,
penso proprio che seguirò il tuo consiglio, sul fatto di caricare ulteriormente tutti i lavori pesanti sulla serva Lia che sono sicura svolgerà con grande impegno senza fiatare felice di poter sgobbare ancora di più per me, cosa ne dici di farle fare un grembiule di gomma con la scritta " IO SONO LA SGUATTERA"?
Ma temo che cosi Aurora alzi un po' troppo la testa, è un tipo che va tenuto sotto controllo.
Pensa che oltre ad avere un mercoledì pomeriggio libero ogni 15 giorni (uno lei uno la madre), mi ha chiesto un venerdì sera al mese, non ti sembra un po' troppo?

Cara Monica mi rendo conto ora di non averti fatto ancora i complimenti per il tuo blog, per il tuo lavoro e la tua gentilezza: grazie da parte di tutte noi Signore con donne di servizio
Signora Elda

Gentile signora Elda, grazie, i suoi complimenti sono davvero sinceri, e lei mi rende felice. Tornando alla sguattera, trovo che la sua idea sia splendida, le suggerisco di far scrivere la stessa cosa anche sul fazzoletto che porterà sempre annodato sulla testa. Le sue serve, specialmente Lia, mi appassionano molto: le prometto che oggi studierò una linea da proporLe per la sguattera Lia e la cameriera Aurora.
sua Monika, serva

Ti ringrazio.
Poi ti chiederò consiglio su molte questioni
Ciao cara
Signora Elda

Gentile signora Elda, inutile dirle che la sua sguattera Lia mi affascina parecchio, sia per l'età, sia per l'evidente cura che Lei mette nel vestirla e comandarla. Le confesso che mi piacerebbe molto addestrarla personalmente, ma so che Lei è perfettamente in grado di farlo, e sono certa che saprà farlo con severità e fermezza.
In quantio alle domande, non si faccia scrupolo: io sono qui per risponderle, ed essendo anche una vera domestica e serva tuttofare, sono a sua completa disposizione per qualsiasi altra cosa.
A breve seguirà una lettera con tutti i dettagli della mia proposta riguardo allo stile di vita della sguattera Lia..
la sua devota serva
Monika

20 maggio 2008

lavare i pavimenti






Cara domestica, la mia donna di servizio è piuttosto restia a lavare i pavimenti in ginocchio, ma io credo che sia l'unico modo per ottenere un buon risultato. Cosa ne dici?
Malina

Gentile signora Malina, non posso che confermare la sua opinione: l'unico modo per pulire a fondo i pavimenti è quello di mettersi ginocchioni e di strofinare vigorosamente. La Sua donna di servizio indosserà grembiule di plastica o di gomma, guanti del medesimo materiale, e una spessa uniforme di cotone che assorba facilmente l'acqua e il sudore. Naturalmente è raccomandato il fazzoletto, del medesimo materiale di cui è fatta l'uniforme.
Consiglio di far lavare alla serva tutti i pavimenti una volta al giorno. La saluto con devozione
Sua Monika