Nobili Signore, serva sudiciona,
un lungo viaggio, rinchiuse nel
furgoncino mi fa perdere l’orientamento. Quando scendiamo siamo in
una vallata tra basse colline. Un antico edificio nobiliare,
circondato da un ampio terreno ci attende. Varchiamo un portone, in
un alto muro, reso invalicabile piantando sulla sommità
innumerevoli, taglienti, cocci di vetro.
La sorvegliante di grado più alto
“maestra Alejandra” ci attende. E’ una donna matura, plasmata
da una vita di sacrifici, giunta ai vertici massimi raggiungibili per
una ex serva divenuta sorvegliante e poi maestra delle sorveglianti.
Ci accompagna subito per un “giro di
orientamento”, ben presto la perra scopre cosa la attende.
Per prima cosa le celle, ogni detenuta
ha il “lusso” di una cella singola, si tratta di piccoli cubicoli
da 1.50 metri di larghezza e 2 di lunghezza per 2 metri di altezza.
All’interno solo un tavolaccio di legno, ben avvitato al muro. Come
servizi igienici, l’immancabile secchio che ammorba l’aria. Le
detenute sono fortunate, le celle sono dotate di un finestrino, da
cui entra un po’ di aria e si vede il cielo. Ovviamente, spiega
Alejandra, esistono anche celle sotterranee di punizione, prive di
finestra, in cui la pena si sconta al buio e nel silenzio più
assoluto.
Già nel giardino, possiamo vedere il
primo manufatto di punizione. La “torre”, una rozza palizzata di
legno, sormontata da un palco. Il tutto evidentemente costruito da
detenute e non da esperti falegnami.
Una gogna, questa sì ben rifinita,
blocca il collo e i polsi di una punita, obbligandola a stare eretta.
Accanto alla gogna è posta una monumentale clessidra. Alejandra
guarda la clessidra e dice alla punita, “preparati, palpazione
vescicale”. Pone il palmo sul ventre della punita ed inizia ad
affondare le dita. La punita emette un gemito e stringe
spasmodicamente le cosce. Alejandra non pare soddisfatta, un gesto e
prontamente arriva una sorvegliante con una capace brocca ed un
imbuto. Infila l’imbuto in bocca alla punita e, lentamente versa il
contenuto della brocca. La punita fa grossi sforzi per inghiottire,
sentiamo distintamente i rumori della deglutizione forzata. Alejandra
palpa ora lo stomaco, pare soddisfatta. Rigira la clessidra ed
annuncia alla punita: “devi tenerla fino alla fine della sabbia,
poi darai da bere alla tua compagna di sotto”. Devo fare una faccia
molto incuriosita.
Alejandra, da un varco nella palizzata,
mi mostra che sotto al palco esiste una seconda gogna. Quest’ultima
blocca polsi e caviglie di una seconda punita, costringendola a
stare distesa per terra. La testa è immersa in una piccola vasca,
ripiena di liquido, da cui affiora solo la faccia della punita.
Alejandra mi accompagna ora ad
espletare alcune formalità amministrative, che ci impiegano per una
buona ora. Alla fine ripassiamo dal palco. Le due condannate sono
nella medesima posizione, Alejandra effettua nuovamente la palpazione
vescicale sulla detenuta di sopra, con maggior delicatezza. Ora
annuncia alla punita che può orinare. Ma qualcosa non funziona, la
punita non emette neanche una goccia, pare che a causa della
interminabile ritenzione sia bloccata. Alejandra fa una espressione
annoiata, batte le mani, giunge una sorvegliante a cui ordina
“pediluvio per 15 minuti”.
Prontamente la donna porta una
vaschetta contenete acqua e cubetti di ghiaccio. L’acqua deve
essere freddissima. La punita deve mettere i piedi nella vaschetta.
Non vi dico l’effetto, il freddo stimola ancora di più il bisogno
di orinare. La punita squittisce e stringe disperatamente le cosce.
Buon per lei che riesce a resistere tutti i 15 minuti. Ora Alejandra
ripete l’invito ad orinare. Cosa che la punita fa con gran
soddisfazione.
Ma ora passiamo al piano di sotto: il
getto cade in faccia alla seconda punita e riempie sempre di più la
vaschetta, iniziando a sommergere la bocca e rischiando di arrivare
anche al naso. Si sentono dapprima rumori di aspirazione, come quando
una serva maleducata sorbisce del brodo, ma poi il getto è così
intenso che, se non vuole annegare la punita deve bere il più veloce
possibile. Sul finire, addirittura le va di traverso il liquido,
provocandole un terribile accesso di tosse.
Alejandra ora ordina di rimuovere le
due punite, due sorveglianti liberano la punita superiore e vedo che
la gogna era talmente alta da costringerla a stare sulle punte, tanto
che ora fatica a camminare. Viene ora liberata la punita del piano di
sotto. A parte la puzza, il colorito della punita è verdastro. Si
regge appena in piedi e continua ad inghiottire a vuoto, preda di una
nausea terribile. Alejandra le annuncia la palpazione vescicale, ma
resta delusa, la vescica è poco piena, lo stomaco e la pancia, però
sono ampiamente distesi. “Questa stupida non riesce a digerire
l’orina”, sentenzia Alejandra, “Portala pure a vomitare”
dice ad una guardia e, rivolta a me: “Vedrai, in capo ad una
settimana in cui per punizione berrà l’orina di tutte le sue
colleghe, imparerà a digerirla benissimo!”.
(84- continua)
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