Diario di una educazione – 8
Nell’educazione della nostra serva
trovano posto anche metodi disciplinari più tradizionali, metodi che
la Oberschwester utilizzava quotidianamente sulle atlete, metodi che
non lasciano segni visibili e non usano debilitanti purganti o
clisteri. Vincendo la vergogna la serva racconta le proprie punizioni
alle amiche.
La serva, come al solito, ha pulito
male il pavimento. Inutile la scusa di avere fretta di finire il
lavoro. La Oberschwester le impone un castigo dal nome intraducibile
in italiano, lo chiameremo “il castigo della lastra”. La serva
viene fatta denudare completamente e fatta stendere prona. Il
pavimento è freddissimo e la serva si ingegna, inarcandosi e
puntellandosi sui gomiti e sulle ginocchia, per non appoggiare pancia
e mammelle. Passano un paio di minuti, da dietro, una inesorabile
spinta, data dalla pianta del piede della Oberschwester, obbliga a
poggiare le parti delicate, la serva ha un sussulto, il freddo le
toglie il respiro. Ora alla serva viene ordinato di mettersi con le
mani dietro alla nuca, gomiti ben sollevati da terra. In questa
posizione le punte dei piedi, le ginocchia, la pancia e le mammelle
sostengono tutto il peso, appoggiando sulle fredde lastre del
pavimento. La Oberchwester ha anche aperto la finestra, in modo che
la fredda ed umida aria di un giorno di pioggia aumenti il freddo
trasmesso dal pavimento alle nude carni della serva. Alla serva viene
subito la pelle d’oca, ed il pavimento pare risucchiarle tutto il
calore dal corpo all’infinito. Ben presto la posizione
forzatamente immobile diventa un tormento. In particolare la serva
sente il peso gravare su pancia e tette che le paiono pezzi di
ghiaccio. I capezzoli, induriti dal gelo, le dolgono ad ogni respiro.
La voglia di muoversi e massaggiarsi diventa ogni minuto più
irresistibile, ma la serva, che sente dietro di sé la presenza e lo
sguardo della sorvegliante, non osa muoversi. Un inarrestabile
tremito la percorre, manca solo di sentirle battere i denti. Di lì
ad una interminabile mezz’ora la Oberschwester si allontana un
attimo, forse per un bisogno fisiologico. Come sente i passi
allontanarsi la serva di mette in ginocchio ed inizia a grattarsi e
frizionarsi furiosamente. Ed è proprio nell’atto di grattarsi la
patata che la serva viene colta dalla Oberschwester. “Peccato,
stavo per dichiarare conclusa la tua punizione” dice la
Oberschwester, “ora farò in modo che tu ti ricordi a lungo di
questa tua bravata”. La serva deve bere una intera caraffa di
acqua fredda e viene rimessa prona, su di una lastra diversa del
pavimento, in modo che sia ancora ben fredda. Le mani sempre dietro
la nuca. Passa un'altra mezz’ora. La serva ormai trema e batte i
denti di continuo. Ma il freddo che prova, e l’acqua ingurgitata le
hanno ben riempito la vescica. La serva stringe inconsapevolmente le
cosce. La Oberschwester, che la osserva attentamente, la fa mettere
un attimo supina. Mani esperte palpano e premono dolorosamente in
corrispondenza della vescica ormai gonfia e distesa. La serva è
piena al punto giusto. La Oberschwester si allontana un attimo e
torna con una boule gonfia di acqua, fredda di frigorifero, saranno
cinque o sei gradi. La serva deve rimettersi prona, la boule piena di
acqua gelata posta sotto la pancia. Ora la punita appoggia sulle
tette e sulla boule e la pressione si trasmette alla vescica. La
sensazione di gelo si combina con la voglia irresistibile di orinare.
La serva squittisce e stringe spasmodicamente le cosce. Osa chiedere
pietà ma sente la Oberschwester: “devi resistere fino a quando ti
darò il permesso, se ti pisci addosso dovrai pulire tutto il
pavimento con la lingua”. Ma è destino che la povera serva non
riesca a farcela, di lì a cinque minuti di sofferenza il freddo la
vince sulla sua poca forza di volontà ed una calda pozzanghera si
allarga sul pavimento. La Oberschwester invita ora la serva a “farla
tutta”, tanto dovrà lappare tutto il pavimento. E dover leccare
tutta la propria piscia ormai gelata, sentendone in continuo lo
stomachevole sapore, sarà il nauseante coronamento della “punizione
della lastra”.
In una altra occasione la serva è
stata sottoposta al “castigo della spazzola”.
E’ stata messa a cavallo di uno
sgabello basso, le cosce aperte e le ginocchia ad angolo retto,
modo che sostengano tutto il peso del
corpo. Le mani dietro la nuca. L’altezza dello sgabello, con
l’aiuto di alcuni libri, è regolata, in modo che la fica della
serva sfiori appena le setole di una spazzola, di quelle di una volta
di rigido e pungente crine, appoggiata sul piano. La serva, nuda,
deve restare “in posizione”, di fronte alla Oberschwester. Di lì
a poco iniziano i dolori alle cosce ed alla schiena. “Ferma, devi
stare ferma!” è l’ordine che viene continuamente ripetuto. I
muscoli delle cosce iniziano a bruciare, le gambe tremano per lo
sforzo di sostenere il peso in quella posizione impossibile. La serva
ha il viso arrossato, gocce di sudore ruscellano dalle ascelle, ma
bisogna restare immobile. Quando le gambe cedono la fica si "siede"
sulla spazzola con tutto il peso del corpo...
La serva stimolata dal dolore ha uno
scatto e si risolleva, “Ferma, stai ferma!” ripete la
Oberschwester, e ben presto alla serva mancano le forze e si appoggia
nuovamente, rilasciando finalmente la tensione nei muscoli doloranti.
I crini della spazzola segnano a fondo le tenere e delicate carni,
senza del resto riuscire a bucarle o fare danni. La serva tiene gli
occhi chiusi e si morde le labbra, concentrata nel non muoversi e non
urlare.
Passa un terribile quarto d’ora,
prima dell’ordine , “ora puoi rialzarti”. Madame ed
Oberschwester verificano lo stato della parte punita, commentando lo
“stampo” violaceo, lasciato dalle setole. Ed alla serva verrà
vietato assolutamente, una volta rialzata di “massaggiare” la
“parte offesa”.
(8- continua)
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