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28 giugno 2014

PENSION BALNEARIA 84


Nobili Signore, serva sudiciona,
un lungo viaggio, rinchiuse nel furgoncino mi fa perdere l’orientamento. Quando scendiamo siamo in una vallata tra basse colline. Un antico edificio nobiliare, circondato da un ampio terreno ci attende. Varchiamo un portone, in un alto muro, reso invalicabile piantando sulla sommità innumerevoli, taglienti, cocci di vetro.
La sorvegliante di grado più alto “maestra Alejandra” ci attende. E’ una donna matura, plasmata da una vita di sacrifici, giunta ai vertici massimi raggiungibili per una ex serva divenuta sorvegliante e poi maestra delle sorveglianti.
Ci accompagna subito per un “giro di orientamento”, ben presto la perra scopre cosa la attende.
Per prima cosa le celle, ogni detenuta ha il “lusso” di una cella singola, si tratta di piccoli cubicoli da 1.50 metri di larghezza e 2 di lunghezza per 2 metri di altezza. All’interno solo un tavolaccio di legno, ben avvitato al muro. Come servizi igienici, l’immancabile secchio che ammorba l’aria. Le detenute sono fortunate, le celle sono dotate di un finestrino, da cui entra un po’ di aria e si vede il cielo. Ovviamente, spiega Alejandra, esistono anche celle sotterranee di punizione, prive di finestra, in cui la pena si sconta al buio e nel silenzio più assoluto.
Già nel giardino, possiamo vedere il primo manufatto di punizione. La “torre”, una rozza palizzata di legno, sormontata da un palco. Il tutto evidentemente costruito da detenute e non da esperti falegnami.
Una gogna, questa sì ben rifinita, blocca il collo e i polsi di una punita, obbligandola a stare eretta. Accanto alla gogna è posta una monumentale clessidra. Alejandra guarda la clessidra e dice alla punita, “preparati, palpazione vescicale”. Pone il palmo sul ventre della punita ed inizia ad affondare le dita. La punita emette un gemito e stringe spasmodicamente le cosce. Alejandra non pare soddisfatta, un gesto e prontamente arriva una sorvegliante con una capace brocca ed un imbuto. Infila l’imbuto in bocca alla punita e, lentamente versa il contenuto della brocca. La punita fa grossi sforzi per inghiottire, sentiamo distintamente i rumori della deglutizione forzata. Alejandra palpa ora lo stomaco, pare soddisfatta. Rigira la clessidra ed annuncia alla punita: “devi tenerla fino alla fine della sabbia, poi darai da bere alla tua compagna di sotto”. Devo fare una faccia molto incuriosita.
Alejandra, da un varco nella palizzata, mi mostra che sotto al palco esiste una seconda gogna. Quest’ultima blocca polsi e caviglie di una seconda punita, costringendola a stare distesa per terra. La testa è immersa in una piccola vasca, ripiena di liquido, da cui affiora solo la faccia della punita.
Alejandra mi accompagna ora ad espletare alcune formalità amministrative, che ci impiegano per una buona ora. Alla fine ripassiamo dal palco. Le due condannate sono nella medesima posizione, Alejandra effettua nuovamente la palpazione vescicale sulla detenuta di sopra, con maggior delicatezza. Ora annuncia alla punita che può orinare. Ma qualcosa non funziona, la punita non emette neanche una goccia, pare che a causa della interminabile ritenzione sia bloccata. Alejandra fa una espressione annoiata, batte le mani, giunge una sorvegliante a cui ordina “pediluvio per 15 minuti”.
Prontamente la donna porta una vaschetta contenete acqua e cubetti di ghiaccio. L’acqua deve essere freddissima. La punita deve mettere i piedi nella vaschetta. Non vi dico l’effetto, il freddo stimola ancora di più il bisogno di orinare. La punita squittisce e stringe disperatamente le cosce. Buon per lei che riesce a resistere tutti i 15 minuti. Ora Alejandra ripete l’invito ad orinare. Cosa che la punita fa con gran soddisfazione.
Ma ora passiamo al piano di sotto: il getto cade in faccia alla seconda punita e riempie sempre di più la vaschetta, iniziando a sommergere la bocca e rischiando di arrivare anche al naso. Si sentono dapprima rumori di aspirazione, come quando una serva maleducata sorbisce del brodo, ma poi il getto è così intenso che, se non vuole annegare la punita deve bere il più veloce possibile. Sul finire, addirittura le va di traverso il liquido, provocandole un terribile accesso di tosse.
Alejandra ora ordina di rimuovere le due punite, due sorveglianti liberano la punita superiore e vedo che la gogna era talmente alta da costringerla a stare sulle punte, tanto che ora fatica a camminare. Viene ora liberata la punita del piano di sotto. A parte la puzza, il colorito della punita è verdastro. Si regge appena in piedi e continua ad inghiottire a vuoto, preda di una nausea terribile. Alejandra le annuncia la palpazione vescicale, ma resta delusa, la vescica è poco piena, lo stomaco e la pancia, però sono ampiamente distesi. “Questa stupida non riesce a digerire l’orina”, sentenzia Alejandra, “Portala pure a vomitare” dice ad una guardia e, rivolta a me: “Vedrai, in capo ad una settimana in cui per punizione berrà l’orina di tutte le sue colleghe, imparerà a digerirla benissimo!”. 
(84- continua)

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